È necessario
Quando stiamo male, quando stiamo davvero male, non c'è nessuno al nostro fianco.
Siamo soli, nella nostra sofferenza, estremamente soli.
In quel lungo attimo di dolore, in quel breve attimo di tempo rispetto ad un secolo, siamo soli.
Anche se non lo fossimo davvero fisicamente, anche se ci fosse qualcuno a sostenerci, a tenerci la mano, a massaggiaci la schiena, a darci una pacca sulla spalla, ad accarezzarci una guancia, ad abbracciarci, saremmo comunque soli.
Completamente.
Perché anche se l'empatia umana è una sensazionale, incredibile capacità sociale dell'essere umano, il "mettersi nei panni dell'altro" non sempre è fattibile, anzi, non è mai fattibile.
A volte ci si avvicina ad una percezione simile e quindi si riesce a dire "ti capisco" oppure "so come ci si sente", eppure quella percezione non sarà MAI identica a ciò che l'altro sta provando.
Proprio per questo ciascuno di noi è solo.
Solo con se stesso.
Solo con il proprio dolore.
Solo con la propria allegria.
Solo con la propria tristezza.
Solo con la propria malinconia.
È tutto soggettivo, tutto, tutto questo mondo, perché ciascuno di noi lo vede in modo differente.
Il mondo, la realtà, è oggettivamente una, ma nessuno potrà mai averne una stessa visione.
MAI. NESSUNO.
Proprio per questo quando si sta male, e si sta davvero male, nessun altro può fare niente. Dobbiamo affrontare la sofferenza da soli, dobbiamo combattere da soli per non impazzire, dobbiamo impazzire da soli per riuscire a tornare lucidi, per poter ragionevolmente trovare una soluzione pratica che metta fine a quel dolore interminabile, perché anche impazzire, a lungo andare, si rivela doloroso.
È ironico, comico, assurdo, come l'unica soluzione possa essere la creazione, il prodotto, che qualcuno ha ingegnato per te mesi, anni, secoli prima.
Assurdo come nella solitudine della sopportazione, non si è poi irrimediabilmente soli.
A volte, anche se l'empatia ha i suoi limiti, chi ci sta accanto riesce ad alleviare il peso di ciò che ci opprime, riesce distoglierci dai problemi, riesce a farci sperare, a strapparci l'accenno di un piccolo sorriso sofferente, a desiderare di essere presi in braccio perché il cammino che stiamo percorrendo è talmente chiodato da farci sanguinare i piedi, da lacerarci le palme e da farci sfuggire urla da film horror.
A volte chi ci porta in braccio non esiste, e quel percorso chiodato dobbiamo attraversarlo completamente da soli, con le nostre forze, e difficilmente ne usciamo come vi eravamo entrati.
A volte spunta qualcuno che non ha la forza di portarci in braccio e prendersi tutto il peso delle cose, ma accetta di camminare insieme a noi, accetta di condividere il dolore.
A volte chi ci prende in braccio lo troviamo alla fine, ci cura, ci coccola, ci rassicura, ci dice che ciò che abbiamo vissuto era necessario, che ne avevamo bisogno per essere grati di ciò che ci avrebbe aspettato in seguito, perché una caratteristica delle persone davvero felici, è il cuore mille volte ricucito che nascondono dietro un grande sorriso.
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