Il profumo che aleggiava nell'aria era qualcosa di assolutamente delizioso. Il sentore dolce delle mele cotte, l'aroma speziato della cannella, erano un connubio perfetto di sapori che diffuso nella stanza aveva sempre saputo infondermi la tranquillità che il mondo fuori mi aveva sempre negato. Sapeva di casa.

Avrebbe potuto sapere anche di nostalgia, di ricordi che avrebbero potuto andar perduti, se non avessimo perso il cuore.

Avevo acceso una candela. E avevo lasciato che la profusione di quell'essenza si espandesse in ogni angolo della casa, una parvenza di magia da accendere quando nessun'altra magia poteva accadere.

Mi affacciai alla finestra, attendendo che l'acqua che avevo messo sul fuoco raggiungesse l'ebollizione. Presto avrei gustato un infuso del medesimo sapore, un effluvio di profumi da portare dentro fin nel cuore.

Dal balcone di casa mia la volta notturna era sempre stata di una bellezza tale da togliere il fiato e accendere l'incanto negli occhi, un diadema di stelle sul velluto blu del cielo. Uno dei vantaggi del vivere al limitare della foresta, lontano dalla città; l'abitazione più vicina ad un paio di chilometri, senza nemmeno sapere chi era il vicino di casa più imminente. Perché avevo preferito porre quanta più distanza possibile tra la pazzia asettica delle persone e il luogo in cui avrei risieduto le restanti ore della mia esistenza.

Poi di colpo la magia.

Un lampo di luce graffiò il cobalto del cielo. Una lacrima di bianco aveva attraversato la volta, per scomparire tanto rapidamente così com'era comparsa, ma tanto bastava. Dovevo esprimere un desiderio.

Mi girai di scatto. Presi la candela e la strinsi vicino a me, posandola sulla superficie gelida del marmo. Quasi a chiedere una supplica, una preghiera. E desiderai l'impossibile.