2
«C'è qualcuno? EH? Rispondi, bastardo!».
«N-no... i-io non lo so... so-sono venuto qui solo p-per...».
«PER? Avanti, continua!»
«Lasciagli il tempo di parlare, Jo».
«I-io...». Il cantore scoppia a piangere. Tre persone continuano a torturarlo e a fargli domande: uno, un tizio dalla barba rossiccia e l'aria tranquilla, è appoggiato al tronco di un albero e si gode la scena. Un altro non ha parlato per niente, ma continua a fare del male all'uomo indifeso, ferendolo con un coltello da cucina e qualche volta dandogli calci. Poi c'è una donna, che chiamano Jo. Ha spalle larghe e corpo robusto, ed è furiosa. I capelli biondi le cadono sulle spalle, ma non la vedo in viso. Il cantore sembra terrorizzato da lei.
«Se ancora piagnucola giuro che gli taglio la lingua», sussurra Jo. Poi fa un cenno all'uomo accanto, che gli dà uno schiaffo.
La vittima cerca di ricomporsi, seppur inutilmente, ma continua a balbettare con le lacrime che gli sgorgano dagli occhi impauriti. «S-sono scappato... c'erano i... i...».
«I? Vuoi parlare, dannazione? Abbiamo fretta, idiota».
«I Carnidi!», il cantore sputa quella parola come se fosse veleno sulla sua lingua.
«E ora che cazzo sono questi Canditi?». Jo si volta verso l'uomo dalla barba rossa.
«Carnidi, Jo», risponde quello con disinvoltura. «Il Sesto Cerchio».
La donna resta in silenzio per un po', continuando a guardare il rosso. Dopo abbassa lo sguardo e poi lo ripunta verso il cantore, che sussulta. «Li hai visti? Che cosa hanno fatto? Hanno preso qualcosa? Ti hanno parlato?!».
«No!», esclama con tanta energia da sembrare frettoloso di andarsene. «Sono andato via subito, non ho avuto il tempo di...».
«Uccidilo», lo interrompe lei, rivolta a quello col coltello in mano. Lui annuisce, con una maligna espressione seria, e avvicina il coltello alla gola del pover'uomo, che digrigna i denti con timore.
Io faccio una cosa che non dovrei fare: sguaino la spada dalla custodia. Jo deve essersi accorta del fruscio delle foglie, perché si volta di scatto, e finalmente riesco a vederla in faccia. Ha larghe mandi-bole, un ciuffo color blu elettrico e uno sguardo tagliente. Ha una cicatrice ancora rossa che le attraversa l'occhio sinistro, inumanamente bianco. Si guarda intorno con espressione disgustata, e appoggia il gomito sulla spada che tiene alla cinta. «Va' a controllare, Grass».
Grass, l'uomo dalla barba rossa, si allontana annoiato dal muretto e afferra una pistola, rigirandosela tra le dita. Avanza a passo lento, ignorando i richiami di Jo, e io ho tutto il tempo per indietreggiare cercando di non farmi sentire. Jo si guarda le unghie con impazienza, mentre Grass non è neanche a metà strada.
Poi sospira, afferra la spada e spinge via il suo amico. «Tenete d'occhio il cantore», dice, e si muove velocemente in mia direzione.
Alzo la lama, puntandola verso la sua figura ancora lontana, ma che si avvicina con graduale rapidità. Mi guardo intorno, e scopro che non c'è nessuna via d'uscita. Ci sarebbe, ma è troppo pericoloso percorrerla: è una stretta via delimitata da alberi, mi rallenterebbe e prima di riuscire ad uscirne Jo mi farebbe a pezzi.
Così mi alzo, ma ancora il mio avversario è lontano e non può vedermi. Così, per velocizzare la situazione, avanzo. Non mi sono mai confrontata con un nemico corpo a corpo, e il solo pensiero mi fa vacillare, ma non ho altra scelta, a parte lasciare che mi uccida, e non voglio che ciò succeda.
La donna rallenta, forse mi ha vista, e strizza gli occhi. Dopo, accelera improvvisamente irrigidendo lo sguardo. Alzo l'arma, posizionandola in modo obliquo rispetto al mio corpo. La tengo con entrambe le mani. Le dita mi tremano.
