41
Non riuscii a rilassarmi, non riuscii a non pensarci, non riuscii a sentirmi bene nel mio letto e non riuscii a chiudere occhio. La notte sembrava prendersi gioco di me, ogni qualvolta controllavo la sveglia erano passati al massimo dieci minuti.
Così, quando mi svegliai la mattina mi ritrovai due cerchi neri attorno agli occhi ai quali si aggiunse un brufolo rosso sulla guancia.
Non vi prestai troppa attenzione. Non mi era mai importato niente delle imperfezioni, avevo sempre cercato di migliorare quello che avevo dentro. Preferivo sentirmi l'anima leggera, preservarla dal marcio che mi attorniava.
Pensai che Bryan mi avesse vista in qualsiasi momento, in pessime condizioni e con le borse sotto agli occhi. Non mi aveva mai giudicata, sin dal principio.
Io con i giudizi ci avevo vissuto tutta la vita.
Venivo spesso derisa per le mie gambe lunghe, per i miei denti grandi, per il modo convulsivo in cui mordevo le unghie, per i miei silenzi. Mi giudicavano senza sapere. Ero quella che stava in disparte, la problematica, quella che aveva perso la mamma e di conseguenza quella da commiserare.
Le persone inquinavano con il loro fiato denso di attacchi l'aria che cercavo di respirare e che presto mi intossicò. Non sapevano fossi una bambina infelice e che il primo pensiero tornata a casa fosse dove potermi nascondere. Chi non soffre riesce a vedere chi soffre ma non a capirlo. Ed io non ero mai stata capita, per questo ero attratta dal mondo esterno, dal cielo, dal mare, dai fiori e per questo rifiutavo le persone.
Il telefono squillò e smisi di guardarmi allo specchio.
Corsi in camera con un pugno in pieno stomaco perché era facile immaginare quel nome illuminare il display del cellulare.
"Buongiorno donzella!"
Spalancai gli occhi totalmente confusa. Se avessi riattaccato improvvisamente avrei solo rimandato il mio problema.
"Buongiorno Calvin!"
Risposi con voce incerta, incapace di prendere la decisione giusta, perché io non ne avevo la più pallida idea di quale fosse la decisione da prendere.
"Hai riposato bene? Oggi non sono ammessi sbadigli"
Lui rise ed io pensai alla nottataccia passata.
"Ho avuto notti migliori!"
Si rivolse a qualcuno.
"Non lì cazzo Timmy te l'avevo detto"
"Calvin?"
Non feci in tempo a dire nient'altro perché mi liquidò rapidamente.
"Dolcezza devo staccare, volevo dirti che passerò a prenderti in moto come promesso dopo pranzo. A più tardi"
"Aspetta Calvin"
Parlai a vuoto, Calvin aveva già riattaccato.
Crollai sul divano coprendomi disperatamente con le mani gli occhi sino a vedere tutto nero, immaginando di tornare indietro di qualche ora e cadere in un sonno molto profondo.
Bryan era stato chiaro, se fossi andata alla festa Grilson non avrebbe più ripreso a lavorare con lui.
Ma nonostante mi sentissi paurosamente in colpa per quanto accaduto quel giorno, non mi sarei comportata come una rammollita, non avrei seguito le parole di Bryan e non avrei fatto come sperava che facessi.
E non perché non volessi dargliela vinta ma perché trovavo folle il suo ricatto.
Nessuno poteva darmi ordini.
Libera, indipendente e autosufficiente.
Non dovevo dimenticarlo, era tutto ciò che volevo essere.
Mi sarei battuta per mantenermi in equilibrio pur rassegnandomi del fatto che Bryan influisse senza volerlo su di me.
Arrivai per la prima volta in anticipo a lavoro e trascorsi il mio tempo in silenzio evitando qualsiasi dialogo e inconvenienti. Finii prima del previsto il mio turno e chiesi aiuto alla persona più adatta a quel tipo di emergenza, Brianna Thorne.
