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Tutto per un uomo (parte quarta)

"Uno ci sarebbe!" replicò il fratello, con un largo sorriso sulle labbra. La sorella lo guardò come se da quell'affermazione dipendesse la sua vita e lui enunciò: "Lunedì è il giorno in cui vado a trovare nostra madre in carcere. Mi reco là tutte le settimane, da quando tu te ne sei andata. È stato stabilito dal giudice, ma credo che sia pronto a rivedere i documenti se tu decidessi di vedere nostra mamma."

"Non vedo quale sia il collegamento con il commissario Dimaro..." lo interruppe lei, che non sopportava più quel discorso.

Carmine tentò: "E se il commissario Dimaro potesse essere il tramite tra te e il giudice? Tu puoi parlare con lui e cercare di capire se è possibile rivedere tua mamma e intanto ne approfitti per farti dire cosa sta succedendo a Mario."

La sorella cominciò a ridere. "Geniale, davvero! C'è solo una cosa che non quadra: io non voglio rivedere nostra madre! Ritorniamo sempre al solito discorso. Non capisco come puoi proteggerla ancora... ma d'altronde non è la tua vita che ha messo a rischio." Si alzò e prese il vassoio in mano. "Sai cosa faccio? Accetto la tua proposta: chiederò di poter parlare con mamma, ma non sarà un bell'incontro. Né per me né per lei. Finalmente avrò la possibilità di urlarle in faccia tutto il mio odio, visto che l'ultima volta che ho sentito la sua voce è stato tramite un cellulare."

Si allontanò e Carmine sorrise, riprendendo a mangiare. Era convinto che sarebbe bastato uno sguardo per farle conciliare. Sarebbe andato tutto bene e sarebbe ritornata la pace tra madre e figlia.

Intanto, il tempo passava lento in un carcere di Mestre. Dark Rose era sdraiata sul suo letto e guardava il soffitto con occhi persi. Una sua mano era posta sotto la testa e le gambe formavano una grande P. Le sembrava di essere in prigione da un'eternità, invece era passato solo poco più di un mese.

Sbuffò più volte: la sua cella era singola e, non potendo parlare con eventuali detenuti, non sapeva come passare il tempo. In quel periodo aveva riflettuto molto sulle azioni che aveva compiuto, ma non se ne era pentita.

Si alzò e serrò le labbra. Aveva sentito parlare varie volte del meccanismo del carcere: molti ex detenuti lo descrivevano come un luogo di riflessione, un Inferno di solitudine. Altri invece lo ritenevano troppo caotico; quella struttura era sveglia ogni giorno, ventiquattro ore su ventiquattro. Non dormiva mai, si sentivano di continuo i lamenti, le risate, i singhiozzi dei detenuti, ma soprattutto le loro urla. Grida disumane, frutto di un rimorso che non si poteva cancellare, di una vita sbagliata, di azioni compiute con troppa superficialità.

Maddalena sospirò e si mise le mani sui fianchi: ora che si trovava lì, poteva anche lei esprimere la sua opinione. Quel luogo era un girone infernale, il più nefasto. Esseri rinchiusi tra sbarre d'acciaio, in una gabbia di rimpianto e solitudine. In prigione le urla e i lamenti erano una consuetudine, così amalgamati che quell'ammasso di voci diventava un'assordante silenzio. Ed era proprio in quella situazione che agiva il meccanismo del carcere: costringeva i detenuti a riflettere sul loro passato, sui motivi per cui erano lì, e a cambiare. Non tutti però diventavano persone migliori, e lei era una di quelle.

Maddalena, con un gesto rapido, spostò i capelli scuri che le stavano cadendo sul volto. Una cella singola, contatti minimi con l'esterno. Tutto quello perché la polizia voleva costringerla a collaborare, a rivelare i suoi nascondigli e il nome del suo complice.

Pensando a lui, lei si sedette di nuovo sullo scomodo letto. L'ultima volta che si erano visti, gli aveva chiesto di essere leale con lei fino all'ultimo e lui le aveva promesso che, insieme, avrebbero rubato il Rubino celeste.

Una risata nervosa uscì dalle labbra screpolate di Dark Rose, che si portò le mani sul volto cercando di stare calma. Mancava solo un giorno e poi ci sarebbe stata la serata di gala in cui il gioiello sarebbe stato presentato.

Strinse le mani a pugno: lei non ci sarebbe stata, e quello le provocava una grande rabbia.

Serrò le mascelle con tutta la forza che aveva e si avvicinò al muro grigio topo. Al centro, in alto, era disposta una finestra quadrata con le sbarre. Da lì riusciva a vedere il cielo scuro e le stelle, che sembravano puntini luminosi lontani anni luce.

Strinse sempre di più i pugni e sentì l'esigenza di spaccare ogni oggetto che le capitava a tiro. Il mondo si stava muovendo e lei era lì dentro. Il tempo stava passando e lei era lì dentro. Il Rubino celeste sarebbe stato presentato l'indomani e lei ea lì dentro.

Si ricordò le parole della polizia: se avesse collaborato, avrebbe ottenuto uno sconto di pena.

Allungò una mano sul muro e appoggiò la testa. Doveva resistere, non poteva aiutare gli sbirri. Nella sua carriera criminale aveva rubato, ucciso, ma aveva sempre rispettato i patti, ed era proprio per quello che aveva ottenuto una buona credibilità nell'ambiente. Con gli anni si era guadagnata il rispetto di tutti, ma adesso era tutto finito, lì dentro, in un comunissimo carcere di Mestre, dopo colpi nei musei più importanti d'Europa. Avrebbe dovuto affrontare numerosi processi e la sua vita sarebbe stata rovinata per sempre. Per lei era arrivato il momento di pagare per tutti i suoi errori, ma non poteva sopportarlo.

Si tolse le mani dal volto e, guardando la finestra quadrata, bisbigliò: "No, la mia vita non finirà così..."

A un certo punto sentì un rumore di chiavi e la porta si aprì di colpo.

"Ti abbiamo portato la cena" annunciò una donna con tono di voce neutro.

Maddalena si spostò dalla parete. C'era qualcosa in quella voce che non la convinceva.

La porta si aprì completamente: un'agente rimase sulla soglia e un'altra entrò con un vassoio che posò sul tavolo.

Maddalena guardò quest'ultima: non aveva mai sentito la sua voce, non era la solita guardia che le portava la cena. Le bastò osservare i suoi occhi per capire che c'era qualcosa di più.

"Buona cena" commentò la guardia, strizzandole l'occhio.

Maddalena rimase colpita da quel gesto e non reagì, non sapendo come comportarsi.

La donna uscì dalla cella e l'agente rimasta sulla porta chiuse a doppia mandata.

Sotto la poca luce che proveniva dalle lampade a neon del corridoio, Maddalena si avvicinò al tavolo, che era posto in un angolo della cella.

Strappò le posate di plastica dall'involucro e tolse il coperchio del piatto più grande. All'interno vi era un'appiccicosa zuppa gialla.

Si sedette, sbuffando, e spostò il piatto verso di sé, ma vide un fogliettino bianco che prima era nascosto sotto la scodella.

Si girò verso il corridoio e poi si concentrò sulla sua scoperta, piegata in quadratini.

La spiegò e cercò di leggere ciò che era scritto.

Mentre posava gli occhi su quelle frasi, il suo viso si illuminava.

Arrivata alla fine, posò il foglio sul tavolo e cominciò a mangiare quella zuppa senza sapore. Per lei, invece, ne aveva uno: quello della libertà. Il suo complice non l'aveva abbandonata, la sua carriera criminale non era finita. Dark Rose stava tornando, più forte di prima.

In poco tempo Sadıkhacı, un tranquillo comune nella Provincia di Konya, in Turchia, era stato sconvolto dalla tragica notizia di un treno assaltato da una banda specializzata. Era da molti anni che non si verificavano più quel tipo di agguati e il popolo ricominciò ad avere paura e a seguire con apprensione gli sviluppi. Alla stazione qualcuno, forse un impiegato, aveva avvisato gli abitanti. In ogni casa c'era almeno un televisore e i paesani seguivano la vicenda attaccati allo schermo, con il cuore in gola per l'agitazione. Su quel treno viaggiavano molte persone di Sadıkhacı che stavano tornando da una vacanza o da un viaggio di lavoro e le cui speranze di rivedere i loro cari erano state bloccate dall'assalto. La polizia non aveva rilasciato dichiarazioni ai giornali, assicurando che la situazione si sarebbe risolta nel modo migliore. Tra gli abitanti, però, serpeggiava il sospetto che quell'agguato non fosse stato compiuto da sbandati, da criminali di periferia, ma da professionisti del mestiere. Qual era il loro scopo? Come si sarebbe conclusa la situazione? Di sicuro gli assaltatori non si sarebbero arresi facilmente fino a quando non avrebbero raggiunto il loro scopo.

Erano passati venti minuti dalla soffiata dell'impiegato e i giornalisti avevano in mano solo tanti dubbi e numerose incertezze. A causa di quella situazione si stava diffondendo, pian piano, una certa isteria, sia per le persone che avevano dei parenti o amici sul treno sia per quelli che non avevano nessuno, ma si identificavano nei viaggiatori. Nessuno sapeva la verità, tranne la polizia.

Il tempo stava per scadere: entro dieci minuti il capo della banda avrebbe ucciso il macchinista e le maggiori autorità del comune non avevano ancora preso una decisione.

Nell'ufficio del sindaco era stato indetto un vertice speciale per l'occasione. Seduti intorno a un tavolo, molte voci si stavano affollando per convincere gli altri della propria idea. La riunione era presieduta dal sindaco e intorno a lui erano presenti il direttore del carcere, un funzionario della polizia e della stazione e i capi dei quattro quartieri in cui era diviso il comune.

A un certo punto l'uomo si alzò e sbatté le mani sul tavolo. "Basta, signori!"

Le persone continuarono a discutere animatamente e il sindaco, adirato, produsse un urlo che riuscì a sovrastare le voci degli altri.

I componenti del vertice guardarono l'uomo e lui alzò gli occhi al cielo. "Finalmente, sembravate delle galline in un pollaio! Vi rendete conto del fatto che la situazione ci sta sfuggendo di mano? Che tra pochi minuti il macchinista di quel treno sarà ammazzato se non prenderemo una decisione?"

Il suo tono di voce era severo e autoritario.

I membri della riunione straordinaria guardarono l'orologio appeso alla parete e un brivido percorse, a intervalli irregolari, la loro schiena.

"Volete continuare a discutere o avete intenzione di comportarvi da persone civili? Qui c'è in gioco la vita di decine di abitanti di Sadıkhacı, non possiamo abbandonarli al loro destino!"

Il funzionario della stazione storse le labbra. "Tanto è tutto inutile. Non riusciremo mai a metterci d'accordo."

"Possiamo provare un vecchio metodo, ma sempre efficace: il voto per alzata di mano" propose il funzionario della polizia.

"No, siete per casi impazziti?" intervenne il capo del quartiere più ampio, toccandosi la fronte. "Queste non sono decisioni che si prendono in questo modo: o siamo tutti d'accordo o troviamo un'altra soluzione. Qui non c'è in gioco una questione di tipo economico o amministrativo, ma di tipo umano. La vita delle persone, di gente che affolla tutti i giorni le nostre strade.

"Certo, così staremo qui a pensare fino a domani!" ironizzò il funzionario della polizia. "Proprio perché qui c'è in gioco la vita delle persone, dobbiamo decidere il prima possibile."

I capi degli altri quartieri stavano per obiettare, ma il sindaco li fermò: "Calmatevi, altrimenti ricomincia la stessa baraonda di prima. Dobbiamo ponderare bene prima di prendere una decisione, valutando i pro e i contro."

Si rivolse al direttore del carcere, che fino a quel momento non aveva ancora parlato: "Allora, quali informazioni ci può dare su questo Nathan Ngai?"

Spazio Sly

Come promesso, ho pubblicato la quarta parte del diciottesimo capitolo. Cosa ne pensate? Il piano di Ilaria per scoprire cosa sta succedendo a Mario funzionerà?

Per quanto riguarda la storyline del giornalista Damiano, Dark Rose ha ricevuto uno strano biglietto. Qual è il suo contenuto e perché il suo umore è cambiato non appena l'ha letto?

Per quanto riguarda la storyline di Pip, è stato organizzato un vertice straordinario per decidere come muoversi. Ci sarà uno scambio tra il detenuto e gli ostaggi sul treno? Finalmente nella prossima parte scoprirete la storia di Nathan Ngai, una figura che finora è rimasta avvolta nel mistero.

Prima di lasciarvi, vi voglio chiedere un piccolo favore. Ho notato che pian piano le visualizzazioni stanno crescendo e credetemi se vi dico che ne sono molto felice, però mi piacerebbe interagire un po' di più con voi lettori. Invito quindi tutti i lettori silenziosi a farsi avanti, a lasciare una stellina a fine capitolo o un commento. Sentitevi liberi di esprimere la vostra sincera opinione. Sono curioso di sapere cosa ne pensate!

Ci vediamo sabato con il prossimo aggiornamento!

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