34
La mattina fui svegliata dal rumore dei canarini che venivano a posarsi sulla balaustra del terrazzo. Non era mai lo stesso canto, ma tutte le volte mi infondeva un'indicibile sensazione di pace, una sorta di tranquillità spirituale. E correre indietro nel tempo era ineludibile.
Mi catapultai così ancora una volta nei miei ricordi e scorsi una bambina seduta su un tavolo con i piedi che ciondolavano ritmicamente avanti e indietro.
Aveva gli occhi bagnati di un'emotiva vulnerabilità e la bocca più rosea di un tramonto, la facevano impazzire gli uccellini alle sette di mattina, erano gagliardi e il loro suono era squillante, si alternavano, giocavano e le davano quell'allegria che amava riporre dentro la testa.
Stava per scendere dal tavolo per correre fuori, voleva lasciarsi accarezzare dalla melodia degli uccellini, voleva girargli intorno e provare ad afferrarli, ma una mano le scostò i capelli.
«Va' in camera tua.»
«Ma io stavo per uscire.»
«Uscire? E non pensi che alla tua mamma darebbe fastidio vederti uscire a rincorrere degli stupidi pennuti mentre lei non c'è più?»
La voce del padre era opaca, priva di gradazioni, era una tormenta venuta per raccogliere la sua felicità.
Le incuteva dentro un senso di colpa difficile da reggere, le pesava il corpo a portarselo dietro ogni giorno.
E mentre tornava nella sua stanza pensava a quanto tempo ancora avesse dovuto sentire quel peso schiacciarle il cuore.
Fu in quel preciso istante che chiese scusa a se stessa, chiese scusa alla madre. Perché era fragile e non accettava di esserlo, non era quello che voleva mostrare, non era quello che voleva essere. Chiese scusa perché non riusciva a trasmettere il suo bene, non riusciva a provare riconoscenza per quell'uomo, aveva i sentimenti spenti e quell'interruttore lo aveva premuto da sola la volta che giurò a se stessa di non soffrire più quel dolore.
Feci ritorno al presente come se avessi lottato con tutte le forze per risalire da un mare sporco di denso petrolio. Ne uscivo impura, unta dal quel liquido viscoso che consentiva ad ogni forma di emozione di infiammarmi.
Mi vestii sportiva per andare a fare una camminata, avrei dato sfogo ai miei pensieri e avrei diminuito la tensione fisica e psichica che sentivo.
Stetti per uscire quando diedero colpi sulla porta.
Incastrai lo zainetto sulle spalle, recuperai le chiavi e andai velocissima a vedere chi fosse.
Osservai, in modo del tutto inaspettato, sull'uscio della porta Anson con un aspetto allarmato ma gli occhi radiosi «Ciao Micol, posso parlarti?», si grattò la barba folta sul mento.
«Anson, certo che sì» chiusi la porta di casa, meravigliata per quella richiesta.
Mi fece cenno di affiancarlo tra le scale del palazzo così da allontanarci a sufficienza dalla porta di Brianna.
Si avvicinò a me «Sarò diretto, vorrei organizzare qualcosa di segreto per Brianna a casa mia, sai tra un giorno è il nostro anniversario.»
«Brianna non mi ha detto nulla.»
«Non le è mai piaciuto trovarsi al centro di questo genere di attenzioni, ma voglio sul serio che rimanga stupita... io voglio vederla felice.»
Trovavo così tenero il modo in cui alludeva a Brianna, non nutriva alcun imbarazzo a mostrarsi così tanto coinvolto, così pieno di lei.
«Allora, come posso aiutarti?»
«Come hai potuto notare Brianna non mi lascia molto tempo libero» sogghignò nel dirlo quasi esausto «Mi servirebbe un pomeriggio soltanto, per organizzare tutto e magari prenderle un regalo», abbassò progressivamente il volume della voce diffusasi nel pianerottolo vacante temendo che Brianna potesse sentirla e riconoscerla «Se tu riuscissi ecco ad intrattenerla domani te ne sarei grato.»
«Sarà difficile» sorrisi largamente «Ma puoi contare su di me, cercherò in tutti i modi di tenerla lontana.»
