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15

«Prendiamo la macchina!» disse Bryan e ritornammo fuori il cortile della casa di Anson. Sbloccò le portiere e mi fece salire.
«La cintura» disse tirandola e allacciandomela ben serrata. Uscì rapidamente dal parcheggio e fummo subito sulla strada principale mentre tutti gli altri si godevano il chiasso di quello stretto salotto.

La macchina internamente era rossa, allo specchietto retrovisore interno c'era attaccata una corda intrecciata con un giocattolino a forma di moto come pendente.
«Cosa dirai ai tuoi amici e a Lara?» dissi.
Bryan corrugò la fronte e poi scosse la testa continuando a guardare fisso la strada.
«Dove andiamo?» gli chiesi.
«Ne hai ancora per molto Micol?» disse poi lui sbruffando. Abbassai gli occhi sulle mie mani e poi osservai il tiretto socchiuso appena davanti al sedile. Sbucava da questo una busta da lettera con un timbro rotondo blu che non riuscii ad identificare.
Avrei voluto tanto dare il via libera alla mia curiosità di sbranare tutto ciò che vi era intorno con ingordigia, ma mi dovetti controllare. Così come misi a freno l'impulso di guardarlo.

Il Joy Bar di sera era incredibile. Quelle piccole lucine di colori diversi che ravvivavano i tavolini bianchi nel buio diffondevano una luce immensa rendendo il tutto incredibilmente magico. Fuori c'erano soltanto un gruppo di ragazze intorno a due tavolini ed una coppia seduta al tavolo in fondo all'angolino del gazebo. Bryan mi condusse al tavolino con al centro e tutte intorno le lucciole di colore viola.

«Allora come lo vuoi il milkshake?» mi chiese.
«Alla fragola» risposi, era senza dubbio il mio preferito.
Bryan alzò la mano chiamando lo stesso ragazzo con il cappello a visiera a becco di giorni fa.
«Dan, amico, un milkshake alla fragola e una bibita al caffè» gli ordinò per poi dedicarmi tutta la sua attenzione.
«Subito Bryan» gli rispose il ragazzo tornando alla sua postazione dentro al bar.
«Caffè di sera? Non credo sia proprio una buona idea» osservai.
«Devo restar sveglio, entro domani voglio finire quel lavoro» disse «Mi ruba tanto tempo» aggiunse strofinandosi la mascella squadrata con una mano.
«Per la mostra intendi?» gli chiesi.
Bryan annuí.
«Perché tieni così tanto al motivo della beneficienza?» gli domandai ricordando che i soldi ricavati dalla mostra sarebbero stati  devoluti a coloro che avevano perduto parenti vittime di incidenti stradali. Bryan unì le mani in un pugno ponendole sul tavolino e mi studiò senza rispondermi.
«Scusa non vorrei averti chiesto qualcosa ecco di invadente» risposi balbettando preoccupata di aver turbato in qualche modo Bryan.
«Molte persone per me importanti sono andate via così, ecco perché ci tengo» disse. Aveva il volto serio ma terribilmente malinconico e questo riuscivo a percepirlo dalla lucidezza dei suoi occhi.

Questa volta restai davvero senza alcuna parola. Bryan era vero, dalle espressioni che assumeva traspariva tutta l'intensità e veridicità delle emozioni che lo pervadevano. Mi arrivavano tutte, sulla pelle, negli occhi, nella testa, dentro, ovunque. Avrei voluto sapere di più, sapere chi aveva perso nella sua vita, a chi pensava quando gli occhi gli luccicavano. Ma temevo davvero di disturbare ancor di più il suo umore facendogli altre domande.

«Non andare oltre le mie parole Micol» mi disse Bryan. Restai di stucco davanti a quella sua affermazione, stava leggendomi tra le righe, stava penetrando nei miei pensieri. Come diavolo ci riusciva?
«Ti sei incupita e hai smesso di parlare... non c'è nulla che non vada oggi» aggiunse poi preoccupandosi che le sue parole mi avessero potuto coinvolgere in qualche modo. Compresi che forse, quel suo atteggiamento di riguardo era semplicemente il suo modo di essere premuroso. Bryan era un cavaliere tetro, interiormente celava enigmi e misteri che avrei voluto scoprire ad uno ad uno senza tregua ma era vero... le sue emozioni mi coinvolgevano, mi trascinavano con loro, erano come uno strillo volevano farsi sentire.

«Ecco a voi» disse Dan posando sul tavolo la bibita al caffè di Bryan e il mio milkshake in un bicchiere trasparente colorato.
«Grazie» risposi entusiasta rivolgendo un sorrisone a Dan il quale, sorpreso da tanta esuberanza, ricambiò il sorriso chinando con gesto galante la visiera del berretto.
«Ora fai anche sorridere il cameriere del Joy Bar» disse serio.
«Sorridevo anche io a lui...per le sue buone maniere sai» dissi in tutta risposta alla sua esclamazione punzecchiandolo.
«Buone maniere dici? E io non ero uno scostumato?» mi domandò poi Bryan aggrottando la fronte.
«Si l'ho detto e allora?» gli risposi non capendo dove volesse andare a parare.
«Allora dimmi...perché sorridi anche a me?» disse facendo quel mezzo sorriso provocatorio da far girare la testa.
Usava le mie parole a svantaggio mio bloccandole come frecce e rispedendomele più veloci addosso, ed era bravo a farlo, molto bravo.
«Bryan è scostumato anche evidenziare così il fatto che una donna ti sorrida» dissi in totale soggezione «Che stronzo!» aggiunsi fulminandolo con lo sguardo.
Bryan trattenne una risata afferrando il suo bicchiere.
Avvicinai la cannuccia del mio bicchiere alle labbra e assaggiai il sapore dolce del mio milkshake sentendo incessanti i suoi occhi su di me.