Apparve quasi contrariata, non era del tutto d'accordo con la mia scelta di andare alla festa.
«Quindi non lo stai facendo per Bryan?»
«Certo che no.»
Risposi recuperando dal letto il bikini marrone che mi stava dando in prestito, lo avrei tenuto tutto il tempo nascosto sotto un vestito bianco svasato che si allacciava sulla schiena lasciandola per metà scoperta.
«Perché lo chiedi?» indagai.
Brianna sollevò le spalle, «Non so, trovo strano che tu abbia accettato senza esitazioni di andare ad una festa di questo tipo! A meno che... hai nuove intenzioni con Calvin?»
Toccai il costume decisamente striminzito ed evitai lo sguardo di Brianna finché fui in grado di farlo.
«Sarà una giornata tranquilla, una sorta di post premiazione!»
«Micol quelli del club surfisti non sanno cosa sia la tranquillità e quando sono insieme si comportano come cinghiali selvatici. Ecco perché non hanno mai messo piede alle mie feste, vanno sempre oltre i margini.»
Si distese a pancia in giù sul mio letto e arcuò le sopracciglia scaltramente, «Hey non hai ancora risposto alla mia domanda.»
«Non provo nulla per Calvin, sai che lo trovo solo molto premuroso, lui mi mette allegria, non c'è nessuna nuova intenzione!», affermai pizzicandomi la lingua coi denti perché la mia mente era rimasta connessa agli occhi di un'altra persona.
Brianna mi sorrise «Ovvio che non provi niente, sei pazza di Bryan.»
Nominò esattamente quella persona e, come se qualcuno mi avesse afferrato con forza le spalle, mi voltai subito a guardarla.
«Ma che idiozia è mai questa Brianna!»
Strepitai per poi iniziare a ridere nervosamente «Non facciamo altro che litigare e respingerci.»
«Ma continuate comunque a divorarvi con gli occhi come se vorreste spogliarvi all'istante, come se vi apparteneste... lo fate anche in presenza di altri.»
Avevo il respiro sospeso e il cuore in un continuo lamento.
«Non è vero, non facciamo niente di tutto questo.»
Brianna storse il muso ancora insicura.
«Micol se andassi alla festa solo per rancore o ripicca lo allontaneresti probabilmente per sempre, Bryan odia questo genere di azioni.
Ma voglio crederti, lui non ti piace, ho capito!»
Dovevo concentrarmi e pensare a ciò che di lui non mi piaceva. Pensai ai suoi lunghi silenzi, ai suoi ricatti e alle sue sfide, alla sua insolenza e sfacciataggine, a quando mi diede dell'infantile per alcuni miei comportamenti e finalmente riesumai la rabbia dentro me.
«Se odia questo genere di azioni significa che ama che le persone che seguono le sue decisioni come mummie o peggio come chi non ha un cervello e un cuore. Io non sono una mummia Brianna e ho ancora tutti quanti gli organi.»
Spiegai d'un fiato lasciandola a bocca aperta e ancora più confusa.
«Perché mai dovresti esserlo? In fondo hai appena detto che non non c'è niente di importante e che siete solo in grado di litigare.»
«Già, l'ho detto perché voglio andare a quella festa con Calvin e non voglio parlare più di Bryan. Perché ne stiamo ancora parlando?»
«È solo che nessuno lo ha mai visto cambiare, persino io, e ci piacerebbe che restasse così. Ma hai ragione ora è meglio non parlarne più, a breve verrà Calvin.»
«Così come?», tutte le mie emozioni avverse dopo quella frase si placarono e fui in un secondo attirata.
Brianna fece un sorriso supponente.
«Così presente con tutti... da quando ci sei tu! Non ti perde mai di vista e gli dà fastidio che si parli di te quando siamo con gli altri.»
Accolsi quelle riflessioni con gli occhi lucidi, avevo la folle paura di illudermi ancora.
Perché le persone che riescono a toccarci l'anima sono sempre quelle sbagliate?
«Perché non mi sopporta è chiaro.»
«Merda allora voglio che anche Anson non mi sopporti.»
Ridacchiò e sorrisi anche io fissandola stirarsi sul letto.
«Che fai non lo indossi?»
Disse riferendosi al costume.
Lo infilai e confermai l'idea di non spogliarmi per nessun motivo al mondo.
«Micol sei un fottuto schianto con questo addosso, e poi il marrone con la tua pelle avorio e i tuoi capelli biondi ti dona.»
«Peccato sia microscopico sul mio corpo.»
«Ma puoi permettertelo, di cosa ti vergogni? Faresti invidia a chiunque, gli uomini potrebbero svenire.»
Annuii guardandomi alle specchio, il pezzo di sotto aveva dei lacci lunghi che mi sfioravano le cosce e il triangolo superiore era quasi insignificante, copriva pochissimo il seno e non era foderato. Dannazione, ero in California e non avevo ancora comprato un costume.
Tutto sommato non dovevo preoccuparmi troppo, nessuno l'avrebbe visto.
E quanto a Bryan, molto probabilmente non l'avrebbe neanche saputo della mia presenza alla festa.
I miei pensieri ritornarono su di lui e su ciò che disse Brianna poco prima.
«E ad ogni modo» dissi timidamente osservandola attraverso lo specchio «Lui è legato a Lara.»
Rimosse i cuscini da sotto il corpo e si mise a sedere «Bryan non vede più Lara... credevo lo sapessi. Anson dice che hanno definitivamente rotto ma non me ne ha spiegato i motivi nonostante insistessi.»
Tutto il mio corpo si irrigidì.
Restai qualche minuto come un sasso davanti ai suoi occhi. Tra Bryan e Lara non c'era più alcuna relazione speciale, ed io avevo continuato a creare congetture, a credere che non avrebbe mai rinunciato a lei.
Non gliel'avevo mai chiesto, era la domanda che più temevo e non avevo mai avuto il coraggio di rigettarla nonostante risalisse per la gola ogni volta che lo vedevo.
Immaginai di mandare al diavolo la festa, di correre da Bryan e di fargli tutte le domande che mi balenavano in mente ma un sms di Calvin mi informava che fosse sotto casa.
«Merda è sotto.»
Brianna alzò gli occhi al cielo ed io indossai le scarpe da tennis in fretta.
La salutai e corsi sotto.
Nonostante provassi un vuoto dentro nel sapere che non sentisse più Lara, Bryan mi aveva ricattata perché non voleva andassi alla festa e non dovevo dimenticarlo.
Calvin non era sceso dalla moto, si reggeva sulle punte. Aveva addosso una camicia rossa per metà sbottonata con delle palme bianche stampate di sopra.
Mi sentii improvvisamente agitata sia perché non avevo mai fatto nulla del genere sia perché stavo disubbidendo a Bryan.
Ruggì con il motore e mi rivolse un cenno ammaliante guardandomi per intero.
«Ci sei mancata donzella.» sorrise.
«Questa non è la moto di Josh!»
Gli chiesi ricordandomi che la precedente Harley con cui venne a prendermi fosse diversa.
«No, stavolta il drago è il mio. Monta su.»
Indossai il casco che mi porse e salii sulla moto.
«Hai il costume sotto, non sei davvero venuta in biancheria vero?»
«Calvin certo che ho il costume.»
«Un vero peccato», scosse la testa da sotto il casco. Gli diedi un pugno leggero sulla spalla e diede gas.
Agganciai le braccia al suo corpo e chinai la testa, quando accelerava mi sentivo inafferrabile, come se riuscissi a fondermi con il vento. Scostai la testa dalla schiena di Calvin e la mandai indietro, chiusi gli occhi ridendo come una bambina.