Posò le mani sulle mie braccia guardandomi sollevato «Grazie, se c'è qualcosa che posso fare per te non ti resta che chiedere.»
Stetti in silenzio ma poi un pensiero come un impulso nervoso si propagò nella mia testa e parlai prima ancora di decidere cosa dire «In effetti una cosa ci sarebbe.»
Anson si mostrò piuttosto attento ad ascoltarmi.
«In questi giorni darò una mano a Bryan a sistemare la sala per la mostra di beneficenza, tu sai dove si trova vero?»
Anson ci ragionò brevemente «Si certo, quest'anno gli hanno concesso una sala incredibile. Anni fa quel posto era un piccolo auditorio, i bambini trovavano spesso il modo di intrufolarsi.»
«Oh... e per caso ricordi l'indirizzo?»
«Ho una memoria fottutamente pessima ma dovrebbe essere nei paraggi del Colonial Maine.»
Annuii disperatamente, cosciente del fatto che non sarebbe stato facile arrivarci non conoscendo ancora le strade di quella città mescolata.
«È un quartiere a qualche isolato dal Joy» si accorse del mio tentennamento «Posso farti vedere dove si trova e ricambiare il favore.»
«Cosa? Tu davvero lo faresti?», balbettai guardandolo fiduciosa.
«Sì, ti ci posso portare adesso.»
Sembrava più che certo e senza dire altro feci un vasto sorriso, gli diedi un pugno amichevole sul braccio e lo seguii per le scale e in macchina.
Pensai costantemente a come avrei reagito incontrando Bryan. Alzai e abbassai, silenziosamente assorta, più volte il finestrino.
«Lavoro in un'officina ma vorrei non doverci portare la mia auto», mi disse scherzoso rubandomi ai miei pensieri.
Allontanai il dito dal comando che regola il finestrino «Scusami, mi sono distratta, non volevo.»
«Rilassati, scherzavo Micol» ridacchiò «Cosa ti rende così ansiosa?»
«In realtà...» stetti per confessare che era l'idea di incrociare quello scontroso a rendermi tanto tesa ma riuscii a star zitta «Penso che sono io ad avere una memoria pessima, queste strade sembrano tutte uguali.»
«Una volta che svolti a sinistra dal Joy la strada è sempre dritta, basta ricordare il cartello verde del quartiere per comprendere di essere arrivati», decelerò gradualmente «Ecco, dovrebbe essere questa», assottigliò lo sguardo dubbioso davanti alla struttura.
«Si lo è.»
Mi sentii ancora più irrequieta una volta che accostò l'auto, non c'era alcuna abitazione in quella zona oltre a quell'edificio.
«Bryan sa del tuo arrivo?»
«Non proprio.»
Anson mi guardò sorpreso ed io aprii lo sportello dell'auto «Non saprei davvero come ringraziarti.»
Lui strizzò un occhio «Mi stai già dando un grosso aiuto, ci vediamo Micol.»
Ringraziai di nuovo Anson e stetti immobile a guardare l'entrata, trovandomi davanti a quella costruzione sfiorai volentieri l'idea di scappare via.
Buttai aria fuori dal petto imponendomi di entrare, in fondo sarei potuta andar via se l'avessi ritenuto opportuno.
Ero una formica che procedeva a piccoli passi all'interno di quel gigantesco spazio, mi accorsi subito che ci fosse già qualcuno.
«Salve signor Grilson», mi feci avanti cercando nel frattempo con lo sguardo Bryan, ma non sembrava esser lì.
Mi avvicinai allora ulteriormente a lui, era piuttosto affaccendato «Non c'è Bryan?.»
Stava trasportando un carrellino cigolante avente sul piano superiore un paio di quadri, uno sopra l'altro, coperti da teli fini.
In modo imprevedibile mi passò su un piede con una delle ruote consumate, mi scostai in tempo prima che mi demolisse anche l'altro piede.
«Cavolo che dolore», esclamai ma non sembrò neanche essersi reso conto di quel gesto, come se non avesse sentito nulla.
Si fermò per un attimo a prender fiato, era davvero un uomo bizzarro, la corporatura paffuta e gli occhi infossati mi fecero per qualche istante pensare a nonno Muzi.
