Lunedì 14 aprile 2003
Di nuovo mi vidi con Cinzia lunedì in pausa pranzo. Eravamo ormai in aprile e le giornate andavano allungandosi e riscaldandosi. Non c'era nulla di più bello che poter rimanere finalmente all'aperto nelle ore centrali, avendo ormai la certezza che l'inverno era passato.
«Allora, com'è andata sabato? L'hai veramente schiodata da casa?» mi chiese.
«Sì, e ti dirò che non è andata nemmeno male. Ma poi ha usato la scusa del vestiario per saltare la discoteca» risposi, forse mettendoci una punta di delusione di troppo nel tono.
«Un passo alla volta, vedrai che riesci a farla uscire del tutto.»
«Guarda che non è il mio obbiettivo, schiodarla da casa a tutti i costi» replicai, sulla difensiva.
Non mi andava di passare per quella che voleva far uscire Vale con me a tutti i costi. Quella storia era partita con ben altri intenti e Cinzia lo sapeva bene, assieme al suo focoso compagnuccio di orgasmi.
«Ma ne hai la capacità, a quanto pare» aggiunse.
«Semplicemente sono l'unica che per sbaglio l'ha messa con le spalle al muro, è stata costretta a accettare. Ma poi è riuscita a svicolare lo stesso.»
Cinzia si prese un attimo per guardarmi, come se soppesasse le parole da dirmi.
«La verità è che non so perché voi vi siate allontanate, ma sotto sotto avete una amicizia forte» mi disse, sorridendo, per poi aggiungere «e forse lei ha passato questo periodo così strano proprio perché non è stata più vicina a te.»
«Non è certo colpa mia.»
«Non ti sto dando delle colpe» aggiunse Cinzia, rimestando un cous cous dove navigavano alcune zucchine anemiche a rondelle, «ti sto dicendo che vederti le fa bene. E questo è il lato importante delle amicizie: far stare bene. Magari le dai pure una mano con lo studio.»
«Ma mi ha detto che più o meno è in pari» replicai, colta un po' di sorpresa.
«Ma va là, non ha mai seguito e non ha dato nessun parziale. Non ha mai aperto un libro, non ha nessun tipo di dispense, non chiede appunti, non va a studiare a casa di nessuno e non viene mai nessuno qui a studiare» sbuffò Cinzia, «io non voglio fare la zia rompicoglioni. Però, a meno che lei non impari attraverso la telepatia, lei non sa nemmeno cosa significhi studiare una materia universitaria.»
Ripensai al fatto che Vale mi avesse detto una cosa ben diversa, forse semplicemente per tagliare corto un discorso che non voleva affrontare. Mi segnai mentalmente di riprendere la questione più avanti, e con Cinzia andai sul liscio.
«Io non so, queste cose non me le ha dette, e non sono in grado di fare la tutor nello studio universitario» replicai, pensando però che me l'ero cavata egregiamente negli anni passati a farle da tutor. Ma era un tipo di tutoraggio completamente diverso e tutto era cambiato, purtroppo.
«Non te la voglio affibbiare, magari cambia da sola. Chi lo sa.»
Per tutte le successive ore non riuscii a combinare nulla di nulla: Vale era tornata al centro dei miei pensieri. Vale che non usciva di casa, Vale che faticava nei rapporti umani. Vale che aveva bisogno. Tutto quello io l'avevo già vissuto e l'avevo già brillantemente risolto, facendo attraversare a entrambe un periodo certo complicato, burrascoso, incasinato, ma soprattutto mitico.
Le litigate con i maschi per come la trattavano, le domeniche a guardare le serie, i balli scatenati sui letti, la discoteca di nascosto, la fuga a Barcellona, noi due sul terrazzino perchè io ero segregata. Ancora oggi, e non può essere che così, assaporo quegli anni dell'adolescenza come qualcosa che, per sensazioni, batte tutto a mani basse.
E io, forse scioccamente, volevo che avvenisse di nuovo, volevo che quelle sensazioni mi attraversassero di nuovo la pelle, indipendentemente da quello che era poi successo.
REI SABATO ANDIAMO A BALLARE ME LO DEVI
Dopo pochi istanti mi aveva risposto:
NON TI DEVO PROPRIO UN CAZZO DIREI
E così, avevo avuto il colpo di genio:
VOGLIO UN CAZZO DI REI, UNO SOLO, SU SU
E ancora, dopo pochi istanti:
QUANTO SEI SCEMA
****
Vale, la settimana successiva, effettivamente uscì a ballare con noi in una serata tutta femminile, e andò tutto piuttosto bene, anche se lei fu una sorta di mia discreta ombra.
Il disagio che aveva evidentemente avuto addosso i primi minuti dentro il locale, scemò quando capì che avrei tenuto la giusta distanza da lei, che sarei stata solo un'amica tra le amiche che stavano partecipando a quella serata. E poi alla fine, fu lei ad avvicinarsi, quando ormai erano già le tre passate: quando spuntarono i pezzi "storici" su cui ci scatenavamo da ragazzette. Mi ballò di fianco, sempre un po' guardinga, in un completo jeans attillato e maglietta scura che non si poteva definire propriamente sexy, ma che letteralmente mi sciolse.
Le feci da schermo un paio di volte quando certi tipi si fecero più insistenti, e mi sentii importante per lei. Alla fine uscimmo abbracciate, ridendo dei maschi sudati e dall'alito come fogna di periferia. Era la mia Vale, era la mia amica, e io le ero utile, e io la proteggevo, e non potevo e non dovevo chiedere null'altro.
La settimana dopo, con il ponte del 25 aprile, tutti erano a casa in Riviera, solo noi due eravamo rimaste a Bologna, e il piano era molto semplice: uscire io, Lorenzo, Vale, Cinzia e Simone Minus, poi io, Lorenzo e Vale saremmo andati a ballare e gli altri due sarebbero andati a fare sesso sfrenato, se proprio ci tenevano.
Fu la Cinzia a proporlo, perchè le piaceva l'idea di avere una casa vuota e nessun problema di orario. Lory salì volentieri, con l'intento di rimanere a dormire da me, e tutti furono felici di questa organizzazione,
Tuttavia, la serata fu piuttosto surreale. La Cinzia e Simone si stuzzicavano continuamente con mani e battute. Era un grande classico per loro due, ma la questione si complicò quando Vale iniziò a metterci del suo.
«Voi due vi siete proprio trovati. Enemies to Lovers» partì, guardando la coppietta.
«Ma scherzerai? Uno così scemo chi se lo piglierebbe?» rise la Cinzia, che intanto teneva a bada le mani di lui.
«Mica i maschi li devi misurare a neuroni» continuò Vale.
Simone, che sapeva di non essere un'ira di dio a livello di intelligenza, usò però il suo diritto di replica egregiamente.
«I maschi si misurano in decibel» sorrise, mostrando per l'ennesima volta di avere la battuta piuttosto pronta, e per una volta nemmeno scontata
La Cinzia fece invece la figura della tontarella: si girò a guardarlo, interrogativa.
«Per quanto ti fanno urlare» disse Vale, soddisfatta di aver spiegato la battuta a sfondo sessuale.
«Signorina, hai degli argomenti, vedo» replicò Simone, seguito dalla risata poco trattenuta di Lorenzo.
Iniziò una sorta di botta e risposta tra Simone e Vale, fatta di battute a doppio senso e domandine piccanti, in cui il primo tentava di gloriarsi e la seconda camminava sull'esile confine tra l'eccitazione e la derisione.
Io e Cinzia ascoltammo, sbalordite da quella piega. Un attimo sembrava che Valeria volesse intortare Simone, l'attimo dopo pareva volerlo crocifiggere per la sua grossolanità. Quando ormai si era fatta mezzanotte e tre quarti, ancora il ragazzo non accennava a voler togliere le tende per andare a ingropparsi la morosa. Fu quest'ultima che iniziò a dare segni di insofferenza e infine ci dirigemmo all'uscita, non prima di un rapido giro in bagno.
«Rei, potevi anche tagliare più corto» brontolò Cinzia.
«Ma tu hai capito cosa è successo?» le rispose l'altra, criptica.
«Spiegamelo, anche se credo di saperlo.»
«Allora dimmelo tu, no?»
«Mi hai fatto vedere come devo fare» sospirò Cinzia.
«Più o meno» sorrise Vale.
«Ma di cosa state parlando?» mi intromisi, perchè non stavo sinceramente capendo il nocciolo del discorso.
Cinzia si affrettò a spiegarmi che Vale le aveva semplicemente dato una dimostrazione di come condurre un dialogo con un ragazzo eccitato.
«Al posto di vederselo piombare qui ogni due giorni prima di cena, può controllargli il livello del testosterone con questa modalità» aggiunse Vale, «magari domani mi racconti come andrà tra poco.»
Poi si rivolse a me «Come sono andata?»
«Un buon mix tra professoressa e zoccola» riassunsi, sorridendo.
La serata a ballare prese una piega strana, dopo quel lungo dialogo al pub. Lorenzo sembrava guardare con occhio diverso Valeria che aveva visto in poche occasioni in azione così da vicino. Sembrava che persino lui, che viveva per me, fosse rimasto impigliato nelle sue provocazioni.
Ci mettemmo in fila ed io ero più che altro curiosa di vedere come sarebbe finita. Vale era carica e io, in fondo, ne ero contenta. Ammetto che avevo avuto dei dubbi nell'andare a ballare con lei e Lorenzo, come se si rischiasse di lasciare a margine uno dei tre.
Mentre eravamo in fila, mi resi conto che rischiavo io di rimanere esclusa: Valeria e Lory si misero a fare battute l'un l'altra continuando sulla falsariga di quello che era successo con Simone. Ma per quanto volessi bene al mio ragazzo, era evidente che non poteva competere con l'ironia e la stronzaggine della mia amica ritrovata, così cercai di dargli manforte, ma appena iniziai a stuzzicarla, si ritirò subito in una sorta di silenzio, limitandosi a un paio di risate condite da disagio.
Lorenzo sorrise, convinto di aver vinto quella battaglia. Il rumore assordante della musica e le luci sfarfallanti rendevano l'atmosfera elettrica. Per una serie di motivi, non ero una che usciva tantissimo in quel periodo, e se lo facevo, andavo poco a ballare.
Una volta dentro, con la scusa di andare in bagno, presi da parte Valeria.
«Ti ha dato fastidio qualcosa?» le chiesi.
«No, tranquilla. Tutto ok» si limitò a rispondere.
Ma era chiaro che avesse messo una specie di distanza. E questo non lo volevo, ma soprattutto mi ero resa conto che la colpa era in gran parte mia, dovevo lasciare che la loro schermaglia finisse e Lory si prendesse la sua sdentata da maschietto un po' troppo pieno di stereotipi.
«Ok, allora passiamo alla parte operativa. Stasera devi consumarti in pista» replicai, spronandola di nuovo con lo sguardo. Avrei voluto abbracciarla, per farle capire che quella schermaglia era una cosa che non meritava la sua tristezza.
Non ci fu bisogno, perché ballammo parecchio, e senza risparmiarci, liberandoci di tutte le scorie delle settimane prima, i piccoli allontanamenti, che venivano dopo quel primo grande allontanamento. Avrei voluto chiederle il vero perché del suo adombrarsi quando avevo preso le parti del mio moroso, ma non avevo voglia di ritornare indietro, e così ballai.
Lorenzo ci guardò, come a non rompere quell'equilibrio che si era formato tra noi. Alla fine, nell'ultima mezzora, fu come tornare ai mesi prima del grande guaio, alla piccola Vale e alla piccola Stefy appiccicate a ballare, e tutto l'universo fuori, e tutti quelli lì sotto che al massimo potevano guardarci.
Perchè in quello Valeria dimostrò di non essere cambiata: alla pantofolaia, che girava con tute sformate e odiava le serate fuori casa, erano bastate due ore per tornare a essere la provocante dea che avevo fatto sbocciare trascinandola a ballare ormai tre anni prima.
Un'era geologica.
Quando ormai nel locale c'erano rimaste a dir tanto un centinaio di persone, scendemmo dal cubo che avevamo occupato per un bel pezzo, e di nuovo ebbi un tremendo impulso di abbracciarla, ma di nuovo mi trattenni, di nuovo per non rompere quell'equilibrio che avevamo trovato.
«Ho i biglietti per i Placebo a Imola. Vieni a vederli con me.» mi disse mentre stavamo per raggiungere Lorenzo.
Scoppiò una bomba atomica dentro di me.
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