Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

21

«Dove corri, mi devi un ballo non ricordi?» Calvin prese la mia mano «Ehi mister noia un po' di musica?», si rivolse ad Anson che sbuffò fumo dalla bocca e collegò con un cavo il tablet al mixer, nero come la cassa.
Dopo quello che era successo con Bryan tutto sembrava procedere più veloce del normale, era come se non sentissi più nulla, le persone che avevo intorno erano soltanto persone e il mio corpo sembrava ancora poggiato al suo. Sbattei ripetutamente le ciglia, di solito mi aiutava a evitare le lacrime quando gli occhi mi iniziavano a punzecchiare.

Mi ritrovai a ballare con Calvin, sorrideva ma per quanto raro fosse il colore dei suoi occhi non mi esprimevano neanche un millesimo di quello che sfuggiva agli occhi di Bryan.
A salvarmi da quel ballo lento, assolutamente in contrasto con la canzone rock scelta da Anson, fu Brianna la quale mi prese per un gomito trascinandomi sul divano.
«Mi ringrazierai dopo» disse e sorrisi per lo sguardo irritato e vendicativo che Calvin le lanciò per avermi "salvata dalle sue grinfie".

«La prossima volta che mandi via Lara dimmelo» Bryan era davanti a noi e fissava Brianna. Non era nervoso, era semplicemente calmo e serio, come lo era il resto del tempo.
Lo guardai torva, aveva davvero una gran faccia da schiaffi a domandarsi di Lara dopo aver parlato con me a pochi centimetri di distanza. Inoltre fui così fuori controllo da non rendermi conto dell'assenza della sua dolcissima metà.

Anson diede una pacca sulla sua spalla «In realtà è stata lei a volersene andare.»
«Mangia un dolcino Bryan e rilassati, ha trovato passaggio con Josh!» aggiunse Brianna.

La notizia sembrò non smuoverlo minimamente, restava lì bloccato a fissare Brianna come una statua.
«È fatto di pietra» sussurrai acidamente guardandomi le mani, Brianna invece sghignazzò guardandolo.
Bryan si avvicinò a me poggiando le mani sulle mie ginocchia «Tu di cristallo, scommetti?»
Alzai la testa costringendo i capelli a ricadermi pesanti sulla mia schiena e mi sentii paonazza per la semplice parola che mi aveva rivolto.

Cristallo, io? Non aveva capito proprio niente... d'altronde la colpa fu solo mia per essermi mostrata a lui vulnerabile. Mandai giù un groppo direi amaro, non potevo lasciare che pensasse fossi così fragile. Non appena si spostò sentii gli occhi di Anson posarsi prima su di me e poi su Bryan con un sorriso stretto al bordo del bicchiere colmo di vino che reggeva.
Calvin aveva ascoltato tutto, era piuttosto strano quando aveva accanto Bryan. Il più delle volte si ignoravano.
«E con questo?» gli domandai perché non avevo intenzione di farmi vincere da lui.
Si sedette accanto ad Anson ignorandomi.

«Si Bryan ora devi dire che intendevi» alzò le sopracciglia Brianna.
«Pietra rompe cristallo!»
Se avessi avuto meno sconcerto l'avrei schiaffeggiato davanti a tutti e invece rimasi con la bocca aperta, Anson rise a crepapelle.
«Cristallo se ne va» dissi alzandomi e raggiungendo la porta dopo aver bisbigliato a Brianna quanto fosse stata eccezionale la cena.

***

Spensi le luci lasciando che la stanza fosse illuminata dalla sola fioca luce gialla delle abat-jour accanto al televisore. Presi gli unici due libri che avevo portato con me e una coperta e mi distesi sul divano, se il sonno mi evitava non avrei continuato a cercarlo. La copertina del libro di poesie che avevo nascosto gelosamente negli anni, aveva la copertina di un beige consumato. Per assurdo lo stesso colore degli occhi di Bryan, certo i suoi erano più chiari più accesi. E poi la copertina era vecchia, ormai usurata. Era evidente avessi bisogno di una sana dormita, ma non era semplice ignorare le parole che mi risuonavano in testa da tutta la giornata.

In quella quiete impagabile i colpi alla porta mi scossero terrorizzandomi. Mi avvicinai lentamente alla porta pensando di aver immaginato tutto ma quando fui vicina un altro colpetto mi fece trasalire, i muscoli del corpo si contrassero e sussultai in preda alla paura. La verità era che il mio passato mi aveva portata a temere ogni rumore improvviso, la semioscurità... ogni comportamento o reazione temevo diventasse violenza.

Inspirai, imposi al mio fegato di farsi più grande di quanto fosse e aprii.
«Ti ho svegliata io?» , balbettò ad alta voce.
«Sssh» lo ripresi mettendo l'indice davanti al naso «No.»
«Perché allora ancora sveglia? Sono quasi le tre» bisbigliò.
«La vera domanda è che ci fai tu qui Bryan, visto che sono quasi le tre. E poi mi avresti comunque svegliata!»

Lo guardavo dalla fessura, così stretta da non consentire neanche ad uno spiffero di entrare, non intenzionata ad aprire. Ma da incredibile scostumato qual era, spinse la porta aprendola completamente.

Come al solito non si preoccupò di accendere la luce del pianerottolo e vedendo quel buio pesto la richiusi subito.
Posizionai un piede sopra l'altro vergognandomi di tutto, della maglia bianca e corta che mi copriva, della criniera da leone e del mio viso gonfio dalla stanchezza.

«Guarda che li ho visti sai», disse guardando i miei piedi. Piegai anche io gli occhi sui miei calzini rosa con delle coccinelle disegnate di sopra.
«Chissà perché ci avrei giurato.»

Ogni volta che ribattevo alle sue affermazioni faceva un mezzo sorriso come se già aspettasse di ricevere altrettante risposte provocatorie.

Iniziò a guardare le mie gambe scoperte. Aggrottò poi la fronte e strinse gli occhi a fessura. Ebbi l'improvvisa paura si fosse accorto della cicatrice da taglio lunga che avevo sopra al ginocchio destro così, assalita dal panico, afferrai il piccolo lenzuolo poggiato sul divano e me lo portai sulle cosce facendolo scendere abbastanza da nasconderle.

Stremata feci fatica a credere che tutta quella situazione fosse reale dunque lo guardai e riguardai lì in piedi, chiuso nella sua felpa nera, nel salotto di casa mia, per giunta alle tre di notte.

«È meglio se resti lì», gli impedii di avvicinarsi «Che vuoi Bryan?»
«Perché così incazzata?»
«Perché per colpa tua Anson avrà immaginato chissà cosa.»
Sollevò le sopracciglia in segno di stupore «Ti ha detto qualcosa Anson?», si fece immediatamente serio. La sua lunaticità era ogni volta spiazzante. I suoi brevi sorrisi finivano sempre per spegnersi e la sua mascella contrarsi.

«No. Allora, cosa vuoi?»
Con uno sguardo celere si osservò intorno, poi a rilento guardò i miei capelli e il mio viso.
«Lascia perdere... tanto non rispondi mai a ciò che domando io a te» dissi sfinita.
Continuava a fissarmi con espressione indecifrabile negli occhi come se volesse mostrami qualcosa ma sarebbe servita più di una laurea in indagini e spionaggio per comprenderlo.

Dopo minuti di silenzio passati a sentirmi un'idiota per la mia incapacità di mandarlo via, Bryan riprese a parlare.
«Vestiti dai»
«Cosa? Sono le tre, perché dovrei vestirmi?»
Era forse matto?
Velocemente afferrò l'angolo del lenzuolo che reggevo per coprirmi, lo tirò forte strappandomelo dalle mani e nascondendoselo dietro la schiena.
«Bryan» urlai mettendomi istintivamente le mani sulle gambe «Smettila di guardare» dissi ad alta voce.
«Sssh» fece imitando la mia reazione di poco prima sul pianerottolo «Allora vestiti.»

Quella sua insolenza mi faceva alterare in modo spropositato. Tentare di mandarlo via dopo averci parlato non avrebbe avuto alcun senso, e poi la curiosità aveva ancora una volta la meglio su di me. Andai in camera e cercai un pantalone di tuta così da vestirmi sbrigativamente.

Lo guardai sospetta mentre legai i capelli in una crocchia spettinata, quando mi vide gettò rapidamente sul divano il mio libro di poesie. Non gli domandai per quale motivo l'avesse preso nelle mani perché andò svelto alla porta tenendola aperta per farmi uscire.

