Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Rocce rosso sangue (parte quarta)

Attraversando quel corridoio, cominciò a tremare: si sentiva come se il freddo le penetrasse le ossa, nelle orecchie voci indistinte e altri chiavistelli che saltavano in lontananza.

Tutto il discorso che si era preparata per esprimere il suo odio alla propria madre si era trasformato in una massa indistinta di parole senza alcun legame tra loro.

Sospirò più volte, il cuore che aumentava i propri battiti a ogni passo.

A un certo punto scorse una porta alla fine del corridoio e serrò le labbra d'istinto: là dietro c'era sua madre, la sua dolce madre, se lo sentiva.

Annusò l'aria e insieme al profumo di ferro le parve di percepire anche la puzza di una traditrice, un olezzo che superava ogni logica umana.

La guardia si fermò davanti alla porta e si rivolse alla ragazza. "Ci siamo. Qui dietro c'è tua mamma. Terrò la porta socchiusa e assisterò da qui, ma tu puoi entrare."

Ilaria annuì con sguardo inespressivo e sospirò di nuovo per cercare la forza di entrare in quella stanza e non vomitarle subito in faccia tutto il suo odio. Doveva mantenere un tono pacato, almeno all'inizio, altrimenti non si sarebbe divertita abbastanza.

La donna aprì la porta e quel movimento fu seguito da un rumore sordo.

Poi la guardia si spostò e mise una mano su una spalla di Ilaria, come per invitarla a entrare.

La ragazza guardò l'interno: da lì poteva scorgere la stessa parete scura del corridoio e un tavolo in legno al centro, vicino al quale si era appena alzata una donna che pareva lontanamente sua madre.

Ilaria oltrepassò la porta e la sentì socchiudersi alle sue spalle.

Annusò di nuovo l'aria e dovette resistere alla tentazione di tapparsi il naso: l'odore di traditrice era troppo forte, quasi nauseante, un odore che superava persino quello che emanava la cesta di calzini sporchi dell'intera famiglia Bacco.

Affondò le mani nelle tasche dell'ampia felpa verdognola che indossava e osservò con attenzione la figura davanti a sé: il ventre rigonfio nascosto dentro un vestito largo rosa pallido, i capelli corti scuri e il volto smunto. Nonostante fosse incinta, era come se fosse dimagrita: le braccia e le gambe parevano più magre di quando l'aveva vista l'ultima volta.

Si ricordava di quando, da piccola, le correva incontro per abbracciarla e pensò che se in quel momento l'avesse fatto, avrebbe rischiato di romperle le ossa.

Si allontanò di un passo, quasi non riconoscendo la donna che la guardava con sguardo implorante. Non poteva essere sua madre. Era sempre stata molto attenta al proprio fisico e alla cura dell'aspetto esteriore, quella sembrava il ricordo sbiadito di una vita agiata ormai lontana.

"Ilaria."

La ragazza sorrise; ecco cosa non era cambiato: la sua voce. Quel timbro che in quel momento le pareva così fastidioso, più fastidioso del suono della sveglia alle sei e trenta di mattina. Era lo stesso tono con cui aveva cominciato a parlarle un mese e mezzo prima, quando le aveva confessato di averla venduta. In più, nonostante in quell'occasione non avesse potuto vederla negli occhi, era pronta a scommettere che aveva avuto quella stessa espressione da finta santa, quello sguardo che urlava pietà e che nascondeva la malvagità.

"Mamma" esordì lei facendo un passo in avanti e inarcando un sopracciglio.

Non l'aveva detto con tono amorevole, in quelle lettere si nascondeva un non velato senso di scherno.

"Vedo che te la passi bene qui."

Elena appoggiò le mani sul ventre e abbassò lo sguardo. "Più o meno."

"Come più o meno?" domandò Ilaria avvicinandosi al tavolo. "Dovresti essere felice ora che tua figlia è venuta a trovarti. Io lo sono."

La madre alzò la testa e Ilaria poté scorgere in quegli occhi una scintilla di felicità. "D-davvero?"

La ragazza annuì e si guardò intorno. "Certo. Devi sapere che proprio in questo momento la mia professoressa di Chimica sta cominciando a interrogare e sta scorrendo quel suo sudicio dito sul registro di classe per cercare quelli senza voto. E io sono una di loro, ma sono qui. Sorpresa!" Si tolse le mani dalle tasche e allargò le braccia. "Sono qui e non posso essere interrogata!" I suoi occhi scintillavano, le labbra distese in un ironico sorriso. "Ecco a cosa serve avere una mamma in carcere."

Avanzò di un passo e vide la madre che si sedeva, amareggiata, e si portava le mani al volto.

Notò che stava tremando, ma non le importava. Tutto ciò che sua madre aveva fatto cancellava ogni granello di compassione dalla clessidra del tempo a disposizione per parlarle.

Elena alzò il capo, le guance rigate dalle lacrime. "Me lo merito, vero?"

La ragazza annuì senza scomporsi. "Puoi dirlo forte." Poi rimise le mani in tasca. "Ti meriti questo e molto altro."

"Cosa vuoi dire?" le chiese subito la donna, anche se sapeva che la risposta avrebbe aggiunto sale alle ferite nell'anima.

Ilaria alzò le spalle e, guardandosi intorno, spiegò: "Che spingerò Carmine a odiarti per il resto della sua vita. Lo allontanerò da te e lo renderò immune ai tuoi pianti isterici. Lui si dimenticherà di avere una madre!"

Elena si alzò, le mani strette a pugno e i denti serrati. "Non puoi... io non te lo permetterò!"

Ilaria alzò un sopracciglio. "Ah sì? E come vorresti impedirmelo? Lo dirai al tuo avvocato? Alla signora Palmieri? Dimmi, cosa intendi fare?"

Elena si mise una mano sul ventre e poi si allontanò dalla sedia, sbuffando. Gli occhi vittoriosi della figlia la scrutavano da capo a piedi. "È inumano ciò che hai detto" cominciò volgendosi verso di lei. "La mia Ilaria non lo farebbe mai."

La ragazza si aspettava quella risposta e avanzò verso di lei. "È inumano quello che hai fatto." Poi alzò un dito e glielo puntò contro. "La mia mamma non l'avrebbe mai fatto."

La donna le si avvicinò. "Ti prego, lasciami spiegare..."

"Non mi devi spiegare proprio nulla... e non osare avvicinarti!" sottolineò allontanandosi. Si appoggiò alla parete opposta e indicò lo spazio intorno a sé. "Ma tu ti rendi conto che anche respirare la tua stessa aria mi fa dannatamente schifo?"

Elena si morse un labbro, un'altra lacrima le pizzicò l'occhio destro e scese lenta. Sapeva che ogni parola non sarebbe servita ad attutire la sua rabbia.

"Allora per me puoi anche andartene" commentò la donna indicando la porta. "Prego, quella è l'uscita."

Pronunciare quelle parole era una coltellata al cuore, l'ennesima, ma sentire sua figlia che le riversava addosso tutto il suo odio era insopportabile.

"Eh no, troppo semplice" replicò Ilaria slanciandosi in avanti. "Troppo facile, mamma. Me ne andrò solo quando il tempo a nostra disposizione sarà terminato. Prima di allora dovrai sopportarmi. Ma non ti preoccupare, questa è l'ultima volta che disturberò le tue vacanze dietro le sbarre."

Elena si portò la mano destra alla schiena e poi si avvicinò al tavolo, toccando con la sinistra la superficie fredda. Gelida come l'astio della figlia.

"Tu non puoi capire" spiegò con lo sguardo basso verso quel mare solido, freddo e grigio che si trovava davanti.

"Nemmeno tu" replicò Ilaria mettendo le braccia conserte. "Non sai cosa ho passato per colpa tua. Se lo sapessi, sono certa che non riusciresti nemmeno a guardarmi negli occhi."

Elena si girò, il volto una maschera inespressiva.

Si sedette sopra al tavolo, le due mani sul ventre.

Poi spostò una sul seno e in seguito sul collo, imitando il segno della decapitazione. "Quella notte l'uomo con cui ho parlato mi ha chiesto di scegliere: o te o questa creatura. Se non avessi firmato il nuovo contratto, quell'essere schifoso mi avrebbe uccisa seduta stante." Ilaria stava per replicare, ma Elena si drizzò e alzò la voce: "Io volevo morire, credimi. Desideravo più di ogni altra cosa liberarmi di quella responsabilità. Ero pronta a morire, ma non potevo. Non potevo perché nel mio ventre c'era questa creatura e non potevo porre fine alla mia vita perché così non le avrei permesso di avere la sua. Ero a un bivio, mi devi credere!"

