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Capitolo 11 - Il resto... verrà da sé


Il palazzo in cui si trovava lo studio del notaio Garrett era una delle strutture più particolari che io avessi mai visto, considerato il luogo in cui si collocava. Se a destra e a sinistra sorgevano costruzioni in mattoni rossi, tipici dell'urbanistica dello Stato, l'edificio per uffici,  al contrario, era interamente vetrato. Sembrava di avere un pezzo di New York a rompere l'equilibrio visivo della rossastra cittadina.

Io e mio fratello ci annunciammo al portiere, fingendoci clienti importanti. 

Dopo un breve momento di titubanza da parte dell'uomo, ci venne fornito un codice per l'ascensore.

Una volta arrivati al sesto piano, ci accomodammo su delle sedute in pelle. Mike iniziò a sfogliare, come se gli importasse minimamente, una delle riviste di moda - rigorosamente aggiornate all'ultima uscita - tra le tante sparpagliate su un tavolino vetrato; mentre io, senza proferire parola alcuna, continuai a guardarmi intorno incredula. Non mi sembrava vero che, fino a qualche ora prima, non avessimo alcuna pista sulla scomparsa dei nostri genitori e che invece, d'un tratto, avremmo potuto dirci a un passo dalla verità.

O almeno era ciò che credevamo.

«Robertson?» qualcuno pronunciò il nostro nome con fare interrogativo.

«Siamo noi» Mike alzò una mano per farsi vedere.

«Garrett vi aspetta, avete soltanto cinque minuti» aggiunse, con voce quasi minacciosa, l'altissima segretaria dell'uomo.

Chris rimase là, a sonnecchiare sulle poltrone, mentre io e mio fratello ci avviammo verso l'ufficio.

«Maurine mi ha anticipato che siete qui senza appuntamento, tuttavia mi ha detto che è urgente. Ho pochi minuti a disposizione per voi, e vi avverto, mangerò una barretta proteica nel frattempo. Sappiate che avete rubato i miei unici istanti di pausa; perciò non datemi del maleducato. Se la conversazione dovesse proseguire troppo, dovrete persino seguirmi in bagno» un signore anziano solo nel volto, ma dal corpo statuario, ci parlò così rapidamente da non darci neanche il tempo di salutarlo. 

Vista l'accoglienza atipica, sia io che mio fratello decidemmo di saltare i convenevoli, andando dritti al punto.

«Siamo Michael ed Elle Robertson... sedici anni fa lei si è occupato del nostro caso di adozione. Forse lo ricorderà per via dello scerif-».

«Ancora con questa storia?» Garrett interruppe Mike, masticando a bocca aperta.

«Grace Smith e Samuel Robertson sono venuti qui ogni mese a riaggiornare i documenti... è stato tutto legale, ovviamente... non so altro. Mi pagano e io non chiedo, questa è la mia politica» ci comunicò un dato così importante in una maniera così fredda e disinteressata che quasi mi parve di avere davanti mia madre.

«Cosa vuol dire ogni mese?» domandai confusa.

«Per un anno circa, o forse due... non so il motivo, come vi ho già detto... forse potreste parlarne con suor Violet, la direttrice dell'epoca» guardò l'orologio, non cercando neanche di nascondere il fastidio ad averci ancora lì.

«Non hanno detto nulla? Lei semplicemente autenticava le loro firme, prendendo chissà quanto denaro, senza mai neanche domandare per quale cazzo di ragione volessero abbandonare i loro figli che, mese dopo mese, non lasciavano mai andare?» Mike si infervorò, alzando fin troppo la voce. Tuttavia non servì a nulla, nel preciso istante in cui iniziò ad urlare, due guardie ci scortarono fuori dall'edificio senza che neanche ce ne rendessimo conto.

Chris ci raggiunse poco dopo, riuscendo a respirare a fatica, non accortosi immediatamente, stanco com'era, di essere rimasto l'unico su quel piano.

«Allora?» chiese a entrambi curioso.

«Non abbiamo scoperto molto... ma forse dovremmo provare a chiamare suor Violet» Mike si rivolse a me ma, nell'istante esatto in cui aveva terminato quella frase, stava già stringendo il suo IPhone tra le mani pronto a digitarne il numero di cellulare.

«Non ci avevi già parlato?» suo fratello gli porse una domanda lecita, considerando che il suo contatto gli era stato fornito già dall'ultima volta in cui era stato a Fargo insieme ai suoi genitori adottivi.

Lui scosse il capo, dando avvio alla chiamata e inserendo subito il vivavoce.

«Clinica Santa Barbara, sono Clarissa, come posso aiutarla?» una voce quasi meccanica interruppe il silenzio.

«Ehm, sì... non è il cellulare di suor Violet?» chiese lui, piuttosto confuso.

«Sì, lei è il nipote Bruce? L'aspettavamo ormai trenta minuti fa, credevamo non sarebbe più venuto» constatò lei infastidita.

«Scusate, c'era traffico. Sono praticamente a pochi minuti da lì» mi lasciò interdetta la rapidità con la quale scelse di mentire. «Posso portare con me mia... mia moglie?» aggiunse, sperando di potermi includere nella prima delle numerose cose moralmente sbagliate che avremmo compiuto di lì a poco.

«Lo sa che è permesso soltanto ai parenti di venire... ma, del resto, se è sua moglie. L'importante è che vi sbrighiate» ci minacciò, non proprio velatamente, con la voce.

Chris non perse tempo, cercando immediatamente su Maps la strada in cui si collocava l'ospizio. Ci mostrò il tragitto, volgendo lo schermo nella nostra direzione. Fu un colpo di fortuna constatare quanto fosse vicino alla nostra posizione.

«Tu va' a dormire, sei praticamente un morto... io e te, Mini, ci trasformeremo nel signore e nella signora Bruce» schioccò le dita, pronto a entrare in un personaggio di cui, oltre il nome, non conosceva neppure le fattezze.

***

«Buonasera», ci presentammo all'infermiera di turno tenendoci per mano.

«Bruce?» si assicurò che lui fosse la persona giusta.

«In carne e ossa».

Lo guardai di traverso, non era il momento giusto per fare l'idiota.

«Suor Violet?» si girò su se stesso alla ricerca dell'anziana.

«Intende sua zia?» ribatté insospettita.

«Certo zia-suor Violet» congiunse le mani in segno di preghiera e io dovetti davvero controllarmi per non scoppiare a ridere. 

Mi capitava spesso di domandarmi da chi avesse preso questa verve comica che a volte non riusciva a tenere a bada.

«Lo sa vero che è allettata?» il loro botta e risposta, o meglio dire botta e domanda, proseguì come se io non ci fossi.

«Ci vuole accompagnare da lei o dobbiamo cercare un posto con un personale un po' più disponibile?» fece ticchettare il piede sul pavimento in gomma chiara, facendo poi schioccare il palato.

La donna ci condusse, trascinandosi infastidita, davanti a una porta in legno scuro, su cui era stato appeso un cartello con il nome della nostra cara zietta.

Ci fece segno di entrare e ci comunicò che avevamo soltanto una quindicina di minuti prima che l'orario di visita terminasse.

La vecchietta se ne stava sdraiata sul letto con gli occhi aperti e lo sguardo fisso sul soffitto. Non appena fummo nella sua camera, da soli, mi pentii di essere arrivata fino a lì.

«Suor Violet, ci scusi per questa improvvisata» mio fratello parlò piano e io fui più che sicura che lei non avesse udito niente.

Sorprendentemente, dopo qualche istante di silenzio imbarazzante, fu lei a parlare.

