45
Gli occhi di Bryan mi trovarono e lampeggiarono esattamente come un cielo che emette lampi sulla terra.
Si alzò lentamente sistemandosi i jeans neri, sentii il fiato sparire e il cuore roboante.
Stette per afferrarmi ma gli bloccai forte i polsi spalancando gli occhi. «Ciao Bryan!»
Esclamai per poi sigillare le labbra.
Non dire nient'altro davanti a quel viso raro tempestato di nei era una condanna.
Ma non avevo detto nulla a Brianna e volevo aspettare, volevo solo del tempo per spiegarle com'erano andate le cose.
Bryan aggrottò la fronte e abbassò gli occhi sulle mie mani che lo tenevano a distanza.
Guardò sulla sua spalla Anson e Brianna e comprese tutta la mia resistenza, la mia imperturbabilità.
Nonostante avesse il volto contrariato dominò i propri nervi e si avvicinò posandomi un sol bacio sulla guancia.
Sentii sulla mia pelle la barba che stava lasciando spuntare e socchiusi per qualche secondo gli occhi.
Girai lentamente il viso sfiorando le sue labbra aride, bastò quella piccola sensazione ad offuscarmi il cervello.
Gli misi così le mani sulle spalle allontanandolo forte, quasi con disperata necessità.
Malgrado impiegai tanta energia riuscii a spostare Bryan appena. Batté in ritirata mostrando un ghigno presuntuoso e tornò a sedersi.
Incrociai le braccia al petto e cercai di trattenere tutti i miei istinti.
E mentre guardavo il modo in cui i jeans gli bendavano le gambe mi chiesi quanto sarebbe durato quell'autocontrollo e pensai a quello di Bryan che sapevo fosse nettamente inferiore al mio.
Me ne accorgevo da come mi guardava, i suoi occhi non si limitavano ad osservarmi, eccedevano, mi toglievano gli abiti e riuscivano ad annullare le mie insicurezze.
Ed era proprio sul suo autocontrollo che avrei dovuto puntare ed incidere. Dovevo essere io per la prima volta ad avere il pieno controllo su di noi, su di lui.
Così anziché tenermi lontano, come avrebbe immaginato, andai a sedermi proprio al suo fianco.
Fingendo che tutto stesse procedendo nel modo più spontaneo possibile tenni le mani ai fianchi e accavallai le gambe.
Bryan si schiarì la gola e, in risposta a quello stimolo, allargò impaziente le braccia ponendole sulla spalliera del divano, al di sopra della mia testa.
Quel movimento emanò il suo odore paradisiaco, ero certa che le particelle di quel profumo avrebbero fatto a gara per intrappolarsi nel tessuto della sua camicia.
L'idea di affondarci il naso mi lasciò assorta per qualche attimo.
«Micol prendine una», Anson mi offrì una birra invitandomi con un cenno a prenderne una dal tavolino ovale al centro.
Scossi la testa svegliandomi da tutti quei pensieri su Bryan e sul suo dannato profumo.
«Per il momento non mi va, grazie.»
Brianna ne aveva già afferrata una «Ci credo, ieri è andata alla festa del club surfisti, ne avrà bevute in abbondanza, dubito che c'erano bibite che non fossero alcol, alcol e soltanto alcol.»
«A proposito com'è stata?» si intromise Anson. «In genere non parlano bene delle loro feste.»
Deglutii e guardai entrambi negli occhi.
«In realtà c'era anche della limonata.»
Fu l'unica cosa che riuscii a farfugliare perché non ricordavo nulla di quella festa oltre ai litri di limonata che bevvi, ai baci di Bryan tra le onde del mare scuro, alla sua bocca bagnata sulla mia pancia e alla sua mano tra le mie cosce.
Chinai la testa di lato sprofondando di nuovo in quelle nuvole di pensieri che non mi lasciavano.
«Credo proprio si sia divertita... a giudicare dalla faccia rossa direi anche che sia rimasta fino alla fine.»
Bryan irruppe nel discorso e tentai di contare fino a dieci per metabolizzare quanto disse, il problema era che la sua allusione mi fece dimenticare metà dei numeri.
«Già, il sole era decisamente molto forte. All'inizio è stata un vero disastro ma poi la giornata è diventata davvero perfetta.»
«Perfetta?»
Ripetè Bryan compiaciuto.
«Come ho appena detto, perfetta Bryan.»
Avvicinai il mio piede al suo e gli diedi un brusco calcio. Avrebbe dovuto frenarlo ma così non avvenne.
«Allora dev'essere accaduto qualcosa di incancellabile.»
Non lo stava solo affermando, quelle parole le stava sentendo.
Se solo avesse potuto fare un giro dentro me gli sarebbero bastati pochi istanti per cogliere quanto incancellabile era stato per me.
Dovetti staccare gli occhi dalle sue labbra per non mandare a rotoli il mio controllo.
«Sì, incancellabile è la parola giusta.»
Anson e Brianna annuirono convinti e sorrisi pregando tra me e me che non mi chiedessero cosa avessi fatto "fino alla fine" a quella festa.
«State aspettando Josh?» chiese Brianna ad Anson cambiando argomento e ringraziai chiunque fosse stato ad aver accolto le mie preghiere.
«Sì, andremo con una sola macchina, tesoro sai che berrò tanto e non potrò mettermi alla guida.»
Ridacchiò fissando Brianna che scosse rassegnata la testa.
«Perché? Dove andate?»
Domandai rivolgendo un'occhiata svelta a Bryan.
Non sapevo avessero in programma un'uscita, ebbe così senso l'abbigliamento inusuale di Bryan.
«Josh ama il poker di lusso ed è anche piuttosto fortunato, così ci aspetta una serata di sconfitte.»
Quella parola mi sconvolse nell'intervallo di un secondo. Rancore e rabbia si mescolarono e tutti i colori attorno a me furono sostituiti da quel nero profondo e penetrante.
Persino i corpi di Brianna e Anson davanti a me diventarono opachi, privi di luce.
Impallidii come in preda ad un malore e pensare al mio passato era sempre peggio, era come versare del sale su ferite fresche e l'effetto collaterale non era il semplice bruciore. Era molto di più del dolore, era spegnersi e andarsene via assieme a quel buio come un demone che non ha nessun'altra scelta davanti a sé.
Strinsi senza rifletterci il ginocchio di Bryan, «Quindi andrai a giocare anche tu?»
Mi rivolsi ai suoi occhi languidi mentre il cuore mi bombardava il petto.
«Sì.»
Quella era una risposta scontata ma dentro di me aveva vagheggiato, anche se per pochissimo tempo, la speranza che non lo fosse poi del tutto. Mandai giù un groppo sofferente.
Sentii lo sguardo di Anson posarsi sulla mia mano, stava guardando l'anello al mio pollice e un bizzarro istinto mi suggerì che avrebbe potuto riconoscerlo.
Ritrassi la mano dalla gamba di Bryan e Anson accennò un sorriso schivo al quale decisi di non prestare troppa importanza per non destare maggiori sospetti.
«Quindi giocate spesso?», balbettai e mi sporsi in avanti per prendere dal tavolino una birra. Stavo dannatamente male ma come avrei potuto impedire che Bryan andasse a giocare con i suoi amici senza raccontargli del mio passato?
Quando tornai a sedermi la mano fredda di Bryan, intrufolatasi nella mia camicia, mi lisciò la pelle.
Sussultai indossando quella nuova ondata violenta di brividi consapevole che non sarebbe stata l'ultima.
Tossii girandomi a rilento verso di lui.
«Toglila all'istante», mormorai senza muovere le labbra.
Le mie parole gli furono indifferenti perché continuò quel supplizio sorridendo beffardamente.
Voleva farsi vendetta ed era cosciente che quei massaggi mi avrebbero fatto desiderare ancora di più la sua vicinanza.
«Sì spesso, anche se quando giochiamo finiamo col perdere tutto.»
Anson rispose alla mia domanda e quello che disse avrebbe alimentato tutte le mie paure ma concentrarmi in quel momento era complicato poiché le dita di Bryan, ignare del mio avvertimento, scorrevano lungo la mia colonna vertebrale facendomi raddrizzare la schiena.
Non facevo altro che immaginarle in una parte di me ben più nascosta della schiena, laddove le cosce si univano cercando un sollievo che non avrei potuto ricevere.
Bevvi avidamente grandi sorsate di birra ad occhi chiusi e cercai di ridimensionare ciò che stava accadendo ma Bryan era più forte di ogni altra cosa.
Mi staccai dall'orlo della bottiglia e aprii gli occhi, Anson e Brianna mi stavano guardando colpiti.
«Mi era venuta una...», mi si spezzarono le parole perché la mano dello scostumato andò a stringere possessiva il mio fianco. «Un'improvvisa sete!»
Continuai la frase lasciata a metà traendo un sospiro esasperato.
Ingurgitai ancora qualche sorso prima di posare con forza la bottiglia sul tavolino.
Bryan si stiracchiò e il suo risolino perfido giunse alle mie orecchie facendomi ruotare il capo nella sua direzione in un'espressione audace.
Iniziò una sfida all'ultimo duello, occhi contro occhi, benzina e polvere da sparo, il deserto del Kalahari e la gelida Antartide.
E così fingemmo di esser parte di quei discorsi quando in realtà ci eravamo creati una dimensione nostra. Gli altri parlavano e noi ci sfioravamo senza che se ne accorgessero, i nostri corpi si muovevano istintivamente sino ad attaccarsi e le nostre mani si cercavano negli spazi liberi tra di noi.
I nostri sguardi facevano la lotta ma dentro sapevamo entrambi di avere un'intesa cieca, impetuosa, che prima o poi sarebbe esplosa, era solo questione di attimi.
Anson prese per mano Brianna e la tirò su.
«Scusateci signori», disse d'un tratto.
Li seguii con lo sguardo.
Appena si diressero in veranda Bryan mi tirò per il braccio facendomi crollare sul suo corpo.
La mia pancia sopra il suo addome e gli angoli dei nostri visi combaciarono geometricamente perfetti.
«Ciao Bryan?»
Ripetè con voce sconcertata.
Osservai i suoi occhi nervosi e trattenni con difficoltà un sorriso, era talmente confuso da risultare comico.
«Sto perdendo la pazienza Micol. È tutta la sera che mi guardi ma mi hai allontanato, poi sei venuta a sederti fottutamente vicino a me, come se fosse facile averti incollata al mio corpo e non poterti toccare.»
Gli coprii la bocca con una mano perché disse quella frase ad alta voce.
«Per quanto tempo ancora hai intenzione di tenermi a distanza?.»
Nonostante la mia mano soffocasse le sue parole riuscii a comprendere le sue proteste.
«Mi stai rendendo le cose difficili, non ho ancora detto nulla a Brianna, quindi potresti almeno provare a fare il bravo Bryan?», risposi con voce sottile calcando ogni parola con intensità proprio come se stessi spiegando ad un bambino impulsivo le mie ragioni. «È solo per un po'... potresti farlo per me?» strisciai sul suo corpo sino ad indugiare con il naso sul suo viso.
Quel gesto lo addolcì ed eccitò allo stesso tempo.
Lasciai andare la mano scoprendo il suo sorriso irresistibile.
«E cosa le vorresti dire?», guardò le mie labbra e posò le mani attorno ai miei jeans.
«Che ti piace provocarmi perché sai che fatico a resisterti?», mi solleticò i fianchi «Oppure che non fai altro che pensare ai nostri baci?»
Ridacchiai e mi morsi le labbra per non far rumore «Non è vero non penso solo ai nostri baci», esclamai.
«Ah no?», le sue pupille si dilatarono e mi solleticò i fianchi più forte. Mi dimenai ridendo contro i muscoli del suo torace. «Tanto lo so che lo fai, ho visto come eri immersa nei tuoi pensieri prima.»
«Bryan smettila subito» sussurrai e ridere tanto mi fece sentire i crampi all'addome, «Se ci sentono o ci trovano così...»
«Non m'importa.»
Fermò le mani e sfiorò le mie labbra con la punta della sua lingua, bagnandolole appena.
«A me sì», sospirai e la testa mi girò fortissimo per quel gesto.
Ero terrorizzata dal potere del mio cuore, non era un semplice organo, era un ordigno che poteva disinnescare soltanto lui.
Scorsi Anson e Brianna arrivare e mi ritirai velocemente dal corpo di Bryan cadendo fragorosamente all'indietro.
Bryan avrebbe potuto afferrarmi per le braccia ma non lo fece, al contrario ridacchiò di me.
«Micol che ci fai a terra?», rise Brianna.
Lanciai uno sguardo infuriato a Bryan e mi sollevai dal pavimento chiaro, nel farlo strinsi la sua caviglia tatuata fortissimo provocandogli una versaccio di dolore.
«Sono scivolata, questo pavimento è come il ghiaccio.»
Il ghigno sfacciato di Bryan mi diede una strana frenesia.
«Strano, sono piastrelle in ceramica antiscivolo.»
Sentenziò Anson ammiccante e bastò pochissimo per comprendere che sapeva la verità.
Ogni cosa mi tornò chiara alla mente, i suoi sguardi circospetti, i suoi cenni a Bryan, i sorrisi velati e l'idea di portare Brianna in veranda per lasciare me e l'amico da soli.
Sollevai le sopracciglia e annuii lentamente prendendo consapevolezza di tutto.
«Allora sarà caduta della birra», gli risposi e si soffermò divertito sulla faccia di Bryan.
Brianna parlò loro della contesa con Avril Ford e intanto si aggiunse a tutte le altre la paura che potesse varcare quella porta Calvin.
Sarebbe andato anche lui con gli altri a giocare?
Che fine aveva fatto?
Come avrei dovuto comportarmi dopo che mi aveva lasciata sola?
Ma soprattutto ricordai di aver promesso a Bryan quelle parole che tanto desiderava e avevo decisamente poco tempo prima che Josh arrivasse a casa.
«Anson ti spiace se uso il bagno?»
«Non devi chiederlo nemmeno.»
Anson mi sorrise con la sigaretta impigliata tra le labbra e un braccio attorno alle spalle di Brianna.
Sbattei le ciglia in direzione di Bryan, il quale si leccò le labbra alzandosi subito dopo di me.
«Vado a chiamare Josh, ho l'impressione che lo stronzo ci lasci qui.»
Lo sentii esclamare mentre percorrevo il corridoio.
Mi fermai dinnanzi alla prima porta che mi venne davanti e piegai la maniglia per entrare svelta.
Come immaginai mi seguì, dopo pochi secondi lo avvertii alle mie spalle, sentii il rumore della porta e dei suoi passi misurati.
Girò la chiave attaccata alla serratura e fummo rinchiusi in quella stanza stretta e poco arredata, come il resto della casa di Anson.
Mi voltai, sembrava lo stessi vedendo per la prima volta.
«Ora siamo bloccati qua dentro», dissi compiendo qualche passo indietro. Prendere le distanze da lui mi avrebbe aiutata a restare il più cosciente possibile per ancora qualche minuto.
«Hai paura di restare da sola con me?»
Fece un sorriso furbo e si andò ad appoggiare contro una cassettiera in legno piuttosto grande con le gambe divaricate, con le mani ne strinse i bordi con forza mostrando le nocche bianche.
