Capitolo 21
Severus era nel suo studio, seduto su una poltrona, e leggeva ma ogni volta che finiva una pagina si rendeva conto di non aver capito nulla e ricominciava.
Aveva altro per la testa ed era la discussione con Artemisia. Aveva stampato nella testa l'ultimo sguardo che gli aveva rivolto, e impresse le ultime parole.
Non me lo merito
No, non si meritava tutto quello. Ma soprattutto non meritava di soffrire accanto a un uomo come lui.
Nelle ultime settimane aveva sperato di poter voltare pagina definitivamente, poter avere accanto una persona come lei. Invece la sua natura di spia, incapace di fidarsi, sempre sospettoso, aveva avuto la meglio. E piuttosto che ammettere a sé stesso che era diventata davvero brava a fingere e mentire, aveva diffidato e l'aveva aggredita come non si meritava.
Si alzò lanciando il libro sulla poltrona e iniziò a vagare per la stanza, senza una meta precisa. L'aveva lasciata andare via da sola e non si era neanche accertato che fosse rientrata, ma se fosse andato da lei ora, probabilmente l'avrebbe affatturato.
Stava decidendo cosa fare quando un bagliore argenteo entrò nella stanza sottoforma di fenice. Il patronus di Silente si fermò davanti a lui e la voce del preside riecheggiò in tutta la stanza
"Severus, vieni a Grimmauld Place il prima possibile. È urgente"
L'animale si dissolse, riportando la stanza alla sua consueta oscurità. Afferrò il mantello e in un attimo fu fuori da Hogwarts.
Non si sarebbe mai aspettato, una volta arrivato, di trovarsi davanti ciò che trovò. Silente lo guardava con occhi tristi, mentre lui si sforzava di rimanere composto davanti all'intero Ordine della Fenice.
"Fuori di qui" disse gelido invitando tutti ad uscire dalla stanza.
"Vorrei ricordarti che è casa mia Mocciosus" azzardò Sirius. Piton gli riservò un'occhiata talmente carica di odio che chiunque sarebbe morto all'istante.
Silente da un angolo osservò quel ragazzo che considerava come un figlio, gettarsi su una sedia accanto al letto, e scoppiare a piangere. Piangeva a singhiozzi, uno di quei pianti dei bambini, talmente disperati da far piangere anche le persone intono, e anche gli occhi di Silente si inumidirono.
Piton le prese la mano tra le sue grandi e calde, e il contrasto con il freddo lo fece singhiozzare ancora più forte. Nessuno poteva sentirlo da fuori ma non gli sarebbe importato.
"S-sei così fr-fred-da" disse tra le lacrime. "M-mi spia-ce, mi s-spiace t-t-tanto"
Tenendo sempre la mano stretta nella propria accostò l'altra al suo viso, pallido di morte. L'accarezzò piano, spostandole alcuni capelli dal viso. Sentì i passi di Silente avvicinarsi, ma non si voltò, era troppo distrutto.
"Cos'è successo?"
"Qualcuno stava tentando di smaterializzarsi nella foresta, quando sono arrivato per controllare lei era per terra e una chimera la stava puntando"
La guardava con gli occhi pieni di lacrime. Larghe bende le fasciavano il busto e il braccio, le gambe scoperte erano piene di tagli e lividi, il volto era pallido e le occhiaie scure, le labbra livide.
"Si riprenderà, vero Albus?" disse, voltandosi finalmente verso di lui e guardandolo con occhi supplicanti. Silente ebbe un déjà-vu.
Non rispose subito e quando lo fece decise di non mentire: "non lo sappiamo, possiamo solo aspettare che si svegli"
Vide la paura attraversare quegli occhi neri
"Che cosa le avete dato?" si sforzò di chiedere
"dittamo, rimpolpa sangue, rinvigorente, unguenti vari, refrigerante, ossofast..."
Piton di allarmò: "perché anche l'ossofast?"
"Si è rotta la spalla"
Si mise una mano sul viso, cercando di scacciare via quella terribile sensazione di pesantezza, ma invece quel gesto lo abbatté ancora di più facendolo ricominciare a piangere.
"Guardala Albus" disse indicandola
"È così pallida. È tutta colpa mia, abbiamo discusso e lei se n'è andata. Avrei dovuto seguirla, invece sono stato orgoglioso e l'ho lasciata sola. Se dovesse-"
"Non dirlo neanche" lo interruppe Silente "La colpa non è tua, e si rimetterà." Disse perentorio, stroncando sul nascere qualsiasi altra auto-commiserazione
Severus passò tutta la notte accanto a lei, tenendole la mano e cercando di convincersi che sarebbe andato tutto bene. Eppure nella sua testa continuava a fare parallelismi tra lei e Lily, morta a causa sua. Tutti quelli che gli stavano vicino si facevano del male e quelli che insistevano avevano un destino comune.
Non dormì, non chiuse neanche occhio, e la mattina dopo quando arrivò Molly per cambiarle le bende, insistette per occuparsene personalmente.
La Weasley avrebbe voluto obbiettare, anche perché nessuno sapeva che rapporto ci fosse tra i due ma il volto distrutto del mago la impietosì.
Con indicibile devozione e delicatezza incredibile, le sciolse le bende e rimase turbato alla vista dei profondi tagli che erano lontani dal rimarginarsi, le pulì le ferite e applicò il dittamo e gli unguenti lenitivi, riavvolse le bende e passò al resto.
L'ustione al braccio mostrava la carne bruciata e rosso vivo. Provò a muovere l'articolazione e si sentì sollevato quando constatò che quella era ormai a posto.
Le diede della pozione rimpolpa sangue e il viso riacquistò un tenue rosa.
Quando ebbe finito di risedette affianco a lei, non lasciandole mai la mano.
Fu Silente ad andare da lui intorno alle sei, preoccupato, in quanto Piton non era sceso neanche per il pranzo. Insistette vivamente affinché prendesse parte almeno alla cena e giocandosi la carta del vecchio prossimo alla morte, riuscì a trascinarlo a forza.
A tavola oltre lui e Silente c'erano: i coniugi Weasley, Tonks, Malocchio e sfortunatamente anche Lupin e Black.
Non disse una parola per tutta la cena, assorto nei suoi pensieri e tentando di ignorare chiunque si rivolgesse a lui.
"Come sta la ragazza?" chiese a un certo punto Tonks apprensiva, catturando l'attenzione di tutti. Piton alzò lo sguardo per un secondo guardandola innervosito, e poi lo riabbassò sul piatto senza dire una parola.
"Sta meglio cara" rispose il preside per pura educazione.
"Ma chi è?" chiese ancora l'auror non accorgendosi di essere indiscreta
"Ninfadora!" la richiamò Malocchio causando un mutamento evidente nella chioma della donna, arrabbiata per l'utilizzo del suo nome di battesimo.
"Vero Mocciosus, dicci chi è"
Sta volta Piton alzò lo sguardo furente e non lo abbassò mai, sostenendo fermamente l'espressione di sfida di Sirius
"Non è affar tuo, cane" lo apostrofò
"Tanto appena si riprenderà potrò approfondire la conoscenza" disse allusivo con quell'atteggiamento da casanova che aveva caratterizzato tutta la sua giovinezza.
Piton strinse lo sguardo e ringhiò sommessamente: "Avvicinati a lei e anelerai la morte"
Sirius gli rise in faccia: "E mi fermerai tu? Fino a prova contraria è lei a decidere"
Il pozionista a questo punto ghignò divertito: "Infatti, e ti dico che non apprezza l'interesse degli uomini, quindi le tue doti che tanto decanti le puoi sfogare con quel mezzo pollo con cui dormi visto che sei segregato qui"
Senza aspettare la risposta dell'altro, poggiò il fazzoletto sul tavolo, bevve l'ultimo sorso di vino, e lasciò la stanza, lasciando tutti ammutoliti da quella scena. Silente invece rideva sotto i baffi poiché era l'unico a sapere la verità.
Piton rientrò in camera soddisfatto di aver vinto quel litigio, e il buon umore lo portò a sorridere e vedere tutto con una nuova speranza. Si abbassò sul volto della ragazza stesa nel letto e le diede un bacio tra i capelli.
Poi recuperò bende e pozioni per ripetere le medicazioni.
Passò nuovamente la notte lì ma non riuscì a rimanere sveglio, già la notte prima non aveva dormito, quando si svegliò la mattina dopo scese a fare colazione causando lo stupore di tutti i presenti.
Poco dopo di lui entrò Arthur concitato: "Sapete cos'è successo?"
Non aspettò neanche una risposta e continuò: "Il ministero ha nominato la Umbrige preside di Hogwarts"
"Era scontato" asserì Piton ma il rosso lo ignorò e prossimo alla risata disse:
"E pare che la presidenza l'abbia lasciata fuori, il castello non l'ha riconosciuta come preside"
"Se lo merita, schifoso rospo rosa" disse Molly entusiasta per poi scusarsi per il linguaggio.
Tutti gli altri sorrisero soddisfatti, tranne Severus che non si mostrava mai con un'espressione diversa dal solito.
Le chiacchiere si dilungarono ancora allungo e quando se ne andò erano tutti intenti in un discorso sul quiddich.
Tutto era ovattato e distante, la luce la accecava attraverso le palpebre, e sentiva dolere ogni parte del corpo. Schiuse appena gli occhi e si trovò ad osservare un soffitto con le travi di legno a vista, come nelle case antiche, tentò anche di muoversi ma non aveva forze, un senso di oppressione e impotenza la schiacciò facendola respirare affannosamente, non ragionava neanche in maniera coerente. Fu, alla fine, il sonno a trascinarla nell'obblio allontanandola da ogni preoccupazione...
...Non sapeva quanto tempo fosse passato. Se minuti, ore o giorni. Udì un suono in lontananza che non riconobbe e poi un altro provenire dalla sua sinistra. Una voce profonda attirò definitivamente la sua attenzione anche se non riuscì a identificare le parole.
Le palpebre le tremarono, e dalle labbra le uscì un sottile filo di voce: "Severus?"
La voce si fermò e si preoccupò che, in realtà, non ci fosse nessuno.
"Artemisia? Artemisia mi senti?"
Finalmente riuscì ad aprire gli occhi e anche se aveva la visione appannata riconobbe la sagoma scura e i lineamenti dell'uomo.
"Severus" disse di nuovo, a voce un po' più alta. Tentò di sollevarsi ma non ci riuscì, lui subito capì cosa volesse e cingendola sotto le braccia la sollevò appena ed evocò un secondo cuscino per farla stare più comoda e leggermente rialzata.
Sentire di nuovo il corpo dell'uomo vicino al suo la fece emozionare e iniziò a piangere silenziosamente. Con voce ancora bassissima parlò: "Che bello che sei qui, non essere arrabbiato con me"
Lui la guardò con gli occhi spalancati per lo stupore e quasi balbettando disse: "Perché dovrei esserlo? È tutta colpa mia, tu non hai fatto nulla. Ora medichiamo le ferite e poi ti devi riposare"
Artemisia non disse nulla in contrario, anche perché parlare le richiedeva un certo sforzo. Quando ebbero finito lui si allontanò per posare le varie cose e lei si preoccupò: "Non te ne andare"
"Tu ora addormentati, io resto qui"
Ore dopo si svegliò di nuovo, assetata e affamata, affianco a lei trovò Severus, aveva mantenuto la promessa. Stava leggendo un libro e non si era accorto che la ragazza avesse aperto gli occhi. Artemisia non disse nulla e si mise a contemplarlo, si soffermò su ogni aspetto del suo viso fino ad arrivare agli occhi neri che scorrevano veloci tra le parole. Sentendosi asservato Severus alzò lo sguardo e si scontrò con quello verde della ragazza. Lei gli sorrise appena
"Come stai?" gli chiese dolcemente
"Dovrei fartela io questa domanda"
"Io sto bene, solo... potresti farmi avere qualcosa da mangiare e da bere?"
Severus chiamò subito Molly che gentile come sempre, portò un piatto di riso in bianco e dell'acqua. Vide Artemisia sveglia per la prima volta ma non fece domande.
Lei e Severus rimasero di nuovo soli.
"Come sono arrivata qui?"
"Silente" rispose solamente il mago, ancora scosso dal vederla parlare dopo due giorni di limbo.
"Artemisia..." disse dopo un po' assaporando quel nome come se fosse la prima volta che lo sentiva, poi continuò: "mi dispiace", aveva un fiume di scuse in testa ma non riuscì a continuare, lei non lo giudicò, quel 'mi dispiace' era già tanto per uno come lui.
"Non ti preoccupare ora sono qui, e quella chimera dovrà arrangiarsi a mangiare qualcos'altro" scherzò alleggerendo un po' la tensione.
"Poverina, aveva già iniziato a cucinarti" la prese in giro e Artemisia subito portò l'attenzione al braccio.
"Quella bestia mi ha bruciato la giacca! Capisci! La mia giacca! Comunque sta molto meglio" disse l'ultima frase riferita alla bruciatura che con le varie pozioni era ormai quasi sparita, rimaneva solo un leggero rossore con qualche striatura un po' più scura.
Poi all'improvviso le tornò in mente qualcosa.
"Dove sono le mie cose?"
"Su quella sedia"
Fece per sollevarsi ma un dolore atroce al fianco la fece gemere e si riaccasciò sui cuscini. Severus la guardava preoccupato ma dopo un attimo Artemisia si sentì meglio.
"Chi mi ha cambiata?"
"La signora di prima", poi capendo la preoccupazione della ragazza disse: "Ci ha pensato Silente al marchio". Artemisia fu rassicurata e finì di mangiare il suo riso in bianco.
Dopo un po' si voltò nuovamente verso Severus e guardandolo con un'intensità da fare male gli disse: "Ho avuto paura di morire senza vederti un'ultima volta..."
Lui fece per risponderle ma lei lo anticipò e continuò: "Forse tu non te ne rendi conto ma sei la persona più importante della mia vita"
Poche ore dopo Artemisia fu in grado di alzarsi dal letto e nonostante le lamentele di Piton insistette per rimettersi i suoi vestiti, aveva voglia e bisogno di riprendere la normalità il prima possibile. Quando poi il preside entrò nella stanza per constatarne le condizioni fu sinceramente felice di vederlo.
"Artemisia, lieto di vederti meglio"
"Sì preside, e grazie di avermi soccorsa. Sarei sicuramente morta se non fosse intervenuto" ci tenne a dirgli.
"Non pensiamo a quello che sarebbe potuto accedere. L'importante è che tu sia qui tra noi"
Silente si muoveva nella stanza guardandosi curiosamente intorno ma il suo sguardo tornava sempre a Severus che stava seduto di fianco al letto con una mano poggiata di fianco alla ragazza. Sorrise appena.
"Ragazzo è quasi ora di cena, che ne penseresti di scendere a mangiare? Se Artemisia se la sente potrebbe anche unirsi a noi".
Piton stava per declinare sgarbatamente ma la ragazza lo anticipò: "Io ce la faccio, anzi, mi piacerebbe avere un po' di compagnia"
Piton si voltò a guardarla contrariato.
"Tu non sei molto di compagnia, amore" disse ironicamente ma quando si rese conto di come lo aveva chiamato e, per di più, davanti al preside divenne bordeaux fino alla punta delle orecchie.
Silente trattenne una leggera risata che scaturiva dalla faccia quasi sconvolta di Piton e fece strada ai due per lasciare la stanza.
Artemisia scese con qualche difficoltà, dovuta alle ferite sul fianco, delle ampie scale e nel mentre scrutava i quadri appesi alle pareti, sotto ognuno di essi una targhetta riportava il nome di un esponente della famiglia Black.
Silente fu il primo a varcare la porta della sala da pranzo, seguito da Piton che si affiancava a lei per sostenerla nella camminata. Quando gli altri la notarono il brusio si azzerò e molteplici sguardi curiosi si rivolsero nella sua direzione.
"Oh gioia, che bello vederti in piedi!" la dolce signora che si era occupata di lei le andò vicino e l'abbracciò materna rompendo subito quell'alone di imbarazzo.
"Vieni, vieni! A tavola c'è tutto quello che tu possa desiderare, scegli pure dove sederti".
Artemisia non ebbe il tempo di accostarsi alla tavola che gli altri le si accostarono per presentarsi.
"Arthur Weasley, il marito di Molly. Forse conosci i nostri ragazzi Fred, George, Ron e Ginny"
"Oh sì, li conosc-" stava rispondendo.
"Tonks, sono un auror del ministero" si presentò una ragazza di pochi anni più grande di lei, le strinse la mano.
"Lei invece è il vero professor Moody" disse ridendo appena e stringendo la mano a Malocchio.
"In persona"
Quando tutti loro si furono scostati si fece spazio un uomo dai capelli di media lunghezza, mossi e ben curati, gli occhi grigio scuro e un sorriso smagliante e allegro.
"Sirius Black, il padrone di casa, è un piacere fare la tua conoscenza. Artemisia, giusto?"
Strinse anche la sua mano ma sentì distintamente un ringhio contrariato alle sua spalle di cui riconobbe chiaramente l'appartenenza. Tra Severus e Sirius non doveva scorrere buon sangue.
"Sì, esatto".
Appena dietro Sirius stava Lupin che si era tenuto in disparte per non pressarla troppo ma appena anche l'amico si fu allontanato si fece più vicino.
"Remus Lupin, sono stato insegnante ad Hogwarts ma purtroppo non mi ricordo di averti avuta come studentessa"
"Oh no, sono arrivata solo l'anno scorso ad Hogwarts. Comunque è un piacere"
Finalmente finirono le presentazioni ed erano tutti pronti per sedersi a tavola. Piton e Silente erano già seduti e Artemisia stava per sedersi al fianco del suo compagno quando fu richiamata.
"Artemisia, mi faresti l'onore di sedere di fianco a me?" era Sirius a chiamarla dall'altro lato del tavolo. La ragazza esitò, non sapeva come avrebbe dovuto muoversi in quell'ambiente, nell'ordine della fenice, ma la mancanza di raccomandazioni da parte di Silente le fece pesare che forse, per una volta, sarebbe stata libera di fare ciò che desiderava.
"Perdonami Sirius, ma preferisco stare vicina al professor Piton"
La sua risposta dovette compiacere molto Severus perchè si alzò per scostarle la sedia di fianco alla sua e la aiutò a sedersi premurandosi di carezzarle visibilmente il braccio.
L'espressione offesa e tradita di Sirius la fece ridacchiare mentre Piton prendeva posto di fianco a lei soddisfatto.
"Allora, raccontaci qualcosa di te!" la spronò Tonks mentre tutti iniziavano a servirsi da mangiare, quell'insistenza iniziò subito a infastidire la ragazza.
"In realtà non amo parlare di me"
"Hey Mocciosus, ma questa è uguale a te, sicuro che non sia tua figlia?"
Artemisia si voltò di scatto per fulminarlo con lo sguardo ma l'attenzione di Sirius era tutta rivolta a Piton. C'erano più cose che la facevano imbestialire in quella domanda, la prima era il nomignolo con cui si era rivolto a Severus e la seconda era che le fosse manifestata chiaramente la loro differenza d'età, tanto da farla considerare una probabile figlia.
Da parte sua Piton stava per mettergli le mani alla gola.
"Se ci tieni a sapere qualcosa su di lei ti basti sapere che è la migliore studentessa di Hogwarts attualmente, che appartiene alla casa di Serpeverde, e in quanto tale è la mia protetta. Quindi ti conviene smettere di provocarmi"
Artemisia ebbe l'istinto di prendergli una mano sotto al tavolo per calmarlo. Quando Severus parlava con quel tono, basso e monocorde, e minacciava si era davanti a una situazione pericolosa. Anche Lupin dal lato suo cercava di sedare l'animo di Sirius.
"Tu hai una protetta? Ma fammi il piacere, un insegnante come te non si interessa minimamente degli studenti, anzi, sei crudele, me lo dice sempre Harry che sei-"
"Basta.", la voce ferma di Silente rimbombò nella sala come amplificata.
"Sirius, vedo che hai finito la cena, che ne diresti di andarmi a prendere un whiskey incendiario? Ah e porta un bicchierino ciascuno, grazie", e costrinse l'altro ad allontanarsi.
"Mi so difendere da solo" ringhio a bassa voce Severus rivolto ad Albus.
"Lo so, ma volevo evitare che Artemisia si affaticasse vedendo il vostro patetico spettacolo".
Severus allora si voltò a guardarla e la trovò con le mani strette a pugno talmente serrate che le nocche erano bianche e le unghie lasciavano evidenti segni sui palmi, in volto era pallida tranne per le guance che erano arrossate di rabbia.
Fu istintivo per lui metterle un braccio intorno alle spalle e tirarsela vicino facendola poggiare con la testa sulla sua spalla. Artemisia si rilassò istantaneamente chiudendo gli occhi stanchi.
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