«Se nostro Signore mi ha concesso una dote, questa è il riconoscere i miei bambini anche a distanza di anni... cosa volete sapere sui vostri genitori?» parve quasi che una voce registrata avesse detto qualcosa al posto di quella specie di cadavere putrefatto adagiato sul letto. 

Ancora oggi, giurerei che lei non avesse aperto bocca, eppure fu in grado di pronunciare molto più che questa frase.

«Il notaio Garrett ci ha detto di parlare con lei... sa, non era strano che avessero da così tanto tempo l'idea di lasciarci?» Mike si avvicinò, sedendosi su una sedia a dondolo posizionata accanto al letto. La informò dei suoi dubbi come se fosse normale che lei potesse ricordare ogni particolare della vicenda, a distanza di così tanti anni.

«Vorrei potervi dire quale segreto loro stessero custodendo... ma il buon Dio, questo potere non me l'ha fornito... non sono morti, di questo ne sono certa, sento ancora la loro anima su questa Terra... ma» tossì circa cinque volte prima di riuscire a proseguire «credo che ci siano ragioni più complesse dietro la loro fuga. Quello che sento, però, è che finché non sarete tutti e cinque riuniti non vi sarà possibile scoprire la verità» cambiò posizione sul materasso, come se qualcuno l'avesse spostata di peso. Non batté gli occhi, né niente. Continuai a credere che fosse morta «combattete per ritrovare gli altri tre, il resto... verrà da sé» serrò definitivamente le palpebre, - credo e spero - addormentandosi.

«Non può dirci nulla su di loro?» Mike provò a insistere, senza rendersi conto che ormai quel breve momento di lucidità fosse scaduto. 

Lo presi per mano e lo condussi con me all'esterno.

«Che cazzo facciamo?» gli domandai confusa. 

Quando avevo aperto gli occhi quella mattina non mi ero immaginata in giro per Fargo a interrogare a destra e a manca i testimoni dei tragici eventi della nostra infanzia.

Ma, evidentemente... era solo l'inizio.

«Dobbiamo capire come trovare Lisa, Lena e Tony... ma, soprattutto, lui... sono sicuro che saprà dirci qualcosa che noi ignoriamo» fece una pausa, spostandosi avanti e indietro davanti alla soglia d'ingresso della clinica «escogiteremo un piano, ma non ora. Prendiamo qualcosa da mangiare e raggiungiamo Chris. La notte ci porterà consiglio».

***

Ci presentammo con una pizza al salame piccante più doppia delle nostre teste e quasi dovemmo imboccare Chris come fosse un bambino, tra un sonnellino e un altro.

Parlammo di tutto, ma non di ciò che avevamo scoperto. Lasciammo che quella tremenda ombra che aleggiava sulla nostra famiglia restasse fuori dalla porta.

Mike mi raccontò di Lot, che seppi chiamarsi Charlotte, e del fatto che era stata la sua migliore amica d'infanzia da che lui ne aveva memoria. 

In realtà, dalle sue parole, scorsi molto più che quello. 

Non so perché ma mi sembrò di intuire che se la vita non ci avesse portato su altre strade, quei due si sarebbero fidanzati, arrivando anche all'altare in giovane età. 

Mi figurai tutto, ricostruendo un presente-futuro che non sarebbe mai esistito che nelle nostre menti.

Quando entrambi fummo stanchi, tanto da non riuscire più a tenere gli occhi aperti, provai a convincerlo a farmi dormire sul divano, visto che Chris ormai occupava l'unico letto matrimoniale presente nella stanza, ma lui non volle assolutamente farmi passare la notte in maniera scomoda.

Da buon fratello geloso, posizionò un paio di cuscini tra il corpo del giovane Eliot e il mio, e poi impresse un bacio bagnaticcio, ma estremamente potente, sulla mia fronte.

«Se ti tocca, avvertimi che lo eviro» scherzò, avviandosi verso il bagno.