Era perfetto ma sul suo dito mancava l'anello che rendeva invece rilucente la mia mano sottile. Da quando me lo aveva dato non lo avevo tolto neanche un secondo pur consapevole che avrebbero potuto identificarlo.
Feci un sorriso ingannevole e mi avvicinai a lui lentamente.
«No, tutt'altro», dissi a bassa voce «Ci speravo.»
Irrigidì la mascella, lo stavo stupendo e i suoi occhi sembravano pendere dalle mie labbra.
Quando fui davanti a lui posai una mano sulla catenina dorata che portava al collo.
Bryan fece subito cadere gli occhi sulle mie dita che scivolarono in fretta dalla collana ai bottoncini in cima alla sua camicia.
«Sono abituata a vederti in larghe felpe ma ammetto che mi piace questa camicia.»
Gli angoli della sua bocca si sollevarono lievemente e si pizzicò la lingua fra i denti.
«Anche se mi piace vederti nella mia felpa...»
Il suo sguardo si fermò per pochi istanti sui primi bottoni slacciati della mia camicia laddove la scollatura lasciava una parte di petto libera. «Io devo ammettere che mi perderei volentieri sotto la tua camicia.»
Le sue parole tuonarono in ogni angolo del mio corpo. L'imbarazzo mi bloccò ma dovevo assolutamente andare avanti e focalizzarmi sulle parole di Carl, concretizzare il mio obiettivo.
Lui continuò a seguire la mia mano che giocava con i suoi bottoni in modo seducente, accarezzandone i bordi in modo alterno sino a slacciarli.
Gli stava così bene addosso che lo fissai trasognata. Tutti i suoi muscoli erano allenati al punto giusto e tastarli era una trappola che mi invitava a cadere. Andai così dritta al punto.
«E c'è una cosa che vorrei dirti.»
Quando con la punta delle dita indagai al di sotto della camicia toccando il petto nascosto da quel cotone bianco e liscio Bryan inspirò e staccò le mani dalla base del mobile collocandole con intensità sulle mie cosce.
Sorrise a labbra strette, un sorriso del tutto asimmetrico e pieno di tensione. Mi spinse a posizionarmi fra le sue gambe distanziate, «Ti ascolto.»
Lo guardai sostenuta e consapevole che era il momento di mostrarmi convincente più di lui.
Guardai il palo maestro del veliero tatuato sul suo corpo affiorare assieme ad un angolo di vela.
I miei occhi si bloccarono nei suoi, Bryan aveva trattenuto il fiato che liberò appena feci balzare la mano dalla sua camicia al suo viso.
Gli afferrai il mento con validità e lo sollevai nella mia direzione per poi parlare attaccata alla sua bocca, riuscivo a sfiorarla piacevolmente con la mia.
Bryan mi lasciava agire liberamente. Strisciai le nostre labbra ancora un po' facendo andare entrambi in visibilio.
«Mi dispiace, io non ti dirò ciò che vuoi. Ma se le regole del gioco cambiassero...»
Lasciai il suo mento scostandomi velocemente da lui e dalle sue labbra sensuali.
Con la stessa mano con cui avevo toccato la sua pelle mi accarezzai la guancia, scottava, poi delicatamente la gola e la clavicola sentendomi pertinace sotto i suoi occhi adoranti, passionali, mi facevano sentire come trascinata da un intenso vento dal movimento vorticoso.
Bryan andò dietro alla mia mano bramoso, godendosi ogni movimento.
Come colpo decisivo mi piegai sul suo orecchio, in reazione si alzò leggermente dal mobile con il bacino e aumentò l'energia con la quale teneva le sue mani sulle mie gambe, le spostò in vetta ai miei fianchi.
«Una verità l'uno Bryan, ogni volta che ne sveliamo una entrambi possiamo avvicinarci», sussurrai sentendo quella sensazione di spavento che mi provocava le palpitazioni e i morsi nello stomaco.
In modo perfettamente inaspettato mi fece voltare, posai le mani sulle sue gambe reggendomi, la mia schiena premette sul suo petto e rimasi immobile.
Bryan afferrò energicamente la mia coda, «Anche questa fa parte del piano pulce?» chiese a bassa voce, «Ottima mossa.»
«Come fai ad esserne tanto convinto?»
La tirò dolcemente facendomi piegare la testa di lato, avvicinò le labbra all'attaccatura dei miei capelli esattamente dietro l'orecchio.
«Perché so che tenerli slegati davanti al viso ti fa sentire più sicura, soprattutto quando provi imbarazzo.»
Ruotò la mano libera attorno alla mia vita e mi strinse in un abbraccio caldo che mi fece perdere la rotta.
«E sai che ho bisogno di questo tuo profumo», trascinò la punta del naso sul mio collo inalando rumorosamente. «Come un vizio di cui non riesco a disfarmi.»
La mano di Bryan che tirava la mia coda si andò ad unire all'altra. Mi cinse spingendomi ancora di più contro di sé, facendomi sentire tutto il suo corpo compresi i jeans che tendevano in quel punto proibito.
Trasalii sentendomi piccola fra le sue mani, fra le sue braccia, fra le sue gambe, fra le sue parole.
Sorrisi e posai le mani sulle sue, si riscaldarono subito e avrei voluto che quell'abbraccio durasse giorni.
«Hai un talento nella negoziazione», mi posò un bacio sulla nuca «Ma cosa ti farà pensare che accetterò?.»
Fu in quel momento che Bryan fece scivolare improvvisamente via le mani dal mio corpo.
Un gemito di frustrazione lasciò la mia gola.
Riflettei qualche attimo su cosa volevo e su cosa invece non volevo.
E vedere Bryan rientrava nelle cose che desideravo intensamente, con tutta me stessa.
«Ci abbiamo già provato e non siamo in grado di lasciarci andare Bryan.»
Avvicinò il suo sorriso di nuovo al mio collo ma quello che mi diede non fu per niente un bacio dolce, mi bagnò la pelle muovendo la labbra in un modo rovente che mi portò a chiudere gli occhi eccitata.
«Perché non mi fai una rappresentazione delle nuove regole?»
Mossi il collo adattandolo al movimento della sua bocca vorace.
Ritornai in me e mi voltai, ci sfiorammo i volti.
Era il momento di una verità, dovevo fargli capire che avrei seguito le regole se fosse stato necessario ad averlo con me, per me.
«Detesto vederti vicino ad altre donne. Tu mi fai essere gelosa come non lo sono mai stata in tutta la mia vita.»
I suoi occhi luccicarono di un'eccitazione fervente.
«Ora tocca a te», lo incitai.
Restò fisso a guardarmi mentre io fremevo dalla curiosità e dalla voglia di ascoltarlo.
Ma non parlava, qualcosa lo tratteneva.
Mi incupii.
«Pensi sia una una cattiva idea? Ho sbagliato?» gli dissi guardandolo negli occhi, nell'attesa che dicesse qualsiasi cosa pur di distruggere quel silenzio.
Scosse la testa in segno di dissenso.
Chinai lo sguardo dispiaciuta.
Bryan passò il pollice sulle mie labbra.
«Non penso sia una cattiva idea. Penso che ieri appena ho saputo che eri alla festa non sono riuscito a ragionare, quando mi hanno detto di averti vista in moto stretta a Calvin, ho sentito rabbia e poi una stretta al cuore. La verità è che non riesco a spiegarmelo ma vorrei tu fossi soltanto mia Micol.»
Sorrisi timidamente alzando a rilento lo sguardo.
Spinta dall'istinto di sentirlo vicino a me posai la guancia sul suo petto circondandolo con le braccia.
Ascoltai dentro me quella confessione all'infinito, la mia mente aveva registrato la sua voce per non perderla più.
Bryan mi strinse forte come se non volesse che scivolassi mai via dalle sue braccia.
Restammo zitti e uniti in quell'abbraccio per un lungo tempo.
Le parole che mi aveva rivolto erano così importanti per me che tutto il resto non ebbe più valore.
Tranne il poker, il gioco, il mio tormento, e poi il passato, le urla, la sofferenza.
«Devi per forza andare alla serata di poker?»
Tracce di dolore cercarono di prendere il sopravvento sulla mia voce, mi concentrai fortemente affinché non trapelasse quanto mi faceva soffrire l'idea che sarebbe andato a giocare.
Dopo un lungo silenzio, come se Bryan fosse invece riuscito a sentire quelle brevissime scie di dolore dietro le mie parole, mi sollevò mettendomi seduta sul mobile e si posizionò fra le mie gambe.
Afferrò le mie cosce e mi fece strisciare sul legno sino ad aderire al suo corpo.
«Non posso non andare, Josh non lo perdonerebbe, ha riservato da tempo una sala solo per noi.»
«Peccato...»
Dissi accarezzandogli il colletto della camicia e poi il suo addome che si contrasse al tocco.
«Avrei voluto che restassi con me.»
Mi morsi il labbro guardandolo corrucciata.
«Stai utilizzando le tue capacità di seduttrice per rendermi ubbidiente?»
Chiese ammaliato con voce flebile.
«Perché? Credi possa riuscirci?»
Le mie mani dal suo addome scesero nel bordo dei suoi jeans.
Lo sguardo di Bryan balzò immediatamente lì e storse la testa.
«Non farlo Micol, non fare questo gioco rischioso con me.»
Ignorai il suo consiglio che suonò come un invito indeclinabile.
«Potresti andare via prima e venire da me... non ti piace l'idea?»
Chinai il viso sulla sua camicia sbottonata e attaccai le mie labbra al suo petto schiudendole in un bacio che guardò incantato.
Emise un gemito roco.
«Micol non continuare o questo mobile farà molto rumore e te l'ho detto che non m'importa un cazzo se ci scoprono.»
«Ho semplicemente detto che ti vorrei ancora con me.»
Si avvicinò il più possibile posizionando le mani sul mio fondoschiena.
«Perché non lo ripeti guardandomi negli occhi?»
Mi strinse le guance con una mano facendomi sollevare con forza lo sguardo, la mia vista godette delle luci e delle ombre dei suoi occhi.
«Vorrei che restassi con me.»
Appena finii di ripeterlo Bryan si avventò sulle mie labbra baciandomi violentemente, strinsi le mani sul suo collo lasciando che irrompesse con la lingua nella mia bocca.
Quando mi attirò al suo corpo la cassettiera stridette sul pavimento.
Mi era mancato sentire la sua forza, il suo modo di stringermi con decisione.
Le sue mani giunsero sotto la mia camicia, mi toccavano lasciando orme sulla mia pelle nonostante ci fossero i vestiti a proteggermi.
Non sapevo il perché ogni volta lasciavo che accadesse senza fare opposizione, lasciavo che le sue mani mi trovassero, davo libertà a quella sua voglia famelica che mi rendeva complice.
Scostò di qualche centimetro il mio reggiseno e mi strinse i seni.
«Tu mi farai saltare in aria la testa.»
Quando lo disse spinsi il mio corpo ancora più vicino all'orlo della cassettiera per scontrarmi contro il suo bacino.
«Sai che siamo in due.»
Risposi e la sua lingua girò attorno alla mia, lasciai che le mie dita si perdessero fra i suoi capelli mossi.
Continuammo a baciarci staccando di poco le nostre labbra solo per sorridere del rumore che fecero alcuni fumetti di Anson cadendo giù dal mobile.
Quando improvvisamente qualcuno provò più volte a girare la maniglia.
«Bryan sei qui?»
Era la voce di Josh il quale iniziò a dare colpi contro la porta.
«Non possiamo più restare qua dentro», dissi a Bryan ma continuò a baciarmi stringendo le mie cosce.
«Vuoi muoverti cazzo?», sbraitò Josh prima di sghignazzare.
«Bryan», lo richiamai allarmata senza alcun risultato.
Gli posai allora le mani su entrambe le guance e lo allontanai dalle mie labbra che sembrarono già soffrire quel distacco. «Anche io non vorrei smettere di baciarti ma Josh sta urlando, non lo senti?» pispigliai.
La sua impassibilità davanti a quell'evidenza mi fece sorridere.
E cedetti, i suoi occhi erano vernice sulla mia anima bianca e nera e cedetti.
Lo avvicinai a me e la mia bocca assalì la sua ignorando le grida e gli schiamazzi di Josh.
Mandai indietro la testa e lasciai che mi leccasse il collo.
«Ora sul serio Bryan, dobbiamo uscire.»
Dissi guardando il tetto della stanza e fremendo per il movimento della sua lingua.
Si fermò scostandosi e sollevai il collo.
«Sto uscendo cazzo!»
Disse ad alta voce guardando infuriato la porta. Si girò verso di me sospirando frustato.
Sollevai le spalle e Bryan mi posò un bacio sulla fronte agganciandomi nel mentre la camicia, chiudendo tutti i bottoni della parte superiore.
Sorrisi, «Perché lo fai?»
«Perché Josh ti punterà le tette.»
«No che non lo farà Bryan.»
Provai a togliergli le mani ma ebbe la meglio dimenando le sue.
«Pulce basta contestare.»
Fece un mezzo sorriso e mi fece scendere dal mobile abbracciandomi forte.
«Mi dà fastidio starti lontano.»
«Lo so... ma voglio prima dirlo a Brianna.»
Bryan annuì e prima che potesse superarmi lo afferrai per il polso portandolo indietro da me.
Mi guardò con aria interrogativa.
«Non vorrai mica lasciare la stanza così?»
Chiusi anche io, senza interrompere il contatto visivo, i bottoni della sua camicia che era rimasta quasi del tutto aperta.
Quando terminai mi diede un bacio e girò la chiave aprendo la porta.
Percorremmo il corridoio ma non c'era più nessuno.
«Dove sono finiti?»
Dissi e Bryan si guardò intorno.
«Ci aspettano fuori.»
Mi rivolse un cenno, «Questo significa che puoi ancora darmi un bacio.»
Mi prese le mani portandomi con sé in un angolo di muro che separava la cucina dal soggiorno.
«No Bryan, sono qui fuori.»
«Aspetteranno ancora.»
Si accostò lentamente al mio viso facendomi sorridere ma Josh rientrò in casa e trasalimmo.
«Come non detto», disse Bryan e lo fissò minaccioso.
Superai Bryan ridendo della sua espressione.
«Che ha da guardare così?»
«Penso ce l'abbia con te», ridacchiai rispondendo a Josh e svincolai fuori.
Brianna suonò il clacson e mi fece segno di raggiungerla in strada.
Mi voltai ma non vidi Bryan ancora uscire.
E fu come se il mio cuore si stesse aggrappando a quella casa, dove avevo lasciato il suo viso.
Perché sarebbe andato a giocare a poker ed io non stavo facendo nulla per salvarlo. Stavo consentendo al gioco, ancora una volta, anche se per una sera, di allontanare ciò che più era importante per me.
Buonasera ecco come promesso il capitolo 🖤😍
Che ne pensate? ⭐️
Leggo i vostri commenti sempre, grazie di seguire la storia. È troppo importante per me il vostro supporto.
Ps: se vi va di commentare il capitolo scrivetemi su Instagram, per chi non lo sapesse la pagina è "assirensanz"
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