Calvin andò sempre più veloce per una strada solitaria e quel giro in moto durò pochissimo.
«Dobbiamo scendere», Calvin mi sistemò le punte dei capelli intricatesi.
Per raggiungere la spiaggia dovevamo scendere lungo una piccola montagna ricoperta da erba.
«D'accordo.»
«Attenta a non scivolare, puoi tenerti da me se vuoi.»
Annuii e lui mi guardò intensamente.
Stetti dietro Calvin che invece procedeva spedito conoscendo a memoria la strada. La percorremmo in poco tempo quando tolsi le sneakers e unii i lacci in un nodo così da portarle a mano.
Camminai sulla sabbia calda e morbida, quella sensazione mi piaceva da impazzire.
Calvin mi prese per mano e mi condusse lungo una passerella bianca in legno.
La musica diveniva sempre più forte ad ogni passo. Quando fummo nel bel mezzo della spiaggia i miei occhi si spalancarono come fari.
Mi fermai sentendo il cuore impazzire.
«Wow!», esclamai.
Era colmo di ragazzi che ballavano a ritmo, saltavano sulla sabbia dorata, bevevano, si baciavano e alcuni stanchi crollavano sulla terra ma continuavano ad alzare le mani al cielo.
Delle travi in legno delimitavano lo spazio e attaccati ad esse palloncini rossi e bianchi svolazzavano.
«Sono i colori del club.»
Mi informò Calvin che aveva fissato tutto il tempo la mia reazione.
Gli sorrisi continuando a camminare al suo fianco.
«Lo sapevo!»
Disse ad un tratto ridacchiando e strizzando l'occhio verso tre ragazzi che ci vennero incontro.
Ci accerchiarono, erano tutti a torso nudo ed esibivano i loro fisici atletici. Guardai Calvin sperando che salvasse entrambi da quella situazione ma lui sembrava totalmente distratto.
Uno di loro aveva un cappello da pescatore nero e mi girò attorno studiandomi. Gli rivolsi un'occhiata truce.
«Il nostro Calvin gareggia sempre con tavole di lusso.»
Schiusi gli occhi non comprendendo se si stesse riferendo a me e dunque se mi stesse seriamente paragonando ad una tavola da surf.
«E dai Luke così la terrorizzi.»
Gli disse il biondo baffuto e Luke mi soffiò in viso. Era ripugnante.
Allungai una mano intenzionata a spingerlo via bruscamente ma si posizionò davanti a me.
«Hai un bel tail ma dovrei fare un salto per valutare la qualità del materiale.»
Affermò con una voce scura e capii soltanto in parte ciò che disse.
Gli altri ragazzi risero, compreso Calvin, li osservai confusa.
«Il tail è la poppa della tavola quindi il culo e sai non si può certo dar torto a Luke, ha un occhio esperto per certe cose» intervenne il più scuro dei tre.
Era del mio didietro che si stava parlando?
«E comunque io sono Timmy», ammiccò.
Lasciai la mano di Calvin sentendo la mia sudare e mi avvicinai minacciosa a Luke.
«Grazie del complimento, vorrei poter dire lo stesso di te ma non solo non vedo la poppa, non vedo neanche la prua.»
Sollevai teatralmente le spalle e feci scendere gli occhi sul suo costume a scacchi.
Lui fece un largo sorriso di autocompiacimento, non si sentì offeso bensì fronteggiato e gli piacque.
Gli amici scoppiarono a ridere e Calvin mi mise un braccio sulle spalle. Perché non diceva nulla?
«Luke sappiamo tutti che hai la lingua più lunga del tuo uccello, non ci meraviglia che l'abbia notato anche la ragazzina.»
Disse Timmy.
«Che grinta, ce la volevi ancora tenere nascosta? Non condividiamo più?»
Esclamò qualcun altro fra loro ma non guardai in faccia nessuno.
Avevo lo sguardo rivolto sulla sabbia che mi copriva i piedi riscaldandomi.
Raccolsi le mani contro al petto sentendomi osservata da capo a piedi, soprattutto da quel Luke che non aveva ancora distolto lo sguardo dal mio viso.
Calvin abbassò sfuggente gli occhi su di me e si rivolse ai ragazzi «Adesso basta e sparite per un po' stronzi» ridacchiò ma non trovai nulla di divertente in quello scambio di battute.
Scossi le spalle liberandomi dai tentativi di Calvin di cingermi nuovamente.
Mi feci da parte camminando e lui mi seguì.
Gli amici gli dissero qualcosa motteggiandolo e sghignazzando.
«Hey non te la sarai presa?»
Mi bloccò la strada e mise una mano sotto il mio mento incitandomi a guardalo.
«Perché stavi in silenzio? Gli hai permesso di dire tutte quelle cose.»
Bryan non avrebbe concesso nulla di simile a nessuno ma evitai di dirlo. Avrei voluto evitare anche di pensare a come avrebbe reagito lui. E a lui. Era una cavolo di ossessione.
«Loro sono così, fanno un po' i buffoni ma non intendono offendere nessuno. Te li avrei presentati in un'altra occasione ma non ci siamo visti in questi giorni.»
Lo guardai in silenzio.
Non ci eravamo visti e lui non sapeva che fossi stata impegnata con Bryan per tutto il tempo.
Mi accarezzò una guancia con le nocche calde «Andiamo a prendere qualcosa di fresco da bere?»
Cercai di sorvolare sopra quella faccenda e assentii sollevando le labbra in un sorriso.
Calvin fu fermato da tutte le persone che erano alla festa, gli uomini gli battevano la mano o il pugno e le donne gli lasciavano baci con fervore. In tutte le occasioni mi tenni leggermente da parte, non volevo che le ragazze pensassero che fossi la sua fidanzata.
Ci avvicinammo ad un tavolo enorme in legno bianco, sopra vi era una scelta infinita di alcol. Casse di birre, bottiglie di vino, vodka di qualsiasi gusto.
«Non c'è niente di analcolico?»
Gli chiesi avvicinandomi al suo orecchio in modo che riuscisse a sentirmi.
Si voltò lentamente «Dovrebbe esserci una limonata da qualche parte.»
Rispose e cercò di individuarla sul tavolo.
«Eccola» esclamò indicandomi un recipiente di forma circolare dal quale fuoriusciva un mestolo d'acciaio.
Calvin mi riempì un bicchiere includendo anche le fette di limone e il ghiaccio.
Me lo porse gentilmente e gli sorrisi.
«Grazie!»
Non mi permise di afferrare il bicchiere, lo allontanò e chiuse un occhio «Donzella sai come voglio esser ringraziato.»
Mi porse la guancia avvicinandosi a me.
Sospirai rassegnata e mi accostai al punto da stampargli un bacio sulla guancia.
In modo repentino mi tenne ferma e mi sfiorò le labbra con le sue. Percepii il suo respiro e i suoi occhi mi guardarono adoranti.
Ma poi, con la stessa velocità, deviò la direzione posandomi un bacio lento sull'angolo della bocca.
Il cuore mi balzò nel petto, credevo seriamente avesse provato a baciarmi. Era andata così?
Se solo si fosse avvicinato di più le sue labbra avrebbero toccato inevitabilmente le mie.
Sgranai gli occhi al pensiero e lui rise a crepapelle.
«Non senza il tuo consenso!»
«Che non arriverà», lo canzonai rubando dalla sua mano la limonata.
«Donzella ti ho già ripetuto quanto io ami la velocità, con te sto sperimentando nuove situazioni e sai potrei persino aspettare.»
I suoi occhi speranzosi mi fecero sorridere e mi accorsi della presenza dei suoi amici, erano poco distanti da noi e muovevano la testa seguendo la musica.
Ci fissavano furtivamente e Luke insistette con lo sguardo su Calvin.
Si avvicinarono spingendo le persone a loro vicine.
«Non per rovinarti il festino privato» disse Luke a Calvin rivolgendomi un fuggitivo cenno, «Ma abbiamo bisogno di te fratello, sei il più sobrio e devi blaterare qualcosa per quella cazzo di intervista con la giornalista accanita, te la ricordi vero?.»
Fece un sorriso malizioso seguito da un risolino.
Calvin lo guardò non del tutto convinto «L'abbiamo rimandata a domani.»
«No è ora, diteglielo anche voi ragazzi.»
Luke diede due gomitate agli altri che annuirono seri in volto.
«Sono più che sicuro di ciò che sto dicendo.»
Insistette Calvin.
Luke abbassò la testa e ruotò gli occhi nella mia direzione, continuai a fissarlo con lo stesso sdegno.
Timmy avanzò e disse qualcosa a Calvin nell'orecchio.
A quel punto Calvin mi fissò e, come se non riuscisse a trovare le parole più adatte, aprì e chiuse le labbra più volte.
«Micol è un impegno urgente, si tratta di un'intervista importante per il club. Tu bevi qualcosa, voglio che ti diverti.»
Mi incupii e distolsi gli occhi da lui.
«Io tornerò qui appena mi libererò!»
«D'accordo.»
Risposi e feci qualche passo indietro, non volevo che l'unica persona che conoscevo andasse via.
«Non posso venire anche io? Starò assolutamente in disparte durante l'intervista.»
Mi voltai incrociando le espressioni divertite degli amici.
Calvin sorrise «No mi spiace... ma prometto che dopo non ci sarà più alcun intoppo tra noi.»
Annuii muovendo lentamente la testa e aspettai che se ne andassero per alzare gli occhi al cielo e strofinare i piedi nella terra con rabbia.
Quando dirottai lo sguardo sul mare intravidi gruppi di ragazzi bagnarsi a vicenda con divertimento e coppie esibirsi alla riva.
Io invece ero rimasta sola con la mia limonata.
Mi riempii il bicchiere sino all'orlo, la conca era ancora integra, ero probabilmente l'unica alla festa a non bere alcol.
Dopo quasi un'ora decisi di andare a fare due passi.
Raggiunsi la riva e camminai guardando la schiuma delle onde solleticarmi i piedi, era così bello che arrivai presto lontanissimo.
L'altra parte della baia era deserta, la sabbia era perfetta perché le uniche orme presenti erano quelle che stavo lasciando io e che venivano cancellate in fretta dalla spinta dell'acqua.
Finii la limonata e pensai di dover tornare indietro, mi chiesi se la festa fosse finita e se Calvin mi stesse cercando.
Impiegai molto tempo a tornare, forse perché una parte di me non voleva ritrovarsi di nuovo in quel trambusto.
Calvin non era lì ed ebbi l'impressione che fosse arrivata altra gente.
Sospirai e andai a gettare il bicchiere nel bidone.
Calvin mi aveva chiesto di accompagnarlo ma mi aveva anche, al primo richiamo degli amici, lasciata sola. Non avevo alcun passaggio di ritorno a casa e quell'attesa mi stava snervando.
«Ti va di ballare con noi?»
Mi chiese un ragazzo che stringeva una donna a sé, scossi la testa e mi allontanai cercando pace al tavolo delle bevande. Proprio dove mi aveva piantata Calvin.
Sapete, la persona che ho perso era quella che più incoraggiava i miei sogni, quando scrivo penso molto a lei.
Grazie del supporto e dei messaggi, se vi piace il capitolo mi raccomando votatelo ⭐️
E soprattutto scorrete avanti perché come ho già detto, c'è dell' imperdibile..........
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