Inferno (parte seconda)
Un'ora dopo Damiano salutò Mohamed e lasciò l'Accademia di Medicina. Con le sue valigie percorse le strade della collina. Le vie erano deserte e in lontananza si sentiva uno strano odore, un misto di sangue e cadaveri.
Dopo qualche minuto il giornalista arrivò alla fine del percorso e vide due soldati armati.
"Non dovrebbe stare qui. Lasci Algeri lei che è in tempo!" urlò l'uomo più alto.
Damiano cercò di trattenere la paura: "Non voglio andarmene. Devo entrare in città."
L'altro soldato rispose sorpreso indicando le macerie: "Io non la vedo. È rimasto solo dolore. Questa è la porta dell'Inferno e se lei entrerà, la sua vita cambierà. Non potrà più pensare di ritornare alla quotidianità dopo aver visto la morte in faccia. Nessuno sa come sia, ma l'unica certezza è che quello sarà l'ultimo volto che vedrà."
Il giornalista tentò di respingere la paura: "Sono un reporter di guerra e il mio dovere è di documentare le atrocità che avvengono qui. Se è necessario, sono anche pronto a intervistare la morte."
I due soldati si guardarono e ci fu uno scoppio in lontananza.
Il primo esclamò: "Qualche giorno fa è venuta qui una persona con la sua stessa determinazione e non è più tornata. Chi ci assicura che non le accadrà lo stesso?"
"La mia parola!" esclamò subito Damiano.
I due soldati lo lasciarono passare salutandolo come se stesse andando incontro alla morte.
Il giornalista non si voltò e proseguì.
Prese dalla valigia una macchina fotografica e contemplò il paesaggio. Era una landa desolata e in lontananza si distinguevano delle figure nere.
Scattò delle foto ai cumuli di macerie: il cemento degli edifici circondava il vetro delle finestre in pezzi. Il cielo azzurro si tingeva di rosso sangue.
Arrivò vicino a un grande edificio in rovina. L'ingresso era formato da una porta e per entrare si doveva spingere una tenda blu. L'interno era privo di finestre e delle candele illuminavano l'ambiente. Si vedevano i volti scuri delle persone in silenzio. I bebè non piangevano più. L'unica speranza di vedere il mondo era quella serie di candele accese.
Una donna si avvicinò a Damiano. "Lei non sembra come loro."
Il giornalista annuì. "Sto cercando qualcuno che possa spiegarmi le ragioni della guerra tra cristiani e islamici e condurmi nei campi di battaglia."
La donna scosse la testa. "Mi dispiace, ma nessuno è disposto a uscire. Qui c'è la salvezza e là il pericolo."
Damiano assottigliò gli occhi. "Potrebbe aiutarmi lei: per quale motivo si combatte?"
La donna alzò le spalle. "Sono una volontaria che viene dall'estero. La gente sa poco e non intende parlare del motivo del loro dolore. Gli abitanti di Algeri sono quasi tutti scappati e quelli che rimangono sono troppo affezionati o non hanno un posto dove andare. Qui degli anziani sono morti e dei bebè sono nati. Per loro l'unica luce esistente è quella delle candele e dei raggi che filtrano dalla tenda."
Il giornalista non si scoraggiò. "Posso offrire del denaro?"
"Sarebbe come comprare la loro vita!" esclamò la donna e indicò il centro dello stanzone. "Se vuole può provare a parlare, ma nessuno l'ascolterà!"
Damiano ringraziò e si avvicinò al punto indicato.
Sospirò e gridò: "Ho bisogno di qualcuno che mi guidi in città e mostri i campi di battaglia!"
Le sue parole rimbombarono. Damiano aveva tutti gli occhi addosso.
La gente lo guardava perché era interessata a quella figura.
Il giornalista si avvicinò a una candela e prese delle banconote. "Sono disposto a pagare!"
La gente continuò a rimanere in silenzio fino a quando un uomo si alzò.
"No!" urlò bloccandolo la moglie.
Lui le diede un bacio sulle labbra e salutò i tre figli piccoli.
Damiano si rifiutò: "Non posso assumermi questa responsabilità. Lei ha dei figli e una moglie. Sono più importanti loro del mio articolo."
L'uomo si avvicinò alla luce della candela e il giornalista riuscì a vederlo meglio. Aveva circa quarant'anni, ma la ferita e le cicatrici sul volto ne dimostravano di più. Gli occhi e i capelli erano scuri e sembrava deciso a seguirlo.
Si avvicinò al giornalista e bisbigliò: "Ho bisogno di quei soldi per lasciare Algeri e vivere in un luogo sicuro. Sono pronto a morire per dare un futuro a mia moglie e ai miei figli. Loro sono la mia vita, ma sono pronto a sacrificarla."
Damiano insistette: "Non sopporterò il peso di avere un uomo come lei sulla coscienza."
"La responsabilità è mia: prometta solo che qualunque sia l'esito del mio aiuto, lei darà i soldi a mia moglie" esclamò l'uomo determinato.
Damiano annuì convinto, diede le sue valigie alla volontaria dicendo che sarebbe ritornato a prenderle e uscì dalla costruzione.
L'uomo rimase a parlare con la moglie e i figli e poi abbandonò l'edificio lasciando forse per sempre la salvezza.
Il giornalista lo aspettò fuori e domandò: "Come si chiama?"
"Jean Naja" rispose fiero l'uomo.
Damiano lo ammirò: "Vorrei avere il suo coraggio, ma non ce l'ho. Qual è il segreto della sua forza?"
"Tutti hanno una ragione per vivere: la mia è la famiglia. Il pensiero della loro felicità riempie il mio cuore di gioia e lenisce ogni ferita. Lei ha un motivo per vivere?" chiese Jean curioso.
Damiano cominciò a incamminarsi. "L'ho scoperta da poco."
Poco dopo, a Roma, Elisabetta aveva appena rifiutato l'ennesima chiamata da parte dei suoi colleghi che volevano un'intervista sui fatti accaduti a villa Bacco poco meno di due settimane prima.
Desiderava dimenticare quel momento che l'aveva costretta a mentire.
Una donna apparve sulla porta ed Elisabetta la riconobbe: Elena.
L'ex signora Bacco chiese subito come si sentiva e sedendosi appoggiò la borsa per terra. "Sono venuta per rispondere alle tue domande con sincerità, come promesso."
Elisabetta la guardò stupita.
Pensò con quale domanda iniziare e poi chiese: "Ami Pietro o Mariano?"
L'ex signora Bacco sorrise e rispose senza vergogna: "Credo di aver sempre voluto molto bene ad Abbondanzio."
"Perché hai sposato Mariano?" chiese la giornalista incuriosita.
Elena arrossì. "Forse perché Pietro mi aveva lasciata sola e io trovavo nel mio fidanzato un rifugio sicuro. Con lui avrei potuto dare un futuro a Ilaria e Carmine. Con il tempo ho cercato di riempire il mio cuore dal vuoto lasciato da Pietro e credevo di esserci riuscita fino a quando Abbondanzio non è ritornato un mese e mezzo fa nella mia vita. La sua specialità è spezzarmi il cuore e lasciarmi sola: è successo al liceo, poi quando ero incinta di Carmine e adesso. Per questo motivo non voglio vederlo. È in grado di deludere le persone care e deve stare lontano da Carmine."
Elisabetta era sorpresa. "Se è vero ciò che dici, perché hai aiutato Mariano nella sua vendetta contro Manuel, Michele e Davide?"
La donna era pensierosa. "Per un attimo ho pensato che fosse giusto perché lui è riuscito a convincermi. Diceva che nostro figlio si sarebbe ricordato per sempre dell'aggressione mentre loro no perché dopo sette anni sarebbero stati liberi. Il mio compito era aiutarlo e sorvegliare i movimenti della polizia. Ho capito che fosse tutto sbagliato quando mi ha chiesto di scaricare la pistola di Cosimo. Dopo ho visto un sacco nero con il suo cadavere. Da quel momento è cominciato un lento percorso che mi ha portato a pensare di volerlo fermare."
Ebre chiese con decisione: "Sai dove si trova il cadavere del commissario Campolo?"
Elena ipotizzò: "Mariano non ha voluto dirmelo, ma credo sia in una discarica vicino alla villa. Sono state le guardie del corpo a trasportarlo."
L'ex signora Bacco si alzò. "Da quando Mariano è in prigione, mi sento meglio. In casa non c'è più un clima di tensione." Sfiorò il ventre. "Ora il mio unico problema è la gravidanza. È impossibile non affezionarsi a questa creatura!"
La giornalista chiese per quale motivo non poteva intenerirsi ed Elena girò per la stanza cercando le parole. "È un marchio che sono costretta a portare come se fossi una postina che deve portare un pacco a destinazione. Mi sento così e ho bisogno di qualcuno con cui parlarne..."
"Aspetta!" esclamò decisa Elisabetta. "Questa situazione influisce anche sul rapporto con i tuoi figli. Ti consiglio di parlarne prima con loro. Credi che siano piccoli per capire, ma in realtà lo sono anche per soffrire come quando in casa c'era un clima di tensione. La verità li aiuterà a capire."
Elena annuì un po' tremante. "Ora devo andare. Grazie per il consiglio."
Prese la borsa e guardò l'orchidea. "Sei una donna fortunata. Il tuo fidanzato è stato molto gentile!"
La giornalista precisò: "A dire il vero è solo un collega e spero rimanga tale ancora per poco."
L'ex signora Bacco sorrise e uscì dalla stanza.
Elisabetta si alzò per fissare la pianta. Non emanava alcun profumo, i petali erano delicati e si coprivano a vicenda. Uno era diverso dagli altri: si trovava al centro e aveva una strana forma rotonda.
Elisabetta lo toccò e vide dei piccoli fori.
La donna cercò di realizzare e si sedette sul letto. Sembrava una microspia rivolta verso di lei.
Un brivido le percorse il braccio: Leonardo la stava spiando.
***
Dopo un'ora l'uomo arrivò nella discarica vicino a villa Bacco. Una puzza insopportabile si alzava dagli oggetti pronti per essere smistati.
Leonardo entrò in una cabina dove un uomo vestito di bianco stava firmando dei documenti.
Il giornalista prese delle banconote e gliele diede. "Ho bisogno di aiuto."
La persona era sorpresa e posò la penna. "Non c'è bisogno dei soldi se è un affare pulito. Cosa vuole?"
"C'è un motivo se voglio che sia pagato. In questo modo compro il suo silenzio. Devo trovare un cadavere nella discarica. Il suo compito è consegnarmi ciò che ha indosso."
Spazio Sly
Come promesso, ho pubblicato la seconda parte del primo capitolo. Cosa ne pensate? Cosa succederà adesso che Elisabetta ha trovato la microspia nell'orchidea?
Sentitevi liberi di commentare per esprimere la vostra sincera opinione.
A presto!
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