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47

Serena.

Era così che mi sentivo appena uscii di casa.

Perché ci sono pensieri che gettano l'ancora nella mente finché non diamo loro un posto. Ed io non solo avevo trovato un posto a quelle parole scrivendole a Bryan, avevo trovato anche il mio di posto, accanto a lui.

Il terreno sotto i miei piedi provava a farsi sempre più scivoloso ma ero rimasta in equilibrio guardando i suoi occhi riflettersi nei miei, era bastato questo per far nascere in me la necessità di dirgli cosa provavo.

Serena, come se non avessi lasciato Bryan a casa ma lo stessi portando con me.

E mentre camminavo verso l'agenzia subendo i raggi di un sole spavaldo non pensavo a nient'altro, neanche a cosa avrebbe pensato una volta lette quelle parole. Perché farlo mi aveva restituito la libertà.

«Porca miseria sei di ritorno da una qualche isola tropicale o hai fatto un trattamento lifting di cui non sono al corrente?»

Sorrisi a Carl il quale mi squadrava dalla testa ai piedi con una faccia del tutto inconsueta.

«Tesoro quelle occhiaie iniziavano a preoccuparmi, ora la tua pelle sembra champagne appena versato, sei una favola.»

«In realtà ho dormito solo un paio d'ore.»
Era vero, ma non mi stupiva sapere che anche il mio viso avesse beneficiato della vicinanza di Bryan. Erano state due ore meravigliose, ero riuscita ad addormentarmi per la prima volta senza alcuna difficoltà e mi ero sentita dannatamente tranquilla tra le sue braccia.

Carl impiegò pochissimo ad accentuare il suo sorriso e a simulare uno sguardo del tutto insinuante.

«Ma è risaputo, non conta la quantità quando si ha davanti merce di qualità.»

Feci una smorfia interdetta.
«Carl solo tu potresti definire in tal modo le persone. E comunque lui per me non ha lo stesso valore della merce.»

La mia bocca restò semiaperta appena appresi di essermi cacciata in uno dei suoi trabocchetti senza uscita. Perché non stavo mai zitta? Decisi all'istante di svignarmela.

Sorpassai Carl che mi seguì con aria trionfante.
«Dunque ho fatto centro. Il motivo del tuo volto rilassato è il pezzo di qualità che hai avuto a casa.»

Dovevo evitare Carl o avrei continuato a pensare a Bryan per tutto il resto della mia giornata.

Cercai di accelerare il passo ma i colleghi bloccavano il corridoio già di per sé stretto.

«Riflettendoci bene, certo che per te non ha il valore della merce, ti basta vederlo per andare in iperventilazione e diventare un arcobaleno in viso.»

«Carl stai perdendo il tuo tempo, non dirò una sola parola.»

Gli lanciai un'occhiata minacciosa continuando a camminare e lui stette imperterrito al mio passo.

«Lo so, è difficile per tutti riconoscerlo! Suppongo che per te, che tieni tanto alla tua indipendenza, sia ancora più dura ammettere che ti stai innamorando senza volerlo di Bryan.»

Mi fermai di colpo.

Quella parola non rappresentava assolutamente la situazione in cui mi trovavo.

C'era persino un'elevatissima probabilità che io non fossi in grado di innamorarmi. Come aveva anche solo pensato tutto ciò?

Tutte le paure, compresa quella di non riuscire ad essere giusta per Bryan, mi fecero indietreggiare sino ad incollare le mani proprio come due ventose contro le mura fredde del corridoio.
Guardai attentamente Carl.

«Io non mi sto innamorando di Bryan.»

Volevo apparire più che decisa ai suoi occhi in modo che potesse memorizzare bene quelle parole.

Ma quella frase fu come una battuta da ripetere, una recita, le parole uscirono in fila senza che ne potessi decidere il tono o la velocità.

«Allora non te la prenderai certo se dico che lo vorrei vedere in mutande. Ad intuito direi che è un tipo da colori neutri ma potrebbe avere più di una sorpresa sotto quei pantaloni.»

Scossi la testa in silenzio e fissai le labbra di Carl mentre un qualcosa di simile all'acido risaliva dallo stomaco lungo il mio esofago.

