Danae - Capitolo 9
È l'ultimo ragazzo di Antevorta. Siamo gli unici giovani superstiti. Se il nostro congiungimento non avvenisse, probabilmente il genere umano si estinguerebbe. Presto tali e altri doveri coniugali mi spetteranno comunque. Mi hanno preparato a queste nozze per anni e una parte di me si è già da tempo rassegnata al "è così che deve andare".
Sto stilando una lista, una lista di tutte le ragioni che possano spiegare la terribile sciocchezza che ho fatto: l'aver baciato mio fratello.
La verità che la mia parte razionale sta cercando di ignorare, però, è un'altra.
Non ha a che vedere con un appena sopraggiunto altruismo o con una rinvenuta rassegnazione a ciò che mi aspetta. È invece qualcosa di meno eroico e più primitivo ed egoistico.
Non ho mai avuto potere decisionale sulla mia stessa vita, il parere di mia madre o mio nonno o di chiunque altro ha sempre avuto più valore del mio. Sono una pedina in una partita che non è la sua, un soldatino giocattolo costretto a combattere per uno schieramento in cui non si riconosce e di cui non comprende la lingua. Sono priva dei valori fondanti della mia società, come l'ubbidienza e il desiderio di maternità. Non mi sono mai sentita capita da qualcuno.
Ares è una pedina inerme anche lui. Per un motivo o per un altro siamo entrambi due emarginati, e questo ci ha fatto tacitamente creare un noi contrapposto a tutto il resto. Ho trovato un mio pari, qualcuno con cui poter essere me stessa, nonostante la mia difformità.
Questi giorni sono stati duri per me: l'incontro con mio fratello, la scoperta delle poche provviste, il fidanzamento, la morte del piccolo di Magda. Per affrontare tutto ho sentito il bisogno di aggrapparmi a questa nuova àncora. Ho lasciato così che la mia necessità di protezione e affetto, dopo la giornata luttuosa, prendesse il sopravvento e mi sono rifugiata nell'unica persona che per la prima volta non mi ha fatto sentire sola o sbagliata. La mia bocca ha cercato disperata la sua, nonostante il mio raziocinio non fosse affatto d'accordo, poi ho passato la notte a vomitare succhi gastrici per il rimorso.
Stamattina mia madre, ignara di tutto, mi ha suggerito di passare un po' di tempo con lui. Una passeggiata per i corridoi, ha proposto. Ho finto di non sentirmi bene, che poi non è del tutto una bugia, se tengo conto dello stomaco scombussolato. Per fortuna ha attribuito il malore alla morte del piccolino e non ha insistito oltre.
So però che non potrò evitarlo a lungo. Se anche riuscissi a sottrarmi a qualsiasi incontro fino al nostro matrimonio, non avrei comunque che novanta giorni per accettare il mio avvenire deciso da altri. Non mi è bastata tutta la vita per farlo e adesso ho meno di novanta giorni per abituarmi all'idea.
«Abbiamo preso una decisione che ti riguarda, ma non dare di matto» dice mia madre. È venuta a vedere come sto. E a quanto pare non solo per questo.
«Il matrimonio è stato anticipato. Tu e Ares vi sposerete alla fine della settimana.» Sono costretta a sorreggermi, poiché mi cedono le gambe. Lei è impassibile, l'unica ruga al centro della fronte, più profonda del solito, rimarca tutta la sua determinazione.
«Cosa?» butto fuori con un acuto, non scherza, non lo fa mai, ma per un secondo cerco un appiglio in quella inane possibilità. I tre mesi di fidanzamento prestabiliti mi sembravano già troppo pochi.
«La comunità ha bisogno di un evento felice, dopo quanto successo. E poi non possiamo permetterci di sprecare quanto organizzato per la festa» ribatte risoluta.
«Non puoi farmi questo...» sibilo.
«Si può sapere per quale ragione non riesci ad accettare la cosa? Preferivi che ti dessimo in sposa a Ennio o a un qualsiasi altro anziano della società? Hai idea di quanto mi è costato questo sacrificio? Ho rinunciato a mio figlio, per darti il meglio» urla lei. «Ora vedi di smetterla con i capricci e fai ciò che tutti si aspettano da te!»
Non voglio immaginare quanto sarà doloroso per Magda sapere che la festa per il suo bambino sarà riciclata, a come prenderà i festeggiamenti, dopo due soli giorni dalla morte di suo figlio.
Nel tardo pomeriggio ritorna mia madre. Mi fa sapere che tra qualche giorno riprenderò il mio orientamento, con la speranza di trovare finalmente un lavoro adatto a me. Mi dice di seguirla in biblioteca per organizzare i dettagli del matrimonio. Non è che ne abbia voglia ma tanto discutere non servirebbe a niente. Sono così costretta ad andare con lei.
Siamo qui da quella che mi sembra una vita. Mamma non fa altro che prendere appunti entusiasta, io sono in piedi e lascio scorrere le dita sulle copertine dei libri che vorrei tanto avere il tempo di leggere. Sono distratta e per la maggior parte del tempo mi limito a pronunciare un assenso standard come risposta alle sue domande. E lei, presa com'è dal lavoro che sta svolgendo, lo interpreta ora come un mio annuire soddisfatto ora come un dissenso.
«Danae... un po' di serietà!» mi ammonisce dopo il mio ennesimo "Mhmm". A quanto pare deve avermi chiesto qualcosa che richiede una risposta più complessa.
«Dico davvero... c'è qualcosa che ti piacerebbe mangiare al banchetto di quel giorno? Sto decidendo tutto il menù io.» Vorrei dirle di lasciar perdere il menù e risparmiare le poche provviste che ci rimangono, ma non ho ancora deciso se parlargliene o se mantenere la promessa di silenzio fatta a Wanda. Anche se non sono voltata dalla sua parte, il peso del suo sguardo fisso su di me mi ricorda che è ancora in attesa.
«Una torta...» sbotto seccata, continuando a scorrere i titoli. È ovvio che non dica sul serio, ma il mio tono è troppo piatto perché sia una battuta.
«Dovresti smetterla con questi libri!» Non ha mai approvato il fatto che legga tanto. I libri servono per apprendere le nozioni essenziali del mondo e ciò che ci ha portato a essere quelli che siamo, e non per spingerci a fare domande o a fantasticare su cose impossibili, mi dice da anni.
«I libri non c'entrano. Sarei stata curiosa anche se non li avessi letti» le assicuro convinta. «È solo che... vorrei sapere delle cose. Forse poi mi metterei il cuore in pace se avessi le risposte» Alza gli occhi in cielo e mi fa segno di parlare.
«Era diversa la vita dall'altra parte?» Mi dispiace non avere ricordi di allora.
«Abbastanza...» Si limita a dire.
«Si stava meglio o peggio?» insisto.
«Abbiamo perso cose e ne abbiamo guadagnate altre. Ogni cambiamento comporta un prezzo da pagare, ma per lo meno noi siamo sopravvissuti» pronuncia con tono distaccato. Nonostante il suo modo di fare mi rende chiaro quanto fastidio le provochi rispondere alle mie domande e parlare di cose passate, tra le righe leggo qualcosa di nuovo. Per una volta mi lascia intendere che pur essendo ferma sostenitrice della nostra società, qualcosa che ha perso dell'altra manca anche a lei.
La scruto. È magra come tutti noi e dimostra più anni di quanti ne abbia. Osservo le rughe che cominciano a spuntarle sul volto, mi domando cosa racconterebbero, se sapessero parlare. Narrerebbero la sua fuga da questa parte della città, la separazione dal suo primogentito? I cerchi intorno al collo, sempre meno distanziati tra loro, parlerebbero di una vita passata in tane sempre più strette.
Come immaginavo non mi dà modo di chiederle altro e ritorna al menù del matrimonio. Si decide per zuppa di pesce, budino di tacchino e gelatina di fragola come dolce.
Aspetto, seduta al mio posto, la cena. Wanda distribuisce i piatti e qualcuno si siede. Per mia sfortuna quell'angelo di madre che mi ritrovo è, dopo un'intera giornata, ancora attaccata al mio fianco. Ormai sono ore (o anni) che mi illustra i Doveri delle Mogli, e comincio con preoccupazione a chiedermi se finirà mai. Obbedire, compiacere, rispettare, confortare, ordinare, prendersi cura, scusarsi, tacere, indietreggiare, venerare, blablare, blablare, blablare.
Lancio un'occhiata alla sedia occupata da Ares durante la nostra festa di fidanzamento, adesso vuota, e mi chiedo se inizierà a mangiare nella sala con noi. Da un lato mi dispiace che sia isolato, dall'altro però ho paura di vederlo e mi vergogno ancora per quello che è successo.
Non c'è, così come nemmeno mia zia, scopro ben presto.
«Perché non passi un'oretta con Ares, dopo cena?» dice mio padre, passando accanto al mio posto a sedere. Non so se si tratti di un suggerimento o un'imposizione, ma comunque non sono sicura di volerlo sapere. Mia madre mi dà lo stesso "consiglio" pochi minuti dopo. A quanto pare non ho molta scelta.
È mia zia ad aprire la porta quando busso. Mi dà un bacio in guancia, afferra due vassoi e ci lascia soli. Ares mi sorride, però non riesco a decifrare bene la sua espressione. Si siede sul letto con un raccoglitore nero e dei carboncini e inizia a disegnare. Io prendo posto in un angolino alla punta. Se allungassi il braccio arriverei a toccarlo, ma sto ben attenta a non farlo. Non parliamo. Io mi guardo intorno e lui è impegnato nella sua attività. Anche oggi la sua stanza è nella penombra, illuminata da un lume basso che emana una luce giallo-arancio, invece che dai neon. Di certo non è l'illuminazione perfetta per disegnare, ma lui non sembra per niente disturbato dalla cosa. Fa scorrere rapidamente la mano sul foglio, schizzando da un angolo all'altro della pagina come un atomo impazzito. Sono io a rompere il silenzio, dopo un grosso sospiro esasperato.
«Tu lo ricordi?»
«Cosa?» domanda distratto.
«La notte in cui siamo rimasti segregati da questa parte della città.»
«Non molto. Ricordo il trambusto. E una sirena, sì, c'era una sirena. Eravamo nascosti in una delle stanze di questa sezione. Nostro padre non era con noi. Deve averci raggiunti insieme al nonno in un secondo momento. Tu stringevi con tutte le tue forze un lembo del pantalone di mamma e non c'era verso che lo mollassi. E io cercai di non piangere, però ero terrorizzato. Così asciugavo le lacrime il più in fretta possibile sperando che non le vedeste e ti dicevo di non aver paura. In quel momento ero l'uomo di casa, quindi toccava a me proteggervi.» Gli afferro mano e la stringo, sorridendogli.
«Cosa disegni?» domando poi, cercando di allentare la tensione.
«Ancora non posso mostrartelo» Insisterei, se non temessi di dargli fastidio. Per fortuna la mia curiosità si sposta da un'altra parte, indico il lume, preparandomi a porgere la domanda successiva.
«Perché usi quella luce?»
«La trovo più rilassante e accogliente dei neon bianchi» chiude il raccoglitore e lo posa sul comodino. Sì, ha ragione.
«Danae...» dice poi. Ci siamo, vuole parlarmi del bacio. Mi mordo l'interno della guancia cercando di stare calma. Con il battito accelerato che mi fracassa le orecchie, temo addirittura di non riuscire a sentirlo.
«Se ti sei pentita del bacio... non fa niente. Voglio solo che tu sappia che io non me ne sono pentito» L'ultima parte della frase è un sussurro. Apro la bocca e la richiudo un paio di volte, non avendo idea di come rispondere. I nostri sguardi sono incrociati in una trappola dalla quale non posso districarmi. Abbassare lo sguardo mi sembra impossibile, mentre osservo tutte le cose non dette che si celano sul suo viso.
«È solo che sono confusa» ammetto.
«Va bene» dice, si china e mi dà un bacio in fronte. Solo dopo mi accorgo di aver trattenuto il respiro.
«Va bene» ripete. Il fatto che sorrida appena e che il suo tono sia sereno è un sollievo.
Gli dico che è quasi ora del coprifuoco e mi precipito verso la porta. È vero ma non è la sola ragione per la quale voglio allontanarmi di lì.
Note dell'autrice: Ciao!
Stasera sono felice, sai? Ho visto che la mia storia viene letta in tanti posti del mondo e mi sono stupita di quanto lontano sia arrivata. I miei personaggi hanno preso vita e adesso non sono più solo miei. Sono arrivati fino dall'altra parte del mondo e adesso qualcuno li conosce in Francia, in Marocco, in Belgio, in Albania, in America ecc...
Sono un po' anche tuoi che hai deciso di seguirli in questo cammino e di chiunque li abbia incrociati. <3
Stamattina, poi, ho raggiunto le 2k, un obiettivo seppur piccolo rispetto a tanti altri che mai avrei pensato di poter ottenere. Se sono arrivata fin qui il merito è pure tuo, perciò grazie. Grazie di cuore.
Ogni minuto del tuo tempo che spendi per leggermi o per lasciare un commento mi riempe di gioia. Grazie, perciò, per avermi supportato con la tua presenza in queste dodici parti di storia pubblicate. *_*
Visto quanto è lungo il capitolo? Danae è una chiacchierona. Ogni volta che tocca a lei mi lascio prendere la mano un po' troppo.
Come ti è sembrato? Hai suggerimenti per me?
Prima di andare via ti lascio il link dei "Contenuti speciali" che aggiornerò questa settimana, così da ingannare l'attesa del nuovo capitolo: https://www.wattpad.com/600626487-contenuti-extra-citt%C3%A0-bunker-cosa-e-perch%C3%A9
P.S. Se credi che questa storia e che i suoi personaggi meritino di arrivare ancora più lontano nel mondo, aiutami a farli diventare anche di altri: parlane, condividi. *_*
Con affetto,
Giuliana
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro