Inferno (parte terza)
L'uomo si alzò spaventato. "È un posto immenso. Non riuscirò mai a perlustrarlo da solo."
Leonardo prese un paio di forbici vicino alla penna e lo puntò al collo dell'interlocutore, mettendo le banconote in una mano dell'uomo. "Sicuramente il cadavere non si trova vicino agli ingressi o nei luoghi in cui ci sono le telecamere. Forse il corpo è in un posto in cui si può essere sicuri che sia irrecuperabile. Lo trovi!"
L'uomo in bianco deglutì e annuì.
Leonardo si sedette. "Resterò qui fino a quando lei non ritornerà. Dirò alle persone che arriveranno che è occupato."
L'uomo uscì dalla cabina e si diresse con una mascherina a est della discarica.
Il giornalista annuì felice: il suo piano sarebbe riuscito completamente.
Dopo mezz'ora l'uomo ritornò con un sacco nero. Il volto era bianco come il vestito e l'espressione cupa.
Entrò nella cabina e si tolse la mascherina. "Non ho mai visto un cadavere." Gettò il sacco davanti a Leonardo. "Dentro ho trovato un distintivo. Era un commissario di polizia di nome Cosimo Campolo."
"Cos'ha trovato di rilevante?" domandò subito il giornalista.
L'uomo in bianco prese dal sacco nero una radiolina e Leonardo la accese. Nella cabina si diffusero le voci di Mariano e Cosimo. L'ex Presidente del Consiglio era reticente, poi puntò una pistola contro il commissario che imitò l'azione. La sua arma, però, era scarica e Mariano spiegò che fosse stata la moglie a togliere i proiettili. La registrazione finì con uno sparo. Leonardo era impressionato dalla scoperta.
L'uomo in bianco tremò. "La voce era di Mariano Bacco. Lui ha sparato al poliziotto..."
"Il peggio è che Elena sapeva tutto fin dall'inizio. Ha mentito alla polizia, ma non è l'unica: anche le sorelle Ebre ne erano a conoscenza. Hanno raccontato una versione non veritiera a tutti in modo che l'ex signora Bacco non potesse andare in carcere" spiegò emozionato il giornalista. Leonardo sorrise. "Sono riuscite a ingannare tutti, ma questa registrazione e il video della microspia nell'orchidea porteranno tutto alla luce."
Intanto Damiano e Jean stavano camminando per le vie di Algeri. Il giornalista possedeva una macchina fotografica al collo e a ogni fotografia che scattava, rabbrividiva. Non c'erano solo cadaveri di uomini e donne, ma anche di bambini e animali. La maggior parte degli edifici era distrutta.
Arrivarono vicino a una zona che doveva essere stata un parco. L'erba era rara e delle altalene rimanevano solo le catene con le quali forse avevano strozzato i bambini. In terra c'era un cerchio coperto da foglie.
Damiano lo fotografò preoccupato e chiese a Jean cosa fosse.
L'uomo rispose dicendo di stare lontano da lì. "Se sposta ciò che copre il cerchio, può vedere dei cadaveri. I soldati li buttano qui perché non vogliono che i nemici li vedano. È un vero e proprio cimitero!"
Damiano rabbrividì e prese coraggio. "Puoi togliere le foglie?"
"No!" rispose con decisione l'uomo. "Anche i morti meritano rispetto."
Il giornalista sospirò profondamente e continuarono la macabra esplorazione. Dovunque si girassero c'era segno di incendi e morti.
"Non capisco questa crudeltà. L'uomo non può odiare una persona fino a tal punto" commentò cupo Damiano.
"Crede davvero? Solo uno che non ha visto in faccia la morte può parlare così" disse la guida.
"Si sbaglia. Ho rischiato di morire, ma continuo a sorprendermi della malvagità umana" lo corresse Damiano.
"Perché si è scatenata la guerra?" chiese curioso il giornalista.
La guida guardò il cielo, dove il caldo sole accarezzava i loro volti. "Era una notte di luna piena. Un gruppo di dieci persone, tra cui io, stava ritornando in città. Abbiamo visto degli islamici scavare e mettere delle bombe nel terreno. Dopo aver aspettato che si allontanassero, le abbiamo prese e nascoste. Il giorno dopo gli islamici ci hanno scoperti. I miei compagni sono morti e io sono l'unico che si è salvato. La città di Algeri è divisa in due: una parte cristiana e l'altra islamica. Per trovare le bombe sono entrati nel nostro territorio e abbiamo attaccato. Nessuna bomba è stata ancora trovata. La gente ha paura che possano esplodere, ma non vuole lasciare Algeri. Gli islamici non si fermeranno finché non troveranno gli ordigni che potrebbero esplodere da un momento all'altro. I cristiani vogliono punire chi ha invaso il loro territorio e tentano di difendersi."
I due ripresero a camminare.
"Per quale motivo gli islamici hanno messo le bombe?" chiese Damiano mentre stava scattando le foto.
La guida rispose: "Nessuno lo sa."
Il giornalista tentò di capire meglio la questione: "Tu eri nel gruppo che ha nascosto le bombe. Dove le avete messe?"
"In quel posto non ci sono più" si limitò a dire Jean.
Arrivarono nella parte ovest della città e in lontananza si scorgevano dei punti neri.
Per terra videro un orto e tra la verdura si potevano notare anche degli oggetti neri.
"Siamo arrivati nella parte cristiana o islamica?" chiese stupito il giornalista.
Jean guardò il cielo e cercò di capire cosa fossero quei puntini che si stavano avvicinando. "Islamica. È una zona lontana dai combattimenti vicino al castello del Califfo. È al confine con la zona chiamata Inferno. È già un miracolo che siamo arrivati fino a qui. È strano non aver ancora incontrato i soldati."
Damiano s'inginocchiò per vedere gli oggetti neri.
Abbassò la voce. "Potrebbero essere le bombe?"
Jean capì: quelli in lontananza erano i carri armati.
Rabbrividì e si guardò intorno. "È pericoloso stare qui. Ritorniamo indietro!"
Damiano si alzò e scattò altre foto.
Sbucarono da alcuni cumuli di cemento dei soldati islamici con il mitra in mano.
Damiano e Jean corsero verso est: il giornalista non era abituato a sostenere quel ritmo e tenne stretta la macchina fotografica. La guida, invece, era più veloce e indicò un cumulo per nascondersi. Dietro il cemento, però, c'era una fossa.
Caddero distrattamente e quando si ripresero, erano pieni di foglie.
Damiano capì all'istante, ma non voleva arrendersi all'evidenza.
Cercò di alzarsi, ma inciampò e vide davanti a sé un teschio. Si spaventò e Jean annuì rabbrividendo. "Ci troviamo nel cimitero in cui sono presenti i soldati morti in guerra."
Tutti i cadaveri indossavano la divisa militare e una pallottola conficcata nel petto o in una gamba. Uno di loro, però, aveva degli abiti civili.
Era morto da poco e a Damiano parve di riconoscerlo: era il reporter di guerra della sua redazione e aveva tre pallottole nello stomaco.
Rabbrividì al pensiero che fosse morto. "Questo luogo sarà anche il nostro cimitero?"
Jean era sconsolato e cominciò a piangere: "Non me lo posso permettere!"
"Neanche io!" esclamò il giornalista guardando il cielo attraverso l'alta fossa.
***
Poco dopo Irina e Angela andarono a visitare Elisabetta in ospedale. La giornalista era scioccata e raccontò della microspia di Leonardo.
"Il suo piano era ingegnoso: ha posto una piccola telecamera di colore rosso nell'orchidea, in modo che si potesse confondere con un petalo. Era rivolta verso di me" spiegò freddamente la donna.
"Per quale motivo Leonardo ha voluto spiarti?" chiese l'archeologa.
La giornalista rispose con certezza: "Il suo intento era scoprire la verità sui fatti accaduti alla villa quasi due settimane fa. In particolare se Elena avesse saputo fin da subito delle malefatte del marito. Adesso ho messo la piccola telecamera nell'acqua e l'ho buttata dalla finestra. Spero solo che non abbia saputo della mia scoperta!"
Irina esclamò, preoccupata della situazione: "È meglio chiamare la polizia: quell'uomo è pericoloso!"
"Cosa dirò? Complicherà solo la situazione. Leonardo non si è ancora accorto di niente perché forse ha già scoperto ciò che voleva. Stamattina è venuta Elena e ha parlato del fatto di aver scaricato la pistola del commissario. Forse il suo cadavere è nella discarica vicino a villa Bacco" spiegò Elisabetta.
Angela cercò di ricostruire: "Con quel video Leonardo ha la prova della complicità di Elena nell'omicidio di Cosimo. Se la consegnasse alla polizia, finiremmo anche noi nei guai perché avevamo aiutato l'ex signora Bacco a nascondere che lei sapesse delle attività illegali di Mariano. Abbiamo mentito!"
Elisabetta tentò di ragionare: "Posso provare a parlargli, ma non credo che mi ascolterà. Ho sempre espresso il mio odio verso di lui e ciò conferma la mia teoria. Non posso muovermi di qui, ma voi sì. Leonardo alloggia all'albergo Alba. Dovete prendere il filmato che incrimina Elena. Angela può entrare con una scusa nella sua camera e dopo cinque minuti Irina può bussare alla porta e distrarla. In quel lasso di tempo bisogna trovare il video. Dobbiamo sperare che non abbia ancora visto quello in cui scopro la piccola telecamera."
L'archeologa guardò l'avvocato con sguardo complice. "Sarà divertente!"
***
L'hotel Alba era uno dei più famosi di Roma. Era situato in periferia in un grande parco.
Angela entrò in modo sciolto e chiese al consierge di essere ricevuta da Leonardo Lambertini.
L'uomo guardò l'entrata e disse che fosse arrivato in quel momento: "È da questa mattina che non lo vediamo. Non si è nemmeno presentato per il pranzo!"
Il giornalista si avvicinò e chiese scusa dicendo di aver voluto visitare Roma e di aver dimenticato lo scorrere del tempo. "Quando ci si diverte, tutto è più lento!" "Pensavo il contrario" disse l'archeologa presentandosi. "Sono Angela Ebre!"
Si diedero la mano e Leonardo fu stupito della visita. "Conosco un'altra persona con il suo stesso cognome..." "Mia sorella!" puntualizzò Angela.
Lambertini restò ammirato dalla sua bellezza e l'archeologa proseguì: "Sono venuta per scusarmi del comportamento di Elisabetta. Lei è molto reticente nei confronti della gente, soprattutto con quella come te. Odia i raccomandati, ma non sono come lei. Se una persona ha delle potenzialità, deve sfruttarle con ogni mezzo!"
Lui si avvicinò. "Perché è venuta da me?"
Spazio Sly
Come promesso, ho pubblicato la terza parte del primo capitolo. Cosa ne pensate? Secondo voi Irina e Angela riusciranno a ingannare Leonardo?
Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.
A presto!
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