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Capitolo 21 - Quattro di cinque; Seattle, Washington

«Sei veramente sicuro di voler ripartire senza provarci? Fino a qualche minuto fa sembravi molto più ottimista riguardo al suo atteggiamento» domandai piccata, dopo l'ennesimo tentativo di mio fratello di uscire dalla camera trascinando la sua valigia.

«Non lo so, ci ho ripensato! Torniamo da Isa e aspettiamo che Tony esca di galera» propose, strappandosi con i denti metà dell'unghia del pollice.

«Ok, facciamo così... se tu ti vuoi arrendere, bene. Io e Chris accompagniamo Lot a prendere il treno e, poi, facciamo un salto dalle gemelle. Non mi frega un bel niente se non vogliono far parte della nostra famiglia, ci servono i numeri incisi nei loro anelli e quante più informazioni possibili. Per quanto mi riguarda, una volta risolto questo, le nostre strade possono anche dividersi. Io non prego nessuno» mi innervosii anche io. Dentro di me sapevo benissimo che la loro scelta era legata a una promessa importante e non a un capriccio, ma comunque, anche provando a mettermi nei loro panni, non riuscivo a comprendere né la loro risolutezza né tantomeno la loro freddezza. Anche perché Lisa era un'entità a sé rispetto alla gemella, eppure, Lena non sembrava essere in grado di capirlo. Pareva, infatti, che fosse la prima a prendere le decisioni e la seconda a subirle in silenzio.

«Io resto qui, voi fate come volete... non parteciperò a nessuna delle due spedizioni» scosse la testa amareggiato, fissando con insistenza Lot. Non capii cosa stesse avvenendo, ma fiutai odore di guai.

La storia di Charlotte era bizzarra e dovevo ammettere che, malgrado i giorni passati insieme, avevo perso le speranze di poter creare con lei un vero rapporto. Ci sopportavamo benissimo, coesistendo negli stessi luoghi e nelle stesse situazioni, ma, quel legame che avevo creduto di poter stringere a un certo punto non si era mai concretizzato. In effetti avevo trascurato volontariamente di interessarmi allo strano rapporto creatosi tra lei e mio fratello, soprattutto visto l'impegno che stavo mettendo nel concentrarmi sulla mia relazione piuttosto pericolosa con Chris.

Non volli aggiungere altro, pregai soltanto Lot di sbrigarsi, vista ormai l'ora tarda.

Il suo treno sarebbe partito di lì a poco, mentre dopo un'ora esatta sarebbe iniziata l'amichevole di pallavolo alla quale avrebbe dovuto partecipare Lisa. Ci tenevo in qualche modo a vederla giocare per la prima e ultima volta, prima di dire addio a entrambe le mie sorelle.

Quando fummo finalmente pronti per andare, Mike e Lot non si salutarono neppure.

Non appena saliti in auto, un sospiro fin troppo profondo dell'altra ragazza, mi diede l'impulso per domandarle qualcosa.

Alla fine anche nel peggiore dei casi, probabilmente, non l'avrei più rivista, perciò tanto valeva farsi un po' gli affari suoi.

«Io e Chris possiamo saperne di più o questa storia morirà con voi due?» le chiesi ironicamente.

«Devi essere piuttosto cieca per non aver capito» ribatté Chris, sghignazzando al mio fianco.

«Sì, esattamente come vostro fratello a non essersi accorto di voi» lei alzò gli occhi al cielo, sbuffando.

«E comunque, se proprio ti interessa, non c'è stato niente per cui sia valsa la pena scegliere di non partire» sputò acidamente.

«Però qualcosa c'è stato» constatai in modo spontaneo.

«Innumerevoli cose sotto il vostro naso... ma a quanto pare voi Robertson non siete molto bravi a vedere ciò che non vorreste vedere... e menomale direi, non so se avresti guardato più il tuo fratellone allo stesso modo, o beh, anche questo pick-up» era molto arrabbiata e, ancor più delle sue battutine che alludevano al sesso, mi rimase impresso il sentimento che compresi lei provasse per Mike.

«Anche tu dovresti stare attenta a dove ti siedi» Chris le fece l'occhiolino, guardandola attraverso lo specchietto retrovisore.

Se si era messo in modalità fratello protettivo, forse, avrei dovuto farlo anche io?

«Posso sapere cosa cazzo è successo senza dover interpretare queste frasi sconnesse?» mi voltai verso di lei, stufa delle sue mezze frasette.

«Oh beh, è solo da quando sono nata che ho una cotta clamorosa per Michael Robertson... e rivederlo davanti a me, dopo sedici anni, non mi ha fatto proprio nessun effetto, no, assolutamente. Come non mi ha fatto provare nessuna emozione saperlo così sexy, ardito e sfacciato... esattamente come avevo immaginato fosse diventato... e no, non ci sono cascata, per niente. Non mi sono fatta convincere che lui potesse darmi qualcosa in più rispetto al mio attuale fidanzato. Non mi ha per nulla fatto venire dei dubbi, proprio no, eh. Pensa che non volevo neppure più partire, ero pronta ad annullare tutto, ma poi, logicamente, il bad boy del cazzo ha cambiato idea, ha messo le mani avanti e me lo ha messo nel culo, e non solo letteralmente. Quindi adesso mi ritrovo a dovermi trasferire in Canada da una persona che mi ha amata tanto senza chiedermi niente in cambio, con la consapevolezza di averla tradita» si bloccò d'improvviso, tormentandosi le mani «sei contenta adesso?».

Tutte quelle informazioni mi confusero quasi come se fossi stata improvvisamente gettata al centro di un ciclone.

Come potevano essere successe tante cose senza che io me ne accorgessi minimamente?

Forse non era poi tanto sbagliato ciò che spesso avevano detto di me alcune persone: Sophia ha occhi solo per sé stessa.

Ora iniziavo a capire cosa significasse.

«Scusami se te lo dico, ma neanche tu e quel tuo fidanzato fantasma avete aiutato in tutta questa storia. La prima ad avere dubbi su voi due sei stata tu e, sebbene ci abbia provato mille volte a dirtelo, tu non l'hai mai voluto ascoltare... secondo te in Canada troverai davvero qualcuno? O ad aspettarti ci saranno Nev e Max per uno splendido episodio speciale di Catfish?» Chris non si voltò, ma bastò il tono della sua voce per farmi comprendere quale dovesse essere la sua opinione in merito. Non erano tanto le sue parole, ma il modo tagliente in cui le aveva pronunciate a farmi arrabbiare.

Innanzitutto mi offesi del fatto che mio fratello avesse deciso di confidarsi con lui piuttosto che con me, e poi allo stesso modo, a causa di ciò che Chris le aveva detto, iniziai a temere che Lot avesse fatto del male a Mike.

E se avesse cambiato idea riguardo le nostre sorelle a causa sua? Se il suo improvviso voler tornare a Denver non fosse stato soltanto legato al muro che le gemelle avevano eretto? E se fosse stato soltanto un modo per mettere più chilometri tra loro due?

«Mike ha paura di amare» è tutto ciò che riuscii a dire.

«Mike non ha paura di amare Elle, fidati. È semplicemente più facile raccontarsi quella storiella che prendere atto della realtà. Mike ama solo una persona e quella... rullo di tamburi... è Mike».

«Perché non resti qui per lottare? Se tanto ci tieni... se tanto hai fatto la Penelope della situazione, aspettando per anni il suo ritorno?» mi morsi la lingua per non essere troppo violenta nella mia risposta. L'affetto che provavo nei confronti di Mike stava iniziando a prendere troppo il sopravvento e temevo non sarei stata in grado di controllarmi.

«Perché nulla può essere costruito sulle macerie di qualcos'altro... ci sono troppe cose che vostro fratello non è ancora disposto a lasciare andare... tranne me ovviamente. E, a proposito di questo, il mio treno è in arrivo. Lasciatemi pure qua, e buona fortuna per tutto. Grazie di avermi fatta partecipare a questo viaggio, a modo mio, ho imparato tanto. Ciao Elle, Ciao Chris... prego per voi che Mike non vi scopra mai» ci inviò un bacio con la mano e scese dall'auto più in fretta possibile, prima che noi potessimo avere la possibilità di ricambiare il suo saluto. Anche se, in effetti, l'ultima frase, più che un augurio, suonò come una formula foriera di tempesta.

«Spero che Mike dimentichi al più presto il suo nome» sussurrò più a sé che a me, Chris.

«Posso sapere quando ha avuto il tempo di raccontarti tutto questo... e, soprattutto, quando cazzo sono successe tutte queste cose? Saranno cinque giorni che è con noi» incrociai le braccia al petto, mettendomi perfettamente dritta lungo il sedile.

«Tu dormi troppo Lu» mi fece una linguaccia «e poi sono anni che sono abituato a leggere i suoi comportamenti amorosi... sono un asso a capire anche quello che non mi dice. Ma non temere, presto lo saprai fare anche tu... dopo poco, diventa un libro aperto» sorrise, sia con le sue splendide labbra che con i suoi occhi luminosi.

«Bene... ora che abbiamo risolto un problema» mimai le virgolette «non ci tocca che affrontarne un altro. Potrei diventare violenta se dovessero nuovamente decidere di non darmi ascolto. Ci servono i loro due numeri e poi avremo la chiave di tutto» morsi entrambi i pollici, presa dal nervosismo.

«Una volta trovata la chiave però... dovremo interpretarla. Non dimenticartelo».

A quelle parole, gli rivolsi uno sguardo fulminante.

Anche se, in effetti, non aveva tutti i torti.

Forse suor Violet aveva ragione.

Non avrei dovuto farmi dare soltanto quelle informazioni, ma, al contrario, avrei dovuto convincerle.

Senza di loro, la nostra missione sarebbe naufragata ancor prima di cominciare.

«Quello che sento, però, è che finché non sarete tutti e cinque non vi sarà possibile scoprire la verità [...] combattete per ritrovare loro tre, il resto... verrà da sé» aveva detto la suora come se fosse stata direttamente in collegamento con Dio.

Ebbene, se l'Altissimo voleva così, avrei combattuto con le unghie e con i denti.

Per me, per noi, per loro.

***

Solo quando Chris riuscì a trovare un parcheggio accanto al palazzetto in cui avrei rincontrato le mie sorelle, l'ansia esplose corrodendomi come un acido dall'interno.

«Va tutto bene?» Chris passò una mano lungo la mia coscia nuda. Il contatto mi fece rabbrividire, ma non perché non lo desiderassi, quanto più perché ancora una volta fu quello a riportarmi alla realtà del mondo che mi circondava.

«Me la sto facendo sotto» continuai a guardare l'ingresso della palestra, non trovando il coraggio di aprire lo sportello dell'auto per poterne raggiungere l'interno.

«La Lucy che conosco io non si fa intimidire da niente e nessuno... saprai tenerle testa, è Lisa il problema, Lena era già convinta. Ti basterà soltanto costringerle ad ascoltare la storia e poi, sono certo, la curiosità di sapere cosa è accaduto prenderà anche loro» utilizzò l'indice e il pollice per obbligarmi a voltarmi nella sua direzione «guarda me, non sono un Robertson, eppure, sono completamente inghiottito da questa storia» sorrise «beh, dal mistero della vostra famiglia... e da un membro in particolare» sbatté gli occhi.

«Mike?» ribattei, conoscendo già la risposta corretta.

«Mmm... ci sei andata vicina. È la versione più sexy e meno psicopatica di mio fratello...» lasciò in sospeso la frase, per aggiustare un ciuffo dei miei capelli naturali che mi era ricaduto sugli occhi.

«Più sexy eh?» lo guardai dritto nelle iridi chiare, mordendo il labbro inferiore tra gli incisivi.

Quanto cazzo era bravo a farmi dimenticare dei miei problemi.

«Decisamente molto più se-» lo interruppi, posando le mie labbra sulle sue.

La mia lingua si fece spazio nella sua bocca, esplorandola in ogni sua parte come mai prima di allora. Un fuoco travolgente iniziò a scaldarmi dalla punta delle dita dei piedi sino alla testa, incendiando ogni centimetro della pelle.

Mi tolsi maldestramente la cintura ancora attaccata, cercando disperatamente di non sciogliere quel bacio.

Una volta riuscita a liberarmi mi spostai a cavalcioni su di lui, riuscendo sapientemente con un piede a spostare indietro al massimo il sedile.

Le sue mani risalirono ovunque sul mio corpo.

Mi sembrò quasi fosse diventato una divinità a più braccia.

Riuscii a toccarmi ogni lembo di pelle, mandandomi in estasi solo in quel modo.

Quando abbassò le spalline del mio vestito, facendo fuoriuscire davanti alla sua bocca famelica entrambi i miei seni, la voglia di lui, che era cresciuta dentro di me senza ritegno, esplose definitivamente.

Altro che l'ansia che provavo in precedenza, quella sì che poteva dirsi una sensazione totalizzante.

Decisi di tenere sulle spalle il golfino, onde evitare che qualcuno da lontano riuscisse a scorgermi nella totale nudità, come se essere a cavalcioni su un'altra persona potesse dirsi assolutamente innocente.

Chris mi mordicchiò senza sosta entrambi i capezzoli, facendomi portare la schiena all'indietro.

Suonai persino il clacson per sbaglio, ma quello non ci impedì di proseguire in ciò che avevamo iniziato.

Feci scivolare lungo le mie gambe nude le mutandine. Poi, decisi di affidarle a lui, facendo passare l'elastico attorno al suo collo.

Lui aprì velocemente la zip dei suoi jeans, abbassandoli solo quel tanto che bastava per far sì che il suo organo fosse in posizione.

Mi sistemai con entrambi i piedi, maldestramente appoggiati sulla plastica laterale dei sedili, e mi diedi una spinta tale da poter permettere a Chris di entrare dentro di me senza troppa difficoltà.

Tutto ciò che avevamo intorno smise di esistere, così come la paura di ciò che di lì a poco avrei dovuto affrontare.

Eravamo soltanto noi due e i gemiti sommessi del nostro piacere.

Eravamo due persone normali che non dovevano più combattere contro i loro sentimenti celandoli agli occhi degli altri, o meglio, di un solo altro.

Eravamo due ragazzi che per la fretta di perdersi l'uno nell'altro non avevano neanche aspettato di essere in un posto sicuro.

Ero io che spingevo sempre più lui dentro di me, e lui che non riusciva a smettere di esplorarmi.

L'orgasmo ci colse entrambi così rapidamente, come rapidamente si era consumata tra noi quella folle passione.

Mi accasciai sul suo petto leggermente sudato e ancora coperto dalla t-shirt.

Respirai a fondo il suo odore, riempiendo le narici di un'aria che sapeva di noi.

Sentii il suo cuore battere all'impazzata e immaginai che il mio fosse in perfetta sintonia con il suo.

«Se non fossimo in un parcheggio, resterei qui per sempre» sussurrò, accarezzandomi la schiena.

«Grazie per non esserti tirato indietro... ne avevo bisogno» pronunciai nuovamente a un passo dalle sue labbra.

«Ti pare forse che avrei potuto dire di no a tutto questo?» sghignazzò, dandomi un rapido bacio a stampo.

«Prendi lì dentro i fazzoletti... dovrebbero esserci anche delle salviettine... se aspettiamo oltre la partita sarà finita e ci troveremo mezza Washington University a godersi lo spettacolo» mi indicò il porta oggetti al lato destro dello sterzo.

«Per quale assurdo motivo hai nel pick-up tutte queste cose?» intrecciai le braccia appoggiandole sul petto, guardandolo in tralice.

«Ehm... non credo che tu lo voglia sapere» scoppiò a ridere «la mia Lucy gelosa... questa è una novità» mi prese in giro.

«Calmati Pollo... qui nessuno è geloso di nessuno» finsi di esserne convinta, ma forse, e dico forse, le cose stavano cambiando.

***

Entrammo nella palestra a un set dalla fine.

La struttura non era poi così gremita di persone come immaginavo, anche se avrei dovuto pensarci, considerando che non si trattava di una partita ufficiale ma soltanto di un'amichevole.

Individuai Lena e Felix sugli spalti, perciò decisi di sedermi da tutt'altra parte per evitare che lei si agitasse nel vedermi lì.

La squadra di Lisa era in vantaggio e lei stava giocando una partita incredibile.

Non ero proprio una grande appassionata di sport, figuriamoci di pallavolo, ma il modo in cui lei si alzava leggiadra per schiacciare la palla ogni volta che l'alzatrice gliela serviva, la faceva sembrare simile a una libellula.

Rimasi incantata a guardarla, chiedendomi come mai la genetica fosse stata così cattiva soltanto con me, facendomi crescere come un pezzo di legno senza alcun talento sportivo.

Mi risvegliai dalla mia trance, soltanto quando la voce del commentatore annunciò la vittoria della squadra in cui giocava mia sorella.

«La University of Washington Women's Volleyball vince per tre set a due contro le ospiti della Utah Valley. Dakota Wolf è inarrestabile. Non si tratta di una competizione ufficiale, ma la sua schiacciata non risparmia nessuno, miete vittime senza alcun ritegno. Un applauso al nostro capitano!» tutte le persone presenti iniziarono ad applaudirla e con loro anche io e Chris. Cominciai a sorridere come un'idiota, fiera dei successi di mia sorella.

Era più forte di me, avevo cercato di issare un muro davanti al muro che lei stessa aveva costruito per tenerci fuori, ma non poteva funzionare così...

Eravamo l'una parte dell'altra e quello non sarebbe mai cambiato. Avrebbe potuto proteggere suo fratello in ogni modo da quella scomoda verità, ma dovevo farle capire che essa non avrebbe mai smesso di esistere nemmeno se lei avesse cercato di ignorarla per tutta la vita.

Puoi credere di essere una Wolf, mia cara "Dakota", ma resterai sempre una Robertson.

***

Aspettammo pazientemente che lei uscisse dagli spogliatoi.

Ormai, rimasti praticamente gli unici seduti tra gli spalti, eravamo stati individuati da Felix che aveva prontamente fatto segno a Lena di evitarci.

I due, però, non avevano capito quanto io fossi determinata; perciò, non appena vidi Lisa andare incontro alla gemella, mi catapultai verso di loro.

«Vi devo parlare» esordii senza neppure salutare.

«Che ci fai qui?» mi interrogarono all'unisono.

«Ho bisogno di spiegarvi delle cose... e, prima che voi possiate propinarmi tutte le scuse del mondo, quello che vi dirò non è volto a farvi cambiare idea. O meglio, ci spero non lo nego, ma ho bisogno che voi sappiate quello che si nasconde dietro il nostro abbandono e... se ne ho la necessità... è solo perché c'è un mistero che senza il vostro aiuto non possiamo risolvere. Ho bisogno che voi mi forniate il pezzo del puzzle che vi è stato assegnato e poi, se vorrete, scompariremo nel nulla. Vi prometto che vi lasceremo libere di cancellare per sempre Mary-Elizabeth e Eléna Robertson» parlai il più rapidamente possibile, presa com'ero dall'ansia che potessero interrompermi senza lasciarmi proseguire nella mia misteriosa spiegazione.

Aggrottarono entrambe la fronte e le sopracciglia, prima di guardarsi e annuire contemporaneamente. Fu quasi fastidioso riconoscerle l'una come lo specchio dell'altra.

Felix fece segno a Chris di lasciarci sole, mentre sia Lisa che Lena si avviarono verso un punto più lontano degli spalti rispetto alla presenza delle altre giocatrici.

«Cos'è che vuoi esattamente?» Lisa me lo domandò con un tono della voce che non prometteva nulla di positivo, ma io non mi feci abbattere.

«Voi avete degli anelli» deglutii molto lentamente «come questo» mostrai loro il solitario che Isa mi aveva affidato prima di partire.

Lena alzò immediatamente la mano destra, mostrandomelo «non credevo che ce l'avessi anche tu» lo fece ruotare leggermente, accarezzandone il diamantino.

«Mamma e papà ci hanno detto che è l'unico oggetto personale che hanno ritirato all'orfanotrofio... lo indosso nei momenti importanti da anni» mi informò, continuando a guardarlo come ipnotizzata.

«Che numero c'è inciso all'interno?» le labbra quasi mi si incollarono nel domandarglielo.

Lei mi guardò stranita, non riuscendo a capire cosa volessi dire.

Lo sfilò, assottigliando gli occhi per leggere meglio.

«0 o... una O?» lo passò a nostra sorella per farle controllare meglio.

«Decisamente uno 0... ma questo cosa significa?» mi interrogò l'altra.

«Tony ha un 9, Mike un 5, Lena uno 0, tu un altro numero, e io un 3... è un codice» sospirai con il cuore che impazzito rischiava di fuoriuscirmi dalla cassa toracica.

«Io... non ho più il mio» distrusse ogni nostra possibilità in un battito di ciglia.

«In che s-senso?» balbettai in preda al panico. Neanche per un istante avevo riflettuto sulla possibilità che uno di quei gioielli potesse essere stato irrimediabilmente perduto.

«L'ho venduto per aiutare i miei genitori a pagare le chemio di nostro fratello» portò entrambe le mani a coprire la fronte «cazzo, cazzo, cazzo» imprecò non proprio a bassa voce.

«Te l'avevo detto di non farlo Dak!» Lena la sgridò, lasciandosi andare all'indietro sugli spalti.

«Che tipo di codice è? Di una cassaforte?» Lisa la ignorò, cercando maggiori informazioni.

«Non ne ho idea ragazze... tutto quello che abbiamo sono queste fotografie» sfilai dalla borsa una busta bianca e la consegnai nelle loro mani.

Si ammutolirono passando in rassegna ogni immagine. Vidi entrambe, e ciò mi sorprese molto, con le lacrime agli occhi. Accarezzarono i volti di mamma e papà, risero rivedendosi bambine, e si mostrarono confuse, esattamente come lo eravamo stati noi altri, nel leggere le didascalie che la calligrafia di nostra madre aveva assegnato a ognuna di quelle istantanee.

«Abbiamo parlato con Tony e lui sa molte più cose di noi, visto che era quasi un adolescente quando siamo stati abbandonati... abbiamo anche letto il verbale della polizia e le dichiarazioni della mamma di Lot, Carol, l'amica di famiglia che materialmente ci ha accompagnati all'orfanotrofio... Grace ci ha lasciato un messaggio attraverso di lei... abbiamo persino parlato con il notaio che ha validato la loro richiesta di perdere la patria potestà... Lisa, Lena... era un piano ben orchestrato con degli indizi... ragazze, dovete aiutarci... è una caccia al tesoro!» provai in pochi secondi a riassumere tutto quello che sapevamo, ma lo feci in maniera così rapida e confusa, da generare in loro una sensazione di smarrimento ancora più forte.

C'erano troppi indizi, troppi punti interrogativi e troppe verità nascoste... era una situazione fin troppo complessa perché soltanto noi tre, senza loro due, potessimo arrivarne a capo.

Mi lasciai andare accanto a Lena, mentre Lisa rimase in piedi a guardarci.

La prima sembrava molto più sopraffatta da quelle notizie, mentre l'altra sembrava distratta dai suoi pensieri.

«Elle» mi chiamò all'improvviso, dopo qualche secondo di smarrimento.

«Chiama Mike e Tony... dobbiamo parlarne tutti e cinque insieme. Ci vediamo a casa nostra tra un'oretta» sospirò.

«Io e Mike ci saremo... ma Tony... beh, lui è attualmente impossibilitato» mi guardai intorno, mordicchiandomi la guancia. Non era proprio semplice dire la verità su di lui. Temevo che loro potessero giudicarlo senza conoscere la sua storia.

«Possiamo chiamarlo?» Lena lo disse come se nel ventunesimo secolo fosse impossibile essere disconnessi.

«Non può ricevere telefonate» mi grattai la nuca, sorridendo scioccamente «esce di prigione tra una decina di giorni» aggiunsi parlando a voce bassa, sperando che loro non mi udissero.

«Impossibile» aggiunse Lisa «a differenza di Lena, io ho una memoria paurosa... ti posso assicurare che vi state sbagliando... Tony è, o almeno era, un angelo».

«Nostro fratello lo è ancora, soltanto che non ha avuto la fortuna di crescere in famiglie privilegiate come le nostre... vi spiegheremo tutto io e Mike. Ora dobbiamo soltanto mettervi al corrente di quello che abbiamo scoperto, cercando di scoprire quale numero mamma avesse assegnato a te...».

«Ce la faremo» pronunciò sicura Lisa.

«Ce la faremo» le fece eco Lena.

«Ce la faremo» aggiunsi anche io, porgendo all'una e all'altra le mani.

Entrambe esitarono per un istante, ma, all'unisono, non appena si lanciarono uno sguardo d'intesa, le afferrarono.

Non avevamo ancora scoperto nulla in più di quello che sapevamo già, ma una cosa era certa...

Ora eravamo finalmente tutti e cinque dalla stessa parte.

Spazio autrice:

Grazie ancora una volta per essere ancora qui con me, a seguire questo folle viaggio di questa altrettanto folle famiglia...

Spero vivamente che la storia vi stia piacendo e che siate curiosi di saperne di più,

Ci vediamo mercoledì prossimo con un nuovo capitolo,

Non mi abbandonate🥀,

Matilde.

PS. su Instagram come sempre troverete il link per le domande in anonimo, e se vi va lasciate un commento e una stellina. Love u ❤️‍🩹

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