Il segreto di Mario (parte prima)
I lampioni illuminavano i marciapiedi semideserti di Mestre. Una figura stava camminando con passo veloce: una mano alla fronte per bloccare le gocce di sudore e i piedi che sembravano rincorrersi in una gara interminabile.
Cherifa stava correndo, prestando attenzione ai nomi delle vie e con un forte dolore alla milza. Il cuore premeva forte nel petto, lei sentiva quasi mancare l'aria, ma non poteva fermarsi. Doveva arrivare al commissariato di Mestre il prima possibile.
Cercava di raccogliere tutta l'aria che quella fredda notte di novembre offriva a chi passeggiava per le strade. La mente cercava di ricordare ciò che aveva visto e alle orecchie arrivavano i rumori rapidi delle auto che sfrecciavano accanto al marciapiede, un viavai di fasci di luce.
A un certo punto Cherifa si appoggiò a un lampione e si maledisse interiormente per non aver imparato a guidare. Era una delle sue intenzioni, ma in quel momento c'era qualcosa di più urgente da fare: aveva corso per non sapeva quanti chilometri dall'hotel Excelsior per arrivare in commissariato e parlare con Edoardo.
In quell'istante le balenò l'idea che avrebbe potuto chiamare un taxi, ma era stata troppo turbata per formulare prima quella soluzione. D'altronde aveva visto qualcuno cadere dalla cima di un palazzo e l'immagine le si parava ancora davanti agli occhi, quindi non era molto lucida. Ciò che le premeva di più era sciogliere l'equivoco che si era creato: dopo aver visto quel corpo precipitare, si era avvicinata all'ingresso principale dell'hotel e, in seguito a qualche minuto d'attesa, aveva visto una volante della polizia fermarsi davanti al tappeto rosso. I giornalisti, incuriositi, avevano cominciato a confabulare. Avevano parlato di un allarme che era scattato in tutto l'edificio e le urla che ne erano conseguite. Qualche minuto prima, Cherifa aveva sentito tutto quello, ma in quegli istanti era stata troppo occupata a osservare ciò che stava accadendo sulla terrazza. Dopo qualche minuto, dalle porte a vetri aveva visto uscire alcuni poliziotti e i flash dei giornalisti avevano scattato veloci. Ciò che aveva atterrito Cherifa, però, era stato vedere la persona che stavano scortando in auto gli agenti: era Damiano, sguardo basso e volto pallido. A Cherifa le si era mozzato il fiato; in poco tempo aveva collegato tutti i pezzi di quel puzzle surreale: le due figure sulla terrazza, un corpo di donna caduto e Damiano arrestato. E se il cadavere finito sul marciapiede fosse stato di Dark Rose? Con quei pensieri che le opprimevano il cuore aveva percorso un numero non ben precisato di chilometri e in quel momento si trovava vicino al commissariato.
Strinse i pugni: doveva far capire alla polizia che Damiano non aveva spinto la donna di sotto. Anzi, era stata lei ad aggrapparsi al parapetto e a buttarsi. Lui aveva anche tentato di salvarla, ma non ci era riuscito.
Guardò la targhetta che indicava la via e tirò un sospiro di sollievo dopo essersi accertata che il commissariato fosse vicino.
Avanzò di qualche metro, la luce dei lampioni illuminava la strada come se fosse un palcoscenico. Le sembrava che il freddo fosse aumentato a causa del sudore.
Mise le braccia conserte e in poco tempo si trovò davanti al commissariato. Aveva chiesto l'indirizzo a uno dei giornalisti che erano rimasti davanti all'hotel. C'erano cinque volanti parcheggiate, di sicuro Damiano era già arrivato.
Deglutì guardando l'imponente entrata in legno e lo stemma della Polizia di Stato affisso sulla parete.
Entrò e il cigolio del battente rimbombò per tutto l'atrio.
Un uomo alzò la testa da alcuni documenti che stava compilando. "Come posso esserle utile?"
Cherifa dovette abituarsi alla luce al neon che ronzava sul soffitto e sentì i muscoli distendersi grazie al caldo accogliente dell'ambiente.
Ai lati, sul muro, erano disposti dei lumini che rendevano visibili delle piante di medie dimensioni.
La ragazza si avvicinò all'uomo. "Sono Cherifa Duca, vorrei parlare con l'ispettore Edoardo Becchi."
L'uomo, viso tondo e baffi bianchi, rispose seccato: "Ora l'ispettore è occupato. Le dirò che l'ha cercato e lui la richiamerà."
Cherifa mise le mani sui fianchi, ancora stanca per la corsa fatta. "È urgente!"
A quelle parole, l'uomo posò la penna con la quale era tornato a scrivere e alzò un sopracciglio bianco. "Anche quello che sta facendo l'ispettore è urgente. Siamo in un commissariato di polizia, non al parco giochi. Preferisce aspettarlo? Potrebbero volerci delle ore..."
"Io voglio parlare con l'ispettore Edoardo Becchi!" s'impuntò lei. "Qui è stato portato un mio amico, Damiano Calzolari, e io posso scagionarlo dalle accuse!"
L'agente sospirò e prese la cornetta vicino ai fogli che stava compilando. "Perché non l'ha detto subito?"
"Perché lei non me ne ha dato modo!" rispose secca lei, senza scomporsi.
L'uomo mise una mano sul mento e compose il numero.
Accostò la cornetta all'orecchio e restò in attesa.
Dopo qualche secondo, riagganciò. "Non risp..."
"Cherifa!" esclamò una voce.
La ragazza si voltò e vide Edoardo alla fine del corridoio che conduceva verso gli uffici.
Cherifa gli si avvicinò con passo felpato. "Che cosa hai fatto a Damiano?"
L'ispettore rispose calmo: "L'ho arrestato. Damiano non è chi dice di essere. È molto più scaltro di come appare, ma finalmente ogni maschera è caduta."
La ragazza strabuzzò gli occhi; non poteva credere che quelle parole fossero rivolte a Damiano. "Stai scherzando, spero. Sì, è vero, lui si mette spesso nei guai, ma non ucciderebbe mai una persona!"
Edoardo allargò le braccia. "Avanti, sappiamo entrambi che Maddalena Crispino non era una persona qualunque. Era la donna che aveva messo a repentaglio la vita di Elisabetta e sai quanto lui tiene a lei! Per amore si è disposti a tutto, fidati!"
Cherifa era sempre più arrabbiata. Sentiva montare una grande rabbia per quella evidente ingiustizia, una rabbia così forte che le si sbiancarono le nocche. "Tu non sai quello che dici. Io ho visto tutto, Edoardo, io... Damiano mi ha chiesto di osservare dall'esterno il lato dell'hotel in cui si trova l'ufficio del direttore. A un certo punto, poco prima delle ventitré, ho visto una figura che si aggrappava alla balaustra. Dopo qualche minuto, è caduta di sotto, ma una mano l'ha presa e l'ha sostenuta per non so quanto tempo. Poi il corpo è caduto e..."
La voce le si abbassò, l'immagine le torturava ancora la mente. "...e poi ho sentito quel tonfo. È stato orribile. Mi sembrava un manichino, sono ancora sotto shock..."
Edoardo mise le braccia conserte. "Se quello che dici è vero, la signora Crispino ha tentato il suicidio e Damiano ha cercato di salvarla. È la stessa versione che mi ha dato lui poco fa."
Cherifa annuì soddisfatta. "Perfetto, allora questo spiacevole equivoco si è risolto! Sapevo che..."
"Un attimo, non avere fretta!" la ammonì Edoardo con un gesto della mano destra. "C'è qualcosa che tu non sai, qualcosa che fa cadere tutta la tua teoria."
Cherifa impallidì sentendo quelle parole. "E... quale sarebbe?"
Edoardo mise le braccia conserte. "Un mio agente ha trovato nella tasca della giacca di Damiano qualcosa che l'ha messo in seri guai, qualcosa per il quale dovrà pagare parecchio."
Cherifa torturò la cinghia della borsa che teneva su una spalla. "C-cosa? Diamine, dimmelo!"
Il poliziotto si avvicinò a lei. "Il Rubino celeste."
La ragazza rimase a bocca aperta, sorpresa per quella rivelazione. "No... non è possibile!"
"Invece sì. Damiano è accusato del furto del Rubino celeste e di aver ammazzato la signora Crispino per evitare che dicesse la verità!"
Quelle parole entrarono veloci come saette nelle orecchie di Cherifa.
Stavano vorticando nella sua mente, in attesa che lei desse un senso logico a tutto quello.
"Come puoi pensare una cosa così brutta di lui?" riuscì a dire lei dopo essersi ripresa dallo shock. "È una teoria assurda, pura fantascienza! Damiano non farebbe mai una cosa simile, tu lo conosci!"
"Io non lo conosco!" precisò l'ispettore, calcando sulle lettere. "Io so solo che si è messo molte volte nei guai e che, in un modo o nell'altro, è sempre riuscito a scamparla. Prima che voi due vi conosceste, io l'ho salvato già una volta da una situazione di pericolo in cui lui stesso si è ficcato. Ora nessuno potrà salvarlo, e sai perché? Perché è colpevole!"
Cherifa sbatté più volte le palpebre. Tutto quello doveva essere un incubo.
Strinse la mano destra a pugno e continuò: "Lui mi ha sempre parlato bene di te. Ti stima come uomo e come poliziotto. Ora non puoi trattarlo come il peggiore dei criminali! E poi la tua teoria è assurda: perché Damiano dovrebbe rubare il Rubino celeste?"
"Forse loro due erano complici" azzardò Edoardo. "Lui si è messo in contatto con lei e le ha proposto un'intervista. Lei gli ha detto che gliel'avrebbe concessa a una sola condizione: se l'avesse aiutata a rubare quel gioiello!"
L'agente cominciò a gesticolare con una mano e continuò imperturbabile: "Avvenuto il furto, deve essere successo qualcosa. Magari hanno litigato: lui voleva restituire il gioiello, lei si è rifiutata e lui l'ha uccisa buttandola di sotto, forse per difendersi."
Cherifa alzò la voce, incurante di essere nel corridoio di un commissariato: "Ma ti senti quando parli? Come puoi pensare a un piano così machiavellico?" Si accorse di aver urlato e abbassò il tono, visibilmente alterata. "E allora perché Damiano mi ha chiesto di osservare la parte dell'hotel in cui è rivolto l'ufficio del direttore, eh?"
Edoardo assottigliò gli occhi. "Forse gli serviva un alibi o... magari siete complici!"
Lei si allontanò di un passo. "Tu... tu sei pazzo! Come fai a non vedere la realtà dei fatti? Non ti permetto di accusarmi di queste cose, hai capito? Ti farò rimangiare tutto, lettera dopo lettera!"
Lui rise e lei, sempre più atterrita da quella conversazione così surreale, aggiunse: "Come fai a parlare così dell'uomo di cui Elisabetta si è innamorata? Avanti, non puoi pensarlo davvero! È una follia!"
Edoardo mise le mani sui fianchi. "Le prove parlano. Dicono la verità!"
Lei, inviperita, strinse sempre di più la cinghia della borsa. "Le prove mentono, ti stanno ingannando, non lo capisci? Di sicuro è stata Dark Rose a mettere il Rubino celeste nella tasca della giacca di Damiano. Io gli credo!"
Lui scosse la testa e, sconsolato, ammise: "Io ho sempre pensato che lui non fosse l'uomo giusto per Elisabetta. Lei in passato ha sofferto tanto e non meritava una persona così al suo fianco."
In quell'istante, nelle orecchie di Cherifa, rimbombarono le parole di Damiano: lui aveva promesso alla sua amata che le avrebbe mandato un messaggio alla fine della serata.
Guardò l'orologio al polso: mancavano pochi minuti a mezzanotte.
Edoardo si voltò. "Domani avvertirò Elisabetta. Ora devo andare dal mio capo. Tra poco io e lei dovremo interrogare Damiano e ne approfitterò per riferirle ciò che mi hai raccontato."
Cherifa scosse la testa. "Parlerò io con Elisabetta. Damiano le aveva promesso che le avrebbe mandato un messaggio a fine serata..."
"Adesso starà dormendo, le parlerò domani..." liquidò la questione lui.
Lei si oppose: "Per quel poco che conosco Elisabetta, so che non andrà a dormire prima del suo messaggio. Poverina, lo starà ancora aspettando..."
"Allora avvertila tu. Ora ho da fare" concordò lui per concludere la conversazione.
Lei annuì, una sottile increspatura delle labbra indicava il suo disgusto per cosa pensava Edoardo. Come poteva credere davvero a una stupidaggine simile?
Uscì dal commissariato senza degnare di uno sguardo l'agente che stava compilando dei documenti nell'atrio. Sapeva che la verità sarebbe venuta a galla. E, a quel punto, tutte le certezze di Edoardo sarebbero crollate come un fragile castello di carte. Fragile come la prova che loro avevano in mano.
Intanto, Damiano era scosso da continui brividi. Si trovava nella stanza degli interrogatori; era seduto su una scomoda sedia di ferro e la testa era appoggiata al tavolo, coperta dalle mani.
Stava piangendo: dai suoi occhi uscivano lacrime che domandavano perché: perché nessuno gli credeva? Perché stava succedendo proprio a lui?
Spazio Sly
Eccomi qui, finalmente, con un nuovo e avvincente capitolo! La prima parte del ventesimo capitolo è interamente dedicata alla storyline di Damiano: Cherifa ha tentato di spiegare invano che il suo amico giornalista è innocente, ma a quanto pare Edoardo non le crede. Nelle ultime righe l'accusato è nella stanza degli interrogatori e sta vivendo un vero e proprio momento di crisi... Cosa succederà secondo voi? Damiano riuscirà a dimostrare la sua innocenza?
Ne approfitto per darvi alcuni annunci:
-il ventesimo capitolo è formato da ben diciotto parti, quindi avrete da leggere per poco più di quattro mesi. Nel frattempo io scriverò il ventunesimo capitolo;
-ho deciso di cambiare il cognome di Damiano: d'ora in avanti non si chiamerà più Damiano Daiano, ma Damiano Calzolari. Credo che comincerete a familiarizzare con questo cognome già dalla prossima parte;
-ho un file su Word in cui raccolgo tutti i capitoli del secondo volume di Chiave e, dopo aver fatto copia e incolla di questo lunghissimo capitolo, ho scoperto che il libro è formato da ben 829 pagine! Alla luce di questa scioccante scoperta, ho deciso che (forse) il ventunesimo capitolo sarà l'ultimo capitolo del secondo volume. La mia idea iniziale era un'altra e soprattutto avevo in mente un altro tipo di finale, ma purtroppo devo fare i conti con i limiti fisici/tecnologici della lunghezza del libro. Nessuno comprerebbe mai un romanzo di mille e più pagine, soprattutto scritto da un esordiente, quindi mi vedo costretto a porre fine al secondo volume e cominciare il terzo volume.
Spero che mi possiate scusare per il ritardo e che continuiate a seguirmi con lo stesso entusiasmo di sempre. Vi prometto che in questo capitolo ne vedrete di tutti i colori;)
Vi invito a esprimere la vostra sincera opinione, ci vediamo sabato con un nuovo aggiornamento!
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