«Spiavi, stronza?», mi provoca lei. È davanti a me, e vista da vicino non fa più paura di quanto la faceva da lontano. Non le rispondo, non so cosa potrei dire se aprissi bocca. Mi squadra. «Sei una lattante. Mi fa schifo combattere contro una lattante. Avanti, bambina, butta la spada, scommetto che non riesci neanche a tenerla in mano. È troppo pesante per quei tuoi braccini che stanno per volare via. Vuoi vedere come saltano dalle tue spalle?». Continuo a fissarla, stringendo di più le mani attorno al manico. «Ti ho detto di posarla, tanto muori comunque. Vuoi morire in modo eroico? Non lo ricorderebbe nessuno, e farebbe più male». Taccio. «Cosa sei, sorda? Credi davvero di potermi battere? Ma ti sei vista? Non reggi neanche sotto il peso del tuo busto».
Faccio una smorfia di rabbia e disgusto. «Non credo di poterti battere», rispondo. «Lo farò».
Lei si apre in una fragorosa risata che mostra un dente d'oro nella sua bocca. «Vuoi davvero fare l'eroina. Bene», anche lei alza la spada, in posizione di combattimento. «Fammi vedere come mi batti».
Indietreggio di qualche passo, sistemando la posizione delle gambe e delle braccia. La fisso nei suoi occhi di colore diverso. Uno totalmente nero, come affogato nel buio. L'altro, accecato e fatto di ghiaccio. Sono pronta a cavarglieli entrambi.
Il primo mio pensiero è quello di tagliarla in due, e subito stendo la spada davanti a me e la spingo verso sinistra, ma non faccio altro che ferire l'aria. Lei curva la schiena, e il colpo non le arriverà mai. Sorride maligna, quasi compassionevole. Allora provo un'imbroccata, che le sfiora il collo, ma lei sposta il capo abbastanza in tempo. Alza le sopracciglia con finto stupore, ma ancora non ha mosso la spada, se non per evitare che le due lame si toccassero.
Riporto la spada verso di me e indietreggio di un altro passo, tenendo la punta verso il suo ventre. «Fai proprio schifo a combattere», commenta. «Vuoi vedere come si uccide una persona?».
La sua spada mi sfreccia davanti con una velocità disumana, in diagonale, dalla spalla destra al fianco sinistro. Uno sgualembro. Rapido e letale. Non ho avuto il tempo di muovermi, ma lei mi ha solo stracciato i vestiti e ferito la spalla, come se volesse aspettare prima di uccidermi.
Penso a Città del Sole, al castello, al re, e subito decido di prendere in mano la situazione. Senza mostrare ombra di dolore, rimetto la spada in posizione obliqua, poi faccio un passo d'inquartata, girando attorno a lei, e infine un affondo troppo lento seguito da un fendente che lei para con prontezza deviando la mia arma. Allora sfila un coltello dalla cinta e, mentre con la spada blocca la mia, con il pugnale mi ferisce il fianco. Io stringo i denti.
Spingo via la sua spada, riportandole indietro il braccio e facendola barcollare all'indietro. Tuttavia, la sua espressione non muta, e resta rigida e spenta. Con violenza, mi sorprende con un montante, e io riesco a pararlo in tempo. Sembra che il tempo di uccidermi sia arrivato.
Ha due armi in mano ed è più furiosa di prima. Bianca mi dice che non ce la farò, Nera mi dice tutto il contrario. Quale ascoltare? Mi allontano ancora un po', ma ormai sbatto contro un albero. Una stoccata, una stoccata, penso. Basta colpirla all'addome, e se ciò non funzionasse, sarebbe troppo debole per controbattere. Ma le mie braccia sembrano pietrificate, e sul suo volto vedo già il trionfo.
Abbasso lentamente la spada, puntandola alle sue gambe, ma non ho intenzione di muoverla ancora. Chiudo gli occhi, e lascio che sia la mia pelle a vedere per me.
Sento il suo respiro sulla mia fronte, sento l'odore del sangue sulla lama della sua spada, che si fa sempre più vicino, sempre di più, sempre di più...
Sento un colpo sordo, e per un momento credo che sia il rumore della Morte che mi prende... ma quando apro gli occhi vedo la foresta, la stessa immagine di prima, sfocata a causa del dolore. Una volta morta non dovrei sentire dolore.
Non c'è traccia di Jo.
«Cosa ho fatto...», mormora il cantore. Mi volto di scatto, e lo vedo in ginocchio accanto a me. Stesa davanti a lui c'è Jo, inanimata. Alzo le sopracciglia, sorpresa e delusa di me stessa. «L'hai uccisa?».
Lui scuote velocemente la testa, con gli occhi sgranati, e alza un bastone. «È solo... stordita».
«E gli altri? Come hai fatto a scappare?».
«Non è difficile uccidere Bob», dice un'altra voce, più rigida. Alzo lo sguardo, e vedo Grass. Continua a rigirarsi la pistola tra le dita, e istintivamente gli punto la spada contro. Lui alza le mani in segno pacificatore. «Oh, andiamo, dolcezza, ho tradito i miei alleati per questo stupido cantore».
«È questo che mi preoccupa. Adesso siamo noi i tuoi alleati, no?».
Sorride di lato. «Non sono un serpente, piccola».
Jo muove leggermente la testa, emettendo un gemito stanco. Grass le spara un colpo in fronte, senza battere ciglio. La sua è una morte veloce, indolore, dolce. Il proiettile le spacca il cranio e lei si sveglierà in un mondo migliore. Non c'è addio più bello.
Grass tira su col naso. «Dicevamo... non sono sicuro di volervi come alleati». Ci squadra entrambi. «Cosa me ne faccio di un cantore e di una bambina?».
«Cosa me ne faccio io di voi», ribatto. «Per anni sono stata da sola, perché dovrei allearmi con un cantore e un uomo che tradisce i suoi amici?».
«Perché sei una bambina incapace», dice Grass con tono velenoso. «Non sopravvivrai un giorno in più senza l'aiuto di uno come me».
«Sono sopravvissuta per sedici anni senza bisogno di uno come te».
«E ora ti sei fatta parare il culo da un cantore armato di un... bastone».
«Avrei potuto ucciderla da sola».
«Ma non lo hai fatto».
«Ho deciso di lasciare perdere».
«Allora non ti importa della tua sopravvivenza. In questo caso, puoi mettere giù la spada». Solo ora mi accorgo di averla tenuta in sua direzione per tutto il tempo. Non la abbasso comunque.
«A te non importa se io sopravvivo o no. Sono solo una bambina».
«Una bambina coraggiosa, devo dire». Lancia un'occhiata a Jo. «Se fossi stato un bambino sarei già scappato alla vista di una come lei».
«Dovevi essere un bambino stupido».
«Sei tu la stupida che dopo sedici anni di sopravvivenza indipendente dai via la tua vita senza pensarci due volte».
Lo ignoro. «Perciò, ti interessa il mio aiuto».
«Ho solo detto che sei coraggiosa. Non mi serve il coraggio di una bambina, mi basta il mio».
«Allora siamo d'accordo, ognuno per la sua strada», taglio corto.
«Bene», acconsente Grass.
«Hey, aspettate!», interviene il cantore, senza nascondere insicurezza nel tono della voce. «Io non ho nessuno», aggiunge.
«Ci sei d'impaccio, usignolo», lo rimbecca Grass.
«Trattalo con più rispetto», esordisco. Provo pena per l'innocente spaventato, torturato e confuso che ancora giace in ginocchio davanti al cadavere di Jo.
«Allora portatelo tu, se ti fa tanta simpatia».
Apro la bocca ma la richiudo subito. Non posso nasconderlo: anche a me sarebbe d'impaccio. Ma come faccio a dirlo? È ferito e solo, come si sentirebbe a sapere di essere pure ingombrante? «Bene», dico con convinzione, ma in realtà non sono per niente convinta.
Afferro il cantore per un braccio, e lui mi guarda, sorpreso. Anche Grass è stupito. «Buon viaggio, bambina. Che il cantore ti sia d'aiuto», dice con sarcasmo. Mi sono già pentita della mia scelta, ma non lo lascerò in un bosco, senza neanche un'arma e senza la minima idea di come usarla, anche se l'avesse.
«Buon viaggio, assassino senza vergogna», rispondo. Un insulto stupido, è questo che sta pensando, glielo leggo in faccia. Il dispetto di una bambina. Sorride divertito e si avvia fischiettando.
Continuo a stringere il cantore per un braccio, come per paura che scappi, e rimetto la spada nel fodero.
Lo porto con me, fuori da questo posto, e gli chiedo di raccontarmi tutto.
Comincia da un re.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro