Capitolo 1
Venerdì
20.17
20 maggio, 2035
- Papà, papà, ci puoi raccontare di nuovo la storia di come vi siete conosciuti tu e papà? - Percy, con un tenero sorriso in volto, si gettò tra le gambe di Stefano, che era intento a scrivere un articolo giornalistico di estrema importanza; di certo non aveva tempo per assecondare i capricci del figlio.
Era da circa un annetto che lui aveva trovato lavoro presso un'umile locandina di bordo: odiava vedere Mario ritornare a casa tardi, spesso dimenticandosi di pranzare o cenare con la sua famiglia a causa dei suoi estenuanti turni in sala operatoria. L'ospedale De Vincentis era sempre straripante di gente - non sapeva se era una cosa positiva o negativa, prendendo in considerazione il suo stipendio - e a volte era costretto a svolgere servizio di notte nei reparti più impegnativi, rincasando spesso alle cinque di notte.
Notando e apprezzando con tutto il suo cuore gli sforzi e i sacrifici che suo marito compieva per mantenere la famiglia, Ste decise di donargli un'ulteriore aiuto, individuando così un piccolo impegno part- time non solo per soddisfazione personale, ma anche per non dipendere completamente da Mario. Quel giornale gli permetteva un minimo di stabilità economica - almeno per non essere costretto a chiedere in prestito dei soldi ogni qual volta che dovesse andare a fare la spesa e per le faccende domestiche.
- Percy, in questo momento sono occupato, non posso - mormorò, roteando la testa verso di lui, incontrando gli occhi neri del figlio. Gli stava strattonando con le sue manine il maglione arancione che indossava, il suo preferito.
- Ma io voglio sentire la parte in cui papà Mario riempie di botte quel cattivone di Jared! - continuò, con voce stridula. Al suo fianco c'era Michael, che appoggiava il fratello in qualsiasi cosa lui dicesse, annuendo senza sosta.
"Due diavoletti" pensò divertito il padre, richiudendo il computer con delicatezza, ponendosi di fronte a loro:
- Lo sapete che la violenza è l'ultima opzione alla quale dovete ricorrere, vero? -
- Ma è divertente - cercò di giustificarsi Michael, ricevendo immediatamente un'occhiataccia truce dall'adulto.
- Non lo è affatto, può recare dei seri danni ad una persona innocente - asserì, incrociando le braccia al petto, in segno di disappunto.
- Ma Jared non è una persona innocente - affermarono i bambini in coro, più convinti che mai.
- Ha fatto delle cose brutte a te e papà - concluse infine Percy - chissà che fine ha fatto adesso -
- Non ne ho la più pallida idea - ammise il genitore, pensieroso - e non dovrebbe neanche essere di vostro interesse. Era un uomo spregevole, lo sapete bene, ed è probabile che in questo momento si ritrova dietro le sbarre di qualche città fuori Europa. Forse è meglio così. -
Dopo quella breve discussione, mandò i suoi figli nelle loro stanze a giocare con i lego, rigorosamente ispirati ad Harry Potter - era stato Mario a prendere la decisione di comprarglielo - promettendo loro di ritornare presto. Continuò a scrivere il suo articolo, per poi inviarlo tramite email al giornale.
Anche dopo cena, però, la sua mente sembrava essersi bloccata sul suo duro passato: l'unica immagine che riusciva a distinguere era solamente la figura di Jared che martoriava il suo fragile fisico senza sosta, assieme a quel che riteneva il suo ex migliore amico delle elementari che, a distanza di anni, aveva deciso di scusarsi per essere stato scorretto nei suoi confronti tempo fa.
Era capace di avvertire nuovamente il sapore metallico del sangue in bocca mista alla polvere presente sul suolo, i lividi su tutto il suo corpo bruciare come sfere incandescenti, i calci all'altezza dello stomaco che lo stordivano e il suono ovattato delle parole dei due, che lo insultavano malamente. Era convinto - e sperava vivamente - di non rimembrare ciò che era successo quel giorno, eppure la sua coscienza era lì, a rinfrescargli la memoria nel momento meno opportuno.
Mario aveva notato fin da subito che c'era qualcosa che turbava Stefano, provava a parlargli ininterrottamente ma era come se lui avesse ben altro in testa.
- Tutto bene, amore? Ti vedo pensieroso questa sera - gli domandò con tono pacato e visibilmente preoccupato, adagiando la mano sulla sua spalla. A quel tocco il rosato sobbalzò, si girò di scatto e tirò un sospiro di sollievo alla semplice vista del corvino.
- Stavo solamente pensando - rispose vagamente, non volendo guardarlo negli occhi, gesto che non fu apprezzato dall'altro, in quanto gli prese il viso con le mani, costringendolo a fissarlo nelle iridi nere. A quel punto si fece scappare un piccolo singhiozzo, che fece andare in panico ancor di più Mario:
- È successo qualcosa di grave? - azzardò, accarezzandogli dolcemente la guancia, quasi come se avesse paura di ferirlo.
- Pensavo a Jared e a quel che ci successe tempo fa - confessò lui, tirando su con il naso.
- Non devi neanche degnare a quel essere spregevole un solo pensiero, chiaro? Non merita né di essere nel nostro passato, né nel nostro presente e futuro. - sbottò con decisione, continuando a regalargli dolci carezze sulle gote.
- Lo so - si scusò, accarezzandogli il dorso di una mano - ma a volte è come se il passato mi trascinasse via con sé. Ho paura di ricadere nuovamente nel baratro, Mario. -
- Non ricapiterà mai più, va bene? in questo momento non sarà neanche più in circolazione, probabilmente è chiuso in un centro per tossicodipendenti assieme ad altri suoi amichetti. Non può farci del male, te lo prometto - affermò, con un pizzico di sarcasmo nella sua voce. A quel punto il rosato incurvò le labbra secche in un piccolo sorriso, cercando di tranquillizzare il corvino.
- Già, forse nasconde le pillole dentro gli indumenti o altro come un miserevole per evitare di venir beccato dai medici - cercò di tirarsi su il morale lui, adagiando la testa sul petto di Mario, avvertendo un leggero aumento dei battiti cardiaci. Udendo quel suono così innocente, sorrise, pensando che dopo tutti questi anni riusciva ancora a fare un certo effetto sul marito.
Come quando erano giovani, spensierati e felici - o quasi.
- Adesso mi spieghi del perché tu stessi pensando a lui? - domandò Mario, accarezzandogli i soffici capelli rosa, per confortarlo - devi essere forte, per te e per noi. Il passato è passato, non ritornerà indietro. L'unica cosa a cui devi rivolgere il pensiero è il presente. Adesso sei qui con me, abbiano due figli stupendi, i miei genitori ci stimano per quel che siamo diventati. Abbiamo entrambi un lavoro che ci permette di vivere serenamente e non abbiamo alcun problema economico o altro e tu pensi ancora a quei prepotenti di Jared e Ettore? -
Il rosato sospirò, in fondo aveva ragione. Non doveva continuare a struggersi l'animo a causa di persone che non incontrava da ben quattordici anni. Doveva andare avanti.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro