FINALMENTE Y COMO NUNCA - @chiaramente94
GRUPPO RENNE - PACCHETTO VISCHIO
PILOTA: Carlos Sainz
PROMPT: il personaggio non ne può più di venire lasciato ogni 24 dicembre!
CARATTERISTICA: calze/intimo fin troppo natalizio
FINALMENTE Y COMO NUNCA
24 dicembre 2019
«Beh, vedi il lato positivo: è la Vigilia di Natale e quest'anno nessun uomo ti potrà abbandonare come una vecchia scarpa puzzolente in mezzo alla corsia di sorpasso di un'autostrada. Che poi ti sei mai chiesta come ci finiscono lì? Le scarpe intendo. Chi mai butterebbe una scarpa dal finestrino di una macchina in corsa? Comunque, dicevo, quest'anno sei libera come un usignolo, Bel, non sei felice?»
«Maca, vorrei ricordarti che l'unico motivo per cui sono "libera come un usignolo" questo Natale è che Matías mi ha mollata il giorno del mio venticinquesimo compleanno dicendomi che sarebbe partito per il Guatemala per scrivere la sua tesi di dottorato in scienze naturali sull'Aluatta Pigra. Mollata per una scimmia, ti rendi conto?»
«Se non altro aveva una motivazione scientificamente valida. E non ti ha tradita, o quanto meno non con un umano senziente, a differenza di Álvaro, ricordi? Natale 2018, tu lo aspettavi sotto il vischio e lui era in bagno ad "invischiarsi" con Tamara. Invischiarsi, sono proprio forte coi giochi di parole, non trovi? O Theo, il francesino in Erasmus. Era Natale 2017, vero? "Scusami Bel, ma a me proprio non piacciono i biscotti allo zenzero. Forse dovremmo finirla qua." Che bastardo. Per onestà intellettuale avrebbe dovuto accennarti che preferiva il bastoncino alla menta del suo coinquilino, se capisci cosa intendo...»
«Capisco anche troppo bene, Maca. Ti prego, possiamo stendere un velo pietoso sul mio personalissimo fantasma dei Natali passati ora? Ma dove diavolo mi stai portando, si può sapere?»
«E' una sorpresina. Sono sicura che l'adorerai, almeno credo.»
La carrozza della linea due sulla quale viaggiamo straripa di turisti e madrileni imbacuccati nei propri giacconi sportivi, nelle proprie pellicce ecologiche o nei propri spolverini decisamente troppo leggeri per le serate invernali del centro. Due ragazze poco più che ventenni si sorreggono sgraziatamente a vicenda in bilico su dei tacchi vertiginosi mentre discutono animatamente di un tal Fernando, bello e impossibile, che si è appena messo con una tal Camila, che però lascerà sicuramente prima di Capodanno. Una coppia di mezza età, britannici direi, non si sfiora con lo sguardo da almeno cinque fermate. Lui, occhi fissi sul cellulare, borbotta lamentandosi dell'assenza di segnale. Lei ha gli occhi lucidi e sono quasi certa che si stia pentendo di aver preso quei due biglietti last minute Gatwick-Barajas pensando di fare al burbero marito cosa gradita. E poi c'è una vecchina, che si guarda attorno come me, in cerca delle storie degli altri, o almeno di un pezzettino della loro giornata, da catturare come una lucciola in un barattolo. Non indossa una fede, né un ingrigito anello di fidanzamento. Chissà se ha mai vissuto un vero amore.
Prima che possa arrivare a chiedermi se lo vivrò io, chissà quando, un vero amore, sento che qualcuno mi strattona per un lembo della manica del mio teddy color sabbia. «Scendiamo qui!» mi urla in un orecchio Maca nel vano tentativo di sovrastare il vociare dei nostri compagni di viaggio.
Senza neanche accorgermene, trascinata dalla moltitudine di gente che scende al parco del Retiro, mi ritrovo in superficie con Maca sottobraccio.
«Allora, vuoi dirmi dove stiamo andando una volta per tutte?»
«Mio Dio, sei così impaziente! Se solo avessi la stessa fretta di trovare un uomo decente a quest'ora saresti già sposata.»
«Te l'ho detto almeno un milione di volte. Ho chiuso. Se è destino, sarà lui a trovarmi.»
Ridacchia di gusto dentro la sua sciarpa di lana blu a fiori. «Allora stasera potrebbe essere la volta buona, chissà.»
Camminiamo per Calle de Velázquez, schivando ora chi è fermo davanti alla vetrina di una gioielleria, ora chi è in coda per cenare nel ristorante alla moda dove ha prenotato un tavolo con settimane d'anticipo.
«Ecco, ci siamo, è questo. Restaurante La Clave.»
«Carino, ma non è un po' chic per noi? Insomma, potevamo tranquillamente ordinarci una pizza e guardare una commedia romantica in pigiama sul divano di casa, non trovi?»
«Non siamo qui per il cibo, sciocchina.»
È in quell'istante che il mio sguardo si posa su una locandina appesa alla porta a vetri dell'ingresso.
LA DULCE CITA*
SPEED DATING
«Stai scherzando.»
«Mai stata più seria. Dai, ci divertiremo, ne sono certa! Male che vada siamo sempre in tempo per quella pizza.»
«Signorine, posso prendere i vostri soprabiti?»
Devo concederle che sembra quantomeno un posto da persone perbene. Insomma, niente pervertiti o serial killer si direbbe. E stringo già tra le dita una coppa di champagne ghiacciato, offertami cortesemente dalla ragazza che mi ha appiccicato alla camicetta di raso bianco uno sticker che recita "piacere, sono Bel". Potrebbe effettivamente rivelarsi una serata piacevole.
Con lo sguardo cerco Maca e la trovo già praticamente spalmata su un bel biondino, probabilmente svedese, con degli occhialetti alla Harry Potter e un'aria un po' trasandata. Decisamente il suo tipo.
Sorseggio il mio champagne e sto per perdermi di nuovo nelle mie congetture sulle vite degli altri quando vengo riportata alla realtà da un ragazzo con un sorriso smagliante, capelli lucidati dal gel e smoking verde smeraldo completato da un sobrio papillon dorato. Molto natalizio. Sta picchiettando due dita su di un microfono.
«Benvenuti! Io sono Andrés e sarò la vostra guida in questa scoppiettante vigilia. Se non avete mai partecipato ad uno speed date, ecco le basi: si dice che cinque minuti siano sufficienti a capire se quella con cui state parlando sia o meno la vostra anima gemella, l'altra metà della mela, o dell'ananas, o dell'arancia, insomma, la metà del frutto che preferite. E sono esattamente cinque i minuti, scanditi da questo luccicante campanellino, che vi vengono concessi con ciascuno dei vostri compagni d'avventura. Rimanete seduti e aspettate che sia il destino a scegliervi, oppure alzatevi e siate voi a prendere in mano il vostro futuro. Comunque scegliate di vivervi questa serata, finite quello champagne, e perché no, un altro paio di calici, e godetevela, perché trovare l'anima gemella è un momento magico, ma trovarla a Natale lo è ancor di più!»
Maca è persa nelle lenti appannate del suo svedese e sono sicura che tra non più di tre minuti la vedrò uscire dal locale di corsa, direzione casa, di chi dei due non ha importanza.
Insomma, sono abbandonata a me stessa, di nuovo, come ogni 24 dicembre. È una specie di maledizione, ma non è il caso di deprimersi ora. Mi godrò la serata e lascerò che il destino faccia il suo corso per l'ennesima volta. Mi accomodo sulla poltroncina di velluto verde e aspetto, senza riporvi troppe speranze, che la metà del mio frutto di stagione mi si palesi davanti come per magia.
«Mia madre dice che devo trovarmi una donna al più presto. Ormai ho 40 anni e vivo ancora a casa dei miei. Credo che la situazione cominci a pesarle. C'è solo un piccolo particolare: io sono gay. Davvero molto gay. Insomma, mia madre schiatterebbe se al posto di una Manuela le presentassi un Manuel, capisci? Quindi vorrei sposarmi, ma entrambi potremmo andare avanti a fare la nostra vita. Che ne pensi?»
Ding, il prossimo prego.
«Io cerco solo una donna che mi faccia sentire amato. La mia fidanzata, voglio dire, la mia ex mi ha lasciato per il mio migliore amico ed io... io sono rimasto a casa da solo col suo cincillà. Io li odio quei piccoli ratti schifosi. Come ha potuto?»
Ding, il prossimo, vi supplico.
«Colleziono bambole di porcellana. Le restauro, le dipingo, le acconcio e le vesto. I loro abiti? Li cucio io personalmente, crinoline e quant'altro. Sono la mia passione, ma a volte mi fanno davvero infuriare. Lucy, per esempio, l'ultima arrivata, è così supponente, una piccola bambolina viziata.»
Ding, ho bisogno di una pausa.
Mi alzo e mi dirigo verso l'open bar in cerca del sollievo che solo la terza (o era la quarta?) coppa di champagne può darmi. Le prime impressioni che avevo avuto su questo posto sono svanite. O forse sono semplicemente io che attiro un caso umano dopo l'altro come un potentissimo magnete.
Il cameriere, un signore sulla sessantina che ha lo stesso sguardo comprensivo e accomodante di mio padre ed ha evidentemente capito il mio sconforto, riempie il calice fin quasi all'orlo e mi fa l'occhiolino prima di ritornare al suo lavoro.
Prendo il cellulare e trovo un messaggio di Maca. Si prodiga in mezzo paragrafo di scuse e mi fa sapere che casa nostra è "occupata" fino a domattina. Perfetto: non ho un uomo, non ho una casa e il fiocchetto di raso di questo dannato intimo di pizzo rosso da fantasia sconcia di Babbo Natale mi sta dando sui nervi.
Con la coda dell'occhio vedo che qualcuno si è seduto di fianco a me. Sento che mi tocca leggermente la spalla e sono certa che mi stia per propinare una scontatissima frase da abbordaggio di bassa lega quando decido di mettere le cose in chiaro fin da subito.
«Non provarci nemmeno. Siete tutti uguali. È patetico che veniate a cercare l'amore della vostra vita in posti come questo quando siete dei casi talmente disperati, che neanche dopo tutto lo champagne che ho bevuto potrei trovarvi minimamente attraenti.»
«Veramente io volevo solo dirti che ti è caduta la borsa, ma visto che ci siamo, ne approfitto per dirti che io sono qui perché mi ci hanno trascinato degli amici credendo di farmi un favore, visto che neanche un mese fa, prima dell'ultimo Gran Premio, ho trovato la mia ragazza ed il mio compagno di squadra presi da un intenso scambio di saliva nel mio motorhome. Quindi sì, forse puoi mettere anche me nella tua lista di casi disperati, ma ti assicuro che le ragazze con cui ho parlato stasera non erano messe molto meglio.»
«Io... scusa. Non avrei dovuto. Questa serata sta andando di male in peggio e forse non avrei dovuto bere quell'ultimo bicchiere, ma tant'è.» Sospiro profondamente e sento una minuscola lacrima che mi tradisce e rotola giù per la mia guancia destra.
«Ehi, scusami tu. Anch'io avrei potuto evitare di vomitarti addosso tutti i miei problemi, ma il periodo non è dei migliori. Comunque, piacere, Carlos. Posso?» E mi passa il pollice lungo lo zigomo per asciugarmi la lacrima di prima. Noto solo ora quel paio di enormi occhi color nocciola che mi guardano intensamente da sotto a delle folte sopracciglia. Forse avrei dovuto trattenermi dal dire che non l'avrei mai trovato attraente perché la frequenza dei miei battiti in questo momento dimostra l'esatto contrario. Mi scuoto.
«Io sono Bel, Anabel a dire il vero, ma solo mia madre mi chiama così. Non sopporta i nomignoli.»
«Credo che ti chiamerò anch'io Anabel. Bel è scontato e tu mi sembri tutto fuorché un tipo scontato. Cosa bevi?»
«Un altro champagne e potrei perdere definitivamente il controllo.»
«Un altro champagne per entrambi allora.»
Improvvisamente sono grata all'illuminazione soffusa del locale che impedisce al mio compagno di bevute di vedermi arrossire violentemente. Mi lascio andare ad una risatina che spero non risulti troppo isterica e faccio sfiorare i nostri bicchieri di cristallo. Ding.
Parliamo molto. Delle mie disavventure amorose, delle sue, della mia infanzia, della sua. Beviamo molto, ma prima che mi si annebbi definitivamente la vista noto che anche il resto del suo viso mi lascia senza fiato. Il naso è importante, le labbra sono carnose. Forse non dovrei soffermarmici troppo. La barba è corta e curata. I capelli scuri da affondarci le mani.
Deglutisco rumorosamente. Lui ha recuperato in fretta ed ora è alticcio almeno quanto me. Ma cosa stiamo facendo?
«Io... forse dovrei andare.» Raccolgo la mia pochette dal bancone e scendo a fatica dallo sgabello da bar che prima mi sembrava molto più basso. Barcollante, mi avvio verso l'uscita quando mi giro verso di lui e scoppio in una risata fragorosa. Mi manca il fiato.
«Che c'è? Stai male? Chiamo qualcuno?» Biascica lui e sembra genuinamente preoccupato.
Riprendo possesso di quelle poche facoltà che mi restano.
«E' solo che mi sono appena resa conto di non avere una casa.» E continuo a ridere di gusto.
«Allora è deciso. Vieni da me!»
«Andata!»
Ma cosa stiamo facendo?
La mezz'ora successiva è nebbia fitta. Il mio cappotto, la sua risata, il freddo di Madrid, un taxi, qualche carezza rubata, la pelle d'oca.
«Quanto le devo?»
«Una foto e un autografo.» Ma di che parla?
«Anabel, pensaci tu, ti prego.»
Clic.
Carlos mi tiene per mano, ma lo champagne e i tacchi fanno sì che io rimanga sempre due o tre passi indietro a lui.
Sta già digitando la combinazione per aprire un portoncino blindato di una villetta bianca con il tetto di tegole rosse. Siamo alle porte di Madrid, credo. Durante il viaggio in taxi non ho prestato particolare attenzione alla strada.
«Entra, si gela.»
L'atmosfera è moderna, ma accogliente. Sulla consolle all'ingresso c'è una foto di famiglia. Mi soffermo a guardarla mentre mi tolgo il cappotto.
«Questa è casa dei miei. Passeranno il Natale a Montecarlo. Quella è la foto del primo Natale qui, a Pozuelo, nel '99. Mia madre, mio padre e le mie due sorelle, Blanca e Ana. Ci sono anch'io, ovviamente. Vieni, ti faccio vedere camera mia. Puoi dormire lì.»
Salgo le scale insieme a lui e mi ritrovo nella stanza di un Carlos adolescente. Il letto alla francese con un copripiumino blu notte, una scrivania, una cassettiera e una parete ricoperta di fotografie e ritagli di giornale. Un bambino su un kart rosso fuoco, un adolescente che stringe tra le mani un trofeo dorato, un articolo del Mundo Deportivo, uno di Marca. "Carlos Sainz, nuevo piloto de McLaren para 2019".
Sainz. McLaren. Gran Premio. Un autografo. Il mio compagno di squadra.
Clic.
«Tu sei... ma quanto ho bevuto?»
«Abbiamo bevuto parecchio entrambi. Non siamo lucidi.» Ridacchia scompigliandosi i capelli.
«Sono stata bene, nonostante i presupposti.»
«Anch'io, Anabel.»
Mi tremano le ginocchia. Il mio nome detto da lui mi fa tremare le ginocchia. Come diavolo è possibile?
«Prendi pure quello che ti serve dall'armadio. Il bagno è in fondo a sinistra. Io vado.»
«No!»
L'ho detto sul serio? Mi guarda confuso. L'ho detto sul serio.
«Non andare. Io vorrei...»
Cosa vorrei? Vorrei baciare un perfetto sconosciuto, ecco cosa vorrei. E vorrei farci l'amore. Tutta la notte e magari anche domani mattina, perché fare l'amore di mattina, con la luce che entra fioca dalle persiane socchiuse, è un'altra cosa. Vorrei che fosse quello giusto, la volta buona. Quello che non mi lascerà più.
«Ti voglio anch'io.»
Non credo di aver capito.
«Ho detto che ti voglio anch'io.»
Mi legge nel pensiero.
«Di' qualcosa, ti prego.»
«Sì.»
«Sì?»
«Sì.»
E le distanze si azzerano. Mi bacia, ed è un bacio che al posto di togliermelo il respiro, me lo ridà. Mi sento viva. È come in uno di quegli incubi in cui sei sottacqua e non riesci a risalire, ma poi ti svegli e respirare è ancora più bello. Mi fa tornare a galla.
La sua barba ispida mi graffia il viso, ma vorrei che non smettesse mai. Mi tiene i fianchi delicatamente. Il bacio è sempre più intenso, più profondo. Vogliamo entrambi di più. Sono io a staccarmi, ma restiamo abbastanza vicini da sentire uno il respiro dell'altro.
«Ho bisogno di te.»
«Ti voglio, Anabel.»
Gli sfilo la cintura. Lascio cadere i miei pantaloni a palazzo. Si sfila la maglietta. Mi libero con una certa urgenza della camicetta di raso. "Piacere, sono Bel". Lo sento ridacchiare.
«Che ho fatto?»
«Prima ti volevo, ora...»
«Ci hai ripensato?»
Ci ha ripensato, me lo sento. Non può finire così un'altra volta. Non oggi. Non con lui.
«Ma che dici, no! Scusa, è che...»
Mi sta fissando le mutande? Le mutande! Quelle dannate brasiliane di pizzo rosso con tanto di fiocchetto applicato in posizione molto sconveniente che ho comprato da Victoria's Secret perché erano in saldo e che ho messo perché la lavatrice si è rotta ed erano l'unico paio pulito che avevo.
