Sabato 28 settembre 2002
Ci volle un po' per carburare, Katia ruppe le scatole all'infinito con tutte le sue teorie su come far andare avanti una casa abitata da tre ragazze, ma alla fine di settembre quel luogo iniziò lentamente a non sembrare un emporio di mare. Così proposi di inaugurare l'appartamento, magari l'ultimo weekend di settembre, prima dell'inizio ufficiale delle lezioni.
«No, no, no, noi torniamo giù che questo sabato voglio andare a ballare. Magari organizziamo per lunedì sera, ecco, potremmo fare lunedì sera, o martedì, inauguriamo sia la casa che l'anno scolastico» disse Chiara, categorica.
«Accademico» la corresse Katia.
«E va bene, facciamo martedì, possiamo chiamare un po' di gente.»
Buttammo giù una specie di elenco degli invitati che comprendeva Sara Gulmanelli, che si era iscritta a Scienze della Formazione con noi, e le sue due coinquiline, a queste aggiungemmo anche delle tipe di Cervia che la Torricelli conosceva attraverso sua cugina.
Da Cervia chiamai anche Debby Tosato e le chiesi se voleva chiamare qualche suo amico, e lei disse che saliva con Vanessa, una tipa che aveva conosciuto facendo delle ore a lavorare in un bar, e che in quel momento si prendeva con lei.
«Oh ma la Balzani chiamala!» mi disse Katia, agitatissima, «Voglio rivedere il culo del suo moroso, che facoltà fa lui?»
«Facoltà Cerebrali Assenti» risposi, ironica. Ne seguì una breve spiegazione su Simone Farabegoli, che per carità, bel ragazzo, ma la testa, ho già avuto modo di dire, non era il suo forte. Credo che avesse passato l'estate a caricare e scaricare la frutta. Ce lo vedevo.
Comunque rimediammo il suo numero e la invitammo assieme alle sue colleghe di appartamento.
Da quando avevo rivisto Cinzia, mi era tornata in mente la possibilità che qualcun'altra fosse a Bologna a studiare. Una, in particolare.
Per sicurezza, non feci a nessuna il nome della diretta interessata, e nessuno lo fece, e in un certo senso era meglio così. Tirai un piccolo sospiro di sollievo.
****
Arrivarono Sara e le sue coinquiline Eleonora e Silvia. Ci facemmo un breve giro della casa sorridendo al fatto che il marchio Ikea svettava in ogni dove.
«Ma chi deve arrivare ancora?» mi chiese Sara, ma non feci in tempo a parlare che suonarono alla porta.
Entrò Debby che aveva fatto la strada assieme al moroso di Cinzia e a Vanessa, appena vide la Torricelli la apostrofò con un «Uelà, avete invitato anche Maurizia Cacciatori!»
«Sì, quella che ti fa vincere le uniche partite che vinci in tutta l'estate» rispose l'interpellata, serafica.
«Mauri, sai che ti voglio bene» le mandò un bacino Debby, poi si abbracciarono e mi sembrò, per un attimo, di essere tornata alla covata della Robin Pallavolo, quando io giocavo banda, la Torricelli centrale e la Tosato giocava opposto. E il nostro spogliatoio era un mare in tempesta.
Forse mi rabbuiai, ma ci fu chi andò peggio: Silvia, leggermente innervosita da questi nuovi arrivi, si avvicinò e a mezza voce mi chiese se veniva anche Cinzia, e soprattutto le sue coinquiline.
«Si, perchè? Abbiamo fatto gaffe nell'invitarle?» le chiesi, preoccupata.
«No, no, per quanto mi riguarda, no. Tranquilla.»
«No, dai, spiega» insistetti, per capire se c'era qualcosa sotto, non mi andava di inaugurare una nuova casa con un litigio per vecchie ruggini.
«La sua coinquilina "Rei"» mi disse facendo il segno delle virgolette con le dita, «sostiene che io abbia fatto di tutto perché si mollasse con il suo tipo, che è in crew con me.»
«Cioè?»
«Balliamo insieme» replicò, senza aggiungere altro.
Io non proseguii il discorso. Anche se non avevo capito del tutto quel "balliamo insieme", mi salì l'ansia, un sentore di bruciato che si concretizzò quando salirono anche la Cinzia e le sue coinquiline, tra cui Valeria con un innaturale caschetto di capelli color azzurro.
Impossibile che lei non sapesse a quale serata stava per partecipare, eppure era venuta lo stesso. O forse pensava che io lo sapessi, ed aveva accettato. Questo non lo so, fatto sta che era lì davanti a me, dopo circa due anni in cui inizialmente mi aveva ignorata e successivamente ci eravamo ignorate a vicenda. Il mio sentore di bruciato era vero: Valeria aveva lasciato Riccardo, e da quel taglio di capelli era abbastanza chiaro che avesse cambiato decisamente abitudini.
Ci salutammo in maniera molto asettica, mandai Katia a fare il giro della casa con le ultime arrivate, dicendo che mi sarei occupata assieme a Lorenzo di tirare fuori alcolici e patatine per fare aperitivo. Avevo bisogno di affrontare il problema un passo alla volta, volevo pensare a come trattarla, dopo tutto quel tempo.
Debby saltò su dal divano urlando «Ehi, alcol, aspetta che vengo ad aiutarti!» e con una battuta del genere, il ghiaccio si ruppe.
Mi ero fatta troppe preoccupazioni: la serata scivolò via perfettamente e parlammo del più e del meno, ricordando le pessime scenette rimediate durante l'estate tra Cervia e Cesenatico, ridendo alle spalle di nostre conoscenze comuni come Giorgino Muratori. Lorenzo rigovernò bicchieri e piattini perché «Tanto sono esperto di lavandini» e poi decidemmo di uscire a farci un giro.
Cinzia e Simone, alla notizia, dissero che preferivano tornare in appartamento. E fu chiaro a tutti il perchè. Appena varcammo la porta e ci dividemmo, mi scappò un «Certo che ne è passato di tempo da quando aveva i poster di Lourdes.»
«Per non parlare dei poster di Barselona» ironizzò la Torricelli.
Presi su la battuta senza replicare se non con un «Hai ragione, Mauri» e risi al ricordo di quell'estate a buttare via sacchi dell'immondizia per le taperie barcellonesi, credendomi ragazza cosmopolita e indipendente.
Vidi Vale sorridere sia alla mia battuta che a quella di Chiara. A fine serata ci salutammo tutte. Mi sorrise e mi disse grazie per la serata, senza abbracciarmi o baciarmi, ma questo lo fece anche con le mie coinquiline, per cui pensai che fosse un suo modo di fare, leggermente distaccato, poco caloroso.
Presi quella sera come un buon segno. L'aria di un luogo diverso da dove avevamo avuto i nostri enormi conflitti mi fece pensare che forse avrei potuto rimediare quel rapporto che si era spezzato così improvvisamente.
Un po' alla volta, magari.
****
Katia e "La Mauri" come prendemmo a chiamare Chiara, avevano una ex compagna di classe che festeggiava gli anni a inizio novembre, e loro dovevano essere assolutamente giù per il suo compleanno. Farmi tutto il weekend tappata in casa a Bologna, con il moroso impegnato a sistemare tubi, mi spinse a scendere a mia volta a Cervia. Le mie due inquiline mi rimediarono l'invito alla festa e io mi sentii in cuore di partecipare al regalo di compleanno.
Ma nell'eventualità in cui mi fossi rotta le palle, ci andai con Lore. La serata in realtà fu piuttosto divertente. Pensai poco al fatto che ero a Cervia, territorio minato per me, data la presenza di ben due genitori nel raggio di pochi chilometri.
Mezz'ora prima della fine della cena, Cinzia e il suo moroso Simone si congedarono dicendo cose a caso, ma si capì chiaramente che lo scopo era quello di imboscarsi a fare cose, assolutamente non a caso, ben precise.
Anche noi, a dire la verità, non aspettammo proprio la fine completa della cena, perchè la festeggiata era una di quelle che aveva sempre il codazzo attorno e per smuovere tutti quei maschi sarebbe occorsa una squadra della celere. E poi Lorenz era rimasto vittima della congiura dei Fantini imbrattandosi la camicia di vino rosso.
«Lorenz lo sanno anche i muri che se ci sono quei due a tavola, succedono dei danni! E ti metti la camicia a quadretti bianca? Ti pensavo più furbo» lo rimbrottai mentre andavamo verso l'uscita, con l'idea di mandarlo a cambiarsi e rivederci a ballare.
Eravamo alla cassa a pagare alla nostra parte quando la porta si aprì e spuntò fuori una inconfondibile testa azzurra. Ci vide chiaramente, tanto che persino Lorenzo accennò ad un saluto, pur avendola vista una volta sola.
Era chiusa in una giacca scura, da cui spuntava una tuta di felpa piuttosto anonima, in mano teneva un portafoglio da uomo. Nonostante il mio saluto piuttosto chiaro, passò oltre facendo completamente finta di non vederci, raggiunse la porta che divideva l'ingresso dalla sala laterale e consegnò il portafoglio a suo padre. Lui stesso, vedendomi, mi salutò in maniera leggermente distaccata, rientrando in fretta nella stanza. Vale si girò, ci passò di fianco e non ci cagò di striscio, riprendendo la porta.
«Hai delle amiche che puoi fare a meno delle nemiche» ironizzò Lorenzo.
Io non seppi cosa rispondere, mi sembrò un comportamento piuttosto bizzarro e volutamente scostante. Ma avevo capito che Vale era diventata molto strana.
«Lascia stare Lo. Andiamo a cambiarti questa camicia che sembri la Pimpa disegnata su un foglio a quadretti.»
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