Bryan era decisamente un tipo da colori neutri, tonalità scure e forti come la sua personalità. Ma non volevo che qualcun altro lo vedesse senza i vestiti, o peggio che toccasse il petto contro cui avevo dormito.

«Perfetto, potresti darmi il suo numero, oppure non avrai problemi a darlo a Naomi, lei ne farebbe un uso migliore e in fondo potrebbero inaspettatamente piacersi.»

Quell'affermazione mi fece venire lo stimolo di vomitare.

Aprii bene gli occhi e gli rivolsi un cenno di stizza. Lui, le sue supposizioni e i suoi tentativi di estorcermi sentimenti che non mi appartenevano mi stavano innervosendo.

Dare il numero di Bryan a Naomi? Ma che accidenti stava blaterando?

«Carl», feci un ghigno tracotante «Non accadrà mai. Hai capito? Mai.»

L'idea che Naomi potesse tutto sommato piacere a Bryan mi stava facendo esplodere le tempie. Così mi affrettai ad aggiungere una precisazione velenosa, «E non provare a dire più una cosa simile, non davanti a me.»

Presi un respiro intenso e mi diressi più veloce di quanto già non lo fossi stata verso la sala creativa.

La risata di Carl mi accompagnò finché non entrai chiudendogli la porta in faccia.

«Qualcuno oggi è arrabbiato.»
Mi voltai verso il tavolo incrociando lo sguardo di Naomi, era impegnata a scostare i capelli che le si erano appicciati al lipgloss.
«Perché? Perché?», esclamai fissandola e mi presi fra le mani la testa. Vedevo Bryan ovunque nella stanza, seduto al tavolo, in piedi accanto a quella dannata pianta da appartamento, ma soprattutto al fianco di Naomi.

«Sì credo proprio sia arrabbiata.»
Ribadì Naomi dando una gomitata a Fedor, impassibile come la maggior parte delle volte.

Alzai lo sguardo al cielo, potevo farcela, dovevo solo smettere di viaggiare con la mente. «È tutto okay. Perché non iniziamo subito a lavorare?»

Andammo a sederci e iniziammo a discutere sul nuovo progetto, entro il giro di poche ore dovevamo avere almeno una decina di disegni pronti e uno slogan efficace.

Mi concentrai soltanto sul lavoro, rasserenai me stessa sul fatto che Naomi non avrebbe più tentato di avvicinarsi a Bryan, mi convinsi del fatto che non mi stavo innamorando di lui e soprattutto mi rassegnai all'idea di vedere la sua faccia dappertutto nella stanza.

«Vieni a fare una pausa con noi? Prendiamo qualcosa da bere al distributore.»

«No, vado al piano di sopra a sistemare queste prime cartelle al loro posto.»
Risposi a Naomi e mi diedi da fare nel riordinare il tavolo per la seconda fase del lavoro.

Fiera di aver finito in fretta passai dal bancone di Brenda e percorsi le scale, fu in quel momento che squillò il telefono.

Lo presi dalla tasca e senza leggere il nome lo accostai all'orecchio.
"Pronto?"

"Il messaggio che hai scritto sul foglietto. Che significa?"

Traballai al suono della voce di Bryan e ancora poco convinta allontanai il telefono per accertarmi che fosse suo il nome riportato in alto.

Espirai con forza pensando che si era svegliato più diretto del solito.

Il malloppo di fogli che stringevo sotto il braccio stette per scivolarmi, riuscii ad arrivare in tempo alla scrivania per lasciare cadere le schede.
"Bryan possiamo affrontare l'argomento più tardi?"
"Negativo Micol, niente più tardi."

La mano che reggeva il telefono prese a sudarmi, la sua prepotenza era sempre più sfibrante.

"Allora fingerò di non averlo mai chiesto, ne riparliamo dopo Bryan."

"Sono fuori, mi manchi."
Disse di getto senza aspettare che finissi di parlare.

Avevo lasciato quel messaggio sul tavolino senza ricordare quanto fosse imprevedibile.