Ilaria ebbe un attimo di titubanza, ma poi nei suoi occhi ricominciò a baluginare odio. "Potevi avvertire la polizia, le guardie o parlarne con me. Mi hai chiamata, mamma, mi hai chiamata per dirmi che mi avevi venduta invece di chiedermi di avvisare la polizia! Ma tu ti rendi conto del rischio che mi hai fatto correre? Non puoi immaginare nemmeno lontanamente come mi sono sentita!" Poi posizionò due dita a breve distanza l'una dall'altra. "Mi sono sentita piccola così quando me l'hai detto, il mio cuore stava per esplodermi nel petto. Non so neanch'io come ho fatto a fingere che andasse tutto bene nelle ore successive. Subito dopo l'intervallo ho avuto una verifica di Latino e la mia mente era completamente annebbiata. Stavo per piangere, dovevo farlo, ma una parte di me aveva troppa paura delle conseguenze."

La donna aspettò che sua figlia finisse il discorso e dopo qualche attimo di silenzio spiegò: "Mi avevano minacciato. Non avrei dovuto dire nulla alla polizia, altrimenti sarebbe successo qualcosa a te e a Carmine. Voi siete la mia vita, non potevo..."

"Noi siamo la tua vita?! Lui lo è, forse, io sono solo una carta da scartare quando a scala quaranta ci sono due doppioni e buttare l'uno o l'altro è indifferente! Ecco cosa sono, per te: un'inutile carta da gioco."

Elena le si avvicinò e, con gli occhi gonfi di lacrime, scosse la testa. "Non lo devi dire... ho pensato a te tutta la notte, non ho chiuso occhio. Sapevo che l'avresti presa male, ma... volevo parlartene. Era giusto che tu ne fossi a conoscenza, così..."

"...così ti saresti sentita meno in colpa, no? Da quando basta confessare per cancellare tutto? Dovresti morirci tra queste quattro mura, questa è la verità!"

Le parole di Ilaria tuonarono nella stanza: i suoi occhi erano fuori dalle orbite e il volto era contratto dalla rabbia.

Poi cominciò ad alzare e ad abbassare il petto e infine scoppiò in un pianto disperato, un pianto che cercò di frenare coprendosi gli occhi con le mani.

Elena le si avvicinò, ma Ilaria si allontanò di un passo. "Non mi toccare! Non ti è chiaro che non devi nemmeno sfiorarmi? Mi fai schifo!" Poi si recò dall'altra parte della stanza, le mani che stringevano il cappello.

"Non è stato facile" commentò Elena con la voce straziata da quelle parole che sembravano lame taglienti. "Mettiti nei miei panni."

"Mettiti nei miei panni?!" ripeté Ilaria con gli occhi rossi e spalancati. "Io dovrei mettermi nei tuoi panni? Ma tu sai cosa ho subito per colpa tua?"

Le si avvicinò in modo che sentisse meglio cosa stava per dirle e le parole scorsero dalla sua bocca come un fiume in piena. "Ho mangiato solo pochi pezzi di pane, mi hanno ordinato di trasportare un pacco contenente la testa di un maiale e, cosa ancora più schifosa, ho dovuto prostituirmi per ripagare quel dannato debito!"

Il suo tono di voce riecheggiò nella stanza e nei corridoi circostanti, facendo rizzare i peli della schiena della guardia.

Elena, a bocca spalancata, osservò la figlia da capo a piedi, poi porse le mani in avanti. "V-vuoi dire che... ti sei co-concessa per soldi?"

Ilaria alzò il capo, indecisa su cosa rispondere. Ricordava bene quel momento e il disgusto che aveva provato guardando negli occhi quel cliente, ma nello stesso tempo ricordava che Mario l'aveva salvata.

Deglutì e arricciò il naso, scrutando il volto della madre per capire quale risposta le avrebbe fatto più male. In quel momento desiderava ferirla nel profondo e sapeva che quella notizia le avrebbe dato il colpo di grazia. Era vicina a vederla crollare e non si sarebbe persa lo spettacolo per nulla al mondo.

"Non per volere mio, sia chiaro. Sono stata costretta, tutto per quel dannato debito" cominciò stando attenta alle sue parole.

Le sembrava di essere un lanciatore di coltelli che stava studiando la tattica giusta per non infilzare l'assistente. Ma lei non doveva evitarla: doveva centrarla e fare un lancio che si sarebbe ricordata per il resto della sua vita.

Spazio Sly

Come promesso, ho pubblicato la quarta parte dell'ultimo capitolo. Cosa ne pensate? Non so se a voi sono venuti i brividi a leggere il colloquio tra Ilaria e sua madre, ma io piangevo mentre scrivevo questo scambio di battute. Penso che questa scena sia quella che mi è riuscita meglio, ma sarete voi a giudicare.

Il colloquio non è ancora terminato, loro due si devono ancora dire tante cose;)

Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.

Ci vediamo sabato con un nuovo aggiornamento!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro