Capitolo 11
Mercoledì
23.39
29 giugno, 2035
Era l'inizio di una nuova settimana.
Se sarebbe stato migliore della scorsa, questo non lo sapeva. L'unica cosa certa era che si sarebbe impegnato ancor di più nel migliorare il suo stato di salute mentale, concentrandosi maggiormente sul suo benessere; e come non sfogarsi e svuotare la mente se non con un po' di acrilici colorati, vari pennelli e una tela bianca su cui avrebbe raffigurato il magnifico panorama di fronte a lui? Era nuovamente nel luogo in cui aveva incontrato per la seconda volta i suoi ragazzi, che fu costretto ad abbandonare qualche giorno prima.
La luna piena illuminava le vecchie strade di quella cittadella così silenziosa di notte, era da qualche ora che si era posizionato lì a dipingere con leggerezza quel cielo stellato privo di imperfezioni e nuvole che impedivano la vista del limpido cielo, ormai scuro. Credeva che nessuno in quel momento potesse mai disturbarlo, era troppo concentrato per accorgersi del resto: una macchina rossa, probabilmente di una marca molto costosa ma difficile da identificare anche da me. Al volante vi era una figura alquanto familiare per Jared, se solo si fosse accorto della sua nuova presenza: capelli neri brizzolati alle radici, delle sospette bassette ai lati delle sue guance scavate, un baffo non molto gradevole alla vista anch'esso leggermente grigiastro. Indossava una polo azzurra dal colletto ben stirato da una parte, dall'altra molto stropicciata, dei pantaloni neri, infine ai piedi delle scarpe da ginnastica anche queste molto costose, ma di dubbio fascino.
Non era molto alto, probabilmente erano più lunghi i peli delle braccia che delle sue stesse gambe.
- Oh, vedo che ti sei dato all'arte, mio caro - gli sussurrò all'orecchio una voce roca dietro di Jared, cosa che lo fece sobbalzare e tirare all'aria il pennello dalle punta sottile che aveva in mano, macchiando il prato con il colore verde. Con il cuore che incombeva e batteva ardentemente nella sua cassa toracica, con uno scatto si girò verso il proprietario di quelle parole. Non era possibile.
- Paul? - balbettò con il labbro inferiore tremante. Cosa ci faceva il padre di Mario lì, in quella landa desolata e sperduta? Impossibile credere che fosse una semplice coincidenza poiché le probabilità di incontrare il genitore del proprio ex, dopo averci litigato poco tempo fa, in un posto poco trafficato soprattutto intorno a quella fascia d'orario era inconcepibile.
Stentava a crederci persino Jared, che ce l'aveva davanti a sé: quattordici anni fa era decisamente più robusto, ora era tremendamente in sottopeso. Eppure quello scaltro ghigno sorto sul suo volto contornato dalle gote scavate era rimasto lo stesso e ciò lo intimoriva parecchio.
- Vedo che ti ricordi ancora di me - constatò, accendendosi un sigaro. La curiosità era fin troppa, a tal punto da spingerlo a domandargli:
- Come mai sei qui? -
- Come hai ben notato, sono venuto qui di proposito per parlarti. Non ti sono mancato, piccolo Jared? andavo molto d'accordo con la tua famiglia. Eri un ragazzino molto vivace per la tua età, lo ricordo. -
Il corvino voleva urlargli di andare dritto al punto, di non continuare a torturarlo con informazione non desiderate, ma ricordando di come lui fosse pericoloso ci pensò due volte prima di agire, e decise che avrebbe atteso, con il cuore in gola.
- Mi mancano i vecchi tempi, quando tutto era molto più semplice. Credo che il sentimento sia reciproco, caro. Ho saputo che fatichi a trovare una stabilità economica. -
"Ma anche mentale, oserei dire" era la voce della sua coscienza.
- Ecco, io sono disposto ad offrirti un piccolo lavoretto. Senza impegni, ci mancherebbe altro. -
- Perché dovrei accettare il tuo aiuto? - sibilò con il coraggio che non sapeva di avere lui. A quel punto, Paul sfoggiò un sorriso talmente falso da far accapponare la pelle.
- Sai, Jared, noi due in fondo non siamo così tanto diversi. Ricordo che eri un ragazzino molto attivo, a tratti un po' violento, e proprio per questo sono sicuro che questo minuscolo impegno riuscirai a terminarlo nei migliori dei modi. È adatto a te,ne sono certo - continua.
L'uomo davanti a lui, con passo felpato, si avvicinò pericolosamente al lobo del suo orecchio e mormorò con freddezza due nomi:
- Percy e Michael. I due mocciosi. -
Non era possibile, tutto questo era inaccettabile.
- Non posso farlo! Sono dei bambini, hanno solo sette anni - cercando di non trapelare nessuna goccia ai lati dei suoi occhi, al sol pensiero dei due corpi esili a terra in una pozza di sangue. Come si poteva essere così crudeli con delle creature così innocenti?
- Sono solo dei piccoli stronzetti che ostacolano il mio passaggio, meritano la morte - sputò con disgusto Paul, con una disprezzante espressione di fastidio.
- Lascia che te lo dica: ho sempre pensato che tu fossi un grande infame. Hai abbandonato i tuoi figli quando avevano solo pochi anni di vita, sparisci e ritorni dalle persone che conosci pretendendo che ti accolgano a braccia aperte e che loro ubbidiscano alle tue richieste che non stanno né in cielo né in terra. Già quando ero un ragazzetto avevo compreso ciò che eri, seppur in passato io ti abbia aiutato. Ora capisco del perché sei costretto a sparire per lunghi periodi: nessuno riuscirebbe a sopportarti a lungo e mantere un briciolo di sanità mentale.
Lascia stare i bambini, altrimenti ti giuro che dovrai passare sul mio cadavere, brutto pezzo di merda. -
A quelle parole, l'uomo scoppio in una grassa risata:
- Esilarante, Jared, davvero. Come pensi di poter proteggerli se non sai nemmeno badare a te stesso? -
- Va' via, sparisci da questa città prima che tu venga cacciato definitivamente da qui. Nessuno ti sopporta, sarà per questo che la tua famiglia non vuole mai più rivederti? -
Apparentemente, il padre di Mario cedette e con un enorme sbuffo ritornò dentro la sua automobile, senza salutare Jared. Ciò non fu comunque necessario, perché dopo varie manovre con la sua auto l'artista misterioso perse i sensi, probabilmente per sempre.
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