Le vite degli altri
Erano le otto di sera e alla finestra, accostata ai primi venti di inizio estate, Sara volgeva la sua attenzione e il suo viso. Occhi socchiusi e guance esposte alla brezza che le accarezzava i capelli scuri, attendeva qualcosa di nuovo, qualcosa di magico che quel vento portasse nella sua vita con la semplicità di un respiro.
Sara era una bella quindicenne, dal corpo acerbo e un po' smagrito, che viveva in una terra che non conosceva ricchezza, se non quella degli affetti familiari.
Una terra in cui desiderare di andar via era uno dei sogni ricorrenti che ti si cucivano addosso alla nascita e con il quale crescevi avendolo in testa come un tarlo.
Anche Sara sognava guardando il suo mare, immaginava posti solo ammirati sui cartelloni pubblicitari e tanto decantati dai canali della tv oltre confine. Finte illusioni di un mondo effimero e incantato che sapeva rapirla e trasportarla via dalla sua realtà fatta di lavoro, regole e imposizioni.
Una famiglia alle spalle che, seppur amandola, la teneva bloccata con usanze e tradizioni, tarpando le sue ali di giovane donna nei confronti della vita e del suo futuro. Futuro già segnato alla sua nascita e doveri in quantità da dover imparare e affrontare col silenzio.
Di giorno era chiusa nella sua vita sognandone un'altra ma, rientrando a casa dopo la scuola e il lavoro, restava alla finestra con in mano un libro che racchiudeva la vita di qualcun altro e che lei immaginava da dove lo aveva lasciato la sera prima. Come una pausa, come un'azione sospesa, tra il qui e il di là di un sogno ad occhi aperti.
La sera guardava anche le luci che brillavano sulla costa di fronte e immaginava, a volte, di scorgere dei segnali morse come se quelle luci che tremolavano le potessero comunicare qualcosa di speciale.
"Chissà come si sta da quella parte? Chissà se la vita di là è davvero diversa dalla mia." Sara pensava a quante vite si potessero vivere con la fantasia e sognava di poter scegliere quella che più le stesse bene addosso, come un vestito, come un cappello.
Al di là del mare credeva ci fosse una ragazzina uguale a lei che, nello stesso momento, si chiedeva le stesse cose, che aveva gli stessi occhi persi nell'orizzonte e magari che stesse immaginando proprio una come lei come in una sorta di specchio che si guardava dentro.
Sara amava leggere e per lei i libri erano una porta per evadere dalla sua giornata e vivere la vita di un'altra protagonista.
Riusciva a procurarsi da leggere aiutando la signora Amalia, quattro pomeriggi su sette, nella piccola rivendita di libri usati e giornali. Un luogo che per lei era un mondo magico che profumava di stampa, inchiostro e pagine impolverate. Perché la carta stampata ha con sé un profumo particolare e il sogno che le invadeva tutti i sensi, cominciava proprio dal suo naso per poi invaderle gli occhi con le parole e conficcarsi nel suo cervello.
La magia di una storia cominciava col crepitio di una copertina che si girava, proseguiva con la ruvidezza sentita con i polpastrelli al girare delle pagine e terminava con le lacrime o i sospiri che sovente le uscivano dal cuore al leggere le ultime parole della storia.
Non aveva un genere prediletto, anche se le storie fantastiche e quelle d'amore le facevano battere forte il cuore. Era avida di ogni libro, non conosceva sazietà quando si immergeva tra le pagine e non avrebbe mai voluto interrompere la storia se non fosse stato per la necessità di dover tornare a casa.
Gli altri tre pomeriggi della settimana in cui non andava ad aiutare Amalia, riuscendo anche a contribuire economicamente, Sara restava a casa a badare ai suoi fratelli più piccoli e a mandare avanti le incombenze di famiglia mentre i suoi genitori erano via per lavorare negli allevamenti di capre e pecore. Era un lavoro duro ma sicuro, che permetteva alla numerosa famiglia di condurre una vita dignitosa e a Sara di potersi dedicare anche alla scuola e ai suoi libri.
Quando badava ai fratellini, a volte, approfittava delle ore calde di luce pomeridiana per portarli a correre sulle distese di sabbia e ciottoli, in riva al mare, su quella lingua di terra che la faceva sempre sognare.
***
Uno di quei pomeriggi, fatti i risvolti ai pantaloni dei fratellini, tolte le scarpe e con l'allegria nel cuore, Sara rincorreva il più piccolo, che cercava di scapparle giocando ad un pirata che fuggiva da una strega cattiva. Nel momento di acciuffarlo, si accorse di qualcosa ricoperta di alghe e arenata tra i sassi, forse arrivata sul bagnasciuga come una barchetta alla deriva. Sembrava proprio una valigia.
Sara si avvicinò incuriosita a quella vecchia valigia che sembrava essere stata persa in un naufragio. Subito la sua immaginazione si mise in moto e spalancando occhi e sorriso, cominciò a fare mille congetture, raccontando ai piccoli ascoltatori le sue ipotesi su come, forse, quella contenesse un gran tesoro perduto.
"Aprila Sara",
"Vediamo cosa c'è dentro",
"Attenta Sara, forse c'è un mostro dentro e appena la apri salta fuori e ci mangia tutti!"
I fratellini eccitati dalla scoperta cominciavano ad avanzare richieste alla sorella. Sara, dal canto suo, non aveva certo bisogno di legna da aggiungere al fuoco della sua fantasia. Stava già fremendo al pensiero di scoprirne il contenuto.
Con un gesto guardingo la fanciulla si avvicinò alla valigia accovacciandosi, incurante al punto di inzuppare l'orlo del vestito nell'acqua di mare.
"Adesso la apriamo, ma se troviamo qualcosa di importante dobbiamo mantenere tutti il segreto ok?"
Sara era preoccupata, aveva paura che una volta scoperto cosa ci fosse dentro gli adulti ne avrebbero requisito il contenuto. Decise allora che avrebbe fatto un patto di silenzio con i fratelli e con sguardo complice e serio, anche il più piccolo giurò con la mano destra sul petto. Un sorriso le invase il viso e cominciò ad armeggiare con le chiusure della valigia.
Click... Click...
All'apertura del coperchio avevano tutti il fiato sospeso. Chi immaginava dei giochi, chi un terribile mostro spaventoso, chi dei gioielli preziosi come quelli dei pirati, chi invece...
"Dei libri!" gridò Sara trattenendo a stento lacrime di commozione. "E' davvero un tesoro!"
"Ma no... che schifo di tesoro è? Sara, solo tu puoi trovare bello un tesoro di carta. Pfui... libri!" dissero delusi i bimbi.
E così si rigirarono e tornarono a giocare a rincorrersi, non volendo sprecare un altro minuto prezioso di libertà dietro a delle cose che associavano solo alla scuola o alle preghiere imposte.
Sara invece era in preda ad una gioia mistica che le aveva paralizzato il sorriso e le causava gli occhi lucidi al solo sfiorare i dorsi di quelle meraviglie. Si chiese chi potesse aver perso tutti quei libri e si dispiacque pensando a come poteva sentirsi triste, colui o colei, che aveva smarrito quella valigia piena di sogni. Avrebbe cercato di scoprirlo, ma prima doveva tenere all'asciutto il tesoro.
"Dovrei portarli da Amalia, perché a casa non me li farebbero tenere di certo. Mi chiederebbero anche da dove provengono e io non saprei cosa dire..."
Cercava mentalmente una soluzione utile che salvasse i libri e che, nel frattempo, le permettesse di tenerli per sé. Intanto che li scampava dalla risacca del mare, cercava di scorgere i titoli stampati su alcuni di essi. Li sfiorava piano con le dita tremanti, con il rispetto e l'accortezza che solo chi dà valore alle parole conosce.
Piccole donne, Il gabbiano Jonathan Livingston, Il piccolo principe, Cent'anni di solitudine, Sulla strada, Il lupo della steppa, Il barone rampante, L'isola del tesoro, Viaggio al centro della terra... di alcuni conosceva i titoli, di altri l'autore, ma sapeva che erano tutti dei classici fantastici che le avrebbero riempito la mente di avventure ed emozioni, lasciandola viaggiare con la fantasia dei suoi quindici anni.
Adesso il problema era riuscire a trasportare tutto quel carico nel retrobottega di Amalia senza farsi vedere dai vicini impiccioni. Richiuse la valigia, ripulendola alla meglio e, aiutata dai fratelli, la trascinò fino al limitare della spiaggia dove, col carrellino giocattolo usato per i pupazzi, la trasportarono fino a destinazione.
***
"Devi aiutarmi a tenere nascosti questi libri Amalia, se li scoprisse mio padre a casa mi chiederebbe dove li ho presi e non me li farebbe tenere. E io voglio almeno leggerli prima di perderli per sempre."
Sara convinse la buona Amalia a custodirli. Lì sarebbero stati al sicuro e lei non avrebbe destato sospetti se fosse andata a leggerli.
Eccitata per la scoperta del pomeriggio, riportò a casa i piccoli, facendosi giurare fedeltà da sorella maggiore, promettendo in cambio una cena con i fiocchi. Quando i genitori rientrarono a casa, trovarono tutto in ordine e i piccoli già addormentati. Lodarono Sara per come aiutava in casa e gestiva i fratelli, ricordandole che per questo le sarebbero stati sempre grati.
Andò a letto emozionata, pensando che l'indomani avrebbe avuto la possibilità di rivedere il suo tesoro, promettendosi di scoprire anche se ci fosse stata traccia per contattare il vero proprietario.
Nel pomeriggio seguente arrivò da Amalia in anticipo sull'orario solito e quella, con un sorriso, la accolse felice capendo la gioia della ragazzina nel ritrovare quei libri. Mai nella sua vita aveva conosciuto qualcuno più innamorato delle storie di quanto lo fosse Sara.
"Sono porte sulle vite degli altri" le aveva confidato una volta Sara, "è un modo bellissimo per vivere tutte le vite che desidero e che non potrò mai attraversare davvero."
Era rimasta colpita da quei sentimenti che provenivano da una ragazzina e quello bastò a convincerla a prenderla in bottega già da qualche anno.
Aprendo piano tutti i libri, circa una ventina, Sara e Amalia scoprirono delle iniziali goffrate sul risguardo di ognuno. La S e la G erano poste a rilievo all'interno dei volumi.
"Le iniziali del proprietario" esclamarono insieme le due e accarezzandone i contorni, Sara cominciò a immaginare chi fosse. Ma girando la prima pagina si accorsero che tante altre coppie di iniziali erano vergate all'interno, ogni coppia in una calligrafia diversa. Quei libri erano appartenuti a tanti altri proprietari...
"Credi che sia triste adesso senza i suoi libri?"
"Credo che, chiunque sia, sarebbe felice di sapere che sei stata tu a trovarli. Non potevano capitare in mani migliori. E poi credo che poche cose a questo mondo capitino per caso... se il destino ha voluto farti trovare quella valigia, vuol dire che è così che doveva andare." La rassicurò la donna, capendo che Sara cominciava a dispiacersi per chi avesse perso la valigia.
"I libri vanno da chi sa leggerli e amarli" e Amalia sapeva ciò che diceva.
***
Col passare dei giorni, Sara prese a leggere tutti i volumi di quelle storie fantastiche di cui tanto aveva sentito parlare. Restava ore seduta sulla scaletta scomoda con in grembo uno dei libri della valigia e gli occhi tuffati tra le parole di quelle vite degli altri che tanto aveva desiderato vivere. Ad ogni nuova storia che iniziava avrebbe voluto arrivare subito alla fine della storia e ad ogni finale avrebbe voluto ritornare indietro e far durare la storia un po' di più.
Non si accorse mai, durante la lettura, che anche se scritti in una lingua diversa dalla sua, lei riusciva a comprenderne ogni parola.
Non si chiese, come mai alla fine della lettura dell'ultimo libro una strana pace le riempì l'anima, donandole la pienezza di aver posseduto un vero tesoro.
Comprese solo che il tesoro non poteva appartenere ad una persona, ma doveva essere fatto conoscere e godere a più persone, che come lei avrebbero goduto e amato quelle vite. Alla fine di ogni lettura Sara appose le sue iniziali accanto a quelle di chi li aveva letti prima di lei.
Con l'aiuto di Amalia e dei suoi fratellini, un pomeriggio di fine estate, consegnò la valigia piena di quei preziosi volumi alle onde del mare, sapendo che il viaggio che avrebbe intrapreso sarebbe stato verso qualcuno che, come lei, ne avrebbe capito il vero valore.
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