Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

40

Agenzia fredda, mente poco lucida, fame di risposte e un cuore aritmico.

Stavo attuando il mio piano di sopravvivenza, resistere ad una giornata come quella, fingere che Bryan non fosse mai venuto a casa mia e comportarmi come se non avessi pensato tutto il tempo alle sue parole o al suo petto caldo.

"Dimentico delle mie ferite"
"Dimentico di essere me stesso"

Bryan stava cercando di dirmi qualcosa ma quei baci e quel contatto mi avevano disconnessa.

Quello scrigno, che ai miei occhi si era sempre mostrato tanto proibito, si era schiuso anche se per un arco di tempo piuttosto limitato. Bryan l'aveva fatto. Me l'aveva detto, con parole diverse ma me l'aveva detto che non si trattava solo di vincere una stupida sfida, un gioco.

Bastava osservare un punto qualsiasi nella stanza per riportarmi sul mio divano e rivivevo ogni singolo momento. E quando pensavo al volto di Bryan prima dolce, triste e poi allegro, teso, sorridevo senza volerlo. Così come quando immaginavo i suoi occhi scrutatori e poi malinconici, il suo collo che avevo baciato. Mi agitai e mi accorsi che stavo sudando.

«Se non ti conoscessi ti darei della rimbambita.»

Non mi interessava chi mi stesse rivolgendo la parola, non potevo lasciare quei ricordi perché riprenderne il punto sarebbe stato difficile.

«Rettifico, oggi sei più rimbambita che mai.»

Tutti i nei di Bryan, che nella mia testa davano vita ad uno scenario celestiale, si trasformarono nelle punte delle matite che avevo un giorno prima premuto per rabbia su un foglio.

Scattai come se mi fossi distanziata da una vita parallela, che potevo vivere soltanto io e soltanto quando essa me ne dava l'accesso.
«Carl? dicevi?»
Alzò entrambe la sopracciglia con fare indagatore, «Dicevo che oggi sembri una statua. Mi chiedevo se stessi respirando o meno.»

«Impossibile, sono qui. Le statue invece stanno nei musei... almeno questo è quanto ha avuto modo di dirmi Kolligan. Ma oggi Carl attuerò la prima parte della mia dolce e silenziosa vendetta.»
La sua faccia si tramutò rapidamente e scoppiò a ridere.
«La prima parte? Interessante, continua.»
«Sì la prima parte, penso che la chiamerò elabora e disturba.»
«E cosa dovresti elaborare e disturbare?»
Mi alzai dalla sedia nella quale ero rimasta affossata per un paio d'ore.

«Carl sembri tu adesso la statua dei due, non cosa ma chi. Disturberò il coleottero, mi sembra ovvio. Io sono la foglia che sta tentando di disintegrare ma sono pronta ad impedirglielo.»

Carl non mi rispose e il suo viso tutto d'un tratto divenne sbalordito.

«Carl?»
Agitai una mano davanti ai suoi occhi per assicurarmi che non gli fosse accaduto niente.

Si avvicinò a me facendo piccoli passi e mi scostò i capelli lasciandoli scivolare sulle mie spalle. Poi mi guardò il collo, si abbassò gli occhiali sulla punta del naso e dilatò gli occhi.

«Che c'è?» ridacchiai, «Ora ti stai comportando in modo davvero strano Carl.»

Senza ancora dire nulla raccolse il suo cellulare dalla lunga scrivania e lo posizionò davanti al mio collo. «Non muoverti!»
Mi scattò una foto.

Lo girò rapidamente cosicché potessi vedere anche io.
Sbiancai davanti quella foto.
Un piccolo livido dai bordi irregolari risaltava sul mio collo bianco.

Carl mi stava guardando furbamente ma non potevo staccare lo sguardo da quell'immagine.

Mi toccai il collo non sentendo alcun dolore e alcun rilievo. Non poteva esser il mio collo quello.
«Oh Dio. Non è vero.»
«Già, oh Dio. Sì che è vero Micol.»
Ripetette Carl e ci osservammo perplessi.
«Che diavolo è questo?», dissi fuori controllo.

«Bambolina dovresti dirlo tu a me.»