Urtai contro la scrivania con un fianco e i miei piedi incrociarono un paio di sedie per arrivare in fretta alla finestra che affacciava ai parcheggi. Imprecai per il dolore e strinsi la mano sul fianco.

Finalmente lo vidi e fu come se stessi respirando ossigeno puro, come se l'aria inspirata fino a quell'istante non fosse stata sufficiente.
"Anche tu mi manchi..." mi morsi le labbra, era così attraente e mi sentivo così fra le nuvole da non voler più scendere. "Ma non posso lasciare l'agenzia", lo guardai dalla finestra sollevando le spalle.

Appena vide la mia sagoma dal basso mise una mano sulla fronte a mo' di visiera e fece un sorriso ammaliante.

"Solo qualche minuto... non costringermi a venire su a prenderti."

Aveva indossato la felpa che gli avevo sistemato al mattino presto. Arricciai il naso agitata, lui mi avrebbe per sempre imbarazzata come una ragazzina al suo primo ballo.

Ed io non avevo mai avuto un ballo con un ragazzo, alcun mazzo di rose, alcun invito ufficiale fuori la porta di casa, niente di tutto ciò.

"No che non lo faresti." Alzai l'indice minacciosa ma il suo sguardo non fece una piega.

Ed è proprio dal suo silenzio e dalle sue sopracciglia aggrottate che compresi che invece sì, l'avrebbe fatto senza remore.

"Bryan mi hanno inserita in un progetto nuovo e non posso proprio..."
Feci un broncio che fissò serio da sotto l'edificio. "A meno che..."

"A meno che?", ripeté velocemente e si voltò verso un signore che sbraitava al suo fianco. Bryan aveva bloccato col suo parcheggio ben tre macchine.

"A meno che non succeda qualcosa."
"Qualcosa del tipo?"
"Non so, qualcosa che impedisca agli altri di vedermi."

Bryan mi lanciò un'occhiata impenetrabile, riattaccò d'un tratto senza darmi una risposta.

Restai con il telefono in mano a fissarlo salire in macchina e spostarsi in un batter d'occhio.

Entrò proprio in quel momento Carl nella stanza.

Guardò la sedia a terra. «Ora litighi con le sedie?»
La risollevò. «Voleva il numero di Bryan così hai deciso di buttarla giù?»

Carl era irreprimibile e scoppiai a ridere.

«Carl bandierina bianca», gettai la spugna e lo abbracciai dispiaciuta per il comportamento che avevo assunto nei suoi confronti. «Ero sincera quando ti ho detto che non mi sto innamorando di Bryan ma al contempo sarei gelosa anche delle sedie. Era qua sotto poco fa.»
«Questo spiega il tuo viso arcobaleno.»
Mi prese in giro toccandomi affettuosamente la testa. Mi staccai da lui.
«È privo di logica, fa tutto ciò che gli passa per la testa.»

Carl rise della mia disperazione ma non ribatté poiché fecero ingresso anche Fedor, Naomi e il resto del team.

«Micol ti stavamo cercando, Fedor ha tirato fuori un titolo per lo spot incredibile, devi assolutamente sentirlo.»

«Sì», risposi e sorrisi a Fedor. Il fatto che non fossi ancora riuscita a farlo ridere mi dava fastidio.

Lasciai che Carl andasse via rivolgendogli un cenno docile.
Misi da parte il cellulare e mi sedetti attorno al tavolo lavorando per altre lunghe ore.

Bryan non mi chiamò più.

Avevamo quasi finito tutto quando la luce del computer si spense assieme a quella dell'intera sala. Gli occhi allarmati di tutti zampillarono come fontane, in un nano secondo scostarono le sedie alzandosi.

«Ma che diavolo sta accadendo?»
Esclamò uno di loro ma era difficile distinguere i volti.

«Restate qui, andrò ad informarmi io.»
Qualcuno rispose lasciando la stanza e appena aprì la porta scoprimmo che era l'intero edificio ad essere senza luce alcuna.

«Naomi alza la serranda.»
Suggerii restando inchiodata alla sedia e sentendo il cuore scalpitarmi nel petto per quel buio che mi faceva sentire sola.

Proprio come quando da piccola mi nascondevo nello scantinato appena tornava mio padre a casa in stato di ebrietà, mi raggomitolavo contro il muro e aspettavo che le sue urla confuse si placassero.

Naomi raggiunse la finestra e alzò la serranda riportandomi al presente. Anche se il cielo non era più promettente un fascio di luce fioca rese più visibile ciò che mi circondava. Sospirai alzandomi e mi diressi anch'io al centro del corridoio dove tutti confabulavano tra di loro avanzando ipotesi su cosa fosse davvero accaduto.

«Dicono sia un problema di fili, ha detto Bruxe che è meglio tornare a casa.»
«A casa?»
Domandai sconcertata al gruppo di ragazzi al mio fianco.
«Sì Micol, le attività non possono proseguire certo così, l'intera struttura è al buio.»
Si avvicinò a me Carl, «Senza elettricità non è possibile utilizzare alcun dispositivo. Spero solo riescano a risolvere presto il blackout e che i dati non vadano persi.»

Annuii perplessa.

Mi affacciai alla balaustra della scalinata della IASFOC e guardai a lungo le torce dei telefoni di tutta l'equipe muoversi confusionariamente. Iniziarono a lasciare l'agenzia, alcuni rallegrati dall'incidente, altri risentiti, altri ancora si fermavano a contestare con Brenda o a prestare il loro aiuto. Cercavano di arrivare a Bruxe ma di lui non vi era neanche l'ombra.

«Guarda qua che roba... l'agenzia al buio», Carl agitò le braccia «Chi lo avrebbe mai detto?»
Disse girando su se stesso, «Tesoro io ne approfitto per incontrare due proprietari» mi salutò infilandosi la giacca color cuoio.
«Vuoi cambiare casa?»
«Sì, cerco un appartamento nelle vicinanze di Robert.»
Gli sorrisi incuriosita.

«Non guardarmi così, non dirò una sola parola Micol.»
Ripeté la stessa formula che utilizzai con lui e ridacchiò. Gli posai un bacio sulla guancia prima che scendesse di corsa le scale, munito come gli altri di torcia.

Mi affacciai di nuovo all'atrio principale, da lì a breve sarei rimasta sola.

Mi chiedevo com'era possibile che una struttura tanto grande e funzionante avesse avuto un simile flop.

Ero totalmente assorta nei miei pensieri fin quando due mani non si posarono sui miei fianchi risalendo rudemente lungo la mia schiena dandomi profondi brividi.

«Pulce» sussurrò Bryan accanto al mio orecchio per poi spostarsi sull'altro. «Guarda cosa hai provocato. Non avrai superato la paura del buio?»

Restai immobile percependo i polsi di Bryan annodarsi attorno alla mia vita. «Ora questo è un segreto nostro», disse a bassa voce contro il mio collo.

Ero totalmente senza parole e sorrisi osservando ancora tutti lasciare in preda al caos l'agenzia.

Quando non risposi le sue mani si strinsero ancora più forte alla mia vita facendomi voltare.

Il suo naso sfiorò il mio, mi immersi nei suoi occhi in quel buio fitto che non mi faceva improvvisamente alcuna paura.

«Sei stato tu?»
Fece spallucce osservando il mio sguardo totalmente perduto nei suoi occhi.

«Come ho detto è un segreto», il suo sorrisetto furbo mi rese certa che centrasse lui con quanto accaduto.

Avvicinò lentamente le labbra per baciarmi ma lo ostacolai ponendo una mano fra di noi.

«Non basterà un segreto, serve una verità Bryan.»
Quando bisbigliai Bryan ascoltò la mia voce con un guizzo di eccitazione rifratto nei suoi occhi.

«Bene», ridacchiò brevemente spingendomi indietro contro la ringhiera e premendo il suo bacino al mio.
«Ieri volevo solo baciarti e mettere le mie mani ovunque sul tuo corpo, non era mia intenzione dormire, non l'ho mai fatto con nessuno, la verità è che tu sei la prima volta.»

Non riuscii a contenere un sorriso che senza chiedere Bryan rubò con un bacio svelto che mi colse di sorpresa.

Generava in me troppe emozioni, sensazioni così tanto vive che ciò che disse per poco non mi fece spuntare le lacrime.

Dopo avermi baciato si leccò le labbra aspettando che anch'io parlassi.

Massaggiai le mani sui suoi fianchi e toccai il bordo dei suoi jeans.
«La verità è che quando ci sei tu ho meno paura del buio.»

Dissi stringendolo e il suo bacio irruente mi trascinò di nuovo tra quelle nuvole fluttuanti.

Ci baciammo in mezzo al buio e al rumore delle porte degli uffici che chiudevano, i flash di chi lasciava l'agenzia.

Non importava se intorno a noi stessero tutti correndo, al centro di quel tumulto c'erano i nostri corpi immobili uniti.

Bryan infilava la sua lingua nella mia bocca esplorandola ed io lo attiravo a me con foga. Ogni volta che le nostre labbra si trovavano non c'era alcun modo di separarle.
«Bryan ascolta...»
Cercai di dire invano perché continuò a baciarmi toccando il mio corpo con passione.
Lo sapevo e lo capivo ogni volta che qualsiasi cosa ci fosse tra di noi era folle da morire, incontrollabile, niente di comune o descrivibile.
«Così non va bene, c'è gente anche se siamo al buio.»

Fece finta di guardarsi intorno ruotando gli occhi che tornarono in men che non si dica su di me. Mi baciò infischiandosene delle mie parole e i suoi palmi entrarono nelle tasche posteriori dei miei jeans. Mi strizzò il sedere. «Stamattina me l'hai portato ingiustamente via.»

Scoppiai a ridere e ridacchiò anche lui mostrandomi la fossetta al lato della bocca.

Lo baciai su quel punto prima che prendesse le mie guance fra le dita e mi mordesse le labbra strappandomi un gemito.
«Andiamo via.»
«Dove?»
Gli domandai respirando convulsamente.
Studiò il mio viso in silenzio ed io ero incantata alle sue labbra.

«Immagino sia anche questo un segreto.»
Dissi e la mia osservazione lo fece sorridere.

Gli sistemai i capelli che gli avevo scompigliato.
«Devo prendere le mie cose.»
Bryan annuì ma non mi lasciò andare.

Passai sotto il suo braccio ma non riuscii ad allontanarlo da me. Si appiccicò alla mia schiena tirando la mia maglietta e mi baciò il collo che mossi estasiata.

Camminando gettai un braccio attorno alla sua nuca e lo attirai a me volendo ancora i suoi baci umidi e caldi.
«Vieni con me fino all'ufficio.»
Mi voltai cercando immediatamente le sue labbra.

Con le mani percorsi la linea della sua schiena sotto la felpa e lo spinsi su di me.
Indietreggiammo baciandoci finché con la coda dell'occhio non mi accorsi di essere nella stanza giusta.

Afferrai la borsa dal tavolo e Bryan mi prese per mano velocizzando i passi.

Mi sollevò stringendo le braccia sotto il mio sedere e scendemmo le scale in quel modo, senza dividere le nostre bocche.

Mi rimise giù quando fummo nell'atrio principale.

Brenda fece luce sui nostri volti.
Risi osservandola «Ciao Brenda.»
Strizzai un occhio nella sua direzione.

Era decisamente confusa, si stava domandando se avesse già visto prima di quell'istante Bryan. Lo riconobbe subito insistendo con la torcia sul suo viso, gli angoli delle sue labbra si sollevarono e la confusione scomparve.

«Bel disegno.»
Disse Bryan sorridendole e camminammo svelti fuori dall'agenzia sghignazzando.

Mi trascinò davanti alla sua jeep e si fermò a guardare i miei occhi.
Non aveva importanza dove mi avrebbe portata, lui aveva importanza, il subbuglio che avevo dentro aveva importanza e l'enorme cielo sulle nostre teste aveva importanza.

Spero vi sia piaciuto il capitolo, mi raccomando fatemelo capire votandolo ⭐️

Il prossimo capitolo purtroppo sarà chilometrico perché accadranno diverse cose e voglio inserirle tutte.

Non vedo l'ora di sistemare e pubblicare il prossimo e grazie di cuore sempre🖤

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