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Chapter 21

Il giorno della Vigilia di Natale mi presentai in aereoporto con tre ore di anticipo. Louis non raccomandò altro, sostenendo che altrimenti avrei perso l'aereo per il sovraffollamento. Io gli risposi che era pazzo, ma in realtà non aveva tutti i torti.

Shawn mi accompagnò e mi fece compagnia fino a quando non fu il mio turno di fare il check-in. Lo salutai e lui mi promise che mi sarebbe venuto a prendere il 26. Quindi salii sull'aereo con il sorriso, pur avendo paura della pioggia che batteva quel giorno su Manhattan.

Arrivai al mio posto, misi l'unico bagaglio a mano che avevo nel porta oggetti sulla mia testa e mi misi seduta. Infilai le cuffiette, accesi la mia playlist preferita e iniziai a leggere un libro che mi aveva consigliato Phoebe. Era il libro da cui era tratto Chiamami Col Tuo Nome che era suo omonimo. Mentre leggevo passava nelle orecchie All Of Me di John Legend e mi persi un po' a guardare le nuvole sotto di me, scure e cariche di acqua. Avevo un po' paura ma decisi di concentrarmi sul mio libro.

Alla fine il volo non fu troppo brusco. Ci fu solo qualche leggera turbolenza, ma nonostante tutto fui felice quando atterrai in Texas. Il tempo era bello al mio arrivo e appena uscii dall'aereoporto trovai mia madre e mio padre ad aspettarmi. Gli corsi incontro e li abbracciai. Ero felice di rivederli. Per quanto fossi restia ad ammetterlo, mi mancavano.

"Tesoro mio!" Mi salutò mia madre lasciandomi mille baci. "Come stai? Ti vedo sciupata."

"No mamma, sto benissimo tranquilla." Dissi abbracciando poi mio padre.

"Tesoro di papà! Come è andato il viaggio?" Mi chiese guardandomi con i suoi grandi occhi verdi come i miei.

"Tutto bene pa. C'è stata qualche turbolenza ma nulla di che, c'era brutto tempo a New York quando sono partita." Feci spallucce e mi incamminai con loro verso l'auto.

"Come sta tuo fratello? E quel ragazzo, come si chiamava?" Chiese mia madre sedendosi al suo posto e allacciandosi la cintura di sicurezza.

"Louis sta bene. Shawn anche." Risposi riaccendendo la connessione dati al cellulare che era rimasto in modalità aereo.

"Come mai non è venuto? È stato tanto gentile ad invitarti per il Ringraziamento, potevamo ricambiare il favore." Asserì mia madre lasciandomi un momento spiazzata. In effetti, loro ricordavano ancora che lui era il mio fidanzato. E mai cosa più finta fu detta in tutto l'universo.

"Oh, beh è Natale anche per lui e per la sua famiglia." Certo, un po' divisa, ma pur sempre di famiglia si trattava.
Comunque mi arrivò un suo messaggio, giusto perchè parlando del diavolo spuntano le corna.

-Sei arrivata?- era semplice preoccupazione per il brutto tempo, mi convinsi

-si, sono viva- e lui rispose con un semplice cuore verde ma poi mi inviò un altro messaggio -sto andando da mio padre, ci sentiamo dopo, mi manchi- ma gli mancavo davvero così tanto? D'altra parte mancava tanto anche a mia madre a quanto pareva. E anche a me. Tanto.

-mi manchi anche tu. xoxo.-
Spensi il telefono solo dopo aver mandato un messaggio anche a Louis che mi avrebbe chiamata comunque dopo, anche solo per parlare con la mamma.

Arrivati a casa scesi dalla macchina e salii in camera mia a lasciare la mia piccola valigetta e poi scesi in cucina dicendo a mia madre che l'avrei aiutata a preparare la cena. "Dobbiamo andare prima a fare la spesa." Mi stupì essendo già pronta per uscire.
Annuii e presi il cappotto.

"Guido io." Annunciai allegra e presi le chiavi dell'auto avviandomi verso il posto del guidatore, vedendo mia madre alzare gli occhi al cielo.

Quelle strade le sapevo a memoria nonostante tutto il tempo passato lontano da lì. Percorsi la strada per arrivare al supermercato e parcheggiai vicino un'auto blu. Scesi e presi un carrello inserendo una moneta. Entrai, seguita da mia madre che iniziò subito a riempire il carrello delle più svariate cose. Prese tovaglioli, tovaglie di carta, bibite, noccioline e ingredienti vari per preparare il pesce che aveva comprato quella stessa mattina prima di venirmi a prendere.

"Mamma non dobbiamo sfamare un esercito!" Sbottai all'ennesima busta che infilava nel carrello.

"Oh ma lo sai che io faccio sempre le lasagne anche per la parrocchia!" Disse lei di rimando. Ed era vero. Ogni anno, la mamma, preparava, oltre a tutto ciò che metteva sul tavolo per la famiglia, due teglie di lasagne da portare in parrocchia per coloro che non avevano da mangiare. E ogni anno io la aiutavo a portarli e distribuivo i piatti prima del vero e proprio cenone in famiglia. Sorrisi nel riprendere una tradizione che avevo trascurato nell'ultimo anno.

Aiutai mia mamma a portare le buste della spesa in auto e poi a casa e smistai tutta la roba che avevamo comprato. Poi iniziammo a preparare le lasagne e ci misi tutto l'amore e l'impegno che avevo. Ero felice di far qualcosa per rendere più piacevole il Natale di qualcun altro.

Finito di assemblare le lasagne mi dedicai ad aggiustare il tavolo. Stesi la tovaglia natalizia rossa che mettevamo ogni anno, posi al centro delle composizioni decorative con delle candele e poi preparai i posti. Ognuno aveva un piatto cavo, uno piano, un tovagliolo, due forchette e un coltello, un bicchiere normale e un calice. Ero così allegra che quasi mi dimenticai perchè non avevo voglia di tornare a casa per Natale. Presi così bene lo spirito natalizio da piegare i tovaglioli anche in maniera molto particolare senza saper spiegare come però.

"Abby, tra un'oretta inforno le teglie e poi andiamo in parrocchia!" Urlò mia madre dalla cucina e io urlai un "va bene!" Di rimando.

Per ingannare il tempo allora decisi di raggiungere mio padre che, in soggiorno, con un paio di occhiali sulla punta del naso, cercava un film da guardare.
"Che film stai cercando?" Chiesi sedendomi al suo fianco."

"Oh beh, un film qualunque che faccia rivivere in me lo spirito del Natale." Disse ridendo.

"Oh, allora ho io il film che fa per te!" Saltellai fin su in camera mia e presi il cd più consumato che avevo, quello che rivedevo ogni Natale. "Ecco a te." Lo porsi a mio padre che lo inserì nel lettore e fece partire il film.
Mi accucciai attaccata a lui come facevo da piccola e insieme guardammo Il Grinch.

Mi ero appisolata un po' quando mia madre mi chiamò dicendomi che le lasagne erano pronte. Erano le sei del pomeriggio, tutto era pronto per la sera, anche gli antipasti, così io e mia madre ci avviammo verso la parrocchia.

I poveri che erano rifugiati lì mangiavano presto, perché così i volontari avevano poi il tempo di preparare per il cenone e loro potevano giocare e poi preparare la chiesa per la messa di mezzanotte.

"Buonasera Padre." Salutò mia madre il parroco, porgendogli il vassoio che aveva in mano.

"Grazie mille Anne, come ogni anno! Ma guarda qui un po' chi c'è! Abigail quanto sei cresciuta!" Disse Padre Jules appena mi vide.

"Eh già! Sono tornata per Natale padre." salutai anche io poggiando il mio vassoio.

"Ci sei mancata cara." Mi baciò la fronte e poi noi lo seguimmo nella mensa.

Era già tutto organizzato: i poveri erano già seduti ai tavoli, addobbati con tutto ciò che persone come me e mia madre avevano portato. Un lungo tavolo pieno di pietanze era posto ad un lato della sala e alcune donne preparavano o mettevano a posto tutto quello che avevano portato. C'era un po' di tutto: minestrone, zuppa di pesce, dolci di tutti i tipi, stuzzichini e le nostre lasagne.

Poggiai il mio vassoio sul grande tavolo e come ogni anno Padre Jules fece il suo discorso.

"Care donne, vi ringrazio infinitamente per aiutarci a rendere il nostro Natale più bello e felice! Parlo a nome di tutti noi! Ogni anno regalate un sorriso a chi ha bisogno, soprattutto in questo periodo, di ricordare cos'è l'amicizia, cos'è l'amore. Perciò per ringraziarvi, abbiamo preparato qualcosa per voi. Ragazzi alzatevi." Disse e con le mani fece segno ai poveri di alzarsi.

Tra di loro c'erano persone delle più diverse etnie: persone provenienti dall'Iran, dal Senegal, dalla Cambogia, barboni, zingari. Tutti insieme si alzarono e iniziarono ad intonare Jingle Bell e il mio cuore si sciolse. Mi avvicinai ad uno di loro e iniziammo a cantare insieme. Mi sentii piena di gioia, anche quando scoppiò un fragoroso applauso e io tornai dietro il tavolo per preparare i piatti da portare ai tavoli.

Ricevevo gli auguri di Natale nelle lingue più disparate, compreso l'americano. Mi dicevano grazie per due misere lasagne che avevamo portato e sorridevano contenti. Alcuni bambini scartavano dei "regali". Regali come penne incartate, pupazzi e braccialetti fatti a mano. In fondo a loro bastava la semplicità e lo stare insieme per renderli felici. Li ammiravo molto, perchè favevano di quel poco che avevano un tesoro.

Finii di aiutare solo quando terminò tutto il cibo e fu il momento per me di andare. Salutai padre Jules e feci il giro di tutti i tavoli per augurare buon Natale e baciare tutti i bimbi. Poi mi misi in macchina con mia madre e tornai a casa. Appena arrivata vidi alcune macchine, tra le quali riconobbi quella di zia Madison, quella dello zio Dickie e quella di mio padre.
Mi preparai ad entrare e sfoderai uno dei miei migliori sorrisi.

"Buonasera!" Salutai in maniera molto generale avvicinandomi per abbracciare solo lo zio Dickie e gli dissi quanto mi era infinitamente mancato. Era come un amico cresciuto per me, mi aveva insegnato molte cose insieme a mio padre, come guidare. Non facevo mistero che lui fosse il mio preferito.

"Ciao Abigail! Mi sei mancata immensamente." Mi stritolò forte e mi scompigliò i capelli come faceva da bambina. "Tutto bene a New York?"

"Tutto benissimo." Risposi sorridente. Mi sorrideva anche il cuore. Era una di quelle persone con cui ti sentivi bene, felice e libera di essere te stessa perchè eri sicura che lui non ti avrebbe mai giudicata. "E quello chi è?"

Un ragazzo, più o meno della mia età aveva un bicchiere di prosecco in mano e colloquiava con mio padre in maniera tranquilla. "Oh beh, lui è tuo cugino ecco. È il fidanzatino di Silena." Mi informò lo zio Dickie indicando la figlia che si avvicinava al ragazzo in questione. Mi cugina Silena era molto simile al padre, era solare, socievole, bella e caparbia come lui. Dalla madre aveva preso poco e niente, forse solo gli occhi chiari. Anche lei, aveva avuto un'infanzia non del tutto normale. La madre non l'aveva mai conosciuta, come tutti noi giovani del resto. Mio zio l'aveva tirata su da solo e aveva fatto un ottimo lavoro. Lei era come una sorella più piccola per me. Fu solo la voce di Dickie a fermari dall'andare a salutarla per abbracciarla.

"Anche tu, mi hanno detto, che ti sei fidanzata." Ammiccò con gli occhi e mi sorrise.

"Sai bene che se avessi deciso di fidanzarmi avrei chiesto prima consiglio a te." Dissi alzando gli occhi al cielo. Proprio perchè non era mai stato sposato, zio Dickie era come un amico con cui parlare delle tue cotte. L'unica donna costante della sua vita era stata sua figlia.

"Immaginavo." Disse prendendomi sotto braccio e avvicinandosi a Silena, il fidanzato e mio padre. "Vedo che ti piace molto il basket." Esordì rivolgendosi al ragazzo di sua figlia.

Io guardai negli occhi Silena, ci distaccammo un po' da loro e l'abbracciai. Mi era mancata molto. Era probabilmente l'unica ragazza di cui mi sarei sempre fidata ciecamente.

"Che ne pensi? È carino?" Indicò il fidanzato, come una ragazza che si confronta per essere sicura di abbordare il ragazzo giusto. Sorrisi per la sua domanda e annuii. Poi ci unimmo agli altri, parlando del più e del meno fino a quando non fu ora di sederci per cenare.

I posti a casa mia erano quasi sempre rimasti gli stessi. Cambiavano solo quando qualcuno mancava all'appello. Mio padre si mise capotavola come sempre e io mi sedetti alla sua destra, posto che era sempre stato mio, da quando mio nonno fu categorico sul volermi vicino a lui. E io presi alla lettera quella richiesta. Non lo abbandonai nemmeno nei suoi ultimi giorni di malattia. Zio Dickie si mise di fronte a me, a seguire mia madre, poi zia Madison, alla quale non avevo rivolto uno sguardo, insieme alla figlia, e di fianco a me Silena e poi il suo fidanzato. Doveva essere importante per presentarlo alla Vigilia di Natale.

Quando furono tutti seduti mi ricordai il perchè non volevo tornare a casa per Natale. Tra tutte le persone sedute vidi i vuoti lasciati dalle persone che non erano più con noi. Vidi il vuoto lasciato da mio nonno, il vuoto lasciato dal marito di zia Madison, il quale non avevo ancora capito come aveva fatto a sposare quella serpe, poichè lui era molto gentile. Mancava mia nonna. E di conseguenza pensai a tutte le persone che nel tempo avevo perso e a come invece era felice il Natale da piccoli, quando ancora si guarda il mondo con innocenza.

Mi rattristai un po' ma poi la mia attenzione venne poi catturata da un commento poco carino di zia Madison su Louis. "È troppo giovane quel ragazzo. L'ho sempre detto che lasciarli andare a vivere da soli è stato uno sbaglio troppo grosso."

Smisi un attimo di mangiare per guardare i volti di tutte le persone che erano sedute con noi. Mia madre cacciò un sospiro, zio Dickie quasi non si strozzò con l'acqua, Silena si fermò con me a guardare zia Madison e mio padre poggiò con poca delicatezza il bicchiere sul tavolo.

"Se non sbaglio Madison, anche tu hai mandato Kate a New York. Ad appena sedici anni." Disse contrito, sforzandosi di sembrare il più calmo possibile.

"Si, ma Kate era ovviamente in grado di controllarsi e badare a se stessa." Sputò acida.

"Perchè credi che noi non ne siamo in grado? Ti sembriamo degli stupidi?" Chiesi io guardandola direttamente negli occhi e questo mi valse un calcio tirato da sotto il tavolo da parte di zio Dickie.

"Se non lo foste ora non staresti per diventare zia." Alzò le mani al cielo nel rispondermi mia zia.

"Gli errori si commettono nella vita. Ma ciò non vuol dire che Louis farà un ottimo lavoro da padre." Ribattè mio zio di fronte a me.

"Io sono venuta su bene." Sentenziò Silena.

"L'errore più bello della mia vita." Aggiunse il padre e le sorrise dolcemente.

"Ma lui è troppo giovane per crescere un bambino! È ancora un ragazzo scapestrato lui stesso!" Continuò imperterrita quella serpe.

"Io avevo appena vent'anni quando è nata Silena, eppure eccola qui. Sta per diplomarsi e presto andrà a studiare a Miami." Rispose calmo zio Dickie mentre mio padre masticava con cattiveria i bocconi che prendeva dal suo piatto, ma non riuscì a resistere molto e alla fine esplose anche lui.

"Tu non le dici niente a tua sorella che parla me di tuo figlio!" Urlò lanciando la forchetta "Ti ho detto e ripetuto milioni di volte che degli affari di questa famiglia tu non devi interessarti!" Puntò il dito contro zia Madison.

"Smettila! Sai che ho perso anche io le speranze con lei. Ignorala, ignorando il problema, il problema non sussiste." Disse mia madre mettendosi in bocca un pezzo di pasta elegantemente. Lasciò zia Madison a bocca aperta, senza parole, e io non potei non ridere.

Mi sporsi un po' e mi voltai verso il ragazzo di Silena. "Non ti aspettavi proprio questo benvenuto eh?" Sogghignai. Lui non rispose, forse per il troppo imbarazzo.

"Sapete che andrò alle Bahamas tra qualche giorno?" Chiesi di punto in bianco per cambiare discorso.

"Cosa?" Mio padre rimase di stucco.

Iniziammo a conversare sul mio viaggio, su come sarei andata e con chi. Ridevo alle preoccupazioni di mio padre per un jet privato e alle domande irriverenti di zio Dickie, sostenuto dalla figlia, mentre mia madre scuoteva la testa e zia Madison e Kate morivano dall'invidia cercando di rubare la scena ma non riuscirono a battere la triade formata da mio padre, me e lo zio. In questa conversazione si inserì anche il ragazzo di Silena che raccontò di essere stato una volta alle Bahamas parlandoci un po' dei suoi viaggi.

La mezzanotte così arrivò presto e tutti quanti ci alzammo per farci gli auguri a vicenda. Li diedi a tutti, anche a zia Madison e Kate, in fondo era Natale, e poi chiesi scusa e mi allontanai un secondo. Vidi mia madre prendere il telefono per chiamare Louis e io presi il mio e composi il numero di Shawn. Le linee erano tutte intasate e dopo qualche minuto riuscii a contattarlo.

"Buon Natale!" Dissi allegra. Mi faceva tanto piacere poter parlare di nuovo con lui.

"Buon Natale Abigail! Ti stavo giusto per chiamare, le linee sono tutte intasate! Come va?"

Iniziai a parlare, raccontando un po' cosa avevo fatto quel giorno e di ciò che era successo a cena. Non vedevo l'ora di tornare a casa, a New York. Non vedevo l'ora di tornare da Shawn. Mi mancavano i miei amici. Parlai un po' con lui e lui mi raccontò della cena con suo padre, della noia e del tempo che non passava mai. Rimasi al telefono fino a quando non mi chiamò mia madre per dare gli auguri a Louis, allora chiusi la telefonata e tornai dalla mia famiglia, felice di aver parlato con il mio coinquilino.

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