«Dammi del tu ragazza», si sfregò la fronte umida con il dorso della mano «Non è ancora passato di qui, se ricordo bene quella canaglia aveva un paio di tatuaggi in giornata. Temo che prima o poi mi costringerà a farne uno.»
«Tu lo conosci da tanto tempo?.»
«Era soltanto un ragazzino quando ha mosso i primi passi nell'arte. Bryan ha sempre avuto qualcosa in più rispetto a tutti gli altri, non so se riesci a capire cosa intendo.»
Annuii e sorrisi spontaneamente pensando ad un Bryan ingenuo ma con tanto spirito.
Grilson riprese a spingere il carrellino per portarlo nell'angolo di sala che voleva raggiungere. Lo seguii muovendomi come una folle, come se fossi pronta a incontrare in qualsiasi momento Bryan.
«Non ti ha detto a che ora si sarebbe liberato?», mi schiarii la voce «Intendo dire... passa a dare un'occhiata vero?»
Scosse la testa senza guardarmi, fermò bruscamente le ruote del carrello.
«No, ma puoi andare al magazzino ragazza, lui sarà sicuramente lì come ti ho già detto.»
Sospirai aspramente perché era tutto inutile, non l'avrei raggiunto, non dopo quello che era successo, non gli avrei detto quello che aspettava di sentire.
«Già, ma in realtà volevo solo vedere questi», indicai i primi quadri posizionati sul carrellino.
Grilson mi guardò dubbioso. Perché diamine non convincevo nessuno?
Fece scivolare dagli angoli il telo leggero e rivelò il primo quadro, intuii già dai primi colori che si intravidero quale dei tanti fosse.
Era la Ragazza col Violino con il suo sguardo ammaliante e le sue farfalle colorate intorno. Quel dipinto che Bryan aveva realizzato traendo ispirazione dalla favola che mio nonno mi raccontava, lui aveva pensato a me e a quello che gli avevo trasmesso. Pensai a quel pomeriggio e alle sue mani sui miei fianchi e poi così vicine alle mie, strinsi forte le mani a quel pensiero.
Mi incantai tra una riflessione e l'altra guardando Grilson tirarlo completamente fuori dal velo, mi stavo emozionando di nuovo, più intensamente della prima volta perché non ero con Bryan.
Mi passai le dita sopra gli occhi e mi voltai.
«Stai andando per caso via ragazza?»
Inspirai e impiegai tutta la concentrazione che possedevo per mantenere il mio tono in equilibrio ma non servì perché il signor Grilson mi anticipò «Là in fondo c'è una scala, ti spiace prendermela?.»
Mi girai a guardarlo e non potei far altrimenti che aiutarlo nonostante mi stesse facendo male restare ancora del tempo in quel posto.
Posai per terra, in un angolo a caso, lo zainetto «Certamente», mi alzai il pantalone della tuta nera e andai a prendere la scala pieghevole in acciaio cercando di tenerla sollevata così da non rovinare in alcun modo il pavimento in parquet.
Certo, riuscire ad essere calibrata almeno per qualche minuto fu difficile tant'è che quando arrivai accanto a Grilson la base della scala finì sul mio piede.
Quella volta saltai sul posto «Merda, sapevo doveva succedere, prima con le ruote del carrellino e ora con la scala», feci ruotare prudentemente il piede più volte.
Grilson sorrise grossolanamente «Lo aveva detto Bryan che sai essere piuttosto imbranata.»
Spalancai la bocca «Che cosa? Io non sono per nulla imbranata», incrociai le braccia risentita e il dolore al piede passò nettamente in secondo piano.
Mi guardò con un ghigno sul viso, era evidente che quel Grilson non aveva le idee ben chiare, ma ci pensai io a risolvere quella mancanza.
Feci un sorrisetto angelico e mi rivolsi a lui con calma, «Caro Grilson è questo che ti ha detto Bryan? Beh lui è la persona più disordinata che ci sia sulla Terra, lo è da far venire il voltastomaco» bofonchiai ironicamente, non soddisfatta del tutto perché Grilson non mi stava prestando appieno la sua attenzione.
Cambiai allora atteggiamento manifestando tutto il mio nervosismo, «Meglio essere imbranati che stronzi e lunatici come lui.»
Finalmente Grilson, intento a salire due gradini di scala con in mano il quadro, mi guardò «Sì mi aveva avvisato anche della tua lingua "biforcuta come un serpente a caccia".»
Feci rimbombare nella sala un ringhio di disappunto e mi premetti la lingua con i denti per non fomentare quella descrizione di me stessa.
Sentii un prurito diffondersi per tutto il mio corpo, se solo fosse stato davanti a me... «Davvero simpatico lo scostumato» ridacchiai istericamente «E comunque non hai idea di quanto io possa aiutarti in questo posto» mi alzai le maniche della maglia.
"Bene Bryan ora vediamo chi dei due ha un minimo di buon senso", pensai ad alta voce e Grilson mi guardò divertito.
Lo aiutai a mantenere il quadro dritto nel momento in cui lo posizionò sulla parete stabilita, vederlo appeso dava una sensazione ancora più coinvolgente.
Raggruppai i teli dei quadri, che Grilson man mano scopriva, raccogliendoli da terra e sistemandoli ordinatamente sul carrellino.
Attaccammo soltanto tre quadri, avevano ciascuno un posto prefissato ben preciso, oltre alla Ragazza col Violino vi era una drammaticità struggente nelle tele di Bryan.
Era un chiaro elemento distintivo, quella sorta di malinconia la si poteva ritrovare in ogni quadro, come una firma.
«Devo riconoscere che l'ordine di una donna qui farebbe la differenza. Sei testarda quanto Bryan, mi piaci ragazza.»
Grilson mi fece riflettere sul fatto che io e Bryan fossimo affini su alcuni fronti e che forse era per questo che tendevamo ad avvicinarci per poi respingerci senza pensare ad alcun esito.
Gli sorrisi soddisfatta e lo guardai curiosa, era un signore affabile e nonostante i modi burberi aveva un'evidente gentilezza.
Prima che facesse buio salutai Grilson, il quale mi raccomandò con reale apprensione di far attenzione.
Seguii le indicazioni di Anson ricordandomi di raggiungere il cartello verde con su scritto "Colonial Maine" per uscire dal quartiere spopolato. Rimuginai sul perché Bryan non fosse venuto e quella interminabile passeggiata anziché allontanare il suo nome lo amplificò nella mia testa.
Camminai così tanto che quasi mi cedettero le gambe quando finalmente imboccai la strada per il Joy ed il cielo era ormai coperto, scuro alle mie spalle.
Decisi di fare una sosta al Joy per prendere qualcosa da mangiare e un milkshake da portare a casa.
Attesi con il sacchetto in mano che Dan accettasse i miei soldi.
«Ti faccio il solito amico?» disse improvvisamente rivolgendosi alla persona alle mie spalle.
Due braccia si distesero sul bancone circondandomi da entrambi i lati.
Il tizio allungò poi una mano per afferrare il bicchiere che Dan gli avrebbe teso e il mio fondoschiena premette indecentemente contro quel corpo forzuto.
«Che ne dici di allontanarti?», mi voltai infastidita per pretendere che lo spudorato in questione si distaccasse subito, mi stava schiacciando.
E accadde l'imprevisto più grande di quella giornata, io e Bryan ci guardammo in un arco di tempo fuggevole negli occhi, i capelli spettinati e la giacca di pelle gli attribuivano quell'aria ribelle, era impossibile non osservarlo.
I miei occhi sembrarono attirarlo come un richiamo, un'implorazione, di fatto recuperò lo spazio breve che ci separava avanzando nella nostra direzione con sguardo fulminante.
Mise violentemente una mano sulla giacca del ragazzo e si posizionò a pochissima distanza dal suo volto «Fuori dai coglioni», disse con la voce ridotta ad un filo tra le sue labbra livide.
Il ragazzo dai capelli neri lo osservò perplesso.
Allora Bryan lo afferrò con prepotenza per la maglia e lo scosse «Mi hai sentito? Ho detto fuori dai coglioni.»
Il tizio si girò con sguardo riguardoso prima di spostarsi, sembrava essere piuttosto alticcio.
Ero sorpresa di vederlo, mandai giù un groppo violento di sensazioni elettrizzanti e mi voltai nuovamente verso Dan.
«Hey bello finalmente, ci sei mancato» gli disse Dan.
In quel momento fu Bryan ad accostarsi alla mia schiena ma con dolcezza, posò la sua mano grande sul mio fianco quando si avvicinò per sbattere un pugno contro quello di Dan, in modo che non andassi ad urtare contro il bancone.
Quei gesti del tutto naturali ma compiuti con decisione lo rendevano ai miei occhi forte, non era come gli altri, era un uomo, agiva con sicurezza e risolutezza in qualsiasi situazione.
Sentire il suo corpo così attaccato al mio mi fece entrare in uno stato di emozione fuori dall'ordinario.
Feci scivolare una mano e posai schiva le dita sulle sue calde per scostarlo da me, aspettai qualche istante e la sua mano si allargò leggermente come se questa mi stesse invitando a stringerla per riconoscerla.
Quando la sfiorai respirai a fatica con la bocca all'idea che avrei voluto soltanto sentirla avvolgersi attorno al mio corpo. Ma la strinsi spostandola definitivamente dal mio fianco.
«Micol puoi andare, sul serio, pagherai il prossimo» mi sorrise Dan lasciandomi davanti agli occhi lo scontrino.
Mi dava fastidio il fatto che non volesse accettare i miei soldi nonostante i molti vani tentativi, consumavo lì come ogni altro cliente. Ebbi la sensazione che, per qualche motivo, fosse dovuto a Bryan quel favore.
«Ma ci tengo a pagare questa di volta, per favore.»
«Piantala di fare la rompiscatole», disse Bryan con quella sua voce arrogante.
Dan inchiodò i gomiti sul bancone e sogghignò guardando Bryan, assolutamente fermo sulla sua decisione.
Girai il viso di qualche centimetro sulla spalla «Non mi sembra che la rompiscatole abbia chiesto il tuo parere.»
Dan si allontanò per andare a servire le persone sedute ai tavoli fuori, afferrai così lo scontrino e cercai di voltarmi seppur fossi letteralmente incastrata tra Bryan e il bancone, lo guardai torva.
Non gli importò nulla di quella provocazione, si avvicinò ancora di più a me.
«Ti ho individuata subito appena entrato» disse vicino al mio orecchio e avvertii molto caldo.
«Fammi indovinare, perché ai tuoi occhi sono come un serpente a caccia?»
Bryan emise un suono un po' smorzato «Con questo pantalone stretto addosso saranno gli altri a caccia di te.»
«Me la stavo cavando benissimo da sola con quel tipo.»
Lo ignorai spalleggiandolo per uscire da quella gabbia ma fu pronto a bloccarmi per un polso facendomi ritornare davanti a lui, indugiò con lo sguardo sul mio viso «Gril mi ha detto che lo hai aiutato molto oggi.»
I miei occhi cascarono sulle sue labbra, annuii confermando le sue parole, «Avevi detto che sarei potuta venire.»
«Non rimangio la promessa», la sua mano che stringeva il mio polso si ammorbidì in una presa dolce «Eri lì solo per importunare Gril o perché avevi qualcosa da dirmi?», disse senza guardarmi.
Sciolsi il polso dalla sua mano e lo guardai divertita, mi alzai sulle punte avvicinandomi al suo viso spigoloso e indifferente «Ero lì per dare una mano. E non ho niente da dirti. Ciao Bryan.»
Si spostò lasciandomi passare e raggiunsi l'uscita accompagnata dalle palpitazioni frenetiche del mio cuore.
Ciao a tutti e buona Festa dell'Immacolata anche se purtroppo non possiamo riunirci con i nostri affetti, ammetto che sto soffrendo parecchio questo limite. Ma bisogna stringere i denti.
Che farete oggi?
Se vi è piaciuto il capitolo fatemelo capire votandolo🖤
Stavo pensando di iniziare a mettere molte più immagini sulla pagina Instagram "assirensanz" 🧐
Grazie all'infinito davvero a chi legge i miei aggiornamenti, il prossimo capitolo è già a buon punto 😍
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