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Capitolo 8

Sabato
15.09
25 giugno, 2035 

"Noci, valeriana, ricotta, scatolette di tonno, pane, sciroppo d'acero... mi pare di aver preso tutto" ripassò a mente la lista della spesa, verificando nel suo carrello tutto l'occorrente che gli serviva in cucina, avanzando in avanti con passi lenti e rilassati per gli stretti corridoi di quel claustrofobico supermercato in cui si trovava. Dopo essersi accertato di aver posato tutto lì dentro, si diresse alla cassa, dove ad attenderlo vi era la solita cassiera fastidiosa che preferiva evitare, con il suo chewing-gum tra i denti e lo snervante rumore che echeggiava ogni qual volta lo passava sul palato.

- Ventisette euro e cinquantacinque, prego - squittì con la sua voce stridula.
- Posso pagare con la carta? - domandò Jared, osservandola.
- Certo - mormorò, come se fosse infastidita da quella richiesta indesiderata, quasi sbattendo davanti a lui il lettore delle carte di credito. Dopo aver effettuato il pagamento e aver firmato lo scontrino, caricò la sua busta di tessuto color beige con il materiale che aveva acquistato, infine salutò la cassiera con un semplice "buona giornata", al quale ricevette come risposta un semplice cenno della testa, come se stesse parlando con un suo caro.

Fuori dal supermarket, si avviò verso il luogo in cui aveva parcheggiato la sua bici - un vecchio modello originariamente nero, ma che aveva deciso di personalizzare con la sua fantasia, riempiendolo di graffiti a suo parere molto graziosi - finché non avvertì due mani afferrarlo saldamente dal collo e sbatterlo violentemente al muro.
Fu una questione di istanti: la sua borsa della spesa precipitare con un tonfo  sul suolo e vederla rovesciare tutto ciò che conteneva al suo interno, per non parlare delle forti mani di Mario pressate sulla sua gola:
- Io non credevo di essere costretto a ritornare da te, eppure sei piombato nella mia vita e pare che tu voglia rovinarmela, come hai sempre fatto. Come ci si sente a rivivere un trauma, Jared? -

Il soggetto in questione non ebbe il tempo di controbattere, o meglio, di realizzare in che razza di situazione si era cacciato che il corvino proseguì a parlare senza sosta, come se cercasse di sfogarsi da tutto il rancore che si era accumulato per tutti quegli anni.
- Come hai osato ad avvicinarti ai miei figli, ludico? qual è il tuo piano malato, quello di rovinare la vita anche ai miei bambini? non te lo permetterò, fosse l'ultima cosa che farò - sputò con ferocia, guardandolo come fece quattordici anni fa, quando scoprì che era stata lui la causa del coma del suo amato.
- Ti giuro che non sapevo minimamente che fossero i tuoi figli, mi hanno-
- Hai detto così tante cazzate da quando ti conosco che stento a credere che la mia vecchia nemesi, che era innamorata di me talmente tanto da torturare il mio fidanzato, casualmente incontrava più volte i miei bimbi, portandoli poi chissà dove. Tu vuoi rovinarmi tutto ciò che mi sono costruito con tanta fatica, ma questa volta non la passerai liscia. - affermò, alludendo alla denuncia.
- Ho provato ad andare avanti anche io - ammise in un bisbiglio Jared, a testa bassa.

- Ah, sì? vivendo in una topaia, vagabondando in strada e vandalizzando i muri delle case abbandonate della città? la verità è che stai solamente sopravvivendo, non vivendo. Chissà quale sostanza hai assunto prima di convincere Michael e Percy ad avvicinarti a te - sbottò accompagnando il tutto da una risatina infastidita e ironica - loro sanno bene chi sei, gliel'ho raccontato personalmente io. Ho insegnato loro che devono stare alla larga dalla gentaglia come te. Dubito che tu li abbia detto il tuo nome, altrimenti avrebbero già compreso tutto. -

Jared tentava di trovare le parole giuste da esprimere di fronte alla persona che aveva maltrattato in passato. Il cuore gli esplodeva ardentemente nel petto, dolorante come non mai, come se le vecchie cicatrici che pensava che si fossero ricucite fossero risalite a galla, provocando una enorme fuoriuscita di sangue e sentimenti negativi in contrasto.
Non aveva nemmeno l'audacia di chiedergli scusa per tutto ciò che era successo tra loro; persino incontrare i suoi occhi per un singolo istante era un'ardua impresa, perché non appena scontrava lo sguardo con il suo, incastonando le iridi color pece con le sue, i ricordi sfuocati di quello che credeva che fosse amore, mentre invece era un'ossessione verso di lui, il dolore lancinante non appena sferrava colpi sull'esile corpo del ragazzo dai capelli rosa e il sangue che fuoriusciva dalle sue ferite, risalivano a galla violentemente.

- Lo sai perché sono diventato un medico? Per salvare le persone da quelle come te. Solo Dio sa quanto mi sono sentito impotente alla vista di Stefano, su quel fottuto letto d'ospedale in coma, e sapere che potevo impedirlo mi rattristava terribilmente.
Se tu andassi in ospedale, non avrei assolutamente il coraggio di salvarti. Preferirei lasciarti morire, proprio come stava facendo Stefano a causa tua e del tuo amichetto del cazzo. Non sono assolutamente a favore alla pena di morte, ma forse un'eccezione per te la farei. - concluse infine, lasciandolo crollare a terra, assieme alle scatolette di tonno sparse ovunque e il barattolo di vetro ormai frantumato da cui sgorgava lo sciroppo d'acero.

Quindici euro buttati al vento e un cuore spezzato sporco di quel liquido dolciastro.

Quelle sentenze così aspre, in fondo se le meritava.
Non poteva aspettarsi altro da colui che aveva marchiato profondamente, conosceva Mario ed era sicuro che non lo avrebbe mai perdonato in vita sua. Comprensibile, dal momento che l'amore della sua vita stava morendo per mano sua, non è così?
- Scusami, Mario, e questa volta te lo dico sul serio. Lo penso veramente questa volta, ma adesso vorrei rimediare a tutti i miei errori e poter vivere la mia vita in pace - provò ad urlare, ma oramai il corvino si era allontanato a passo svelto, lasciandolo solo con le sue futili scusanti appese a quello che gli era rimasto del suo cuore.

Era troppo tardi per le scuse; doveva agire, partendo dal non rivedere mai più le uniche due persone che avevano imparato a sopportarlo e, in fondo, ad amarlo.

Ad accogliere il suo terribile dolore non sapeva che, sul ciglio della strada, vi era una figura che lo fissava che egli conosceva fin troppo bene.

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