02.
Scarlet's pov.
"I was born sick, but I love it."
Hozier — Take Me To Church
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Lui era lì, la sua figura snella a pochi passi da me. La sua espressione era sorpresa, ma si ricompose rapidamente, diventando terribilmente seria, ancora una volta. Non sapevo il suo nome, ma mi ricordavo di lui, seduta sulle sue ginocchia, facendolo sentire un vero uomo.
Non mosse un muscolo, sogghignò soltanto quando le parole uscirono dalle sue labbra. "Scarlet, non è vero?"
"I-immagino che tu possa chiamarmi così."
"Scusami?"
Oh Dio, sembrava uguale a ieri sera, solo più pulito. Aveva i capelli umidi, ma non riuscivo a ricordare se indossasse gli stessi vestiti, immagino portasse sempre degli smoking. Aveva delle borse sotto gli occhi e il suo viso era gonfio, sembrava stanco.
"È...il mio nome da stripper," La mia voce uscì tremante, ma la conversazione in qualche modo mi calmava. Non piangevo più. Pensai di continuare a parlare finché avessi potuto.
"Lasciateci."
E con una sola parola, quei tre uomini spaventosi che quasi mi avevano spaccato un braccio questa mattina corsero fuori dalla stanza come polli.
"Alzati."
Obbedii. Mi alzai, sistemandomi i vestiti e pulendomi le lacrime sul viso con il dorso della mano. Solo allora riuscii a dare uno sguardo nella stanza; era enorme, tutta la "casa" era in quella stanza. C'erano televisori in ogni dove, divani, giochi, un frigorifero, una scrivania, un bagno...era come se il suo ufficio lo rendesse un uomo delle caverne.
"Dunque cosa ti porta qui?" Alla fine si mosse, avvicinandosi alla scrivania per appoggiare il corpo contro essa, incrociando le braccia sul petto. Non avevo idea del perché l'avesse chiesto, conosceva già la risposta.
"Ti devo dei soldi." Ero troppo spaventata per muovermi.
"Un sacco di soldi," Aveva un forte accento britannico. Era giovane per stare nella posizione in cui stava, ma non troppo giovane. Era bello. Forse era per questo che aveva avuto così tanto successo. "Vuoi sapere quello che faccio alla gente in debito con me?" I suoi penetranti occhi smeraldo vagarono ad un coltello posato accanto a lui sulla scrivania.
"Ne ho un'idea."
"Quindi cerchiamo di farla finita," Raggirò il corpo sulla scrivania e mi diede le spalle, girando attorno ad essa per sedersi sulla poltrona. Fui presa dal panico.
"Uh hey, non è vero che sei uno stilista?" Fu il primo argomento che mi venne in mente.
"Io sono." Si tolse la giacca, sistemandola dietro la poltrona di pelle marrone rivelando una sottile camicia bianca.
"Allora..." Dì qualcosa, dì qualsiasi cosa. "Uh-perché fai questo?"
"È divertente, sono bravo a farlo, mi fa guadagnare un sacco di denaro e posso arrivare a uccidere la gente," La parole strisciarono dalle sue labbra senza emozione; si rimboccò le maniche. Mi mossi a disagio sul mio posto.
"Eri il mio preferito ieri."
"Flirtare con me non ti salverà la vita."
C'era uno specchio dietro di lui dove potevo lanciare un'occhiata a me stessa; ero un disastro.
"Posso almeno sapere il tuo nome?" Pensai, se fossi stata uccida allora volevo conoscere la sua identità.
"Ha importanza?" Aprì uno dei suoi cassetti e le mie gambe si scossero leggermente, finché non capii che stava solo cercando una sigaretta. La posizionò tra le sue scure labbra, facendo una conchiglia con le mani davanti ad essa e strinse la mascella quando la accesse, inalando a lungo prima di rilasciare il fumo. Ogni sua mossa era interessante, come una danza sporca.
"Ne ha, voglio sapere chi mi sta per uccidere."
"Signorina, sai più tu di me della mia vita che altre persone in questo momento, questo dovrebbe essere sufficiente." Indicò me con la sua sigaretta. "Adesso sta zitta, mi stai annoiando."
"Mi dispiace, volevo solo parlare. Posso avere una di quelle?"
Le sue sopracciglia si aggrottarono e la sua voce si fece più alta. "No, non puoi. E se non hai intenzione di stare zitta dovrai chiamarmi signore prima che ti tagli la lingua."
Forse avevo oltrepassato la linea.
"Mi dispiace, signore."
La mia "professione" non era qualcosa di cui ero orgogliosa, ma cercai di viverci con dignità. Ogni aspetto della mia vita ne era pieno - da come la vedevo io. Se riuscivo a togliermi i vestiti di fronte a molti uomini eccitati e mantenere saldo il rispetto per me stessa, potevo pure morire con dignità.
Raddrizzai la schiena, guardando avanti come un soldato. Ero riuscita a distaccare le emozioni dal mio viso.
"Che cazzo stai facendo?" Gettò la sigaretta da una parte e fece il giro della scrivania per camminare verso di me.
"No!"
L'uomo era vicino a me, a pochi pollici di distanza dal mio viso - era più alto di me e la mia attenzione fu improvvisamente catturata dalle sue folli labbra, le quali si mossero lentamente.
"Voglio vederti implorare," Sussurrò sul mio viso, il suo respiro caldo mi solleticava il naso.
Si vedeva che era un uomo intelligente, all'insegna della cultura e che comprendeva ciò che stesse succedendo nel mondo. Le sue parole erano estrose, il suo viso era estroso. Quasi come se la sua carne valesse un miliardo di dollari. Perché un uomo così disturbato desiderava uccidere i drogati?
"Implorare...per cosa?" Chiesi.
"La tua vita," L'uomo mi afferrò per la gola e mi girò dall'altra parte della stanza. Un urlo di dolore uscì dalle mie labbra quando accidentalmente atterrai sulla scrivania, facendo cadere alcune cose.
Annaspai per l'aria. Usai le mani per alzare il mio corpo, finché non venni afferrata per il collo nuovamente, sta volta non così strettamente, ma solo per assicurarsi che restassi in quella posizione. Era dietro di me. Troppo vicino per i miei gusti.
"Dimmi ragazza, quanto mi devi?" Il suo sussurro arrabbiato mi penetrò l'orecchio. Non avevo idea di quanto, non avevo dato soldi a Greg per un mese e continuavo ad avere droghe in ogni caso.
"Non lo so, signore." La mia voce tremante rispose.
"Non lo sai nemmeno," Sputò tra i denti e annusò profondamente i miei capelli, stringendo la presa. Divenne difficile respirare, le lacrime caddero sul mio viso ancora una volta.
Mi voltò di scatto, spaventandomi ancora di più adesso che che mi ritrovai ad affrontare la sua espressione arrabbiata a pochi centimetri dalla mia. Non riuscivo a vedere dove si trovava l'altra sua mano, non riuscivo ancora a sentirla; l'altra era ancora sul mio collo. L'uomo si avvicinò a me per un secondo, i nostri nasi quasi si toccarono, la sua espressione era vuota mentre cercava il mio sguardo, come se potesse strapparmi l'anima.
"Mi chiedo quanto la tua vita ne valga la pena," Disse a se stesso, sentivo il suo respiro perforarmi la pelle ancora una volta e il mio viso si corrugò. Stava torreggiando su di me, il suo corpo si avvicinò al mio finché non rimase spazio tra noi. Sentivo la sua cintura sul mio bacino, lasciandomi confusa per un attimo. Le sue labbra si avvicinarono alla mia guancia, la sua lingua lentamente leccò le traccia delle mie lacrime e in quel momento tutto il mio corpo tremò da emozioni contrastanti.
"Devo confessarlo, Scarlet. Uccidere mi porta un grande piacere," Sussurrò nel mio orecchio. I miei occhi rimasero bloccati sulla sua spalla; riuscivo a vedere un accenno di tatuaggi che si intravedevano furtivamente dalla camicia e per un momento, quei tatuaggi furono tutto quello che c'era nel mondo. Sentii qualcosa di tagliente sulla mia spina dorsale, doveva avere in mano un coltello da usare contro di me. Non riuscii a muovere un muscolo.
"Dovrei essere io a sprecare tale carne?" Mosse il polso, spostando il coltello sul mio viso, premendone il bordo sul mio labbro inferiore. L'uomo stava parlando a se stesso, borbottando, prendendo decisioni.
Questo era quello che fece, premette il bordo del coltello duramente contro di me tagliandomi il labbro inferiore, il dolore si impossessò di quella zona immediatamente, uno strano rumore uscì dalle mie labbra. Nel momento dopo, il sangue iniziò a scorrere all'interno delle mie labbra socchiuse. Portò le sue labbra allo stesso livello delle mie, succhiando ogni traccia di sangue presente. Improvvisamente notai di non star più piangendo, ma le mie gambe continuavano ovviamente a tremare. Mi lasciò andare, lasciandomi con un labbro pulsante; il dolore era scomparso. Ero diventata insensibile.
"Tu, viva, potresti donarmi un grande piacere."
Le sue labbra a forma di cuore erano tinte leggermente di rosso dal mio sangue.
"Vieni," La sua voce era bassa, ma autoritaria.
La sua mano sinistra lasciò andare il mio collo dolorante spostandosi sul mio braccio. Mi portò fuori dall'ufficio e alla porta di ingresso, dove i quattro uomini stavano chiacchierando e fumando, in attesa che mi uccidesse. Quando la luce del giorno mi punse la pelle, l'uomo che avrebbe dovuto finire la mia vita mi buttò a terra più o meno di fronte a quelli che mi avevano portata qui.
"Non farmi più vedere la tua faccia!" Gridò, il suo viso divenne improvvisamente rosso di rabbia, il suo petto si muoveva velocemente. I suoi occhi catturarono lo sguardo dei suoi uomini, i quali erano un po' confusi mentre me ne stavo per terra.
Raggiunse la sua tasca posteriore e aprì il suo portafoglio, dando agli uomini un centinaio ciascuno. "Ecco la parte che vi doveva. Ora riportatela a qualunque buco l'avete trovata." Mi guardò con totale disgusto e si voltò, tornando nella sua casa ufficio.
Gli uomini mi sollevarono, non facendo domande al loro capo. Mi trascinarono soltanto verso l'auto di prima, questa volta non preoccupata di dove stessi andando.
Cos'era appena successo?
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Scusatemi per aver aggiornato a quest'ora, spero solo che ci sia qualcuna sveglia ahah
Comunque ecco il secondo capitolo, cosa ne pensate? Lo so di avervelo già chiesto, è che la vostra opinione nelle traduzioni che pubblico conta sempre.💋💥
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