19
Addosso una felpa larghissima blu mi copriva tenendomi interamente al caldo. I miei lunghi capelli erano adagiati su un piccolo cuscino nero sul divano.
Quel profumo era in ogni fibra di quella felpa e dopo essermi svegliata in ogni fibra della mia testa, troppo facile da riconoscere.
Mi sollevai a mezzo busto cercando di acquisire lucidità. Alzai lo sguardo e vidi una tela completamente rossa. Ricordai di aver provato a dipingere con una spugna e di aver osservato Bryan continuare a farlo dopo aver sfiorato le sue mani tutto il tempo.
Ma soprattutto riflettei sul perché fossi sul divano del suo magazzino, sola.
Sentii le orecchie andare a fuoco quando pensai all'impegno preso con Calvin. Non poteva essere vero.
Sobbalzai da quel divanetto cercando intorno Bryan, ma non c'era.
Tolsi la felpona blu e mi ricomposi sistemandomi la camicetta e districandomi i capelli.
Nel mezzo della strada presi il cellulare, non ricordavo di averlo spento. Lo riavviai e chiamai l'unica persona che avrebbe reso tutta quella situazione meno assurda: Brianna.
"Micol?"
"Se sei in giro potresti venirmi a prendere?"
"Dove sei?"
"Uhm vicino il magazzino di Bryan"
"D'accordo arrivo"
Questa volta non c'erano bugie che reggessero. Brianna mi avrebbe vista vestita come la sera precedente, e se avessi lasciato addosso la felpa di Bryan l'avrebbe senz'altro riconosciuta subito. In pochissimi minuti vidi la Smart nera svoltare e frenare di getto, vi salii.
Dietro un palloncino rosa di chewing gum esploso sbucava la faccia sbalordita di Brianna.
«Possibile che ogni volta che mi cerchi stai qua? Proprio stamattina ho visto Bryan con Lara vicino il Joy»
Sgranai gli occhi «Ah si? E che stavano facendo?»
«Lara biascicava qualcosa ad alta voce, poi hanno iniziato a baciarsi e quella scena me la sono risparmiata andandomene»
Mi sentii improvvisamente una grandissima stupida, guardai perplessa davanti a me, sentii gli occhi perdersi automaticamente in un vuoto totale.
«Tutto ok? Sembri strana forte stamattina»
«Certo» balbettai.
«Ma che ci facevi da Bryan? Sei stata nel suo magazzino?»
«So che è molto bravo a dipingere, ero passata per chiedergli un parere sul lavoro che ho da fare, ma non l'ho trovato dentro.»
Mi guardò di sottecchi assolutamente incerta, certo con quella faccia non avrei convinto neanche il più credulone dell'intera California.
«Mi prendi in giro Micol?»
«È così... sai quel nuovo lavoro, te l'avrei detto se fosse stato altro»
«Ok» rispose secca.
«Vuoi sapere perché sembro strana?»
Distolse l'attenzione dalla strada per guardarmi.
«Dovevo andare a fare surf con Calvin ma l'ho completamente dimenticato.»
«Grande, non ti lascerà più in pace finché non ci uscirai, lo sai vero?»
«Già, spero non se la sia presa!»
«Beh hai tempo fino ad oggi per studiartela bene amica, poi verranno da me compreso lui!»
Avrei avuto modo più tardi di pensare a cosa dire a Calvin. In quel momento per la testa correva un solo e unico pensiero, solo due persone, Bryan e Lara insieme.
Iniziai a convincermi che forse ero la sola a dare valore a ogni cosa. Gli altri si comportavano sempre come se vivessero sul piano superiore di uno spazio superficiale, non avrebbero mai conosciuto la profondità delle cose. E tra queste persone ora ai miei occhi ne faceva parte anche Bryan. Avrei dovuto smetterla di pensarci, di pensarlo. Mi morsi forte il labbro dal nervosismo fino a provocarmi sangue... perché io non riuscivo a spiegarmelo un simile atteggiamento e, ancor più, un simile attaccamento.
«Grazie Brianna, ci sei sempre quando ho bisogno.» le dissi sulla porta.
«Puoi giurarci Micol, sono felice tu sia qua!.»
Entrai in casa e mi abbandonai ad una doccia bollente, l'aria colma di vapore appannò ogni cosa nella stanza lasciando goccioline ovunque, divenne quasi difficile respirare.
Sarei dovuta andare da Brianna, perlomeno avrei dovuto scusarmi con Calvin. Senza pensarci troppo a distanza di qualche ora bussai alla porta della casa di fronte alla mia.
C'era Bryan in piedi poggiato con la schiena alla porta della cucina, fissava il display del cellulare. Quei suoi occhi erano una catastrofe anzi, io lo ero perché non mantenevo il dominio sui miei pensieri.
Brianna doveva sicuro essere in cucina, Calvin invece era seduto sul divano con le braccia aperte, mi fissò abbozzando un mezzo sorriso. Ignorai Bryan che si accorse della mia presenza e mi sedetti vicino a lui.
«Calvin mi dispiace, io...» iniziai a dire subito ma m'interruppe «No Micol dispiace a me. Ti chiedo scusa per non averti avvisata, per non esser passato ma ho avuto un imprevisto» alzò la testa voltandola per guardare Bryan con volto teso.
«Non fa nulla» gli sorrisi poco dopo, restando incredibilmente perplessa ma alquanto sollevata da quella ammissione, non riuscii a trovare le parole per dire quella mezza verità e ammettere a Calvin di essermene dimenticata.
Quando Bryan scorse i miei occhi sentii tutto ciò che avevo in pancia fare mille acrobazie.
Nella stanza un completo silenzio tombale, finché il timer del tostapane suonò fortissimo ed entrò Anson in contemporanea spalancando la porta e urlando. Puntava il dito contro Bryan.
«Dove cavolo eri finito?»
Si avvicinò sempre più a lui «Mi hai lasciato a secco amico.»
«Avevo da sistemare a casa» mi guardò quasi imbarazzato, uno sguardo sentito come mortificante.
«Laretta lo ha prosciugato» lo beffeggiò Brianna intromettendosi nella loro conversazione.
«Ah ora è così che vanno le cose, prima la scopata con Lara e poi io?»
«Piantala di fare il coglione» rispose con tono acido Bryan venendo a sedersi sul divano, di fronte a me.
Certo, non avrebbe mai potuto dire a nessuno di loro di aver passato del tempo con me. Ero sicura, se ne vergognava, io ero l'ultima arrivata e fino a quel momento mi ero comportata in un modo inesplicabile nei suoi confronti. Non avrei potuto dirlo io, avrei rispettato la sua posizione qualunque essa fosse stata.
Smorzò quel silenzio Calvin «Stasera esci con me, c'è la serata al Sarab, ci divertiamo» i suoi occhi brillavano di un'astuzia inconfondibile. Non riuscivo a comprendere il perché lanciasse sguardi insoliti a Bryan e, da quando arrivò, anche ad Anson.
«Si va bene» dissi e guardai fisso Bryan che non scollava un secondo lo sguardo dal mio viso.
Non mi interessava uscire con Calvin, non mi interessava dimostrare agli altri che potevo e sapevo divertirmi anche io come tutti quanti loro, non mi interessava apparire fuori luogo, strana o scomposta. Mi interessava concedere il mio tempo a chi voleva apprezzarlo, e Calvin lo voleva.
«Ci sarò anche io!» mi strinse la mano Brianna contenta.
Lei era la persona più eccentrica mai incontrata ma forse l'unica a non trovarmi una matta.
«Passo prima delle dieci di stasera, così abbiamo del tempo per stare insieme, ti va?»
«Si certo che mi va Calvin.»
Brianna masticava goffamente il suo doppio toast e seguiva ogni nostra mossa «Micol fossi in te mi metterei una benda sugli occhi per rendere il tempo più piacevole.»
«Brianna cara Brianna... ma se mi mangi con gli occhi da sempre!»
«Calvin ora strappo i tuoi di occhi e giuro di mangiarli sul serio» ribatté Anson suscitandomi un'ampia risata.
Dopo diversi minuti salutai tutti alzandomi.
Uscii e inspirai fortissimo poggiando la testa sulla porta e chiusi gli occhi che quasi presero a pizzicarmi per la persona che diventavo in sua presenza e che non ero.
Per qualche strano istinto ebbi una reazione automatica e mi voltai, sbarrai gli occhi quando vidi Bryan fermo tra la porta di casa di Brianna e la mia.
Lo ignorai e svelta cercai di aprire la porta ma dall'imbarazzo dovuto alla sera trascorsa mi comportai come una perfettissima imbranata facendo sbattere le chiavi sul pavimento.
Mi piegai, maledicendomi mentalmente, per prenderle e Bryan fece lo stesso guardandomi divertito.
«Divertente vero?» dissi acidamente alzandomi e aprendo la mano in modo che potesse riconsegnarmi le chiavi, ma compresi subito che non era nelle sue intenzioni farlo.
«Potresti per favore darmi le mie chiavi?.»
«Perché vai già via?.»
«Perché voglio tornare a casa. Se tu mi dessi le chiavi!»
«Eri venuta solo per scusarti con Calvin?.»
Io e Bryan non riuscivamo a iniziare e a concludere un normalissimo dialogo perché ci scagliavamo entrambi domande senza darci una risposta, e se non c'erano domande c'erano silenzi e se mancavano anche quelli allora c'erano gli occhi. E poi tutto d'accapo.
«Ti vergognavi a dire che avevi passato del tempo con me?»
Scosse la testa.
«Non sapevo cosa inventare, tu perché non lo hai detto?» gli chiesi.
«Perché non era importante.»
«Potresti ridarmi le chiavi... per favore.»
Me le restituì fissandomi attraverso l'oro colato dei suoi occhi, con un'espressione arida, insensibile.
Smisi di ascoltarlo, inserii le chiavi nella serratura e non appena fecero lo scatto entrai.
Fanculo chi diceva che le parole non contavano niente, che erano i fatti ad essere importanti. Le parole contano, conta chi le dice, sanno ferire.
***
«Donzella sei uno spettacolo, prego» scese dalla macchina per aprirmi la portiera.
«Lo fai sempre oppure è un gesto d'effetto che fai alla prima uscita?»
«Solo alla prima uscita, ma sono disposto ad aprire diverse portiere» disse sorridendo.
«Calvin» lo rimproverai spalancando la bocca.
«Che c'è?» fece la faccia da finto innocente.
«Sei incredibile... com'è che si chiama questo posto?»
«Sarab, come la città iraniana.»
Aggrottai la fronte «Nome insolito da dare ad un locale ma suona bene, mi piace.»
«I fondatori sono di quelle parti, sono vecchi amici di mio padre sai... davvero in gamba e poi è un locale tranquillo vedrai» disse sorridendomi «Tu ancora devi parlarmi bene delle tue di origini» aggiunse poi lasciandomi esterrefatta.
«Uhm la mia è una famiglia molto modesta... e piccola» tossii non sapendo a quale altro specchio arrampicarmi.
«Non ti mancano i tuoi ora che sei venuta qui?»
Le parole di Calvin erano carri di mattoni che cadevano gli uni sugli altri creando un muro duro e insormontabile.
E succedeva sempre, il cuore tirava calci dentro al petto e il respiro si infiacchiva rendendomi schiava dei miei pensieri che come ossigeno mi mantenevano viva.
Ma quanto contava sentirsi vivi quando dentro si era già morti da un pezzo?
«Certo, mi mancano moltissimo» risposi. Una frase che uscì dalle mie labbra leggera come l'aria, senza fatica perché tanto ero abituata a dirle... le balle.
Mentivo, la vita mi costringeva a farlo e dicevo bugie. Per mascherare, per sentirmi giusta, per convincere me stessa prima degli altri che le cose delle volte potrebbero andare bene e che forse da un vetro rotto se ne può ricavare uno nuovo anche se questo soleva dire esser menzognera.
Che la vita diventa sempre più aggressiva e ci sfugge, ci scivola tra le mani come quel pezzo di vetro rotto tagliandoci.
Non lo sapeva nessuno eccetto la signora Temper. Lei lo sapeva che fingevo tutte le volte che mi chiudevo a riccio coprendo l'esterno con le mie bugie.
Bugie bianche, nere, innocenti, ingiuste ma qual'era la differenza? Nessuna. E ci stavo male, mi sentivo un mentitore.
Ma non avevo altra scelta.
«Immagino. Devi esser molto più forte di quel che appari Micol» disse poi Calvin chiudendo quel discorso.
Fuori una fila immensa di persone era delimitata da un cordone rosso e da due guardie in divisa nera abbastanza massicce e muscolose. Se lo scopo era quello di intimorire chi, non in regola, cercava di entrare riusciva abbastanza bene.
Calvin mi prese per mano «Non lasciare la stretta mai, vieni» mi condusse direttamente all'entrata saltando la coda, nessuno sembrò lamentarsi.
«Te l'ho detto sono vecchi amici di mio padre, io sono ospite speciale del club!» disse orgoglioso di quel che pareva esser ai suoi occhi il più grande privilegio che si potesse mai ottenere dalla vita.
Il locale era molto più grande di quel che mi aspettavo e soprattutto era colmo di gente ed io, tenendomi stretta la mia fobia della folla, obbedii non lasciando la sua mano.
Persi il conto delle persone che Calvin si fermò a salutare presentandomi. D'un tratto scorsi Brianna in un vestitino aderente argentato che sorrideva sfregandosi in un ballo movimentato ad Anson. Mi intravide e venne ad abbracciarmi sudata e felice di vedermi.
«Accidenti Micol che bomba» guardò meravigliata il vestito lungo blu che avevo indosso, me lo aveva regalato Uli per il mio diciottesimo compleanno.
«Magari più tardi, sto con Calvin» le risposi alzando gli occhi al cielo.
«Okay se ti importuna troppo fammi un cenno» mi diede ridendo un bacio sulla guancia e ritornò sulla pista da Anson.
«Che ti prendo da bere?» si avvicinò Calvin.
«Non mi va nulla» scossi la testa.
«Andiamo solo stasera che sarà mai un bicchiere, rum?» urlò per contrastare il rumore nella stanza dovuto sia alla musica che alle urla delle persone presenti.
«Si d'accordo» gli sorrisi; un sorriso che si spense immediatamente quando vedendolo allontanarsi per andare a prendere da bere intravidi Bryan. Era sostenuto da un gomito poggiato sul bancone.
Distolsi lo sguardo dai suoi capelli scompigliati solo quando una ragazza nel passare mi diede una gomitata forte da bloccarmi il respiro.
«Dov'è il tuo fidanzato?» un ragazzo dai capelli biondo platino mi chiamò.
«Chi??»
«Lui ti presenta come sua fidanzata sappilo» rise di gusto.
Guardai confusa lui e i due ragazzi che lo affiancarono immediatamente «Josh ti spacco quella faccia da stronzo che hai se non la finisci di provarci con la mia ragazza» disse Calvin alle mie spalle, reggeva due bicchieri lunghi di plastica ghiacciati «A lei donzella» me ne porse uno.
«Grazie ma questa storia della ragazza è da rivedere.»
Seguì il coro degli amici che lo spintonarono sghignazzando in risposta alla mia battuta.
«Arrivo subito Micol» Calvin mi strinse affettuosamente il polso allontanandosi con il trio di ragazzi. Iniziai a credere che forse la storia della "ragazza" gli stava davvero sfuggendo di mano.
Mi muovevo seguendo il ritmo della musica sorseggiando dalla cannuccia il mio drink, in realtà era l'incessante sete che mi spingeva a berlo e ogni groppo era amaro da farmi storcere il naso.
Fu un'attimo, un singolo istante, un gesto fulmineo. Qualcuno mi prese per un polso trascinandomi velocemente nel bagno e chiudendo a chiave la porta. Individuai lontano dalle luci della sala il volto, lo riconobbi subito. Bryan mi prese per i fianchi costringendomi a poggiarmi all'altezza del lavandino in marmo e si precipitò su di me.
Lentamente prese dalle mie mani il cocktail che reggevo e ne buttò la cannuccia a terra per poi bere tutto l'alcol rimasto dentro d'un fiato.
«Che cavolo fai era mio»
Provai a superarlo per andarmene ma mi teneva bloccata col suo corpo.
«Peccato si sia finito»
Mi guardò insistentemente con un'espressione indecifrabile ed io iniziai a sbattere nervosamente gli occhi.
«Sai Bryan, è meglio quando non parli.»
«Sai Micol, non è il momento giusto per provocarmi. Potrei tacere e non so» fece una pausa posando lo sguardo sulle mie labbra «se ti converrebbe adesso.»
Avrei voluto allontanarlo da me ma era tutto inspiegabile, compresa la mia voglia di sentirlo parlare ancora. Perché io, quando lui parlava, restavo incantata e non ne avevo mai abbastanza.
Io che non avevo mai creduto che due persone potessero combaciare mi ritrovai a pendere dai pensieri di un ragazzo che mi aveva mostrato tutto fuorché sicurezza.
«E tu che ne sai che non mi converrebbe?»
«Non converrebbe a nessuno dei due» disse quasi come un sussurro avvicinandosi a pochi centimetri dal mio viso tanto da percepirne l'odore fresco del cocktail che mi aveva rubato.
Mandai giù a fatica un groppo di saliva.
«So decidere per me stessa, fammi passare» riuscii a spostarlo ma mi afferrò nuovamente dal braccio tirandomi.
«Ma che fai?»
«Gli piaci così tanto che ti ha dato tequila e vodka al posto del rum e non te ne sei neanche accorta!»
«E a te che importa?.»
Non rispose ma nei suoi occhi c'era una guerra in atto, e non potei fare a meno di guardarli se non potevo unirmi alla guerriglia.
«Volevi dicessi che era importante?»
Non lo capivo proprio. Metteva insieme pensieri sconnessi, non aveva senso tutto questo.
«Non c'è Lara e tutti gli altri e ti avvicini parlandomi?.»
«Non hai risposto alla domanda»
«E tu non hai risposto alla mia Bryan. Non sono stupida sai!»
Sentimmo dal corridoio che conduceva ai bagni la voce alta di Calvin.
D'istinto sospirai e sentii gli occhi luccicarmi perché avrei voluto rifugiarmi tutto il tempo rimasto in quel bagno piuttosto che fingere il resto della serata, fu poi inevitabile pensare alle domande di Calvin sulla mia famiglia.
Bryan mi prese il mento tra le dita «È successo qualcosa? Ha fatto qualcosa Calvin che ti ha dato fastidio?.»
«No, nulla Bryan»
Era estremamente vicino a me, i nostri corpi riuscivano a sfiorarsi.
«Fidati se sentissi cosa ho dentro non ne usciresti vivo.»
Seguì una pausa.
«O non ne uscirei più.»
La sua voce rauca e le emozioni contrastanti che provai mi mandarono il cervello in tilt, le mie azioni non dipendevano più da quanto giuste dovessero essere ma da quanto grandi fossero le mie sensazioni.
Poggiai la testa sul suo petto e attaccai il mio corpo al suo addome.
«Voglio tornare a casa Bryan!»
Non riuscivo a capire quali fossero i miei battiti e quali i suoi. Lo sentii sospirare profondamente, il suo petto si sollevò e abbassò ripetutamente.
Le sua mani fredde scivolarono sulla mia schiena, le sue dita accarezzarono i miei fianchi sopra la seta leggera del vestito. Ogni sensore del mio corpo si attivò immediatamente.
«È meglio se chiami Brianna.»
«Lascia perdere. Lo dico a Calvin» mi allontanai definitivamente da lui aprendo la porta. Mi voltai a guardarlo: aveva le mani poggiate sul davanzale, gli occhi a fessura riflessi nel marmo bianco, la fronte aggrottata.
Ci sono persone che hanno il dono di scaldarti le increspature che sgualciscono il cuore sciogliendole anche soltanto con un piccolo gesto; poi persone che hanno il difetto di raffreddare ogni antro e sono le più temibili perché a loro serve ben meno di un piccolo gesto. Bryan non aveva un dono, ma neanche un difetto. Aveva un potere... raffreddava ogni mia forza, ogni mia azione, tutto il mio spirito e poi come un sole che non tramonta mai scongelava tutto, se voleva anche oltre il tutto.
Io non possedevo niente di tutto ciò. Però avevo paure, e quella più grande era sempre stata incontrare una persona simile ad un'altra che mi portavo costantemente dietro, dentro. Quella freddezza l'avevo già respirata senza tregua nell'uomo che in passato mi tolse tutto, oltre che le forze il fiato.
Raggiunsi la sala spintonando a destra e a sinistra ragazzi sudati fradici e coppie che ballavano palpeggiandosi. Trovai e spinsi Calvin per un braccio «Vorrei tornare a casa, mi accompagni?»
Si voltò e mi guardò leccandosi il labbro inferiore «Ragazzi vi saluto, la mia fidanzata vuole stare con me da soli» disse ridendo agli amici con cui stava scherzando prima che lo interrompessi; finsi di non aver sentito nulla per una volta, non ero in vena di controbattere alle sconce affermazioni di Calvin.
Saliti in macchina mi guardò attentamente.
«Non ti sei divertita? Guardavo tra la folla ma eri come sparita!»
«Si, ero uscita fuori a prendere una boccata d'aria.»
«Ti ho cercata ovunque. Volevo ballare con te.» disse poi mettendo una mano sulla mia gamba che guardai immediatamente sbigottita. Mi schiarii la voce per evidenziare l'inadeguatezza di quella sua mossa, ma Calvin la lasciò sulla mia gamba.
Arrivati vicino casa stetti per ringraziarlo e salutarlo ma improvvisamente fece salire il suo palmo raggiungendo la mia coscia. Nella mia testa si sovrapposero mille campanelli d'allarme.
«Ma che stai facendo Calvin?»
«Sei così bella Micol.»
Tolse la sua cintura di sicurezza e allungò l'altro braccio rimasto libero per afferrarmi un fianco in una morsa stretta. Rimasi pietrificata nel sedile freddo dell'auto.
«Calvin...»
«Il modo in cui mi chiami è così sensuale»
«Okay basta Calvin, stai esagerando.» lo avvertii quando il suo fiato fu decisamente faticoso e vicino al mio collo.
«Non mi interessa nulla di quello che dice, tu mi piaci così tanto Micol.»
La sua mano saliva ancora accompagnando le sue parole, in preda alla confusione misi una mano forte sul suo petto per allontanarlo da me.
«Caccia quella cavolo di mano Calvin, basta!» urlai.
«Scusami» disse «Non credevo potesse darti fastidio.»
«Fottiti Calvin.» scesi velocemente scossa dall'auto aprendo immediatamente il portone e correndo su per le scale prima che potesse raggiungermi.
Spero possa piacervi questo capitolo🖤
Mi farebbe immensamente piacere se lo votaste accendendo una stellina💫
Scusate l'eventualità di qualche errore e grazie delle 3mila visualizzazioni, non immaginate neanche lontanamente quanto possa esserne felice nel profondo.
Che ne pensate del comportamento di Calvin? E soprattutto quanto vi fa arrabbiare il carattere enigmatico di Bryan?
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