Giorno 4 - paura
Giorno 4 - paura
Ho finito l'ennesima lezione inutile.
L'ennesima perdita di tempo.
Cercando di inculcare qualche nozione in più nelle menti desertiche di questi ragazzini che continuano ad osservarmi con terrore.
Dopo la guerra non ho smesso di essere il mostro nero a cui tutti sono abituati.
Non sono capace di fare altro.
Ho fatto paura per tutta la vita.
Ed è più forte di me.
La classe si svuota.
E io osservo la mia aula tornare al suo silenzio.
Questo posto dove nessuno vuole scendere.
Tranne te.
Che ti ostini a tormentare la mia solitudine.
E a non averne paura.
Ho passeggiato sul lago, ieri.
Non lo facevo da anni.
In silenzio.
Perché non sono capace di parlare, Hermione.
Io non voglio parlare.
Anche quando vedo i tuoi occhi rivolgermi domande che la tua voce non ha il coraggio di pormi.
E forse dovrei sbatterti in faccia la parte peggiore di me.
Dovrei far paura anche a te.
Come faccio a tutti.
Ma non ne sono capace.
Perché non voglio esserlo.
Non più.
Probabilmente l'uomo che ho sepolto per quasi tutta la vita rivendica la sua voglia di esistere.
Esco dalla mia aula umida.
Mi avventuro su scale che conosco in ogni loro crepa.
Incrocio colleghi che mi salutano con un cenno del capo.
Nessuno parla a Severus Piton.
Se non corretto dagli eventi.
Nessuno, tranne te.
Che continui a non avere paura.
E che invece mi vieni a cercare.
Vieni a scovarmi nei miei nascondigli.
Come hai fatto questa mattina.
Prima di una lezione che ti ha vista puntualmente in prima fila.
Puntualmente preparata.
E insolitamente magnetica.
Per i miei occhi che si sono sempre nascosti e che oggi non bramavano altro che di incontrare i tuoi.
Raggiungo il cortile in cui mi hai dato appuntamento.
E non dovrei essere qui.
Dovrei farmi odiare da te come mi faccio odiare dal resto del mondo.
E farti paura.
Ma mentire a me stesso non serve a niente.
E io non sono uno stupido.
Anche se sto facendo di tutto per sembrarlo.
E questa stretta che sento nel petto ogni volta che parlo di te, purtroppo, ha un solo nome.
E allora smetto di prendermi in giro.
Perché non l'ho mai fatto.
E so che non serve a nulla.
Tutto di te mi affascina, Hermione Granger.
La tua voglia di sapere.
La tua intelligenza.
La tua franchezza.
E il tuo coraggio.
Così, senza preavviso.
Ti scorgo da lontano.
Appoggiata ad una colonna che ha visto tempi migliori.
Hai un libro tra le mani.
Come sempre.
E maledizione quanto sei bella!
Quando lo sei diventata?
Quand'è che la ragazzina dai capelli arruffati si è trasformata in una donna dallo sguardo disarmante?
E dal corpo perfetto...
Ti osservo in silenzio.
Nascosto dall'abilita che mi ha permesso di sopravvivere.
Ti arricci una ciocca di capelli con le dita.
Socchiudi gli occhi sul mondo immaginario nascosto tra le pagine.
Sospiri.
Cosa sogni Hermione?
Forse davvero stai sognando me.
Non potendo nemmeno immaginare il male eterno che mi porto addosso.
Faccio un altro passo.
Mentre capisco che questo è il momento in cui supero il confine.
Quello da cui non potrò tornare indietro.
E dovrei girarmi e andare via.
Lasciarti qui da sola.
A chiederti perché il bastardo professore di pozioni abbia deciso di mancare al vostro assurdo appuntamento.
E magari dandoti la risposta più scontata possibile.
Quella che conoscono tutti.
Quella che vede Severus Piton come il viscido mago dal cuore arido, dal passato oscuro e dai demoni eterni.
Ed è quello che sono, Hermione.
Tranne per il cuore.
Questo dannato, maledetto cuore.
Che da due giorni tanto arido non mi sembra più.
Mi fermo per un istante.
Cercando di dare al buon senso una minima speranza di vincere sul mio desiderio.
E non ci riesco, Hermione.
Io che ho rifuggito i sentimenti per tutta la vita e che adesso mi trovo qui, a non sapergli resistere.
E mi odio.
Perché meriti molto di più.
Anche se adesso la mia cultura ti affascina.
Se le mie parole ti stregano.
E se i miei occhi ti raccontano una storia che non avrebbero dovuto lasciarti intuire.
Lo vedo sai?
Anche quando fai di tutto per nasconderlo.
Di colpo alzi lo sguardo.
Lo punti nel mio.
E improvvisamente il tempo per poter essere forte è finito.
Il tempo per tornare indietro.
Non so se ringraziarti o maledirti per questo.
Perché sarò anche un uomo dall'anima nera.
Ma sono un uomo, Hermione.
E tu sei bella da togliere il fiato.
E fresca.
E pulita.
E non hai paura.
Perdo quell'ultimo barlume di ragione che ancora si faceva strada a spintoni nel mio petto.
Tu chiudi il libro.
Sorridi.
Mi raggiungi con alcuni passi veloci.
Resti in piedi davanti a me.
- "Non osavo sperarci..."
Sussurri.
Ti porti i capelli dietro alle orecchie.
E ridi.
Io resto immobile.
Sollevo un sopracciglio.
Perché è più forte di me.
Indosso la maschera di ghiaccio che mi ha sempre nascosto.
Quella a cui adesso chiedo di difendermi.
- "Immagino di dovermi aspettare un'altra noiosissima passeggiata..."
Sibilo.
Con la poca cattiveria che ancora mi concede la ragione.
E tu sorridi.
E te freghi di tutto.
Del mio tono maligno.
Della mia incapacità di sorridere.
E della mia anima nera.
Fai per prendermi la mano.
Poi ci ripensi.
Mi guardi.
- "Andiamo?"
Lo chiedi ridendo.
E non ti aspetti nient'altro.
Sai che non riderò.
Sai che probabilmente passerai altre due ore in silenzio.
Come hai fatto ieri.
Alla stessa ora.
Sullo stesso lago.
E sembra non importarti.
E io non riesco a capire il perché.
Sei così piena di vita, Hermione.
Di entusiasmo.
E io non sono più pieno di niente.
Se non di fantasmi che non mi permettono di respirare.
Ti incammini su una strada che tradisce i primi segni di un inverno imminente.
Ti muovi piano.
Ogni tanto mi guardi cercando di non farti scoprire.
E il mio cuore si riempie di una tenerezza sconosciuta.
Davanti ai tuoi occhi di bambina che cercano una clandestinità che non so concedergli.
E io mi scopro a desiderare che tu lo faccia, Hermione.
Per darmi una nuova scusa per osservare quelle tue maledette iridi nocciola che non vogliono lasciarmi in pace.
Quei tuoi maledetti, enormi occhi nocciola che affollano le mie notti.
Sono solo tre giorni, ma mi sembra che sia una vita.
Quando è successo Hermione?
Che cosa mi hai fatto?
Il lago ci appare in tutto il suo splendore immobile.
E noi continuiamo a camminare.
In silenzio.
Quel mio silenzio che ha sempre intimorito tutti.
E che tu invece vieni a cercare.
Che sembri desiderare.
Perché non hai paura.
Ti volti.
Mi guardi.
Mi sorridi.
E io rimango con il viso impassibile.
Come sempre.
Rallenti il passo.
Ti fermi.
Raccogli un sasso striato di bianco.
Lo lanci sull'acqua facendola increspare.
Ne porgi uno anche a me.
E io ti guardo con aria schifata.
Cercando di nascondermi dietro alla sola maschera che conosco.
Allora fai saltellare il sassolino sul palmo della mano per qualche istante.
Poi lo getti nel lago.
Resti in silenzio a guardarlo sparire nel riflesso delle nuvole.
- "Perché lo hai fatto?"
Me lo chiedi improvvisamente.
Una domanda che ho paura di capire.
Ti guardo.
Ripesco in qualche anfratto nascosto la mia espressione di ghiaccio.
- "L'ho fatto e basta!"
Rispondo secco.
Nel mio modo sgarbato.
Quello a cui tutti sono abituati.
Tu mi guardi senza capire.
Poi sgrani gli occhi un istante.
Abbassi la testa.
Ti guardi le scarpe.
Ridi.
- "No... Non intendevo chiederti perché sei qui con me."
Mi paralizzo.
Non capisco.
- "Ma è una domanda scomoda. E non sei costretto a rispondermi. È solo... È solo che devo capire. Che vorrei capirti."
Lo dici evitando il mio sguardo.
Trattieni il fiato.
Poi riempi d'aria i polmoni.
Cerchi il coraggio.
Lo trovi.
Punti gli occhi nei miei.
- "Perché hai nascosto te stesso e ti sei travestito da mostro nero, per tutta la vita?"
Riprendi a guardati le scarpe.
Verso un pavimento incapace di nasconderti.
E io non so cosa dire.
Stringo le mani.
Chiudo gli occhi.
Per provare a trovare una scappatoia da una domanda che mai nessuno mi aveva rivolto.
Alla quale non voglio rispondere.
Alla quale pagherei per poter rispondere.
Gettando per terra questa fottuta maschera di freddezza che mi soffoca il volto.
Che cosa vuoi, Hermione Granger?
Cosa pretendi da me?
Sono solo un vecchio mago stanco, che ha affogato il cuore in un fantasma, per tutta la vita
E che adesso viene travolto da un sentimento che non vuole chiamare per nome.
Riprendi fiato.
Prosegui con una determinazione che mi spaventa.
- "Credere in una causa al punto di uccidere, senza essere un assassino, logorarsi il cuore fino a isolarsi dal mondo, distruggersi nel corpo e nell'anima...io non sarei stata in grado di farlo.
Mi piacerebbe credere così tanto in qualcosa..."
Sollevi il viso.
Mi trafiggi con il tuo sguardo luccicante.
- "È ho tanta paura di non essere capace di trovare qualcosa che per me valga tanto."
Sento il respiro mozzarmisi nella gola.
E la nausea impossessarsi dello stomaco.
Vorrei sciogliere lo sguardo dal tuo.
E fuggire.
Ma non ne sono capace.
Perché è come se mi avessi strappato i vestiti di dosso.
E adesso mi guardassi.
Nudo e tremante.
Senza più una difesa al mondo.
Provo a ripescare l'espressione glaciale di cui tutti hanno sempre avuto un sordido terrore.
E non ci riesco.
Perché forse a qualcuno ho bisogno di dirlo.
Anche se non l'ho mai saputo.
E forse quel qualcuno è una ragazzina che mi ha fatto una domanda scomoda.
Una domanda che mai nessuno si è preso la briga di farmi.
Per paura della risposta.
O semplicemente perché a nessuno è mai importato.
E non sono abituato.
A questa sensazione di impotenza.
A tutta questa verità sputata addosso senza alcun filtro.
Senza alcun timore.
Sostengo il tuo sguardo a fatica.
Sforzandomi di non concedere al mio volto alcuna espressione.
Poi lo abbasso.
Non sono così forte.
Ho tenuto testa ai maghi più potenti del mondo.
Ma non sono capace di farlo con una ragazzina.
La mia ragazzina.
Quella che ha saputo strapparmi dal petto l'anima.
Aprirla.
E cominciare a leggerla.
Mi volto di scatto.
Il mio mantello ondeggia nel vento dell'ultima ora di sole.
Mi dirigo verso al castello al quale imploro di nascondermi.
- "Scusami! Io non volevo..."
Urli, cercando di sovrastare il rumore delle onde.
Blocco i miei passi svelti.
Mi giro.
Ti guardo.
Adesso hai paura anche tu.
Ma è una paura diversa.
Una che non avevo mai visto.
È la paura di avermi fatto soffrire.
Di farmi del male.
Ti avvicini di corsa.
Ti blocchi a pochi centimetri da me.
Dal mio viso.
E dalle mie labbra.
Sei troppo vicina, Hermione.
E io sono disarmato.
Da te.
Dal tuo modo di essere.
E dal tuo corpo di cui intuisco il calore.
Restiamo in silenzio.
Uno di fronte all'altra.
Passano secondi che sembrano eterni.
Improvvisamente osservo impotente una mia mano accarezzarti la guancia.
Mentre la distanza tra i nostri occhi si fa pericolosamente sottile.
Ti avvicini.
Sento il profumo del tuo respiro.
E bramo il sapore della tua bocca.
Non farlo Hermione.
Girati e scappa lontano da me e dall'oscurità che mi circonda.
Ma tu afferri la mia mano.
Quella immobile sulla tua guancia.
Chiudi gli occhi.
Facendo strusciare la pelle morbida del tuo viso sotto le mie dita.
E io perdo la ragione.
Annullo la distanza delle nostre labbra.
Di colpo.
Senza lasciare al mio cervello il tempo di sconfiggere il mio cuore.
Mi irrigidisco.
Ti allontano di fretta.
Libero la mano intrappolata dalla tua.
La stringo fino a farmi male.
- "Perdonami Hermione..."
È solo un sussurro nascosto dal vento.
Ma tu lo hai sentito.
Resti immobile
Ti guardo negli occhi.
Sorridi.
Mi volto.
E scappo via.
Su un prato quasi gelato.
Perché adesso, per la prima volta, ho davvero paura.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro