17
Controllai per la millesima volta il progetto da portare alla IASFOC. Avevo trasferito le idee appuntate sul pc creando una presentazione su power point e volevo fosse tutto perfetto. Sentivo farsi strada dentro di me la speranza di poterci riuscire ma lasciai dissolversi tutte le aspettative perché io lo so, queste ingannano, abbagliano e poi deludono.
Estrassi dal pc la pennetta nera e andai a fare una doccia fredda. Poche ore di sonno e continui tormenti che mi martoriavano il cuore al solo ricordare, al solo tentativo di avvicinarmici per far combaciare una volta per tutte il dolore alla verità troppo difficile da reggere. Il mio sogno era ancora vivido e doloroso.
Le crepe erano più infossate del solito negli angoli di quei muri bianchi che circoscrivevano una stanza umida e priva di vita.
«Non la passerai di nuovo liscia» sbraitava quell'uomo spietato dalla barba sagomata rinsecchita dal fumo del tabacco che era abituata a ricevere.
"Urla" pensavo nella mia testa ma la coscienza rapida mi ricordava che li comandava lui, replicare avrebbe peggiorato il correre delle cose nelle ore seguenti.
«Dormi Micol, vedrai che domani si calmerà» diceva Uli. Ma la schiena mi bruciava, il dolore mi consumava. Le crepe erano più infossate del solito e quei muri bianchi erano le pareti di una delle distruzioni più grandi. La predilezione di un avaro è la manipolazione, e l'anima di colui che sceglie di essere un manipolatore giacerà per sempre defunta in una terra obliata dall'amore.
Dopo essermi vestita misi la piccola pendrive e il cellulare nella borsa, afferrai l'idea cartacea riposta precedentemente in una cartelletta e uscii di casa. Sobbalzai quando aperta la porta vidi dinnanzi a me Calvin, aveva un braccio sollevato in un pugno chiuso.
«Scusami, stavo per bussare» disse accennando un sorriso ammaliante.
«Cc-ciao Calvin, mi hai fatto prendere un colpo.»
«Sei scappata da casa di Anson e non ti ho più rivista.»
Rimurginai sul perché ero andata via, immediatamente ripercorsi la serata trascorsa con Bryan, le sue parole aguzze che mi avevano occupato con prepotenza i pensieri.
«Scusa, non mi sono sentita tanto bene!» mentii non trovando altre scuse accettabili.
«Domani è venerdì, nel caso tu abbia dimenticato il nostro appuntamento sono venuto a dirti che passo a prenderti poco prima dell'alba, che ne pensi?» sorrise poggiando una mano al lato della mia testa sul muro.
Giusto, il surf... Appuntamento? Non l'avevo vista esattamente così.
«Oh, si certo Calvin» dissi frettolosa di sbrogliarmi da quella circostanza.
«Sei davvero molto bella» avevo soltanto indossato una camicia bianca aderente su un jeans scuro ma ero sicura me l'avesse detto in qualsiasi caso «Dove stai andando?» mi chiese incuriosito.
«Grazie» arrossii quando il suo sguardo balzò dalle mie labbra al mio seno. «Ho un colloquio di lavoro» la feci breve.
«Dove? Ci tengo ad accompagnarti» si offrì.
Un passaggio non mi avrebbe fatto male e forse parlando con qualcuno avrei rimandato il conflitto con la mia ansia così accettai seguendolo giù per le scale e in macchina.
«Sei nervosa? Io dico che andrà bene.» cercava di incoraggiarmi e apprezzai questo suo tentativo di trasmettermi positività.
È vero, ero tremendamente nervosa e iniziai a mordicchiarmi le unghie, se avessi continuato le mie mani sarebbero state identiche a quelle di un soldato in trincea.
«Sai si tratta ancora di quel famoso impegno di giorni fa» gli spiegai prendendo parola. Ricordai in un attimo il bigliettino lasciato fuori la porta di casa, quel bigliettino rimasto soltanto una leggenda mitologica «Vorrei tanto questo lavoro Calvin, il tempo scorre e presto mi troverò affitti da pagare e spese da affrontare.»
Dio mi sentivo semplicemente spacciata.
«Micol rilassati. Io dico che ti prenderanno con loro non appena ti vedranno così sexy» disse con un mezzo sorriso.
Calvin sapeva inserire malizia in qualsiasi discorso facesse, la sua sicurezza era a dir poco disarmante.
«Ecco puoi girare a destra e lasciarmi qui!» gli dissi non appena intravidi la via Twin Street.
«D'accordo. Posso passare più tardi Micol, noi altri ci vediamo da Brianna per cui» ero totalmente accecata dall'ansia e in quel momento fu difficile ragionare su quanto tempo avrei potuto impiegarci a presentare il progetto. Calvin lo comprese.
«Vengo qui fuori tra un'ora, non preoccuparti ti aspetto qui ai parcheggi» mi fece un occhiolino.
«D'accordo grazie Calvin a dopo» gli sorrisi e percorsi il marciapiede guardando davanti a me la gigantesca porta vetrata.
Prima di entrare inspirai fortissimo in preda all'agitazione. Io ci provavo a gestire la mia ansia ma sapevo stesse diventando un vero disturbo, l'avevo oramai incorporata, assimilata, giorno o notte non faceva la differenza.
Notai all'angolo di un tavolino proprio di fianco alla scalinata Robert Bruxe dialogare con due signori. Incastrato nella sua perfetta giacca elegante era ancora più seducente della prima volta. Mi intravide, congedò i due uomini e venne davanti a me.
«Micol» prese la mia mano stringendola con dolcezza e piegando il volto a mo di inchino.
«Salve Robert» lo salutai felice.
«Hai il progetto pronto?» chiese.
«Si» annuii. Alzò un dito facendomi segno di aspettare un momento e prese il cellulare portandoselo all'orecchio.
«Carl e Jodie radunate la squadra nella showing room» chiuse subito la chiamata.
«Vieni Micol, seguimi» mise una mano dietro la mia schiena ed io silenziosamente lo accodai.
Un'enorme tavolo ovale in marmo nero era il fulcro di quella sontuosa stanza. Con un cenno del capo mi salutarono le persone sedutevi attorno. La stanza era dotata di sistemi di ventilazione ma a me mancava comunque l'aria.
«Ecco collega al pc la pennetta Micol» disse Robert consegnandomi successivamente un piccolo telecomando nero e prendendo anche lui posto. Mi voltai e dietro me scorsi l'enorme video proiettore, pensai seriamente di poter vomitare da un momento all'altro quando tutte le persone presenti in sala si voltarono verso di me impazienti di vedere. Le gambe iniziarono a tremare, non le controllavo più.
"Sogno, un giorno, di diventare forte come te Micol"
Le parole di Uli vagheggiarono in quel momento nella mia testa rimbombandomi nel cuore che iniziò a palpitare forte, una saetta caduta lasciando una spaccatura sulla strada, aiutandomi ancora una volta a padroneggiare le mie emozioni nei momenti di difficoltà. Tolsi l'aria trattenuta nei polmoni, ripresi in parte le mie abilità motorie e premetti il tasto play sul telecomando facendo partire la piccola presentazione.
Le prime diapositive erano dedicate alla parte storica riguardante la fondazione della BiöSunup, in che modo l'azienda era arrivata all'attuale marchio ovvero il sole con al centro un gabbiano dalle vistose ali aperte.
Allegai poi la mia idea della campagna, al centro del foglio misi in mostra il disegno di Bryan. Tutti rimasero incantati nel vedere il volto sinuoso della ragazza con la testa ripiena di diversi flessuosi fiori bellissimi.
«Potresti bloccare la slide sul disegno e spiegarcelo tu Micol?» mi chiese Bruxe.
«Certamente» risposi e la gola mi si seccò improvvisamente. Mi schiarii la voce deglutendo a fatica «La ragazza cammina tra alti alberi di cinnamomo, si perde e inizia a guardarsi allarmata intorno. Raccoglie da terra la caramella alla cannella e, dopo averne inalato il forte profumo di erbe aromatiche che emana, tutto intorno diventa roseo, anche le piante e il suo incarnato. La mangia e si trasforma... diventa Cloride, Ninfa e dea della primavera, dei fiori e dello sviluppo.»
Il rumore dell'applauso collettivo che seguì come un tonfo inaspettato mi spiazzò completamente, il sollievo immane che provai fu imparagonabile a qualsiasi altra sensazione che mi aspettavo di provare.
«Grazie» dissi con la voce fioca di chi viene colto alla sprovvista.
Tutti iniziarono in un incredibile caos a parlare fra di loro, a scambiarsi opinioni, alcuni si alzarono in piedi, molti annuivano continuando a battere le mani in segno di lode. Bruxe mi porse la mano che raccolsi seguendolo fuori dalla stanza. Mi condusse nel suo ufficio dove ci seguirono altri due uomini. L'uomo in camicia e cravatta mi osservò per poi rivolgermi la sua parola, aveva due baffi scuri grotteschi che certo davano all'occhio prima ancora del resto.
«Salve signorina, sono Majer, uno dei tanti amministratori della BiöSunup» disse e io ricambiai il saluto presentandomi.
«La trovo un'idea eccezionale Micol» gli occhi di Robert si illuminarono di un'euforia scintillante.
«Bruxe è ancora meglio della campagna di due anni fa della Lime Corporation» disse l'altro collega dagli occhiali rettangolari rossi.
«Decisamente meglio Carl! Micol molte delle altre idee che abbiamo analizzato erano valide ma la tua... la tua è un'idea esclusiva ed unica. Sono felice di dirti che ci vedremo prossimamente, cominci mercoledì non appena avremo richiamato l'intera squadra dell'azienda collaboratrice, tutte le scartoffie le compileremo in un secondo momento, complimenti» mi abbracciò vivamente.
Gli occhi presero a pizzicarmi dal forte turbamento provocato dalla bufera di emozioni che mi stava trascinando.
Anche l'amministratore Majer mi salutò sorridendomi «Signorina ci troveremo bene in gruppo vedrà, a rivederla» strinsi la sua mano riuscendo a malapena a contraccambiare.
Camminai rapidamente per uscire il prima possibile da quella possente struttura. Premetti la mano sul mio cuore che batteva selvaggio, ero scossa al punto da non riuscire a camminare e mi fermai a metà strada.
Il clacson di Calvin mi fece aprire gli occhi e lo raggiunsi velocemente.
«Posso darle un passaggio donzella?» disse ridendo attraverso il finestrino abbassato.
«Mmh mi faccia pensare» dissi restando seria.
Calvin mi guardò accigliandosi e questo suo cambio improvviso di espressione bastò per farmi scoppiare in un'irrefrenabile risata, entrai in macchina.
«Questo sorrisone fa dedurre che sia andata bene» disse scrutandomi «Allora?È andata bene?» insistette impaziente di saperlo.
«È andata benissimo Calvin.»
Spalancò gli occhi e mi abbracciò forte «Lo sapevo cazzo, me lo sentivo!»
«Che fai non parti?» gli chiesi quando passati alcuni minuti mi stava ancora addosso.
«Sicura che vuoi?» disse ridendo.
Spalancai la bocca e gli diedi un piccolo spintone sul braccio, alzò il volume della radio e premette sull'acceleratore.
——————————————————
La porta di casa di Brianna era socchiusa, seguii Calvin che la spalancò entrandovi.
«Ehi colletto bianco» urlò Brianna venendo ad abbracciarmi. Risi a quella sua espressione per definirmi un'impiegata anche se, ancora, non avevo realizzato neanche vagamente di poterlo essere.
«Allora si sono inginocchiati e ti hanno pregata di lavorare con loro?» sorrise.
«Oh si e le hanno anche fatto una pedicure» disse Calvin guardandomi sorridente, andò poi dritto al frigorifero in cucina e si aprì una birra.
«Tu devi raccontarmi ogni cosa e soprattutto perché non mi hai detto nulla? Ho dovuto saperlo da quell'essere lì» disse Brianna con la stessa voce di una bambina offesa indicando Calvin che ammiccò.
«Non ero ecco per nulla convinta potesse andar bene» ammisi.
Il colloquio alla IASFOC era qualcosa che custodivo segretamente, lo tenevo nascosto, semplicemente perché non ne ero lontanamente sicura.
Mandò via quell'espressione corrucciata dal viso «Vuoi qualcosa da bere?» mi chiese raggiungendo Calvin in cucina.
Ma quanto bevevano tutti quanti?
«No grazie, sicuramente più tardi» risposi e mi buttai sul divano nel salottino, Calvin venne a sedersi vicino a me. Mi parlava raccontandomi animatamente di qualcosa ma smisi di ascoltarlo nell'esatto momento in cui vidi Brianna avvicinarsi alla porta e abbracciare Anson il quale mi sorrise «Congratulazioni Micol» disse facendomi un occhiolino.
«Grazie Anson» guardai alle sue spalle per vedere se fosse solo.
Dopo una manciata di secondi per poco non rimasi paralizzata quando vidi Bryan entrare e chiudere piano la porta alle sue spalle.
Lo vidi avvicinarsi all'orecchio di Anson e dirgli qualcosa, non riuscivo a decifrare il loro labiale ma avevano entrambi un'aria rigida in viso. Maledii la mia famelica curiosità.
Anson seguì Brianna, Bryan si sedette sul divano di fronte a noi con la sua aria seriosa, prese un cuscino e se lo sistemò dietro la nuca. La giacca di pelle marrone che indossava esaltava il colore scuro dei suoi capelli ondulati.
Mi ignorò totalmente guardando perso un punto indefinito a terra. In realtà ignorava tutti, senza alcuna esclusione.
«Bryan?» lo smosse dall'alto Anson passandogli una birra che afferrò.
Si rivolse poi a me avvicinandosi e trovando posto accanto «Micol bevi anche tu, per buon augurio» disse passando una birra anche a me dal collo. Avvolsi la bottiglia gelata che presi dalle sue mani gocciolanti «Grazie Anson.»
«Stamattina era un fottuto fascio di nervi in macchina» disse Calvin.
«Dio se ripenso all'ansia» risposi socchiudendo gli occhi al pensiero.
Sentii improvvisamente due occhi posarsi su di me con forza... e me lo sentivo sempre, lo sguardo altrui addosso lo riuscivo a percepire anche a distanza, seppur debolmente perché negli anni non feci altro che covare la paura che la gente si soffermasse a guardarmi, a considerarmi.
Voltai la testa verso Bryan e i nostri occhi si incrociarono in una tensione inverosimile, la stessa da cui cercavo di svincolarmi sempre.
Quegli occhi nocciola forti come un'esplosione, nelle sue iridi il deserto freddo della Mongolia, occhi persi nel trambusto di un chiasso inesistente o forse esisteva... nella sua mente. Glielo si leggeva in faccia che aveva la testa invasa, dalle sopracciglia piegate, dall'aria mai riposata.
Mi fissava ed io cercavo di tenermi lontana da quegli occhi ombrosi e quei piccoli puntini marroni che rendevano il suo viso singolare. Prima in volto, poi la mia camicia bianca assumendo un'espressione direi quasi divertita. Non mi faceva sentire a mio agio esser posta al centro di quell'attenzione che il suo sguardo mi offriva, spinsi i capelli davanti per pararmi anche se non avrebbero mai in alcun modo potuto nascondere i miei occhi.
Portò alle labbra la birra bevendone un sorso e finalmente distolse i suoi occhi dal mio corpo, frenato dalla vergogna che sentivo.
«È un motivo in più per divertirsi domani, vero Micol?» mi richiamò Calvin.
«Cosa?» dissi non avendo seguito nulla del loro discorso.
«Dicevo che se fosse andata male oggi avrebbe influito sulla giornata in balia delle onde che ci attende domani» rise Calvin.
«S-si certo» gli sorrisi nella totale assenza.
Brianna posò lo sguardo prima su di me poi su Bryan che stava dirigendosi nel piccolo corridoio che portava alle stanze.
Forse si era accorta di come l'avessi guardato attentamente isolandomi dalle loro parole e dai loro discorsi.
«Il bagno è di là vero Brianna?» le chiesi poco dopo indicando il corridoio.
Brianna annuì trattenendo un risolino.
Arrivata nel corridoio mi fermai quando udii Bryan mormorare qualcosa, stava parlando in una delle stanze al telefono.
Mi avvicinai alla porta socchiusa e lo vidi tenersi i capelli in una mano.
«Lo sai che farei di tutto» disse a voce bassissima «È solo questione di tempo vedrai» concluse girandosi in modo fulmineo verso la porta e incrociando il mio sguardo nella semioscurità del corridoio. Aveva percepito la mia presenza ed io traballai sul posto, mi aveva pizzicata intenta ad origliare. Stavo origliando? No, stavo andando in bagno e poi poteva benissimo parlare da un'altra parte se non voleva esser sentito da nessuno.
Mi allontanai lentamente come un gambero all'indietro, ma lui aprì impulsivamente la porta venendomi all'incontro finché non sbattei con le spalle al muro gelido e lui fu di fronte a me.
«Cosa sei una pulce che ti nascondi per sentire?» disse indifferente ed io, rimasi totalmente imbalsamata.
Ciao a tutti spero queste vacanze siano state per voi bellissime e soprattutto riposanti, ho deciso di aumentare la lunghezza dei capitoli poiché come avrete notato la storia ha un intreccio complicato e soprattutto mooooolto lento, è che i miei protagonisti si conosceranno a lungo, entreranno l'uno nella vita dell'altro. Fatemi sapere cosa ne pensate, con chi parlava secondo voi Bryan al telefono? 😍🙈
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro