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Un ritorno inaspettato (parte quarta)

Il poliziotto spiegò: "È entrato in un appartamento sotto sequestro e, mentre stava cercando informazioni utili per trovarti, è squillato un cellulare. Dall'altro capo della linea c'era la tua carceriera ed è riuscito a capire dove fossi."

Elisabetta rimase colpita da quelle parole: Damiano aveva rischiato la vita per salvarla.

Se questo non era amore...

Ripercorse a mente lucida ciò che aveva appena appreso e disse, con il poco fiato che aveva in gola: "Aspetta, hai detto che Damiano è entrato in un appartamento posto sotto sequestro? Non è... un reato?"

Edoardo annuì, e, accavallando le gambe, riprese: "E non era solo. Con lui c'era anche Cherifa, che ha distratto gli agenti che stavano effettuando una perquisizione!"

La giornalista strabuzzò gli occhi e chiese, rassegnata: "E ora cosa succederà?"

"Ne ho parlato con il mio capo, non potevo fingere che non fosse successo."

Elisabetta inspirò con il naso ed espirò tutta l'aria accumulata, come se fosse un modo per scacciare tutta la preoccupazione.

Il poliziotto continuò: "Il capo mi ha consentito di non procedere con una denuncia formale, in quanto le sue azioni ci hanno concesso di ritrovarti e di arrestare la complice di Dark Rose."

Elisabetta si sforzò di sorridere e, sempre con una flebile voce, si tranquillizzò: "Menomale, grazie a entrambi!"

Lui continuò a stringerle una mano. "Di' però a Damiano di non cacciarsi più nei guai. Non voglio più rischiare il mio posto per aiutarlo."

"Riferirò!" esclamò Elisabetta con la pace nel cuore.

Si voltò e vide che Damiano era fuori, in corridoio.

All'improvviso, un rumore rimbombò nella sua testa. "Cherifa."

Lei aveva aiutato Damiano e, di sicuro, il loro legame si doveva essere rafforzato in sua assenza.

Sospirò e guardò Edoardo: Cherifa era ancora parte della loro vita e ciò, in parte, spezzava la serenità che stavano per ricostruire.

"Vuoi che avverta le tue sorelle Angela e Irina?" chiese Edoardo, cambiando argomento.

"No" rispose la giornalista. "Non voglio che si preoccupino inutilmente."

"Sicura?" chiese lui, preoccupato per la sua salute.

Lei annuì. "Ormai il peggio è passato e tra qualche giorno spero di essermi ripresa completamente."

Edoardo commentò: "Come vuoi" e le diede un bacio sulla guancia.

Sapeva che Elisabetta aveva superato situazioni peggiori ed era pronto a scommettere che sarebbe uscita anche quella volta più forte di prima.

In mattinata, il treno per Sadıkhacı stava attraversando le ampie colline della Turchia. Si torcevano formando paesaggi incantati e passaggi naturali davvero suggestivi. Le rotaie passavano anche in zone popolate per la maggior parte da lunghi fusti che sembravano grattacieli erbosi. Il cielo era formato da rade nuvole simili a zucchero filato. Man mano che ci si allontanava dall'orizzonte, il soffitto azzurro si scuriva, diventando di un tenue blu pastello.

Pip, Luke e Aura non smettevano di fissare il panorama.

Il treno si instradò in una zona montuosa, in cui a destra e a sinistra si potevano distinguere delle solide pareti rocciose che, illuminate dal caldo sole, sembravano delle fiammelle.

Pip prese una bottiglietta d'acqua dallo zaino e notò una tasca interna contenente qualcosa.

Si guardò intorno e afferrò il contenuto, continuando però a tenerlo nello zaino.

Se lo passò tra le mani, accarezzando la superficie ruvida. Era un ciondolo, lo stesso che Caroline gli aveva consegnato prima di partire, più di un mese prima.

Sorrise: prima che il treno arrivasse ad Apasaraycık aveva chiesto a Luke di andare a prendere il suo zaino.

Fu un attimo e ricordò tutto ciò che aveva scoperto insieme a Caroline sul caveau. Gli aveva dato il ciondolo proprio per quello, per riuscire a entrare, un giorno. Non aveva perso la speranza di trovare quel caveau, ma non sapeva come comportarsi. Sua mamma non ne voleva più sentire parlare. Forse se avesse riferito a Luke le sue scoperte, lui l'avrebbe aiutato. Ormai si fidava di Lành, lo vedeva quasi come un padre.

All'improvviso il treno si fermò e Pip per poco perse un colpo. Non se l'aspettava. Nessuno era preparato a un gesto simile.

Che senso aveva fermarsi lì, in mezzo alle colline e ai monti?

I passeggeri chiesero informazioni, interdetti, ai controllori, ma non erano in grado di dare una risposta.

Pip si strinse ad Aura e Luke guardò il paesaggio con tono preoccupato. Gli era sembrato di aver visto delle ombre muoversi tra le rocce.

Il macchinista parlò con il conducente e poi riferì un messaggio a tutti i passeggeri per mezzo di un altoparlante: "Attenzione prego. Si è verificato un piccolo problema, ma presto sarà risolto e ripartiremo."

Si sollevarono alcune voci che insistevano dicendo che la questione fosse ben più grave del previsto.

A quanto pareva, anche altre persone avevano notato quelle ombre...

Pip si strinse sempre di più ad Aura, spaventato dalle possibili teorie che si erano sviluppate sull'incidente. Un guasto ai motori o altro?

Luke cercò di estorcere delle informazioni al capotreno, ma non ci riuscì.

Anche altri avevano tentato di scoprire la natura del piccolo problema, ma senza risultati.

Il capotreno, stanco di quelle continue domande, rientrò nella cabina del conducente. "Ora come si procede?"

Il macchinista guardò le rotaie e l'animale morto che le stava ostruendo. "Dobbiamo rimuoverlo, subito!"

Si alzò, ma il capotreno obiettò: "Aspetti, è pericoloso. Quell'animale... come ha raggiunto le rotaie? Da solo?"

"Beh, può anche essere che un cacciatore l'abbia ferito e si stava trascinando fin lì, per poi morire, esausto" spiegò il macchinista.

Il capotreno sospirò. "Lei ha più esperienza di me e sa bene che le imboscate, in zone come queste, sono molto frequenti."

Il macchinista annuì con tono grave. Doveva assolutamente avvertire la stazione prima che...

Un colpo risuonò fino alla cabina, poi un altro e un altro ancora.

Il macchinista, terrorizzato, uscì e fu investito dalle urla dei viaggiatori.

La porta per l'entrata e l'uscita dal treno era stata forata in centro, nel punto in cui si chiudevano le due giunture.

All'improvviso, apparvero due mani che, con forza sovrumana, riuscirono ad aprire la porta.

Il macchinista prese prontamente la cornetta per comporre il numero dei suoi colleghi in stazione, ma fu bloccato da un rumore, un colpo di pistola.

Dalla cabina riuscì a vedere una mano a terra e la manica della divisa insanguinata.

Si portò una mano alla bocca: il capotreno era stato ucciso.

Le urla dei viaggiatori dello scompartimento raddoppiarono d'intensità e arrivarono fin lì, acutissime.

L'uomo mise la cornetta alle orecchie, ma delle parole lo gelarono.

"Metti giù o sparo!"

Il macchinista strabuzzò gli occhi. Il suo collega aveva ragione: quella era un'imboscata!

Cercò di mantenere la mente lucida. Aveva già affrontato situazioni simili in passato, ma era passato qualche anno. La prima cosa da fare, in quei casi, era capire il numero degli attentatori. La seconda era... cercare di assecondarli.

"Sì" esclamò con tono di voce neutro, per cercare di non far trapelare la sua preoccupazione.

Obbedì e tenne le mani sullo schermo dei comandi.

Nello scompartimento le urla dei passeggeri si mischiavano a quelle degli aggressori. Negli altri regnava la confusione più totale perché non sapevano cosa stava succedendo. Qual era l'origine di quegli spari e di quelle urla?

Pian piano il dolore derivante dall'incertezza si tramutò in consapevolezza di essere in pericolo.

Gli attentatori entrarono in ogni scompartimento, gettando il panico e dicendo ai passeggeri di non muoversi e di non commettere sciocchezze.

Nel settore in cui si trovavano Luke, Aura e Pip non era ancora entrato nessuno. La madre e il figlio si stringevano mentre Luke e altri uomini erano in piedi per cercare di capire l'origine di tutto quel rumore.

All'improvviso una voce metallica sovrastò le urla dei passeggeri.

Dall'altoparlante un annuncio gelò tutti: "Qui non è il macchinista che vi parla. Si informano i passeggeri che... c'è stato un imprevisto che, spero, durerà poco. Vi invito a non muovervi e a obbedire ai nostri ordini. Non vi accadrà nulla di male se ci ascolterete e se ci ascolteranno."

Seguì un breve istante di silenzio che contribuì a mettere i brividi.

"Intanto, vi auguro una buona permanenza su questo treno, sperando che non sia il vostro cimitero."

Aura strinse Pip a sé e guardò Luke.

Lui sospirò e rivolse uno sguardo agli altri uomini. Tutti avevano un'aria interrogativa e non riuscivano ancora a capire cosa stava succedendo.

Un uomo con il volto coperto entrò nello scompartimento e puntò la sua arma contro gli uomini in piedi vicino all'entrata. "Voi, sedetevi insieme agli altri!"

D'istinto alzarono le mani e obbedirono, guardandolo con un'occhiata preoccupata. Tutti i loro propositi di rivalsa erano scemati in un attimo.

L'attentatore guardò soddisfatto tutti i presenti. "Bene, avete sentito il capo? Alla prima sciocchezza, passerete seri guai!"

Luke si sedette sul suo sedile, vicino ad Aura.

Ogni fila era composta da tre sedili.

Si scambiarono uno sguardo preoccupato.

Il poliziotto accarezzò la testa di Pip e gli sorrise, per confortarlo.

Altre persone con il volto coperto passarono lungo il corridoio, per arrivare negli scompartimenti successivi.

Pian piano, tutto il treno fu investito dalla loro ondata di terrore.

Il macchinista sentì aumentare le urla e dovette resistere alla tentazione di tapparsi le orecchie.

Guardò quello che sembrava il capo del gruppo: pelle abbronzata, volto coperto, calzettoni e maglione scuri, la mano stringeva un mitra, arma non comune da quelle parti. Capì subito che gli assalitori non erano del posto. Non volevano l'oro e il denaro dei passeggeri, come nelle comuni imboscate. Cosa desideravano?

Doveva scoprirlo prima che fosse troppo tardi.

Intorno alle tre del pomeriggio, in un ospedale di Mestre, Elisabetta stava cercando di riposarsi. Aveva passato l'intera mattinata a fare degli esami ed era stanchissima. Damiano era riuscito a fatica ad aiutarla a sedersi su una sedia a rotelle e l'aveva condotta da una parte all'altra dell'ospedale insieme a un infermiere. Lei non aveva voluto mangiare nulla a pranzo, le era sembrato di essere troppo affaticata e anche solo il pensiero di assaggiare un boccone le aveva procurato un crampo allo stomaco.

Damiano era accanto a lei, su quella scomoda sedia su cui aveva passato l'intera notte. Aveva spiegato la situazione al suo capo Eliseo e lui gli aveva consigliato di prendersi qualche giorno di ferie.

Proprio quando Elisabetta si stava assopendo, qualcuno bussò alla porta.

Damiano si alzò di scatto e vide che l'ingresso della stanza si stava aprendo pian piano.

Sbucò la figura slanciata di Cherifa che, appena vide Elisabetta con gli occhi chiusi, si portò una mano alla bocca.

Il giornalista uscì dalla stanza e richiuse la porta dietro di sé.

"Scusa. Se avessi saputo che Elisabetta stava dormendo, non sarei mai venuta" spiegò lei, abbassando lo sguardo.

Lui le sorrise. "Non ti preoccupare, non potevi saperlo" e le sfiorò una guancia. "Sono contento che sei qui."

Passò un istante di silenzio.

Il giornalista chiese, appoggiandosi al muro: "Come stai?"

"Sono io che dovrei domandartelo. E dimmi: come si sente Elisabetta?" chiese lei, mettendosi a braccia conserte.

Lui si voltò verso la camera della giornalista. "È stanca. Si è risvegliata ieri sera e stamattina ha effettuato alcuni esami per controllare il suo stato di salute. Non so, a me sembra sempre più debole e pallida. Non l'ho mai vista così... Pare un'altra persona."

Lei sospirò. "Beh, penso che sia normale. Cosa ti hanno detto i medici?"

Damiano spiegò, guardandosi intorno: "Che dovrebbe farcela, anche se dovrà affrontare una dura riabilitazione. Tutto dipende da come il suo corpo reagirà..."

Cherifa si sedette su una sedia lì vicino. "Vedrai che andrà tutto bene. Elisabetta è una donna forte e non si arrenderà facilmente. È normale passare una fase così difficile dopo un mese di prigionia, ma vedrai che ne uscirà vittoriosa."

"E tu, invece?" chiese Damiano. "Come ti senti?"

Lei si rimboccò le maniche della maglia, a causa del caldo. "Meglio, dopo quello che è successo. Credevo di aver ucciso quella donna, e invece per fortuna è ancora viva. Non avrei mai potuto vivere con un cadavere sulla coscienza."

"Grazie per avermi salvato" commentò lui, ricordandosi per un attimo il brutto guaio che aveva vissuto.

Spazio Sly

Come promesso, ho pubblicato la quarta parte del diciassettesimo capitolo. Cosa ne pensate? Credo che la scena più sconvolgente di questa parte sia l'assalto al treno effettuato da una banda criminale. Qual è il suo scopo?

State molto attenti, cari lettori, perché il momento in cui Pip prende il ciondolo di Caroline e ricorda ciò che è successo non è casuale, ma non posso dirvi di più. Pian piano si sveleranno tutti i segreti che aleggiano sul flauto e sul caveau...

Vi invito a lasciare un commento per esprimere la vostra sincera opinione!

Ci vediamo sabato con un nuovo aggiornamento!

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