Non sapeva, però, che per dimenticare tutto ciò che avevamo scoperto, l'unica cosa di cui necessitavo era proprio suo fratello.

***

«Mike, mi stai soffocando» una voce roca e un respiro caldo mi solleticarono l'orecchio.

Aprii gli occhi a fatica, mettendo a fuoco soltanto una flebile luce proveniente dal televisore, che illuminava la stanza completamente immersa nell'oscurità.

Sotto di me, qualcosa di duro.

Pensai a quanto quel motel dovesse essere scadente per avere un materasso così rigido.

Solo quando mi sentii strattonare, capii in realtà su cosa avessi poggiato la schiena.

«Lucy?» domandò incredulo Chris, non appena mi riconobbe.

«Pollo» alzai gli occhi al cielo, sebbene fossi abbastanza sicura che lui non potesse vedermi.

«Mike è forse impazzito? Non ci credo che ti abbia fatta dormire nel mio stesso letto» sghignazzò, spostando quel che restava dei cuscini che avevano fallito miseramente nel separarci.

«Ehi attento, non toccarmi... ha detto che ti avrebbe evirato se lo avessi fatto» prima lo respinsi e, poi, mi avvicinai di più a lui. 

Sistemai il palmo della sua mano in mezzo alle mie gambe, sfregandolo come se avessi freddo.

«Ah sì?» abbassò ancora di più la voce, per evitare di svegliarlo.

«Ops» iniziò a sfiorare lentamente con la mano libera la mia spalla.

Io feci lo stesso, soffermandomi, però, prima sulle sue guance e poi sulle sue labbra.

«Come stai?» domandò, guardandomi un po' a fatica, vista la sua posizione, dritto negli occhi.

«Confusa» constatai amaramente. 

Era davvero il termine migliore per definire il modo in cui mi ero sentita per tutta la giornata.

«Se le insidie della vita ti rendono triste, c'è un solo modo per far sì che tu sia felice... era così, giusto?» sussurrò a un palmo dalle mie labbra.

«E io che pensavo che tu avessi paura di Mike... mi ero sbagliata, Pollo? Sei forse finalmente rinsavito?» lo afferrai per il collo e lo avvicinai ancora di più a me. Percepii il suo respiro caldo e il suo odore mi riempii le narici. Il ciuffo troppo lungo gli ricadde lungo la fronte, formando un unico grande ricciolo. Sentii un impulso viscerale di toccarglielo.

«Magari potrei giustificare il mio comportamento con la stanchezza, o non lo so, potrei essere sonnambulo» morse l'angolo della bocca.

Mike disteso sul divano ai nostri piedi, si mosse, parlottando nel sonno.

«Ottima idea» mimai semplicemente per paura che lui potesse svegliarsi.

Chris fece risalire lentamente quella mano che, precedentemente, avevo intrappolato tra le mie gambe, fino a raggiungere il mio punto più sensibile. Da sopra i pantaloni attillati del pigiama cominciò a toccarmi. Malgrado ci fossero diversi strati di stoffa a separare le sue dita sapienti dal mio clitoride, fui in grado di percepire perfettamente ogni sensazione. Come se con lui tutto si amplificasse. Mi sembrava di avere un udito, un olfatto, un tatto... tutti sviluppati più di quanto avrebbero potuto esserlo i sensi di un essere umano.

Poi, d'improvviso, senza che io me lo aspettassi, appoggiò le sue labbra sulle mie. 

Gli permisi di insinuarvisi all'interno con la lingua, sebbene entrambi fossimo fin troppo attenti a non produrre troppi rumori. 

Portai tutto il mio peso sulle natiche e, come un'anguilla per nulla sensuale, feci in modo che i miei pantaloni si abbassassero, lasciando parte delle mie mutandine in bella vista. 

Lui comprese al volo e terminò il lavoro, lasciandomi completamente nuda nella parte inferiore del corpo, distesa tra le coperte non proprio pulitissime del peggior motel del North-Dakota.

Le sue dita non indugiarono molto, ma proseguirono rapide al mio interno. Dando vita a un movimento cadenzato, così piacevole, da farmi rischiare di svegliare Mike.

Scossi il capo, senza controllo «non ce la faccio» pronunciai a fatica.

Lui mi zittì con un bacio e, poi, con un altro.

Il mondo oscuro intorno a me iniziò a danzare, ruotando su se stesso mentre forse ero io a contorcermi dal piacere.

Si staccò da me, per abbassare leggermente il capo e mordermi i capezzoli da sopra la maglietta fina che indossavo. Ovviamente non portavo il reggiseno e per quella ragione fu tutto più semplice.

Sentii il suo pene duro strusciarsi sulla mia gamba e sognai che nostro fratello non fosse ai nostri piedi per poter dare sfogo a tutti i miei desideri.

Forse un giorno saremmo riusciti a unirci senza fretta e segretezza, ma quell'attimo colto e rubato al buio della notte era tutto ciò che avevamo.

Afferrai con violenza il suo organo, abbassandogli prepotentemente i boxer. Iniziai a muoverlo su e giù, forse con troppa veemenza, seguendo l'orgasmo che stava crescendo sempre di più dentro di me.

«Non po-posso venire» balbettò piano.

Presi la sua mano libera e la posizionai sui miei seni, implorandolo di toccarmi. Mentre le sue dita continuavano a lambirmi ormai da un tempo che si era dilatato e che sembrava non esistere, continuò a mordermi e a sfiorarmi con maestria.

Portai il collo all'indietro e distesi la schiena come fossi un'indemoniata.

Mi sfuggii un ansimo e lui mi punii aumentando la penetrazione.

Alla fine socchiusi gli occhi e tutto intorno a me divenne luminoso.

La testa si fece pesante e il cuore iniziò a martellare nel petto.

Poi, la pace.

Lui si accorse del mio orgasmo, seguendo perfettamente il contrarsi dei miei muscoli. Tirò fuori l'indice e il medio e li portò alla bocca, leccandoli uno a uno.

Il suo sorriso soddisfatto mi fece venire voglia di ripetere tutto ciò che avevamo fatto, ma oramai, a causa del tempo limitato, non c'era più tempo da dedicare a me. Era giusto che anche io terminassi per lui ciò che avevo iniziato.

Senza dirgli nulla, scivolai tra le lenzuola, fino a raggiungere con il mio volto l'altezza del suo pube.

Aprii la bocca e pregai che mio fratello non si svegliasse proprio in quel frangente.

Lo leccai prima piano e poi con maggiore voracità.

Se c'era una cosa in cui ero brava era proprio quella.

Non avevo infatti alcun riflesso esofageo.

Avrei potuto portare a fondo qualsiasi cosa senza fare una piega.

E, dal modo in cui Chris iniziò a stringermi i capelli e a soffocare gemiti, credo proprio non fosse abituato a quel tipo di talento.

Non durò molto, probabilmente perché era già al culmine da tempo, o forse perché era disturbato esattamente quanto me, ma, la presenza di Mike, invece che riempirci di paura, non fece altro che eccitarci di più.

Non pensai ai miei genitori, ai miei fratelli, né alla situazione irrisolta che avevo lasciato a New York. Mentre ero con lui, mi dimenticai persino del nome che portavo con tanta fatica e del mio aspetto che tanto repellevo. Tutto ciò che provai fu una serenità estrema.

Mi sentii inondare la bocca da un liquido dolciastro e caldo.

Ingoiai tutto senza pensarci, mentre Chris cercò di grugnire di piacere nel modo più silente possibile.

Nostro fratello, in quell'esatto momento, si mosse rumorosamente ed entrambi rimanemmo come congelati. Quando ci fummo assicurati che Mike non fosse sveglio, ci staccammo.

Mi parve di risentire nuovamente il freddo, sebbene le temperature non fossero così basse.

Chris sistemò tra noi il muro di cuscini, come nulla fosse accaduto dal momento in cui eravamo andati a dormire qualche ora prima.

Nessuno di noi ebbe il coraggio di rompere il silenzio rilassante che si era creato; perciò, non parlammo più fino a che entrambi fummo riportati dalla nostra stanchezza nel mondo dei sogni.

Ci fu però un gesto che lui compì proprio poco prima che ciò avvenisse.

Fece passare tra i cuscini la mano e mi invitò, sfiorando la mia, a stringergliela.

Ci addormentammo così, celati dalle coperte agli occhi di nostro fratello, separati per il resto del mondo, ma sempre più uniti in un universo parallelo a cui avevamo accesso soltanto noi.

***

La mattina seguente, uno spasmo estraneo, proveniente dalla mia mano attaccaticcia e sudaticcia, mi fece svegliare.

Eravamo rimasti per tutta la notte nella stessa posizione e, solo ora che Chris aveva aperto gli occhi e si era leggermente voltato sul fianco, muovendo di conseguenza anche me, mi ero svegliata.

Era veramente una vita che non mi sembrava di dormire così serenamente. In più, non mi capitava spesso di ritrovare ancora con me a letto, la mattina dopo, la persona con la quale avevo fatto qualcosa. Non di certo quella poteva essere considerata la prima volta che dormivo con un uomo, ma, era probabilmente l'unica volta in cui la cosa non mi era pesata e non avevo avuto la sensazione di dover fuggire per forza da ciò che avrebbe potuto essere.

Alzai di poco il collo, per guardare in direzione di Mike.

Il divano letto era vuoto e la porta del bagno spalancata.

Strattonai Chris e lui, dopo un breve periodo di incoscienza, scosse il capo come a volermi chiedere il perché lo avessi rubato dalle braccia di Morfeo con tale veemenza.

«Dov'è?» chiesi guardandomi intorno.

«Sarà andato a correre» rispose nel modo più semplice possibile, staccandosi dalla mia mano e avvicinandosi a me per abbracciarmi da dietro.

«Non lo so, ho una strana impressione» mi morsi l'interno della guancia. Stavo provando un'ansia insolita per la sua assenza.

«Ieri è stato... incredibile» sussurrò dietro le mie spalle, all'altezza del collo.

Un brivido mi si irradiò lungo tutta la spina dorsale.

«Avevi dubbi?» torsi il collo all'indietro, sforzandomi per guardarlo con la coda dell'occhio.

«So che probabilmente andrò all'Inferno e che, se Mike sapesse, rischierei davvero la vita... ma, cazzo Lucy» si interruppe, facendo fuoriuscire dalle sue labbra un grosso sospiro «dannata Lucy» aggiunse, stringendomi sempre di più tra le sue braccia.

La vibrazione del mio cellulare interruppe il momento.

Mi fiondai a prenderlo, pensando potesse essere Mike, invece dall'altro capo del telefono udii un'altra voce.

«Ti sei forse dimenticata di me?» Allison alzò di fin troppi decibel la sua voce.

«No, assolutamente... ciao Ali» finsi.

«Ciao un cazzo... sono sola in questa casa enorme e non so come passare le mie giornate. Mentre tu, Dio solo sa cosa stai facendo» guardai immediatamente Chris sdraiato ancora di lato con quel suo sorrisetto malizioso e i capelli scompigliati, e pensai tra me e me che davvero, malgrado tutto, non mi stava andando così male.

«Lo so che non sei sola... non mentire. Qui va tutto alla grande, non so dirti quanto ancora mi tratterrò, ma non mi sembra di averti chiesto niente di che. Devi soltanto usare la mia carta di credito ogni tanto, non c'è bisogno di fare la melodrammatica» ripresi di nuovo il mio posto sul materasso, ruotando la schiena verso di lui, pregandolo, senza parlare, di ritornare nella stessa posizione.

«Sì, ok... c'è Scott con me, è vero. Però credo dovresti comunque metterci il meno possibile... portati tuo fratello qui, ma almeno evitiamo che tua madre mi faccia arrestare per averti permesso di fare questa follia».

«Magari fosse così semplice A... abbiamo molto da fare io e Mike adesso, ma ti prometto che considererò la tua offerta nel caso in cui ciò che dobbiamo fare non andasse in porto» fui volutamente laconica, meno le raccontavo e meglio era.

«Va bene S, stai attenta però... solo questo» si arrese così facilmente che mi sembrò quasi impossibile che fosse la mia amica. Forse la presenza del suo ragazzo la stava cambiando per davvero.

Attaccai, dopo averle semplicemente risposto di .

Chris mi strinse più forte, senza che io dovessi chiederglielo.

«Cosa pensi di fare?» mi domandò con un filo di preoccupazione nella voce.

Io mi lamentai, dando sfogo alla mia indecisione, producendo degli strani versi sempre più acuti.

«Non ne ho la più pallida idea... io e Mike avremmo voluto trovare gli altri, ma temo che non sarà così semplice come pensavamo e, soprattutto, ho paura che dietro ci sia una trama così intricata... Chris, anche se non lo conosco bene quanto te, io e lui siamo uguali... finché non avremo risolto questa situazione, non saremo in grado di tornare alle nostre vite di sempre. Peccato che io abbia dei genitori adottivi che mi aspettano ignari di tutto ciò che ho scoperto e che lui invece abbia i provini e la laurea alle porte. Ma, se ci pensi, in effetti, saremo mai più quelli che eravamo prima di incontrarci?» gli chiesi retoricamente, in preda al panico. Odiavo sentire Allison, o chiunque facesse parte della mia vita di prima, perché mi ricordavano che prima o poi avrei dovuto tornarci. E se ora ero abituata a sentirmi chiamare Elle, o nel migliore dei casi Lucy, non era così lontano il momento in cui avrei di nuovo sentito "Sophia Harbour-Fitzgerald".

«No, Lucy... e anche se ti spaventa tornare alla tua quotidianità, questa ormai non sarà più la stessa... Noi faremo parte della tua vita, sempre» incluse anche se stesso e un po' ebbi paura. Mi spaventò sia l'idea che il nostro legame stesse diventando più serio, sia che sarei stata costretta per tutto il resto della mia esistenza ad avere un rapporto con una persona che avevo volutamente utilizzato sessualmente per sentirmi meglio. 

Di solito, le mie "relazioni" con i ragazzi con cui scopavo non duravano più di qualche settimana, ora invece, qualsiasi cosa sarebbe accaduta tra noi, non sarei mai potuta fuggire da lui.

Il rumore della serratura ci fece staccare di scatto.

Mike, esattamente come aveva previsto Chris, entrò in tenuta ginnica e completamente sudato.

«Elle» gridò il mio nome con entusiasmo «ho un piano!» urlò ancora, gettandosi sulle coperte, bagnato com'era, tra noi due.

«Non è legale... devo ammetterlo... ma, è la nostra unica possibilità. Ci stai?» mi chiese e, senza che ci fosse bisogno di sentire quale fosse il suo progetto, io annuii.

CONTINUA...

Spazio autrice:

Un po' in ritardo, ma ci sono.

Cosa avrà in mente Mike?

E cosa ne pensate di questo legame clandestino che sta diventando sempre più forte tra Lucy e Pollo?

Venite su Instagram per commentare (link anonimo nelle storie), premete sulla stellina e lasciate una vostra opinione qui su Wattpad e se vi va...

Ci vediamo mercoledì prossimo,

Alcune idee geniali... sono illegali😂

Grazie perché siete ancora qui con me,

Non mi abbandonate🥀,

Matilde.

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