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12

«Allora ci vediamo» sussurrai e posizionai una mano sulla portiera per aprirla e scendere.
Bryan non replicò, aveva lo sguardo perso in chissà quale vuoto, i pensieri impegnati in chissà quale battaglia.
«Grazie del passaggio» gli dissi.
Bryan mi guardò per un istante portandosi un dito sulle labbra, gli occhi dalle emozioni indecifrabili... poi abbassò la sua mano e sfiorò la mia rimasta libera sul sedile.

Sentii dei forti brividi avanzarmi per tutto il corpo. Percorse il dorso della mia mano fino ad arrivare alle dita e una volta che ebbe coperto la mia mano fredda con la sua calda e grande mi guardò fisso negli occhi.
«Buonanotte Micol.»

Un contatto lento, semplice che bastò ad offuscarmi i sensi. Fui abbastanza sorpresa da non replicare a quel saluto. Feci scivolare pian piano la mia mano da sotto la sua e scesi velocemente dalla macchina camminando dritta verso il portone di casa. Una volta aperto mi girai lentamente a guardarlo. Fissava davanti a se la pioggia che sbatteva sul parabrezza, e non seppi più cosa fosse più poetico: se il suo sguardo assorto o l'intemperanza della pioggia. Si girò improvvisamente e abbassò per metà il finestrino incrociando i miei occhi, sul volto la sua espressione più seria. Aspettò che entrassi dentro per poi scomparire tra il buio e l'acqua.

Una carezza, così dolce e così del tutto spontanea. Ed io, che di carezze ne avevo avute poche, mi sentivo immensa.
Profonda come l'Atlantico. Infuocata come la lava nell'Etna. Tremante come le foglie sull'albero d'Autunno nel vento.

Non sapevo se fosse sensato tutto questo, ma una cosa sensata la sapevo: quella piccola immensità interiore mi dava la stessa felicità di un bambino innocente.

Mandai indietro il cappuccio bagnato della felpa grigia di Bryan che avevo addosso. Mi raggomitolai sul divano su un fianco ripiegata totalmente su me stessa.
Può una persona lasciarti così tanto?
Con la placidità delle sue parole e la purezza dei suoi occhi Bryan mi aveva lasciato niente nelle mani e tutto dentro.
Eppure quella sua profondità mi spaventava, metteva al muro un'anima trapassata come la mia. E quella felice ora ero esattamente io, sempre io. La stessa bambina che si nascondeva sotto a un tavolo e che copriva le sue orecchie alle urla di un uomo che minacciava scempi e botte... l'odio condizionava la sua vita, l'amore condizionava la mia.

Mi resi così conto di quante cose belle avevo perso in quegli anni, di quanto fossero grandi le mancanze ad aver creato buchi che non avrei riparato senza difficoltà. Maledetta vita che va e non va. Ma se continuasse ad andare? Proprio così, come stava procedendo fino a quel momento? Tra una domanda e l'altra chiusi gli occhi addormentandomi con in mente il tatuaggio di Bryan.

«Potresti darmi il tempo?» quasi urlai a Brianna che suonava senza tregua alla porta.
«È un'ora che sono fuori» replicò più agitata del solito entrando.
«Cosa? Ma se non sono passati neanche due minuti» le dissi.
«Appunto» rispose lei sarcasticamente, mi superò e andò a sedersi sul divano.

Chiusi la porta e restai a fissarla con le braccia conserte e le sopracciglia, sopra ai miei occhi ancora assonnati, sollevate.
«Stasera siamo tutti da Anson, possiamo scendere presto verso le otto, che ne pensi?» mi chiese.
Avevo dormito fino a tardo pomeriggio tuttavia recuperare qualche ora non bastò a riassestarmi. Guardai Brianna pensierosa. Pensai non fosse una buona idea... avevo il lavoro da concludere e dopo la serata trascorsa non mi andava di uscire. D'altro canto però non volevo respingere Brianna ancora una volta.
«Ehi ma sei vestita!» notò repentina.
«Dove sei stata ieri sera? O dovrei dire stanotte?» aggiunse guardandomi il viso preso dal sonno. Aveva un'espressione del tutto sospetta con un residuo di malizia non poco evidente.
«Sono soltanto un jeans e una felpa» dissi.
«Sono andata a fare due passi e al ritorno mi sono addormentata così sul divano qui in soggiorno» motivai senza aggiungere altro.
«Mmh» mormorò non del tutto soddisfatta della mia risposta.
«Fottuti temporali estivi» dissi poi, sperando che Brianna non continuasse ad indagare.
«Si, la pioggia è una vera seccatura» sbruffò «Allora più tardi passo da te così andiamo insieme!» sentenziò infine sorridendo, poi si alzò e si diresse alla porta.
«D'accordo» le dissi e ricambiai il sorriso.
Gli occhi di Brianna erano di un color ghiaccio del tutto atipico ma non davano mai alcuna sensazione di freddezza, tutt'altro essi si illuminavano ed emanavano un'amabilità senza confini.

Dopo una doccia provai a restaurarmi quasi completamente. Asciugai i capelli lasciandoli cadere lisci sulle spalle e provai a mettere un po' più di trucco del solito. Indossai un maglione largo rosa e lo incastrai in una gonna nera di jeans lasciando ai piedi le mie solite sneakers bianche. La sera mi sentivo più sicura a portare qualcosa di corto... di giorno evitavo che la luce mettesse in risalto le piccole cicatrici che avevo sulle cosce e ai lati delle gambe, molte volte mi era capitato di giustificarle con un "ero una bambina pestifera che si cacciava nei guai".

Due ore dopo presi la pochette nera e aprii a Brianna.
«Allora quando vuoi sai esser pronta» esclamò ammiccando. Risi, chiusi la porta alle mie spalle e la seguii per le scale.
Brianna sapeva davvero essere audace, aveva indossato un pantalone rosso aderente ed un top corto che accentuava perfettamente le sue curve, alle orecchie aveva quei cerchi grandi che le davano proprio l'aria di chi agisce fregandosene dei rischi e pericoli.

Mi chiesi e richiesi se da Anson ci fosse stato anche Bryan. Forse mi stavo facendo più che un film una vera opera cinematografica: pensai alla possibilità che quelle sue confessioni Bryan le avesse già fatte a qualcun altro. Valutai di non aver pesato nel modo giusto l'importanza dei suoi gesti trascendendo dal suo vero significato che forse per lui non era nient'altro che l'accrescere un'amicizia appena iniziata.

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