Rocce rosso sangue (parte terza)
Lei sospirò, affranta. In effetti, dalla morte di quel commerciante quando Pip stava tornando a Veen, era partita una concatenazione di eventi e di morti che non riusciva a contare sulle dita di una mano. Voleva dire che non si pentiva di nulla, ma non era vero. Se fosse rimasta a Veen, nella loro umile vita, tutto quello non sarebbe successo; ma nello stesso tempo non avrebbe incontrato Ben, non avrebbe incontrato Luke.
"Io non posso obbligarti a fare ciò che dico" disse lei "ma ricordati che se ti dovesse succedere qualcosa, io e Pip dovremmo affrontare un dolore inimmaginabile. Non paragonabile a quello del decesso di mio marito, certo, ma comunque molto forte. Pensa bene, quindi, prima di muoverti. Le tue azioni hanno delle conseguenze su tutti noi."
Il commissario si morse l'interno della guancia; era attratto da quel caveau, il capo della banda gli aveva messo la pulce nell'orecchio e non poteva fingere che non fosse successo nulla. Nello stesso tempo, però, doveva rendersi conto che viaggiava insieme a due persone e doveva pensare anche alla loro incolumità.
"Non farei nulla che vi potrebbe mettere in pericolo. Voi siete la mia famiglia" concluse Luke rivolgendole un sorriso gentile.
I muscoli del volto di lei si distesero e Aura si accoccolò tra le sue braccia, al sicuro.
Lui le accarezzò i capelli e le lasciò un bacio sulla fronte. Avrebbe fatto di tutto per proteggerli: loro erano la sua vita.
Un'ora dopo, nel carcere di Mestre, Damiano era seduto davanti a un freddo tavolo, le mani appoggiate sul volto, la testa che girava e nelle orecchie le urla che quella notte non l'avevano lasciato dormire.
Il carcere era un brutto posto, pensò a denti stretti. Una guardia gli aveva comunicato che qualcuno voleva parlare con lui, senza rivelargli l'identità di quella persona.
Nella sua testa formulò varie ipotesi e la prima che escluse fu Elisabetta: era in ospedale e i medici non le avrebbero mai permesso di uscire.
La più plausibile era Cherifa, e in fondo era contento di vederla: sperò che avesse conservato la stessa ironia di sempre e che avrebbe potuto tirargli su il morale con una delle sue solite battute. In un lato oscuro della sua mente, però, c'era anche l'ipotesi che a venire a trovarlo potessero essere i genitori. Magari la polizia o Elisabetta si erano messi in contatto con loro.
Conoscendoli avrebbero preso il primo volo disponibile per giungere lì dal Canada, nonostante tutto.
Un rumore echeggiò nella stanza e portò Damiano ad alzare lo sguardo.
La porta si era aperta e una figura incerta lo osservava.
Non appena mise a fuoco, si alzò a bocca aperta. "Elisabetta..."
"Ehi" lo salutò lei con un sorriso, reprimendo il dolore che sentiva alle gambe e al petto a ogni passo. "Come se la passa il mio carcerato preferito?"
Lui strabuzzò gli occhi, incredulo. "Elisabetta... cosa ci fai qui?"
"Secondo te?" gli chiese retorica, entrando nella sala delle visite.
Il giornalista le si avvicinò. "Ti serve una mano?"
Lei sollevò una stampella. "Ce la faccio da sola, grazie."
Poi si avvicinò all'unico tavolo presente e si sedette.
Lui avanzò verso di lei e si inginocchiò per poter arrivare alla sua altezza. "Non posso crederci... ti hanno dimessa?"
Lei forzò un sorriso. "Diciamo così, è una lunga storia e non ho tempo di raccontartela. L'importante è che io sia qui" spiegò accarezzandogli una guancia "con te."
Lui si sbilanciò in avanti e la baciò appassionatamente. Nel suo stomaco c'era un misto di sensazioni: stupore, piacere, pura felicità. Aveva bisogno di quel contatto più dell'acqua fresca, aveva bisogno di quelle labbra rassicuranti che erano un appiglio per sopravvivere in un posto come quello.
Voleva chiederle come fosse possibile che le avessero permesso di uscire dal carcere, ma le uniche parole che gli uscirono di bocca quando si fu staccato furono: "Ti prego, portarmi via di qui. È bruttissimo, i-io... non so quanto riuscirò a vivere qua dentro."
Lei fissò i suoi occhi imploranti e si morse un labbro: si sentiva impotente. Nonostante fosse lì con lui, non poteva esaudire il suo desiderio.
Un colpo alle sbarre della porta portò il giornalista ad alzare il capo.
La guardia indicò il tavolo, come per dirgli di sedersi dall'altra parte e non stare così vicino alla donna.
Lui annuì e si allontanò da lei, asciugandosi gli occhi dalle lacrime.
"Sono davvero contento di vederti" esclamò lui sedendosi davanti a lei. "Ti amo, Elisabetta, ti amo più di chiunque altro e mi devi credere: sono innocente." Le prese le mani e continuò a parlare anche quando la giornalista voleva replicare: "Io non ho fatto quello di cui mi accusano. Non sono complice di Dark Rose, te lo giuro. Quella donna mi ha incastrato: ha messo il Rubino celeste nella mia tasca quando ero svenuto e poi si è buttata dal parapetto per dare la colpa a me. Ho tentato di salvarla nonostante in fondo desiderassi la sua morte, ma lei ha fatto di tutto per costringermi a lasciarla andare. Voleva vendicarsi, quella è un problema anche da morta!"
Elisabetta gli accarezzò le mani. "Ehi, calmati. So bene che non sei stato tu, io mi fido. Non saresti mai capace di allearti con la donna che ha tentato di distruggere la tua vita. È la polizia che non lo capisce..."
Lo sguardo di Damiano si scurì. "Hai parlato con Edoardo? Lui mi ritiene colpevole... forse se tu provassi a spiegargli la situazione, lui ti crederebbe!"
Lei stava per dirgli di aver parlato con lui la mattina precedente, ma poi sapeva che gli avrebbe chiesto il motivo per cui fosse già stata dimessa e quindi abbassò il capo. "L'ho contattato... al telefono e non mi ha creduto. Davvero, non capisco come possa anche solo avere il minimo sospetto che tu abbia fatto una cosa simile. In passato ti sei messo nei guai, è vero, ma questo... è troppo."
Damiano tirò un sospiro di sollievo, felice di avere almeno lei dalla sua parte. "Devi dimostrare la mia innocenza. È da quando sono qui che penso a una possibile pista, ma non mi è venuto in mente nulla..."
Elisabetta sospirò. "Ci ho pensato anch'io, ma... sono arrivata alla tua stessa conclusione. Il problema è che le prove sono tutte contro di te. Domani ho intenzione di tornare a lavoro e cercherò di scoprire qualcosa, te lo prometto."
Lui inclinò la testa. "Ho capito bene? Domani vuoi già tornare a lavoro? Tu mi devi spiegare parecchie cose... quattro giorni fa hai rischiato di morire, stamattina sei stata dimessa e domani vuoi già tornare?"
"In realtà sono stata dimessa ieri" lo corresse lei, imbarazzata. "Ho ancora qualche piccolo dolore, ma sto bene e le stampelle non m'impediscono di svolgere il mio lavoro."
"Invece sì. Come farai a spostarti? Riesci a guidare? Chi ti ha accompagnato qui?" la incalzò lui, preoccupato.
"Ho chiamato un taxi" spiegò lei alzando gli occhi al cielo.
Sapeva che non avrebbe dovuto dirglielo...
"E hai intenzione di chiamare un taxi fino a quando non ti sarai ripresa completamente? E poi perché ti hanno dimessa? L'ultima volta che ti ho visto, l'altro ieri, avevi delle grosse difficoltà a camminare e non credevo che..."
"Senti, non sei mia mamma" replicò lei piccata. "Sono io che ho firmato le dimissioni contro la loro volontà. Continuerò comunque la cura e la riabilitazione, se sarà necessario, ma volevo assolutamente vederti. Quando Cherifa mi ha detto che eri stato arrestato, ho sentito l'impulso di scendere da quel letto e correre da te. Ho aspettato la mattina dopo e poi ho fatto peste e corna per essere dimessa." Si calmò, senza fiato, e poi terminò: "Avevo così tanta paura per te che non potevo stare là dentro sapendoti in pericolo. Volevo vederti e starti vicino. Questo è amore."
"No, questa è incoscienza" la canzonò lui.
Nel tono della sua voce, però, c'era anche ammirazione.
Gli tremavano le gambe al pensiero che lei lo amasse così tanto.
Sul volto ella giornalista comparve un sorriso compiaciuto.
Sporse la testa in avanti. "E tu ti sei innamorato di una ragazzina di cinquant'anni che fa l'incosciente. L'hai voluto tu."
Lui imitò il suo gesto e sfiorò le sue labbra. "Devi cercare di riposarti e di rimetterti presto. Vai a casa e non pensare a me. La polizia si accorgerà prima o poi che sono innocente..."
Lei gli baciò il naso. "Non mi trattare come se fossi incinta. Ho solo qualche ammaccatura qua e là. Ritornerò come nuova e quando uscirai di qui... ti prometto che te lo dimostrerò."
Si morse un labbro e poi gli sorrise, alzandosi.
Damiano ricambiò il sorriso e la salutò con un gesto della mano destra. "Non vedo l'ora."
"Arriverà molto presto quel giorno, il commissario mi sembra una tipa in gamba" osservò la giornalista prendendo le sue stampelle.
"Hai bisogno di una mano?" domandò lui alzandosi a sua volta.
Lei scosse la testa. "Ti ho appena detto di non trattarmi come se fossi incinta. Sto benissimo, me la posso cavare anche da sola. Non è la prima volta che uso le stampelle, sai?" Lui alzò le mani in segno di resa e non appena lei fu arrivata di fronte alle sbarre della porta, esclamò: "Ti amo!"
Lei varcò la soglia e poi si voltò quando la guardia aveva già chiuso il passaggio. Vedendolo attraverso le sbarre, rispose mandandogli un bacio con una mano facendo sbattere una stampella col ferro davanti a sé.
I due giornalisti risero e la guardia alzò gli occhi al cielo, pregando di non dover assistere a quelle smancerie ancora per molto.
Più tardi, a Roma, Ilaria era appena entrata in uno stretto corridoio del carcere di Rebibbia, sezione femminile.
Seguiva una donna in uniforme che camminava con passo veloce; la ragazza faceva fatica a starle dietro, anche perché quelle pareti la impressionavano troppo. Erano semplici muri color crema, ma il pensiero che lì da qualche parte ci fossero persone arrestate per furto o omicidio la terrorizzava. Sentiva un'ansia crescente attanagliarle il petto e la colazione mangiata quella mattina urlava nel suo stomaco.
Si toccò la pancia istintivamente, cercando di seguire con attenzione i movimenti della guardia.
Il mazzo di chiavi presente su un fianco della donna tintinnava a ogni passo e, arrivati alla fine del corridoio, lei lo usò per aprire il passaggio davanti a lei.
Varcarono la soglia e proseguirono dritte, incrociando altre agenti. Ilaria non riusciva a osservarli negli occhi, era troppo impressionata. Si limitava a guardare in basso e a seguire con la coda dell'occhio le scarpe della donna davanti a lei. Quel cammino sembrava non avere fine, ma finalmente notò i piedi di colei che la stava accompagnando fermarsi a sinistra davanti a una porta con le sbarre.
Solo in quel momento Ilaria ebbe il coraggio di osservare il viso della guardia, che le rivolse un sorriso forzato. "Contenta? Tra poco vedrai tua mamma."
Fu come se Ilaria si fosse svegliata di colpo e all'improvviso si ricordò il motivo per cui era lì. La colazione non voleva lasciarla in pace e continuava a stuzzicarla nello stomaco.
Le sue labbra si mossero impercettibilmente, la donna prese di nuovo il mazzo di chiavi e aprì la porta.
Ilaria, che fino a quel momento non aveva osato guardare cosa si celava al suo interno, aspettò che la guardia fosse entrata e poi la seguì, scoprendo di trovarsi in un altro corridoio più largo e dalle pareti scure.
Sospirò; quell'allegra passeggiata nel carcere di Rebibbia sembrava non finire più.
In quella parte del penitenziario sentì più freddo e si sistemò il cappello in modo che le coprisse bene la nuca. Da quando Broxen le aveva rasato i capelli a zero, essi erano ricresciuti un poco; erano scomode ciocche ribelli che le facevano somigliare il capo a un campo di erbacce. Si era promessa di chiedere alla signora Palmieri se ci fosse un modo per far ritornare la sua fluente chioma scura, ma prima voleva che sua madre vedesse lo stato in cui era.
Spazio Sly
Come promesso, ho pubblicato la terza parte dell'ultimo capitolo. Oh, questa è una delle rare parti in cui sono presenti tutte e tre le storyline...
Cosa ne pensate di Damiano ed Elisabetta?
Per quanto riguarda la storyline della famiglia Bacco, nella prossima parte assisterete finalmente al confronto tra madre e figlia. Le premesse non sono delle migliori e... no, non vi anticipo nulla. Vi dico solo che sarà un incontro/scontro tutto da seguire! Secondo voi cosa accadrà?
Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.
Ci vediamo sabato con un nuovo aggiornamento!
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