«Io... potrei morire d'imbarazzo, ora.»
«Smettila.» Mi accarezza la guancia. «Sei bellissima. E per tua fortuna il rosso è il mio colore preferito ed io ho una voglia matta di fare l'amore con te.»
24 dicembre 2020
«Sono a casa.»
Casa è l'appartamentino che prima condividevo con Maca e che, da quando lei si è trasferita in Svezia a gennaio scorso, è diventato mio e di Carlos. Inizialmente in Svezia c'era andata per inseguire Max, il biondino dello speed date. Le cose con lui non andavano ed ora sta con un altro biondino che però ha un nome impronunciabile tanto quanto un divano letto dell'IKEA.
Carlos ha deciso di venire a stare da me dopo essere rientrato in Spagna a marzo, col campionato finito prima di cominciare.
Ci siamo giocati il tutto per tutto.
E se la nostra storia non avesse resistito a mesi di lontananza forzata? E se la nostra storia non avesse resistito ad una convivenza affrettata?
O la va o la spacca.
Con gli alti e bassi di una relazione che si sta ancora scoprendo abbiamo affrontato insieme la paura, l'ansia, l'incertezza. Ne siamo usciti una coppia apparentemente solida.
Poi è arrivata l'estate e con lei il mondiale. Spielberg, quel secondo posto che "è tutto per te, amore mio", l'Ungheria, Silverstone, Montmelò, Spa, Monza, il Mugello, Soci, il Nürburgring, il Portogallo, Imola, il Bahrein, Manama e finalmente Abu Dhabi.
Carlos l'ho sempre seguito da lontano, con discrezione. La sua storia con Isabel era finita da poco ed io non sono tagliata per le foto sulle riviste di gossip. Lui dice che mi vorrebbe sempre lì, al suo fianco, ma se non sono nella sua camera d'albergo ad aspettarlo la sera, dopo un Gran Premio rimaniamo ore al telefono a raccontarci di cos'abbiamo mangiato per pranzo o di come si comporta la mescola dura su quel particolare tracciato.
Ma ora finalmente è a casa, casa nostra. So che non sarà per molto, un neo ferrarista non può certo concedersi una pausa. Il mio lato razionale ha deciso che a questo penseremo dopo le feste. Il mio lato irrequieto, invece, sente che c'è qualcosa che non va in Carlos ultimamente. Dopo Abu Dhabi l'ho sentito nervoso, distratto, assente. Ho il terrore che si sia finalmente reso conto di aver fatto una cazzata, l'anno scorso, a portarmi a casa sua.
Sto mescolando distrattamente il sugo per la pasta quando lo sento appoggiarmi le mani sui fianchi e lasciarmi un bacio tra i capelli.
«Mi sei mancato.»
«E tu a me.»
«Che hai?» Dritta al punto, senza paura. O la va o la spacca.
«Nulla. Perché?»
«Sono giorni che ti sento strano, pensieroso. Se devi dirmi qualcosa, ti prego, dimmelo subito. Non posso passare le feste con l'angoscia che tu abbia cambiato idea su di noi.»
«Cambiato idea su di noi? Ma sei impazzita? Amore, se c'è una certezza nella mia vita in questo momento sei tu. Siamo noi.»
«E allora vuoi dirmi cosa c'è che non va?»
«La logica del secondo pilota.»
«La logica di che?»
«Non ce la faccio più a sentirmi dire che in Ferrari mi hanno preso per fare da spalla a Leclerc. Io non ho firmato da secondo pilota. Dicono che mi hanno scelto perché mi hanno considerato "meno minaccioso per gli equilibri del team" rispetto a Ricciardo. In pratica mi hanno scelto perché sono un pilota da quattro soldi.»
«Carlos Sainz Vazquez de Castro, tu sarai un pilota Ferrari. Ma te lo ricordi il giorno in cui hai ufficializzato il passaggio dalla McLaren? Non dormivi da una settimana, avevi gli occhi lucidi e le mani sudate. Non lasciare che qualche giornalista frustrato relegato in un trafiletto di 300 parole a pagina 48 spenga quell'entusiasmo.»
Lo guardo negli occhi. Non hanno smesso di farmi quell'effetto. Il battito accelera, le guance vanno a fuoco, le gambe tremano, la voce diventa un sussurro.
«E poi tu per me sarai sempre il primo.»
«Il primo a non averti lasciata a Natale?»
«Il primo e basta, cretino.»
* "Il Dolce Appuntamento", gioco di parole con l'espressione "La Dolce Vita"
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