Aspettò che scendessi le scale per prima e mi seguì.
«Perché stai dietro di me come una guardia?» dissi nervosa di averlo dietro come se qualcuno mi stesse pedinando.
«Dovrei risponderti come Calvin o come uno scostumato?»
«Sarebbe difficile per uno scostumato imitare qualcun altro» risposi a trentadue denti avendo intuito quanto gli desse fastidio Calvin.
«Ok. Questioni di prospettive» rispose serio.
Mi voltai all'improvviso facendolo quasi cadere «Che sarebbe?.»
Mi guardò in viso e poi fece scendere gli occhi sul mio pantalone e sul mio sedere, senza rispondere mi superò. Incrociai le braccia incredula non appena compresi il significato di quel gesto «Sono senza parole, sei proprio...» avrei potuto definirlo un maiale o un pervertito o semplicemente uno scostumato ma ignorò le mie parole e finì a due a due le scale lasciandomi indietro così lo raggiunsi velocemente.

Sul marciapiede tirò fuori le chiavi dalla tasca della felpa e se la tolse. Salì sulla jeep e lo stesso feci io, non avrei aspettato che mi aprisse la portiera perché lui era Bryan... né Calvin né nessun altro.
«Dove stiamo andando? È tardissimo.»
Le strade erano desolate e molti lampioni erano spenti.
«Potresti mettere la cintura prima di lamentarti.»

Lo guardai di sottecchi sbruffando per i suoi modi mentre mi allacciai la cintura.
Lui distolse lo sguardo dalla strada per guardarmi e fece un sorrisetto compiaciuto. Il fatto che riuscisse ad ottenere da me esattamente quello che voleva, compresi gesti semplici come attaccare la cintura di sicurezza, mi mandava fuori di senno.

Aprì il suo finestrino e fece ciondolare un braccio fuori.
«Non vorrei essere una rompipalle ma potresti chiudere il finestrino?» provai a chiedergli.
Solo quando distolsi lo sguardo dal suo corpo rispose.
«Metti la felpa, è dietro.»
«È così importante tenere il braccio fuori il finestrino?» sospirai.
Lui incurvò le labbra e annuì.
Non presi la sua felpa, strinsi le braccia per il freddo e guardai fuori il buio delle strade per non avere a che fare inutilmente con la sua indifferenza. Quando accelerò si voltò a guardarmi e chiuse il finestrino.

Ad un certo punto accostò in una zona piuttosto appartata, il rumore del motore si affievolì gradualmente e Bryan si slacciò la cintura.
«Hai intenzione di tenerla?» mi chiese indicando la mia.
Si districò con le dita i capelli che il vento, entrato dal finestrino, aveva scompigliato. Quel semplice gesto fatto da lui avrebbe attirato l'attenzione di donne, uomini, bambini e fantasmi.

«Dove siamo?» fuori si vedeva ben poco, riuscii a intravedere soltanto alberi ai lati dell'asfalto.
Bryan scese dalla macchina e venne ad aprire la mia portiera poi si piegò vicino al mio viso «Andiamo a riprendere una cosa a casa di un amico!»
Mi stava risolutamente confondendo.
«A casa di chi? Non sto capendo un cazzo sai Bryan.»
Si mise a ridere e stavolta una risata sfuggii anche a me per quanto diretta fossi stata.
Scesi dubbiosa anche io dall'auto e lo seguii.

Dopo pochi passi su un marciapiede in frantumi, Bryan si girò verso di me facendomi cenno di non fare troppo rumore. Per quanto poco lo conoscessi riuscivo quasi sempre a capire i suoi sguardi, probabilmente perché fino a quel momento ci eravamo capiti così... con gli occhi. Con le parole, fino a prova contraria, avevamo più di un problema.

«Pensi di potercela fare a scavalcare?»
Voleva che scavalcassi un muro in pietra che circondava,assieme a delle alte siepi, una casa.
«Sei matto? Scavalcare? No, io non lo faccio» incrociai le braccia.
«Ti aiuto io» si avvicinò a me ma lo bloccai nell'immediato poggiando le mani sul suo petto.
«Bryan io non entrerò nella proprietà privata di qualcuno» ero assolutamente sconvolta dalla sua idea insana.
«Ok ci vediamo tra qualche ora.»
Pensavo l'avesse detto per convincermi ma poi lo vidi posizionare un piede su una pietra grande e afferrare altre pietre in cima con le mani per darsi forza.
Non mi piaceva l'idea di entrare in una proprietà ma l'idea di restare ore al buio sola fuori alle tre di notte era decisamente la trama horror di un libro che avrei volentieri gettato nell'immondizia.

«No ti prego, vengo anch'io» dissi in preda all'agitazione, che mi fece uscire la voce più stridula di quanto immaginassi. Bryan scese con un salto e si avvicinò nuovamente a me.
«Ti sollevo il necessario per saltare oltre, d'accordo?»
Ci pensai un po' e alla fine acconsentii guardando il muro grosso alle sue spalle.
«Girati.»
«No, sollevami davanti... tu non mi tocchi.»
Allargò gli occhi e inarcò le sopracciglia scure, quello sguardo di arroganza oramai lo conoscevo bene.

«Guarda che avevo bevuto qualche bicchiere alla cena, ero solo confusa.»
Alzò le mani, ancora più stupito e diffidente di prima. Non avrebbe creduto alle mie parole neanche a ripeterle. Spazientita mi voltai, d'altronde non avrei potuto scavalcare in altro modo.

Bryan mise le mani sulle mie cosce e mi sollevò accanto al muro di pietra. Quando mi alzò, e arrivai in cima, sentii il suo viso sfiorarmi quasi il sedere, questo mi diede la forza e la fretta di poggiare un piede dall'altro lato del muretto e saltare. Dall'ansia finii col sedere in un mare di erba. Mi alzai pulendomi con le mani la tuta un pò umida sul sedere indolenzito dalla caduta, certo un giardino così vasto aveva sicuro irrigatori automatici sparsi e questo spiegava l'erba bagnata. Fui magicamente distratta dal tesoro che ebbi davanti agli occhi. Poco distante da me non una semplice casa ma un'enorme villa a tre piani circondata, oltre che da un giardino immenso, dalle finestre vetrate più lucenti che abbia mai visto. Tuttavia era buio e la casa non era illuminata, avevo decisamente paura di restare sola intrappolata nel circondario di non sapevo chi.

«Bryan ti muovi?» dissi d'un getto «Per favore» aggiunsi credendo di esser stata un po' troppo impulsiva.
Sentii il rumore delle pietre colpite dai piedi di Bryan prima di vederlo scendere con un salto dalla parte dove mi trovavo. Aveva il volto rosso e le vene, sulle braccia tatuate scoperte, in rilievo per lo sforzo.
«Dovresti risolvere i tuoi problemi col buio» disse superandomi.
«Di chi è questa casa? Che facciamo? Devi prendere qualcosa che è nel giardino nascosta?»

Gli sfuggì una risata che provò a contenere. «Mi puoi rispondere senza ridere? Anzi, mi accontenterei della risposta.»
«No Micol, non c'è niente di nascosto nel giardino se non il Dobermann del proprietario.»
Spalancai gli occhi e gli strinsi istintivamente il braccio con entrambe le mani attaccandomi a lui «Scherzi?»
«No, dobbiamo entrare. Seguimi e fa' come ti dico, senza domande. Puoi sforzarti?»
Le mani che stringevo sul suo braccio si trasformarono in un pizzicotto «Ahia, provaci un'altra volta e basterà un fischio per lasciarti qui con il cane...»
"Ma perché ho accettato di venire con lui" pensai ad alta voce, in realtà stavo piagnucolando ridicolmente.

Bryan si mosse lentamente tra l'erba fresca e profumata ed io gli afferrai la mano per seguirlo e stare al suo passo e ai suoi comandi. Non sembrò infastidito da quel gesto, soltanto guardò la mia mano attorcigliata alla sua trascinandomi.
«Giù» disse «A destra c'è una telecamera, è l'unica e per questo gira per riprendere ogni angolo.»
Strinse la mia mano pochi attimi dopo «Ora. Alzati.»
Mi fece correre e poi poggiare di colpo la schiena al muro accanto ad un finestrone specchiato. Mantenni il respiro, avevo paura che qualcuno potesse beccarci o peggio di essere lo spuntino del Dobermann.

Bryan tirò fuori, con una mano, una tessera rigida e la infilò nella fessura di quella finestra muovendola energicamente come se già sapesse quale punto andare a smuovere, dopo una manciata di minuti sentimmo uno scatto. E il finestrone si aprì.
«La mano.»
«Cosa?»
«La mano Micol, se me la lasci entro»
«Scusa» dissi lasciandogliela libera, imbarazzata di avergliela tenuta stretta fino a farla diventare rossa e sudata. Entrato dentro mi fece cenno di raggiungerlo.
«Non ha mai riparato quel lato di finestra» disse aiutandomi a saltare il davanzale.
Quella non era una semplice casa era una reggia «Ma chi ci abita qui? Il signore degli anelli?.»
Non seppi più se a spaventarmi fosse tutta la ricchezza che mi circondava o la serratura guasta della finestra scassata.
«Aspettami qua.»
«Bryan» dissi tirandolo dalla maglia «Ti prego non lasciarmi qui tanto tempo, attenzione» quasi lo supplicai con il cuore in gola.
«Tranquilla pulce, conosco bene questa casa.»
Mi guardò negli occhi e si allontanò per salire una lunga scala a chiocciola in legno pregiato.

Nell'attesa iniziai a guardarmi intorno contando mentalmente i secondi che formavano i minuti sperando di non arrivare alle ore. In realtà era un efficace anti stress contare, mi distraeva dal panico che sentivo dentro. Stavamo rubando? No, no, no. Eliminai subito quel pensiero dalla mente. Bryan aveva detto di conoscere bene la casa quindi non c'era motivo di pensare che fosse di uno sconosciuto da derubare. Ma perché scassare la finestra? Contare non servì più così iniziai a mangiucchiarmi smaniosamente le unghia osservando i tantissimi quadri attaccati alle pareti dorate e le statuette animalesche agli angoli della stanza, chiedendomi tra me e me quante stanze ci fossero in quella casa a dir poco reale. Mi avvicinai ad una cornice su una mensola ripiena di perle avente una foto in bianco e nero di una coppia quando qualcuno mi toccò il fianco.

Sobbalzai trattenendo le grida con una mano sulla bocca e caddi su Bryan.
Chiusi gli occhi dalla paura e misi una mano sul cuore pensando che stesse battendo così convulso da poter esplodere.

«Come ti viene in mente di apparire così?Mi hai spaventata a morte» mi avvicinai per pizzicarlo ma schivò la mia mossa per non far cadere quello che reggeva sotto un braccio, coperto da un telo nero bucato sembrava esser un quadro o una grande cornice.
«Cos'hai preso?» indagai.
«Dopo» rispose.
Uscimmo velocemente dal finestrone, rispettando di nuovo il roteare lento della telecamera argentata in cima.

«Con questo non riesco a scavalcare, usciamo davanti» annunciò facendo cenno alla sagoma che reggeva.
Mi condusse dalla parte frontale della villa dove vi era un'enorme terrazzo. In mezzo al verde tre panchine in ferro nero circuivano un'altalena in legno.
«Wow» esclamai sbalordita.
Bryan guardò me e poi l'altalena, si avvicinò ad una panca e vi posò sopra quanto aveva preso dentro casa.

Era così bella, pensai a quanto fossero felici i bambini che ne possedevano una e quanto avrei voluto regalarne una a chi non possedeva niente.
Sentii il sorriso morire sul mio viso.
«Ti piace?»
«Da impazzire... tutti i bambini dovrebbero averne una. Ma di chi è tutto questo?»
Non mi rispose, in realtà non mi diede neanche mezza informazione su dove ci trovassimo e su cosa avesse preso.

Inconsapevolmente mi avvicinai all'altalena e mi ci sedetti sopra tenendomi dalle corde rosse ai lati. Con le punte dei piedi iniziai a dondolarmi.
Bryan si poggiò con la schiena ad uno dei tronchi che mantenevano l'altalena, le mani raccolte dietro e la testa chinata... mi guardava dondolarmi avanti e indietro non lasciando neanche un secondo i miei occhi. Gli sorrisi e venne davanti a me a passi lenti.
«È proprio impossibile non fare domande vero?»
Ogni maledetta volta che mi stava vicino sentivo una strana sensazione addosso a tratti insopportabile, e soprattutto dicevo tutto quello che mi veniva in mente senza pensarci tanto, talvolta non pensandoci proprio.
«È proprio impossibile non fare lo stronzo vero?»
Sospirò e con entrambe le mani prese le corde dell'altalena facendomi oscillare pacatamente «Vuoi che risponda alle tue domande? Fammene una vera.» disse bisbigliando.

Riflettei istantaneamente sulle sue parole, avrei dovuto giocare quella carta al meglio. Avrei potuto chiedergli cosa avesse preso dentro, cosa avessero lui e Calvin o ancora meglio cosa provasse per Lara. Ma non volevo essere banale, volevo sapere se fosse una persona vera o se i suoi sbalzi d'umore fossero dovuti a comportamenti che si imponeva. Delle volte era indifferente, altre volte comprensivo... delle volte mi sorrideva, altre volte mi ignorava. Volevo sapere più di ogni altra cosa se gli piaceva passare del tempo con me o se non mi sopportava.

«Quando è stata l'ultima volta che hai mentito?»
Bryan mi guardò sbigottito, i suoi occhi luccicavano di stupore. Se fosse stato leggermente più vicino a me non sarei riuscita a parlare, ne ero sicura i suoi occhi mi avrebbero bloccata.

Sospirò e socchiuse gli occhi pensandoci.
«Un'ora fa» rispose bloccando di colpo l'altalena scuotendomi, mi tenni forte per non cadere all'indietro.
«Cosa? Ma, tu, insomma eri qua con me»
Fece spallucce «Non c'è nessun Dobermann, volevo soltanto che non facessi troppe storie.»

Incredibile, mandò all'aria non solo una domanda così seria ma anche la mia pazienza. Mi sentivo girata e rigirata come una frittata.
Mi alzai dall'altalena e mi avvicinai a lui inferocita, d'istinto indietreggiò sorridendo.
«Bryan Torrens» se il mio sguardo avesse potuto ucciderlo, non avrebbe esitato. Ero stata in ansia per tutto il tempo, avevo stretto il suo braccio con una paura irripetibile per niente.
«Tu sei uno stronzo, arrogante e furbo» sentivo il nervosismo crescere in me.
D'un tratto mi sentii sollevare da terra come un vero sacco di patate, Bryan mi aveva alzata da terra come un fulmine.
«Mettimi giù stronzo scostumato.» provai a tirarlo per la maglia e a graffiarlo.
«Tu Micol Ward sei una fottuta pulce e parli così tanto da stordirmi.»

Avremmo continuato a litigare se un'acquazzone improvviso non ci avesse colti in flagrante. Mi fece scendere e corse a prendere quella sagoma coperta da un telo.
Cercai di ripararmi il viso con le mani poggiate sulla fronte, la pioggia aumentò sempre più e l'erba divenne scivolosa.
Bryan corse verso di me «Vieni Micol, il cancello» disse indicando un cancello poco alto.
Improvvisamente la luce di una finestra in cima alla villa si accese e iniziai a correre più veloce di prima, l'agitazione mi fece perdere il controllo delle mie gambe.
I capelli di Bryan fradici gli coprivano non soltanto tutta la fronte ma arrivavano fin sopra gli occhi quasi impedendogli di vedere.
Scavalcò velocissimo «Dammi la mano Micol.»
Misi un piede nel foro del cancello e gli diedi la mano che afferrò per aiutarmi a scendere.
Iniziammo a correre lungo il marciapiede girando attorno alla villa per raggiungere la macchina, fin quando non scivolai bruscamente sul terriccio bagnato al lato del marciapiede.
«Merda, ti sei fatta male?»
Bryan si piegò sulle ginocchia, con una mano spostò i capelli che mi ricadevano davanti gocciolanti e mi fece alzare.

Mi guardai le gambe sporche di terra e fango, feci un giro su me stessa «Sono piena di fango ovunque vero?»
Bryan si morse il labbro inferiore guardandomi dalla testa ai piedi.
«Ok non puoi salire sulla mia auto così.»
«Tu stai scherzando.»
«Mmh no, penso di essere molto serio.»
Impallidii davanti a quella sua espressione saccente «Non vorrai lasciarmi qui?»
Temevo quasi potesse davvero farlo, la pioggia continuava a cadere senza tregua, eravamo bagnati completamente e il mio pantalone divenne pesante sulle gambe per il fango appiccicatosi.
Bryan aprì lo sportello della jeep e prese la sua felpa nera porgendomela «Metti questa.»
Pensai di metterla sul sedile così aprii lo sportello e feci per sistemarla.
«Micol intendevo dire spogliati e indossa questa!»

«Spogliarmi? Togliermi i pantaloni qui?»
«Certo, con tutto quel fango sporcheresti ogni cosa compreso il sedile in pelle.»
Trattenere la rabbia che mi ribolliva dentro fu una delle mie più grandi imprese.
«Sempre che tu non voglia rimanere qui» sorrise.
«Sta' zitto, sai in questo momento vorrei solo il tuo silenzio. E girati grazie»
«Guarda che non ti guardo.» disse facendo un broncio malizioso.

Scusate la lunghezza del capitolo, in realtà avrei continuato volentieri entrando nel vivo della serata ma non volevo appesantirvi la lettura. Spero tanto vi piaccia questo capitolo 🖤

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro