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Chapter 24

Il dolore è una brutta bestia. Il dolore è qualcosa che si insinua dentro di te e tocca tutto, tocca il cuore, tocca i pensieri, tocca il tuo modo di vedere le cose. È tutto incolore con il dolore. Tutto si appanna. Inizi a vedere il mondo in maniera diversa. Vedi tutte le cose più nascoste, quello che le persone provano a non dare a vedere, quello che non si nota subito. Tutte le cose superficiali non hanno più rilevanza. Non è più importante mettere il jeans giusto, o non sbagliare la tonalità di rossetto. L'unica cosa che vedi nitidamente è il problema che ti viene posto davanti.

Anche le orecchie smettono di funzionare normalmente. Ti si acuisce l'udito. Inizi a sentire tutto, ogni singola parola, ogni lettera che possa darti conforto. La musica alcune volte rappresenta l'unica via di fuga, e ti metti ad ascoltare le parole di persone che sembrano capire il tuo dolore.

Era tutto diverso.

Era diverso anche mio fratello quando entrai nel reparto di ginecologia dell'ospedale. Era alla reception a parlare con un signore più grande e l'infermiera dietro lo sportello delle informazioni. Mi avvicinai a lui, con Shawn dietro che mi seguiva.
Louis si grattò la nuca e rispose ad alcune domande dell'infermiera. Poi la ringraziò e si girò a parlare con l'uomo davanti a lui. Discutevano fittamente di qualcosa fino a quando l'uomo gli strinse la mano e girò i tacchi per andare via.

Mio fratello sembrava un ragazzino di appena undici anni, triste e spaventato. Si girò per sedersi su una seduta e alzò di poco lo sguardo, incontrando il mio. Si mise in piedi di scatto e si avvicinò.
"Tu che ci fai qui? Shawn, non ti avevo raccomandato altro." Disse nervoso.

"Smettila! Sei tu quello che ha bisogno di me adesso. Non il contrario. Non devi prendertela con lui." Sbottai. "Come stai Louis?"

Lui sembrò sgretolarsi in mille pezzi, la faccia provata esprimeva tristezza e rammarico. Si mise a piangere. Le lacrime scendevano copiose. Scosse la testa, incapace di darmi una risposta.
Lo abbracciai e lo sentii singhiozzare.
"Non l'ho portata qui in tempo" diceva.

"Luois non torturarti così! Tu hai fatto il possibile." Sussurrai cercando di consolarlo. "Come sta Heather?"

Mio fratello alzò il capo, si asciugò le lacrime e si ricompose leggermente. "Sta meglio. Le stano facendo delle flebo. Stanotte le hanno dovuto fare una trasfusione. Dicono che se i valori si saranno alzati abbastanza la rimanderanno a casa stasera."

"È un bene no?" Chiese Shawn che si era avvicinato a noi.

"Beh dovrebbe. Ma non so se ha voglia di ritornare a casa con me." Disse distaccato Louis. Aveva la testa altrove.

"Perchè dici così?" Domandai corrucciando la fronte.

"Perchè abbiamo litigato. Le cose si erano incrinate un po' ultimamente. Litigavamo spesso. Credo che il bambino fosse l'unica cosa che ci teneva ancora insieme." Sussurrò. "Non so come andrà a finire. Ha appena perso un bambino, le servirà tutto il supporto possibile. Anche se in queste ore ha chiesto solo della madre." Abbassò di nuovo il capo.

"Louis ha appena perso suo figlio. Non è una situazione semplice." Cercai di spiegargli.

"Ho perso anche io un figlio questa notte Abigail." Ribattè Louis.

"Hai ragione ma lei è quasi morta dissanguata. Dovresti darle tempo e prendertene anche un po' per te. Per elaborare le cose." Provai in tutti i modi a calmarlo e a spiegargli di dover lavorare sul dolore. Ma dopotutto io ero la prima a non riuscire a farlo appieno.

"Lo so." Disse in un sussurro.

Nel momento in cui Luois si mise seduto, una signora si avvicinò a noi e si rivolse a Louis. "Vuole vederti." Gli sorrise debolmente e poi si fece da parte per lasciar passare mio fratello. "Tu devi essere la sorellina di Louis." Disse rivolgendosi a me.

Annuii e mi presentai. Quella fu la prima e l'ultima volta che vidi la madre di Heather.

Le persone sono volubili, sono delicate e complicate. Un talento naturale dell'essere umano è quello di scappare di fronte alle avversità. Non mi stupii, infatti, quando mio fratello quella sera si presentò a casa nostra con un borsone in mano.

"Posso?" Chiese con un sorriso finto.

Annuii e lo feci entrare dentro.

Heather Parks aveva deciso che non ce la faceva più a vivere la sua vita attuale e che voleva ricominciare da un'altra parte. Decise, la sera stessa delle sue dimissioni dall'ospedale, di tornare in California con i genitori. Disse a Louis che gli voleva bene, ma che non lo amava più e che voleva riprendere in mano la sua vita. Sosteneva di non essere più se stessa, di essersi lasciata troppo andare al corso delle cose. Voleva tornare a studiare, prendere belle arti per studiare fotografia. Louis sapeva quanto facesse bene alle persone ricominciare dopo un brutto momento e la lasciò andare. Le disse che non l'avrebbe mai dimenticata e se mai avesse avuto bisogno, lo avrebbe sempre trovato ad aspettarla.

Quella sera stessa Louis lasciò il suo appartamento e ritornò da noi. Fui infinitamente felice di vederlo tornare da una parte. Ma dall'altra pensavo ai momenti come quelli della notte precedente passati con Shawn e all'impossibilità di averli di nuovo. In più al fatto di dover tornare a dormire da sola, cosa non semplice. Soprattutto in quel momento.

Nella vita, in quel momento, tentavo sempre di pensare alle cose più futili, cercando sempre di fermarmi, il meno possibile, a ragionare sulle questioni importanti. Ma fu una cosa del tutto difficile in quel periodo, durante il quale Louis era a pezzi. L'unica cosa che mi teneva su era Shawn. Ogni volta che lo guaurdavo negli occhi la mia mente viaggiava fino a tutti i momenti passati insieme a lui e il mio umore cambiava. Mi rendevo conto di essere felice di non essermi lasciata sfuggire quei momenti, na di averli vissuti. La vita è così sfuggente.

"Tieni." Consegnai delle lenzuola pulite a mio fratello per metterle al letto in camera sua. La sua stanza era molto simile alla mia. Aveva le pareti chiare ed era semplice. Tutto il contrario dei colori forti della camera di Shawn.

Aiutai Louis a sistemarsi il letto e mettere a posto i vestiti e il resto della roba che aveva portato con sè.
Shawn non era a casa, era uscito per andare a correre come sempre. Diceva che correre lo aiutava anche a smaltire la tensione.

"Va meglio?" Chiesi sedendomi sul letto insieme a chi era cresciuto insieme a me.

"È... triste. Ma egoisticamente non lo è poi tanto. Io non ero pronto. Sarei stato un padre terribile probabilmente. Senza un lavoro. Era una situazione che non si reggeva in piedi da sola." Sussurrò.

"Non dire così! Per Heather invece?"

"Per lei è molto più semplice. Non perchè tra noi le cose fossero finite, ma perchè la capisco. Sono abituato alle persone che scappano. Tu lo hai fatto un sacco di volte. Ho capito che è meglio così. Voglio che sia felice, anche se senza di me." Si sdraiò sul letto e cacciò un sospiro.

"Vedi? Sei maturato." Sorrisi straidandomi di fianco a lui.

"Tu dici? Allora come lo spieghi il desiderio di erba adesso?" Si mise a ridere leggermente e io risi insieme a lui. Lo abbracciai e gli sussurrai "mi sei mancato tantissimo Louis."

"Anche tu sorellina" disse e sorrise, con una lacrima che gli rigava il volto. Un ossimoro perfetto.

Ci risvegliammo da quel momento appena udimmo la porta sbattere. Shawn era tornato. Uscii in corridoio e lo vidi andare in camera sua a prendere dei vestiti puliti e poi chiudersi in bagno per farsi una doccia. Desideravo tanto un momento da sola insieme a lui, anche perchè, dopo avergli riempito la testa di informazioni, non avevamo avuto modo di parlare di nulla. Non eravamo mai rimasti da soli poi.

"Louis cosa vuoi mangiare stasera?" Urlai mentre aprivo gli sportelli della cucina per trovare qualcosa da mangiare.

"Non lo so! Quello che ti pare!"
Sbuffai senza idee su cosa cucinare. Era il mio fottuto turno quella sera. "Pizza." Sbottai componendo il numero della pizzeria nonostante quella fosse la seconda sera di fila in cui io e Anderson mangiavamo pizza.
Al telefono rispose il signor Gennaro che segnò l'ordine e disse che avrebbe mandato qualcuno a casa nostra.

Tornai in soggiorno e mi misi sul divano. Accesi la TV e trovai un vecchio episodio di How I Met Your Mother. Mi rilassai guardandolo fino a quando i due maschi con cui vivevo non vennero a disturbarmi.

"La TV è nostra!" Sentenziarono cacciandomi.

"No!" Urlai infastidita.

"Oh si invece! Abbiamo un torneo sospeso da quando Louis è andato via. Dobbiamo finirlo!"
Annunciò Shawn prendendo i joystick della Playstation.

Sbuffai ma mi fermai comunque con loro a guardarli giocare. Mi facevano ridere per come litigavano. Sembravano due bambini.

Mi voltai a guardarli in viso. Louis aveva un'espressione stanca, distrutta. Shawn invece sembrava un po' preoccupato. Aveva la fronte corrucciata e non sembrava molto preso dalla partita. Volevo toccarlo, sfiorarlo, baciarlo. Volevo provare di nuovo delle belle sensazioni. Non sapevo neanche come sarei andata a dormire quella sera.

Quando ancora non avevano finito il torneo, suonarono alla porta, credendo che fossero le pizze. Ma appena aprii, davanti ai miei occhi, apparvero i fratelli Williams.
Sophie e Ryan entrarono dentro portando con loro da bere.
La prima cosa che fecero fu abbracciare Louis, senza mormorare degli stupidi "mi dispiace", ma soltando facendogli sentire la loro vicinanza. Poi salutarono noi con un cenno e si misero insieme a noi sul divano guardando la fine del torneo e assistendo alla vittoria di Louis.

"Sei un grande fratello!" Si complimentò Ryan dandogli la mano.

"Ehi Abby, domani andiamo a fare shopping? Devo comprare qualcosa di comodo per partire." Mi invitò Sophie.

I Caraibi quasi me li ero dimenticati. Ero così felice di partire, e dopo quello che era successo quasi ne fui ancora più felice se fosse stato possibile. Scappare di nuovo. Ero continuamente in fuga io.

"Certo." Annuii

"Partire?" Chiese Louis spaesato. Avevo parlato anche ai miei genitori della mia partenza ma non avevo detto nulla a mio fratello. Mi sorpresi di me stessa.

"Cosa? Non lo sai? Andiamo ai caraibi dopo capodanno! Tu verrai ovviamente, no?" Urlò euforico Ryan. "C'è pieno di ragazze belle e abbronzate! Il divertimento più puro! Il caldo! Non lasciarmi da solo fratello."

"Oh, e quanto devo darvi?" domandò in maniera del tutto innocente.

"Louis ci offendi." Scherzò su Sophie. "Non devi darci proprio nulla! Devi solo pensare a divertirti insime a noi."

"Credo che sarà il viaggio più interessante della mia vita." Disse Shawn alzando gli occhi al cielo e sorridendo.

"Ma è ovvio! Louis tu starai in stanza come me!" Sentenziò Ryan. "Ti va di venire con me da Aaron domani? Ho bisogno di più roba. Se vado in vacanza, voglio che sia una vera vacanza!" Alluse allo spacciatore di conoscenza anche di mio fratello.

"Oh, sarà bello reicontrare vecchi amici." Sorrise lui. "Credo che mi farà proprio bene questo viaggio. Voglio dimenticarmi di tutto."

"Ci penso io fratello mio!" Urlò di nuovo Ryan "Sarà uno sballo di vacanza!"

"Louis ma cosa farai ora? Continuerai a cercare lavoro?" Chiesi al diretto interessato. Non gli avevo ancora chiesto di questo.

"Veramente mi piacerebbe riprendere a studiare e laurearmi finalmente." Disse convinto.

"Cosa?! Tornerai anche al college? Sta per prepararsi l'inizio anno più cazzuto di tutti!" Strillò di nuovo Ryan abbracciando teatralmente mio fratello. Lui e Ryan frequentavano lo stesso college e lo stesso corso che Louis aveva abbandonato negli ultimi tre mesi perchè gli era stata stravolta la vita.
"Il ragazzo più brillante del nostro corso che ritorna! Sai che posso convalidarti il tirocinio all'Hotel? Ho bisogno di un manager in seconda, non ce la faccio da solo." Continuò Ryan.

"Che cosa? Ryan sono mesi che cerco disperatamente un lavoro e tu me lo dici solo ora?" Sbottò mio fratello.

"Calmati Louis. Ho i miei motivi se non l'ho fatto prima. Disse Ryan calmo.

"Sentiamo!"

"Per prima cosa non credevo che la mia influenza ti avrebbe fatto bene. Stavi diventando padre e per quanto io possa essere maturato rimarrò sempre una testa di cazzo. Poi avevi abbandonato il college, non posso assumerti in quella posizione senza una laurea, ma se lo pongo come tirocinio retribuito per passarlo a lavoro effettivo dopo la laurea posso farlo." Rispose Ryan e mio fratello annuì.

"Hai ragione, scusami. Sono solo stanco e quindi nervoso." Sbuffò Louis.

"Lo immagino."

"Va bene ragazzi. Allora io credo che sia il caso di andsrcene così potete riposare." Sentenziò Sophie alzandosi in piedi. "Ci vediamo domani Abigail."

"Ciao, a domani Louis." Salutò Ryan e insieme uscirono di casa, spalancando la porta al fattorino delle pizze che stava per suonare.

Mangiammo insieme le pizze e poi, stanchi morti andammo a dormire. Fu una sensazione strana infilarmi di nuovo sotto le coperte del mio letto. Non ci dormivo da mesi. Le lenzuola profumavano ancora di pulito stranamente. Poggiai la testa sul cuscino e cercai di dormire, sforzandomi di non pensare a nulla. Ma fu tutto vano. Provai per mezz'ora. Sentivo dall'altra stanza Louis russare ed era ancora peggio. Misi le cuffie, provando ad addormentarmi con la musica, cosa che di solito funzionava, ma mi sentivo tremendamente sola. La musica quasi mi infastidiva.

L'orologio segnava le tre quando decisi di alzarmi definitivamente, abbandonando ogni tentativo di addormentarmi.
Volevo andare sul divano a guardare la TV per cercare di addormentarmi in quel modo. Ma non ci provai nemmeno perchè mi bloccai passando dalla camera di Shawn.

Una luce fioca proveniva dall'interno, e vidi il suo viso illuminato dalla luce del display del cellulare. Mi fermai un secondo a guardarlo fino a quando non alzò lo sguardo e mi vide spiarlo. Mi nascosi dietro il muro e aspettai che si rimettesse a guardare il cellulare ma non lo fece.

"Veni qui. Ti ho vista sai?" Disse retorico e immaginai che avesse alzato gli occhi al cielo.

Feci capolino nella stanza ed entrai piano piano. Quasi come se mi vergognassi di essere lì. Shawn come se niente fosse mi fece spazio e mi infilai sotto le coperte con lui.

"Perchè non dormi?" Chiese in un sussurro abbracciandomi. Io alzai soltanto le spalle senza rispondere, anche se era una domanda lecita.

"Tu perchè non dormi?" Dissi io invece.

"Non ci riesco." Sussurrò.

"Perchè?"

"Non lo so. Pensavo a te."

Ricordai quando in quella stessa stanza gli avevo raccontato tutto.
"Ascolta Shawn, non voglio che tu pensi a me in quel senso. È una cosa passata. Voglio pensare al presente adesso. Il passato è passato." Sussurrai anche io.

"Non pensi mai a riprendere la terapia? Gli attacchi di panico possono curarsi, e parlare con qualcuno fa bene." Cercò di persuadermi.

"No. Non voglio. Sto bene come sto. Tanto lo so già di non riuscire ad accettare la questione. Pensa doverlo dire ai miei genitori per avere il terapeuta. Sono minorenne, non potrei senza il loro consenso. In Francia il terapista era un amico della famiglia di François. Mi avevano aiutata loro ad andare. Ma adesso sarebbe troppo difficile."

"Ma non puoi vivere con questo problema." Continuò ad insistere.

Mi alzai di scatto, nervosa.
"Smettila." Gli intimai. "Sono affari miei! Non te l'avrei mai raccontato se avessi saputo che avresti reagito così. A me va bene stare così. Se non ci penso vivo normalmente. È una mia decisione. Non tua."
Mi girai per andarmene via ma fui tirata per un braccio.

"Va bene, va bene. Ma ti prego resta con me." Mi pregò ma io non sapevo cosa fare. Non volevo stare con chi mi guardava con occhi compssionevoli.

"No. Torno in camera mia. Non voglio vederti guardarmi così." Sentenziai ma lui non mollò la presa.

"Ti prego. Non allontanarti anche tu. Giuro che per me sarai sempre la stessa Abigail che ho visto entrare mesi fa in questo appartamento per la prima volta. Te lo prometto, ma non lasciarmi da solo."

Disse queste parole con convinzione. Mi convinse a restare con lui quella notte, ma mentiva sul fatto di vedermi sempre la stessa. Gli avevo mostrato le crepe che aveva il mio cuore e non potevano essere ignorate.

In realtà non mi vide mai come una persona fragile, diceva sempre che ero una ragazza cazzuta e solare, una che sapeva combattere bene contro i mostri. Diceva di ammirarmi. E non smise mai di tentare di convincermi, quando crollavo, a cercare aiuto. Dal giorno in cui mio fratello perse suo figlio non fui mai più da sola quando cadevo. Avevo una roccia a cui appoggiarmi.

Tempo dopo mi arresi e accettai di tornare in terapia. Spiegare ai miei genitori il mio problema non fu semplice, anche se tralasciai molti dettagli.

Ancora oggi, se sono diventata quello che sono, lo devo a chi mi ha aiutata a riconoscere di aver bisogno di aiuto. Lo devo a Shawn.

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