«Cosa c'è?» gli domandai.
«Nulla, ti guardo» ammise.
Sapevo mi stesse guardando ma sentirglielo dire mi fece uno strano effetto, sentii la mia temperatura corporea raddoppiare.
Lo sentii accennare un risolino.
«E ora perché ridi?» gli chiesi alzando gli occhi al cielo.
«Perché sei diventata dello stesso colore del milkshake Micol» disse trattenendo nelle labbra strette un sogghigno.
Avrei voluto controllarmi ma le sensazioni che provavo mi facevano perdere il dominio di ogni parte del mio corpo lasciando integra solo una parte della mia mente... quella non ancora stordita da Bryan.
Ignorai l'osservazione fatta per non peggiorare la situazione. Presi la fragola incastonata al bordo del milkshake e la morsi andando in totale estasi.
Bryan tenne lo sguardo sulle mie labbra e poi lo abbassò sul mio collo.
«Ok lo fai apposta?» gli chiesi alquanto infastidita, sicura che Bryan avesse capito l'imbarazzo che mi procurava e che dunque stesse giocando.
«Scusa, è che non riesco a smettere. Soprattutto se fai così» disse paradossalmente serio, quegli occhi grandi a cui non sfuggiva nulla. Bevvi un'altro sorso del mio milkshake che per poco non mi andò di traverso.
Sprofondai in un silenzio senza precedenti, ogni tanto guardavo intorno per evitare di incrociare il suo sguardo e di cedere a quell'imbarazzo. Finii il mio milkshake senza proferire parola.

«Non fai più domande... è il milkshake stavolta a farti stare zitta!» disse.
Si stava sul serio prendendo gioco di me?
In realtà non era il milkshake a bloccarmi, ero in una situazione intricata, ero troppo ingarbugliata in quegli occhi. Anni e anni per darmi una solidità mandata a puttane da uno sconosciuto. Inoltre ero totalmente ed inesorabilmente scombussolata dalla confessione sulla vita di Brianna.
«Bryan, ne hai ancora per molto?» dissi seccata catapultando la situazione e colpendolo con la sua stessa frase che utilizzò in macchina, giocando al suo gioco.
Bryan rise sommessamente, poi spostò il porta fazzoletti sul tavolo e i bicchieri e si avvicinò a me.
«Io ne avrei ancora per molto ma tu sembri non averne più, cosa c'è che non va?» disse a bassissima voce leggendomi ancora una volta dentro i pensieri. In quella palpabile tensione ripresi a parlare.

«È che devo ancora digerire la storia di Brianna» dissi con un mezzo sorriso completamente spento.
Bryan mi ascoltava in silenzio con aria tesa.
«Mi dispiace profondamente di tutto quello che deve aver affrontato sola, credevo fosse forte tanto quanto lo appariva» dissi «Ma come al solito la facciata nasconde tanto... tutte le assenze, le debolezze, i vuoti. Ora, forse, riesco a comprendere quanto amore ci sia tra lei e Anson.»
Bryan continuava a tacere ascoltandomi con cautela. Non sentivo di parlar da sola perché i suoi occhi erano ancora del tutto rivolti a me e mi sentivano, ne ero certa lui non avrebbe giudicato le mie parole.
Sospirai, curiosa in modo inimmaginabile di sapere a cosa stesse pensando Bryan.
«E tu cosa dici?» gli chiesi sperando di risentire la sua voce rauca.
«Dico che tutte le cose hanno un lato oscuro, dipende da che lato le vuoi vedere Micol. Brianna è partita dal suo e ha conosciuto Anson» disse misurato.
«Non ti seguo» dissi.
Bryan avvicinò una mano ponendola sul tavolo e sollevò lentamente il polsino della felpa nera che aveva indosso. Girò il braccio e mi mostrò una piccola scritta tatuata in stampatello.

LUX IN TENEBRIS

«La luce che risplende nelle tenebre» disse spiegandomene il significato.
Con l'indice freddo percorsi la scritta d'inchiostro sul suo avambraccio e Bryan ne seguì con gli occhi il movimento in silenzio. Mi schiarii la voce smarrita e ritirai il dito dalla sua pelle liscia piena di disegni neri «E quale sarebbe la tua luce nell'oscurità?» gli chiesi.

C'era un qualche incantesimo fra di noi impossibile da spezzare perché né io né lui riuscivamo a distogliere lo sguardo, oltretutto eravamo realmente poco distanti l'uno dall'altro.

A interrompere quel momento è stata la suoneria del cellulare di Bryan.

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