«Smettila subito di guardarlo, anzi smettiamola entrambi» dissi abbassando il cellulare ma dopo pochi istanti lo risollevai piazzandomelo davanti agli occhi, increduli e preoccupati «È una bruciatura... credo.»

«Beh dipende dai punti di vista, certo se le sue labbra bruciavano potremmo considerarla una bruciatura.»

Carl era divertito e pensai che non mi avrebbe lasciata più un solo momento se non avessi raccontato dei baci che mi ero scambiata con Bryan.

Le parole mi morirono in gola.

«Bruciatura, succhiotto, morso dell'amore, resta comunque un bel segno sul tuo collo tesoro. È praticamente impossibile non notarlo.»

Mi guardai riflessa nel cellulare presa dal panico. Ero balzata come ogni mattina dal letto in ritardo, ma come avevo potuto non accorgermene?

Carl aveva ragione. Era così rosso e così visibile che i capelli non l'avrebbero nascosto, se avessi compiuto anche soltanto leggeri movimenti del collo si sarebbe inevitabilmente visto.

Era un tale problema.
Un tale disastro.
Un tale assillo.
Un tale Bryan.

«Allora quando è successo? Stamattina? Stanotte? Ieri?»

Emisi un gridolino di disperazione, «Non è successo niente. Dammi subito la tua sciarpa Carl ti prego.»

Incrociò le braccia non del tutto convinto a concedermela.

«Niente sciarpa, niente racconto.»
Lo intimai.

«E va bene, tieni.»
Si convinse acciuffandola dall'appendiabiti accanto alla porta, «È puro cashmere Micol, prova a perderla e ti darò il tormento.»

L'afferrai avvolgendola attorno al mio collo, compiendo due giri.

Feci un profondo respiro.
«Io non riesco a capire.»
Riflettei ad alta voce.
«Cosa c'è da capire? Voleva che lo ricordassi.»

"Fare in modo che valga la pena di ricordare questo momento."

Carl mi fece venire in mente ciò che Bryan disse. La rabbia iniziò a scorrere in ogni organo, i polmoni si attivarono freneticamente, il cuore pulsò fortissimo e il cervello mi implorò di spegnerlo.

«Non un'altra supposizione.» Lo avvertii osservando i suoi occhi gagliardi «Non hai del lavoro da svolgere? O qualcosa di più interessante a cui pensare?»
Mi guardò riflessivo e scosse la testa «In effetti no, niente di meglio.»

Sbruffai lasciando la stanza e quel livido persistette nella mia testa come una vera ossessione.

Anche se il tempo passava, non riuscivo a credere che Bryan mi avesse baciata tanto forte da lasciarmi quel segno.

Ma soprattutto, perché diamine a tratti mi veniva da sorridere al pensiero?
Stavo diventando forse sadica o ero rimbambita come diceva Carl? O peggio, mi stavo solidificando diventando una statua e Bryan avrebbe scelto il luogo in cui posizionarmi?

Aprii la casella dei messaggi sul telefono nervosa e ne digitai uno proprio per lui.

"Restando in tema di imprevisti. D'ora in poi farai meglio a starmi alla larga."

Dopo quella minaccia vibrò il cellulare perché la sua risposta fu tempestiva.

"Oggi ti sei svegliata felice, mi fa piacere sapere che già ti manco."

Se l'avessi avuto davanti a me quell'arrogante l'avrei strangolato seduta stante.

Abbassai la sciarpa nera di Carl sufficientemente da permettermi di scattare una foto ove si vedesse bene il morso divenuto violaceo.

La inoltrai a Bryan scrivendo qualche parola che gli facesse anche solo intuire la mia rabbia.

"L'unica cosa che mi manca è la mia vita tranquilla prima che conoscessi un vampiro pieno di sé e insopportabile."

Non fui soddisfatta così aggiunsi qualcosina.

"Come hai potuto? Ho dovuto chiedere una sciarpa."

E ancora...

"Stronzo."

Quando lo mandai mi guardai intorno temendo che qualcuno avesse potuto notare quel sorrisetto che mi stava dando ancora più nervoso del gesto di Bryan.

Mi metteva nelle condizioni di prendermela persino con me stessa per le mie reazioni.

E mentre compivo esercizi di respirazione nel bel mezzo del corridoio cercai di focalizzare le mie energie sulla vendetta che attendeva Kolligan.

Qual era il punto di forza del mio bersaglio?
Il freddo.
Riflettendo sulle parole che Malcolm mi confessò al Sarab avevo studiato e compreso che il controllo di quel freddo persistente in agenzia potesse averlo soltanto una persona. Una alla quale dare la propria fiducia senza indugi. Inoltre proprio quel giorno Kolligan sarebbe passato, come da prassi, in ufficio per visionare i recenti lavori.

Chiamai Brenda chiedendole un parere sulla rilegatura di alcuni fogli.

Avevo appreso che il telecomando che gestiva universalmente la temperatura dell'intera struttura fosse sicuramente nel suo territorio.

Dovevo solo farla uscire da quella reception.

«Micol, cara, i lati di ciascun foglio devono essere distanti almeno tre centimetri dal testo.»
«Ho dimenticato la penna nella sala informatica, posso prenderne una delle tue per appuntarmi le correzioni? Non sono il massimo con le impaginazioni.»
Mi sorrise e avanzò.
«Vado io, tu reggi i fogli.»
«No, Brenda vado io, ho poco tempo e ho bisogno del tuo parere, tu continua pure a scorrere le pagine.»

Mi spostai e andai dietro il suo bancone, guardai il ritratto impeccabile che le aveva fatto Bryan. Era così bravo, così talentuoso, mi sciolsi pensandolo. Mi venne in mente di dover controllare il cellulare in caso avessi ricevuto un suo messaggio.

Ma recuperare quel telecomando era una priorità.
O era più importante il messaggio di Bryan?

Mi picchiai una mano sulla fronte.

Piegai la testa e iniziai a cercare nei vari cassetti, quando notai che l'ultimo fosse chiuso. Ma la chiave non era bloccata nella piccola serratura.

Riflettei allora su dove Brenda avesse potuto mettere quella chiave.
Era una donna ordinata, non avrebbe mai lasciato una chiave incustodita. Nei libri però era sempre l'inaspettato a vincere, forse avrei dovuto cercare in posti semplici.

Dopo momenti di panico persi quasi del tutto le speranze, quando schiusi gli occhi e individuai un cordino viola fuoriuscire da uno dei cassettini in cima.

Lo tirai lievemente e la piccola chiave dorata saltò in aria.

Brenda ancora una volta mi confermò che non fosse poi così tassativa come appariva.

La inserii nella serratura e non appena fece lo scatto vidi all'interno file di fogli, pendrive di diverso diametro, matite disposte sulla stessa linea e soprattutto il telecomando.

«Micol?»
La sentii chiamarmi così lo infilai dentro i jeans, coprendolo con la maglia.

Brenda arrivò alla reception scrupolosa ed io spinsi con il piede il cassetto richiudendolo ma senza aver sfilato in tempo la chiave.

«Hai trovato la penna allora?»
Sgranai gli occhi e sollevai la prima penna che riuscii ad afferrare, era rossa. Dannazione!
Guardai prima la stilo e poi Brenda.
«È che la cercavo proprio rossa!»
Lei annuì e segnai tutto ciò che mi confermò non andare bene della rilegatura.

La ringraziai e appena fui sola presi il telefono nelle mani. Aprii con ansia il messaggio.

"Di chi è quella sciarpa?"

Rilessi ripetutamente la risposta di Bryan. Dopo tutto quelle offese sembrava gli fosse importato solo della sciarpa.

Sprigionai un sorriso astuto e risposi citando le affermazioni con le quali mi aveva allontanata.

"Niente più domande e niente più eccezioni."

Piuttosto contenta premetti invio. E tornai a concentrarmi sulla mia vendetta.

Controllai l'orario e raggiunsi l'ufficio nel quale Kolligan visionava i lavori.

Presi il telecomando e alzai la temperatura, esclusivamente in quella stanza, di molti gradi.

Su un post-it, che attaccai sul bracciolo della sua sedia in pelle rossa, scrissi un piccolo messaggio.

"Gli insetti possono scegliere se sopravvivere alle alte temperature o arrendersi"

Ridacchiai tra me e me. Nessuno avrebbe visto il messaggio oltre lui.

Kolligan avrebbe capito finalmente cosa si provava a stare dall'altra parte, dove non vi era potere ma soltanto sacrifici.

Quando tornai nella sala informatica Carl stava fischiettando una canzone felice. Spesso andava nell'ufficio di Robert, non gli chiedevo nulla a riguardo per lasciare che le sue ferite si cicatrizzassero e, quando non eravamo soli, si mostrava esigente con coloro che collaboravano con lui.

Passò più di un'ora e fummo soli nella sala. Sembrava stesse aspettando proprio quel momento.

«Allora gliel'hai fatto anche tu? Sul collo? O altrove? Anche io ogni tanto lascio a Liam un ricordino» si avvicinò di più a me ponendo una mano accanto alla bocca per attutire maggiormente il suono, «Ho sognato tanti posti diversi dove poterne fare a Robert.»

Si schiarì la gola e i suoi occhi presero una forma diversa a quel pensiero.

I nostri discorsi furono interrotti dalle urla che provennero dal piano di sopra.

Spalancai la bocca, le parole furono incomprensibili ma quella voce apparteneva innegabilmente a Kolligan.

Per qualche istante mi smarrii temendo che qualcuno avesse potuto pizzicarmi. In fondo avevo ancora il telecomando incastrato nel jeans. Motivo per il quale mi alzai frettolosamente e lo depositai dentro il vaso di una pianta all'angolo della finestra. Nessuno prestava mai attenzione a quella pianta, soprattutto per il fatto che non necessitasse sempre di acqua.

«Okay non so come tu ci sia riuscita ma sono profondamente ammirato bambolina.»

Sorrisi e chiusi la porta e le luci della stanza  quando quella voce si fece ancora più profonda e sembrò avvicinarsi. Kolligan era sicuramente nell'atrio.
«Seconda parte del piano Carl, scompiglia e sparisci
«Chi sei tu e cosa ne hai fatto della piccola e timida Micol?»
«Ho le mie doti nascoste, e alcune sono molto più terrificanti di quel che immagini.»
La mia espressione lo divertì molto e mi sentii trionfante. Kolligan, come un topo attratto dal formaggio, aveva dato di matto, avevo suscitato in lui una reazione che gli altri non avrebbero dimenticato facilmente. Domandai a me stessa il perché nessuno l'avesse mai fatto prima.

Quando sentimmo le voci di tutti i dipendenti accavallarsi comprendemmo che Kolligan fosse andato via.

Carl si affrettò a raggiungere Robert ed io andai a recuperare la mia giacca.

Decisi di andare da Anson.
Brianna era lì e avevo assolutamente bisogno dei suoi consigli.

Quando presi il cellulare la notifica di ben dieci chiamate perse da parte di Bryan mi fece sorridere largamente.

E ovviamente non lo richiamai.

Quando giunsi da Anson quest'ultimo mi indicò subito dove fosse Brianna.

«Dimmi che tornerai a casa presto.»
Brianna sogghignò e mi guardò avvicinarmi a lei, «Una sciarpa? Con quel sole spacca pietre? Stai bene Micol?»

Mi toccai il collo sentendo in effetti la sciarpa stringermi. Ma non volevo rivelare di essermi abbandonata alle labbra ardenti di Bryan sul divano di casa mia davanti ad Anson.

«È di Carl e sono stata costretta.»
«E per quale ragione?»

Sentii una sensazione familiare, come se non fossimo sole. Più precisamente non avvertii qualsiasi paio d'occhi su di me, ma quegli occhi.

E temevo più di ogni altra cosa che quella sensazione rispecchiasse la realtà.

Cosi mi girai lentamente e confermai ogni sospetto. Bryan mi stava già guardando a distanza di qualche metro.

Scrutai a lungo i suoi occhi inchiodati al mio volto.

«Che ci fa lui qui?»
Mi rivolsi nuovamente a Brianna.
«È venuto prima per parlare con Anson.»

Già, ed io ero venuta per parlare con lei. Il destino sembrava prendermi a schiaffi in faccia.

«E si sta avvicinando ora.»
Sussurrò chinandosi.

«È una maledizione!» sospirai.

Divenni silenziosa temendo che Bryan potesse sentire da un momento all'altro. Nel frattempo cominciarono a tremarmi le mani consapevole che si fosse avvicinato a me.

«Allora perché sei stata costretta a indossare la sciarpa?»
Mi chiese Brianna riprendendo l'argomento lasciato e sentii alle mie spalle Bryan emettere un sogghigno.

«Perché mi sono svegliata con un graffio sul collo che non fa altro che ricordarmi un incubo terribile.»

«Che genere di incubo?»
«Credimi Brianna è meglio non raccontarlo, un momento così brutto da volerlo cancellare.»

Volevo che lui sentisse quelle parole, feci un sorriso compiaciuto.

Non lo guardai ma ero sicura che si stesse stirando il collo o che avesse aggrottato la fronte risentito.

Anson chiamò Brianna dalla cucina ed io la guardai implorandola con gli occhi di non lasciarmi sola con Bryan. Ma fu inutile.

Non mi voltai, incrociai le braccia studiando il modo giusto di affrontarlo.

Ma Bryan mi anticipò accostando il suo petto alla mia schiena e bisbigliando al mio orecchio.

«Incubo eh! Dovrei farla finita, toglierti questa sciarpa e ricordarti quanto è stato terribile.»

Solo immaginandolo il cuore mi finì in gola. Senza girarmi trovai la sua mano con coraggio e lo trascinai in fondo al salotto, in un angolo di muro.

Guardai i suoi occhi.

«Allora è vero, lo hai fatto apposta, per pura presunzione. Volevi che ricordassi il momento e che mi ricordassi di te.»
Sbraitai guardando il suo di collo, era pronunciato e seducente da morire. Avrei dovuto restituirgli quel succhiotto e dargli una lezione.

«Vuoi davvero che creda sia necessario un piccolo morso per farti ricordare i nostri momenti?.»
Disse spocchioso.

Quando avrebbe smesso di infastidirmi?

Mi sfidò sfiorandomi con il corpo tanto da farmi smettere di parlare.

«Hai spento il cellulare?»
Scossi la testa, vicina alle sue labbra «Ho semplicemente ignorato le tue chiamate.»
Il mio olfatto riconobbe il suo profumo, mi mandava in estasi.

Sollevò entrambe le sopracciglia scure come se si stesse rifiutando di crederci.

Allora gli diedi il benservito.
«Perché hai insistito con quelle chiamate? Pensavo fosse tutto chiaro tra di noi.»

Indirizzò gli occhi sulla sciarpa e ne toccò seccato le estremità.
«Non c'è mai nulla di chiaro tra di noi. Dimmi di chi è questa sciarpa prima che lo scopra da solo.»

«Cosa te ne importa?»
Mi sfuggì un sorriso osservando i suoi occhi ancora seri. Voleva saperlo a tutti i costi.

«Va bene, fammici pensare...»
Sbattei le ciglia più volte fingendo di non avere cattive intenzioni. «Non lo ricordo più.»

Si passò la lingua sulle labbra con tormento.

Se non mi avesse tenuta lontana in quei giorni avrei pensato di lui che fosse geloso.
Provai a liberarmi dalla sua figura ma mi fermò di rimando. «Non così in fretta pulce.»

Rimbalzai contro di lui e anche se volevo gridare e dirgli quanto fossi nauseata dal suo atteggiamento e da quel succhiotto che mi stava facendo nascondere come una quindicenne, la frase che uscì dalla mia bocca fu una sorta di supplica.

«Smetti di starmi così addosso Bryan, non riesco a reagire come vorrei.»
Sembrò comprendere quella sensazione che non riuscii a spiegare bene a parole, allentò la presa e il suo naso sfiorò la mia fronte.

Conficcò forte i denti nelle labbra procurandosi una striscia sottilissima di sangue che gli rimossi lentamente con il mio pollice.

Il mio toccò sembro ammorbidire il suo sguardo.

Stette tutto il tempo immobile con gli occhi stravolti per quel gesto che gli tolse le parole.

Pensai che le parole in quel momento sarebbero state inutili, l'attrazione forte tra di noi avrebbe oltrepassato sempre qualsiasi litigio.

Qualcuno interruppe quel momento.
«Finalmente ci rivediamo Micol, questa sì che è una fottuta coincidenza!»

Mi scostai da Bryan il quale disse qualcosa di incomprensibile con voce fonda.

Calvin venne dritto verso di me.
Mi cinse con le braccia affettuosamente mostrando indifferenza per Bryan.

«Una fantastica coincidenza!»
Esclamai e unii le braccia al suo collo guardando dietro di lui il volto di Bryan, era furioso e sembrava trasmettermi tutto il suo calore.

«Hai caldo? Sei incredibilmente rossa in viso.»

Calvin osservò la mia faccia e poi la sciarpa.
In effetti vedere Bryan tanto infastidito dalla mia vicinanza a Calvin mi fece sentire le guance andare in fiamme.

Lui mi contagiava, imprimeva dentro me tutto ciò che lui provava.

«Sì, molto caldo in realtà», risposi ancora incantata agli occhi rabbiosi di Bryan e ai suoi capelli mossi che avrei voluto stringere instancabilmente tra le mani.
«Perché non usciamo fuori?» aggiunsi sorridendo a Calvin, lui annuì facendomi passare per prima.

Quando fummo fuori guardai il cielo cristallino, pensai alla pioggia di quella sera, quando confidai a Bryan della morte di mia madre.

«Dovresti smetterla di essere così bella, lo sai?»
Gli occhi di Calvin erano chiari quanto il cielo e mi rivolse uno sguardo estremamente dolce.
«Lo sei anche tu.»

Il suo sorriso brillò a quel complimento e si avvicinò a me braccandomi. Congiunsi le mani in un pugno dietro la mia schiena e presi le distanze dal suo corpo.

«Donzella è già difficile starti lontano, se mi dici così sarà un un vero problema.»
«Calvin», lo ammonii agitando la testa imbarazzata.
«In questi giorni ho avuto impegni con il club surfisti, abbiamo vinto una delle competizioni locali e domani festeggeremo l'ingresso in finale che si terrà alla fine della stagione.»

Gli tirai un pugno amichevole al braccio «Uhm per crederci dovrei vedere la medaglia.»
Ridacchiò mettendo a luce tutta la sua bellezza.
«La vedrai perché stavo giusto pensando che se ti va, visto che non ci vediamo da un po', potesti accompagnarmi alla festa. Sono convinto ti divertirai e poi potremmo passare un'intera giornata in spiaggia insieme.»

La festa in spiaggia non mi allettava ma il pensiero di poter vedere il mare cambiare assieme al cielo mi entusiasmava.

«Allora che dici? Ti verrò a prendere con la moto visto che l'ultima volta ti è piaciuto salirci.»
«Dico che è una buona idea, mi piacerebbe.»

«Lei non verrà da nessuna parte.»
Chiusi gli occhi e sospirai rassegnata.
Bryan ci aveva raggiunti fuori.

«Ignoralo Calvin» posai una mano sulla sua spalla per invitarlo a non cedere ai toni provocatori di Bryan. «Come puoi notare non siamo in buona oggi e cerca in tutti i modi di infastidirmi.»

Ma Calvin si girò restituendogli un'occhiata torva.
«Non hai sentito? Micol ha detto che verrà non ha bisogno del tuo consenso.»

«No, non verrà. Puoi già avvisare quel branco di coglioni allupati.»

Ripetè Bryan spazientendosi e interponendosi tra di noi sfidando a pochi centimetri dal suo volto Calvin.

«Che cazzo ne sai tu di loro? E poi ci saranno anche un sacco di donne, potresti venire e darti una bella rilassata.»

Chinai lo sguardo in soggezione per quell'ennesimo scontro, irritata inverosimilmente per l'osservazione che fece Calvin.

Bryan non gli rispose, fece contrarre più volte la mascella e tolse le mani dalle tasche dei jeans.

«Micol possiamo parlare?»
Diede le spalle a Calvin piazzandosi davanti a me.
«No.»
Lo spinsi prontamente superandolo.

«Calvin fammi sapere a che ora passerai a prendermi!»

Sorrisi a Calvin ed entrai dentro ignorando il prepotente.

Nel giro di pochi secondi Bryan mi affiancò con tutta la sua altezza e cercò di afferrarmi per un braccio con la solita arroganza.

Mi voltai e lo bloccai con una mano sentendo il suo addome irrigidirsi contro il mio palmo.

«Cosa stai escogitando? Di decidere di nuovo per me? Solo perché abbia ceduto per qualche folle istante a te, alla tua scatola di cereali e alle tue parole perfette non significa che io sia una stupidotta che si lascia sedurre dal primo che le capita davanti.»

Le mie accuse furono fiato sprecato.
Allargò le narici come se stesse impiegando tutti i suoi sforzi per ignorare le mie parole.
«Nessun club, caso chiuso.»
Feci una risata nervosa.
«Mi fai quasi ridere Bryan. Certo che ci vado. Un padre l'ho già avuto ed ha fallito, non ho bisogno di qualcuno che mi dica cosa fare.»

Rifletté sulle mie parole, uscite con un gemito di prostrazione. Mi veniva sempre più difficile urlargli contro dopo che avevo affondato le mani nella sua pelle e dopo aver sentito le sue labbra navigare nel mio collo senza bussola.

«Quello che sto facendo è tutt'altro che farti da padre Micol. Se andrai lì sarai l'unica donna. Li ho visti un milione di volte in azione quelli del club e i loro amici dopo una vittoria, uomini che bevono e che si drogano passeranno la serata a guardarti il culo e a fare pensieri su di te.»

Incrociai le braccia colma di rabbia.
«Perché tu non l'hai mai fatto?»

Sulla sua faccia crebbe un piccolo sorriso.

«Cos'è esattamente che mi stai chiedendo?» mi chiese avvicinandosi imprudentemente a me. «Se bevo e mi drogo o se ti guardo il culo e faccio pensieri su di te?»

Alzai il mento minacciosa pentendomi subito di tutto quanto.

«In ogni caso non mi interessa un bel niente. Dubito di tutto ciò che hai detto, Calvin non mi porterebbe in un posto tanto pericoloso.»

«Davvero? Ora credi di conoscerlo meglio di me?»

I suoi toni mi fecero ben capire si stesse agitando. Ma non mi importava, non dopo quello che aveva fatto.

«L'ultima volta che mi ha portata a cena ha scelto un posto tranquillo e fantastico se vuoi saperlo.»
Ogni lineamento sul suo volto si indurì.

Si portò una mano alla gola e si schiarì la voce senza togliermi gli occhi di dosso.

«D'accordo... Vacci e Grilson non tornerà più a lavoro. E sai bene che l'ho mandato via a causa tua.»

Come poteva far leva sul senso di colpa che nutrivo per tutto quello che era accaduto? Mi stava letteralmente mettendo alle strette.

«Come puoi mettere le due cose sullo stesso piatto e ricattarmi?»

Bryan mi diede le spalle e scosse la testa con rabbia.

Posai una mano sulla sua spalla costringendolo a voltarsi.
Si girò di scatto e mi afferrò per la vita attirandomi a se «Non mi lasci altra scelta.»

Frugò nei miei occhi, sembrava volesse entrarmi dentro e trasmettermi le sue emozioni più profonde.

Un ciuffo di capelli gli ricadde sul naso. Mi afferrò con una mano le guance sollevandomi il mento e accostò la sua bocca alla mia parlando contro le mie labbra.
«E nel caso in cui non te ne fossi ancora accorta chiunque ti si avvicini fa pensieri su di te. E saperlo mi fa comportare come un matto, pensare che non sono l'unico mi fa perdere la testa.»

Mi lasciò andare con una rapida scossa.

Restai senza parole e il rancore di ghiaccio che avevo dentro sembrò arrotondare i suoi spigoli.
«Perché state urlando voi due?»
Anson ci raggiunse. «Tutto bene fratello?»

«Me ne stavo giusto andando.»
Rispose Bryan ancora accigliato e non mi rivolse più il suo guardo.

Ciao😍

Non vi dimenticate di farmi sapere cosa ne pensate votando il capitolo⭐️

Ho un avviso urgente: il prossimo capitolo sarà IMPERDIBILE. Non posso ovviamente dire nient altro se non assicurarvi che sarà inaspettato e travolgente da morire 🔥🖤

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro