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Pezzi di cuore

Bloccata. Immobile. Schiacciata.

Era ferma in posizione fetale, rannicchiata sul pavimento.

Aveva freddo, un terribile e profondo freddo. Giaceva come chiusa in una stanza che, però, era solo dentro di lei, con spesse pareti e tetto robusto attorno al suo cuore, attraverso le cui mura sentiva gli altri ridere, parlare e vivere. Nessun raggio di sole avrebbe potuto scaldarla come nessuna parola l'avrebbe salvata stavolta. Erano state proprio delle parole a chiuderla in quella stanza, al buio un'altra volta.

Apatica e senza dare alcun segno di risveglio, restava lì, semplicemente immobile alla vita.

Di giorno indossava la sua maschera, quella col sorriso, che tanto piaceva in famiglia.

Esaudiva ogni più piccola richiesta di tutti, era sempre presente e cercava di svolgere il suo compito al meglio.

Era una donna precisa, perfezionista in tutto ciò che faceva. Voleva sempre che gli altri fossero orgogliosi di lei, di quel che faceva e di come lo faceva. Si teneva occupata così, dando il massimo, lavorando il doppio delle sue possibilità e cercando di non far mancare mai una parola buona a conoscenti, genitori e amici.

Quando le necessità di tutti cessavano, lei poteva finalmente guardarsi allo specchio e notare come il passare del tempo avesse lasciato un segno in più sul suo viso. Un solco che le avrebbe ricordato che era ancora viva, nonostante tutto.

La notte poi toglieva la maschera e si chiudeva alle spalle la porta di quella stanza fredda che aveva dentro. Si rannicchiava su quel pavimento e ascoltava la vita degli altri da fuori la porta.


Pioveva sempre fuori dalle finestre di quella stanza, grosse gocce di acqua battevano sul vetro di una piccola finestra attraverso la quale lei scorgeva solo sagome indistinte.

Il rumore di quella pioggia era una nenia, una poesia visiva tracciata sul vetro, la rappresentazione grafica di lacrime che dai suoi occhi ormai non scendevano più.

Un ramo batteva incessantemente su quella piccola finestra tentando di scuoterla dal suo torpore, ma quel ripetuto rintocco riusciva solo a cadenzare il battito di quel cuore che aveva rallentato la sua corsa.

Erano sempre state le parole a schiacciare il suo cuore, lo avevano incrinato e ora non riusciva più a battere come prima. In altre occasioni della sua vita passata aveva avuto calci anche più forti ed era riuscita, con fatica, a rialzarsi e riattaccare i pezzi che si erano salvati. Ad ogni colpo qualche pezzo andava perso, ma riusciva sempre a ridargli una forma.

La prima volta che sentì rompersi qualcosa dentro, fu quando aveva sognato insieme a un uomo gentile, un piccolo sogno in comune, e lui lo aveva realizzato tra le braccia di un'altra per la quale aveva affrontato anche le colpe e le insidie dei rimorsi.

Ma lei era una donna adulta e aveva così tanto creduto in quello che sentiva nascere dentro il suo cuore da non cedere alla tristezza e all'abbandono. Si raccontava che era solo arrivata ancora una volta tardi nei pressi del cuore di qualcuno, al suo era stato preferito come sempre un altro cuore.

Aveva provato ad allontanarsi, a lasciar andare quella zattera di libertà ma senza riuscirci. Giorni belli e giorni meno belli avevano segnato il suo viaggio con quell'uomo e altre volte aveva sentito incrinarsi il cuore ma, fino alla fine, ne aveva sempre rimesso insieme i pezzi.

Con un altro uomo ancora, forse per paura o forse già per amore, aveva accettato il rifiuto, la negazione e le limitazioni che la loro situazione portava nella sua piccola vita. Credeva di aver imparato a conoscerlo anche nei suoi lati bui, accogliendone le necessità particolari. Non le capiva, perché non le provava, ma le accettava a modo suo. Fingendo che non esistessero, illudendosi di bastare almeno a lui, immaginando di essere, se non essenziale, almeno importante.

Ma lui aveva bisogni che lei non aveva, e cercava altrove ciò che lei gli offriva nel suo innocente modo.

Lei non bastava mai...

Col penultimo uomo della sua vita aveva costruito un rifugio sicuro, lontano da paura e incertezza credendo di essere finalmente al riparo dal dolore e dalla tristezza. Lui sembrava davvero diverso dagli altri...

Questa era stata l'ultima scossa in ordine di tempo, non la più forte, ma su quei cocci rappezzati era stata come uno tsunami. Erano arrivate onde altissime a travolgerla nel momento più intenso che stesse vivendo da tanto tempo. In un periodo in cui la più grande evasione era stare seduta su una panchina in mezzo all'acqua a guardare un volo di gabbiani. Qualcosa che le dava la sensazione di libertà di cui aveva disperato bisogno.

Infine, aveva trovato Lui, a un passo di sguardi, dietro quella finestra con quel vetro spesso, e da quel momento, dentro di lei, aveva smesso di piovere.

Nel suo cuore era spuntato il sole. Un sole sempre più caldo, come quello che d'estate la sfiorava, sulla sua spiaggia nascosta in cui tornava ogni anno.

Il freddo era diventato tepore e in quella stanza dentro di lei restava stesa sempre meno tempo. Lui aveva acceso un piccolo fuoco dentro quella stanza, in un camino che non sapeva di possedere, le pareti ora erano più grandi e più alte.

Non pioveva più ogni giorno, ma sempre più spesso il cielo era terso al di là del vetro.

Aveva mille attenzioni per quell'uomo che riempiva i suoi giorni, i suoi sogni e i suoi pensieri. La mattina si alzava felice se sapeva di avere un suo buongiorno e la sera aspettava sempre una buonanotte che le permettesse di riposare serena. Anche quando le mani che la accarezzavano non erano quelle di lui, anche quando a toccarla e farla sentire bene erano solo le sue e ad occhi chiusi, sovrapponeva il suo viso a quello del buio.

Lei aveva un carattere difficile, caparbio e permaloso, ma chiedeva sempre scusa... anche per ciò che non sapeva. Anche solo per ciò che provava e desiderava. Non si accorgeva che sbagliava, che non avrebbe dovuto chiedere scusa per cosa sentiva.

Ma, a quei tempi, entrava ancora il sole in quella stanza e dove davvero sbagliasse non riusciva a vederlo...

Purtroppo, le cose belle nella sua realtà avevano sempre avuto vita breve...

Non si accorgeva che lui stava cambiando. Non immaginava "come" lui stesse cambiando nei suoi confronti. La escludeva da tante cose che prima condividevano, la teneva a distanza per non esporsi, non rischiare e non tradirsi.

Ma così non faceva che allontanarla ancora più al di là di quel vetro spesso... lei lo percepiva ma non ne capiva il motivo. Lei chiedeva e lui sorvolava, lei provava a capire e lui si nascondeva. Non aveva armi, ma gli stava vicino come poteva, sperando bastasse a tenerlo sul cuore.

Ma non bastava mai...

Passò del tempo e lui cominciò piano ad allontanarsi con l'arrivo dell'estate. Non guardandola più e trattenendosi dal confidarle la verità, ora si nascondeva anche da lei.

Paura di perderla forse o di ferirla col suo essere falso, paura di essere visto diversamente dalla maschera che lui adesso indossava anche con lei.

Ma non aveva capito nulla di lei. A lei non serviva giudicarlo, né di vederlo diverso... lei aveva intuito tutto molto tempo prima della sua paura di essere visto per quello che era davvero. Lo aveva accettato comunque, ma Lui non aveva colto questa piccola sfumatura nel cuore rappezzato di lei... e con un soffio di parole lo aveva annientato... così, in un lampo.

Doveva confessarle una cosa da tempo... aveva moglie e figli in un'altra città. Doveva raggiungerli per restare, gli dispiaceva tanto!

Aveva sparato dritto a cuore malconcio della donna, che adesso aveva di nuovo solo freddo, rannicchiata com'era in una posizione fetale sul pavimento di una stanza troppo stretta.

Quando le armi sono parole le ferite sono profonde, sono tagli col sale, cose piccole ma dolorose. Alle azioni violente la mente sovrappone giorni felici per nasconderle.

Ai rifiuti e alle negazioni il cuore pompa amore per irrorare speranza e incredulità. Ma alle parole crude, ascoltate e ripetute in loop per capire, non riesci a dare un senso che possa bastarti.

Lei adesso è ancora lì. Senza neanche il diritto di poter piangere sotto la sua maschera. Ma aspetterà la notte per le lacrime, quando chiusa nel suo mondo si chiederà ancora: perché?

Bloccata. Immobile. Schiacciata.

Io non ho colpe, non sono io a dover partire.

È ferma in posizione fetale, rannicchiata sul pavimento.

Non si chiede scusa per quello che si prova.

Ha freddo, un terribile e profondo freddo.

Ci sarà chi desidererà solo quello che sono?

Giace come chiusa in una stanza che è solo dentro di lei, con spesse pareti e tetto robusto attorno al suo cuore, attraverso le cui mura sente gli altri ridere, parlare e vivere.

Non sempre basta voler bene o amare per sistemare ciò che ti si rompe nel cuore.

Nessun raggio di sole può più scaldarla come nessuna parola può più salvarla.

Non ora, forse tra un po' ma non ora.

Non ora...

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