Il segreto di Mario (parte ottava)
La sala studio era al primo piano e decise di usare l'ascensore per non dare troppo nell'occhio.
Arrivata all'ultimo piano, si avvicinò a un lato del corridoio per uscire dalla struttura e salire in terrazza grazie alla scala esterna.
Si strinse nelle spalle, maledicendosi per non aver indossato un giubbotto.
L'aria di novembre le entrò nelle ossa e cominciò a tremare. Ciò che provava, però, non era freddo, solo paura. Timore per una verità tanto ambita, terrore per una verità scomoda.
Giunta in cima, il vento le scompigliò i capelli e lei mise le braccia conserte per cercare di scaldarsi.
Guardò stupita dietro di sé: si aspettava che Massimiliano comparisse sulla scala esterna, ma non fu così.
Si voltò verso il panorama e si aggrappò alla ringhiera, ammirando la magnificenza del paesaggio: il suo sguardo passò dal centro storico ai castelli romani, soffermandosi nello specifico sulla Basilica di San Pietro in lontananza, oltre i tetti delle case. Non aveva mai visto Roma da un punto così interessante. O forse sì, ma nella particolare situazione che stava vivendo quella vista panoramica le sembrava un sorriso della vita che la spingeva a essere forte.
Incurante dei suoi lunghi capelli che le solleticavano il viso, Ilaria sobbalzò sentendo dei passi.
Si voltò di scatto e rimase a bocca aperta vedendo davanti a sé la figura di Mario. Il ragazzo avanzava tranquillo verso di lei, la bocca ridotta a una linea orizzontale e gli occhi color cioccolato fissi in quelli azzurri di Ilaria. Indossava una felpa grigia sotto alla quale si poteva scorgere una maglia bianca, ma ciò che attirò l'attenzione di lei fu il colorito della sua pelle: bianco cadaverico.
Rimase bloccata sul posto, non sapendo come comportarsi.
La sua mente entrò in cortocircuito e tutte le sue intenzioni di vendetta si sciolsero come neve al sole.
Aprì più volte la bocca, ma senza emettere alcun suono. Credeva di sognare, non poteva essere davvero lì davanti a lei.
Lui si fermò a pochi centimetri dal suo viso e lei continuò a guardarlo con uno sguardo che navigava tra la preoccupazione e la felicità.
Dopo interminabili secondi, lui sorrise e tese le braccia in avanti per stringerla a sé, ma lei alzò una mano per schiaffeggiarlo.
Lui riuscì a parare il colpo e le afferrò un palmo.
Lei digrignò i denti e tentò di divincolarsi, ma non ci riuscì e si tuffò tra le sue braccia.
Lo strinse forte a sé piangendo come se fosse una bambina, come se avesse appena ricevuto un regalo tanto desiderato.
Lui reagì circondandole il corpo con le braccia e le accarezzò più volte i capelli assaporando il suo profumo, che tanto gli era mancato.
"Hai freddo..." commentò lui, sentendola tremare come un gatto spaventato in autostrada.
Ilaria scosse la testa. "Sto bene... ora che ci sei tu... Stringimi ancora."
Lo abbracciò di nuovo e lo strinse sempre più forte, come se avesse paura che tutto quello fosse solo un sogno e che lui sarebbe scomparso da un momento all'altro.
"Così però mi strozzi..." replicò lui con il respiro mozzato.
Lei cominciò a ridere e si staccò, asciugandosi gli occhi dalle lacrime. "Scusa, è che... non mi sembra ancora vero di vederti. Mi sei mancato tanto, Mario."
Lui le accarezzò una guancia. "Anche tu, non sai quanto." Le afferrò entrambe le mani e continuò: "Sono io che ti devo chiedere scusa per quello che ti ho detto ieri. Perdonami, ma... mi è stato detto di rivolgerti quelle parole così forti."
Lei strinse gli occhi. "In che senso? Chi te l'ha detto?"
Lo immaginava, ma voleva sentire la risposta.
Lui abbassò lo sguardo e si scompigliò, in imbarazzo, i capelli ricci scuri. "La signora Palmieri... e Massimiliano."
A quelle parole, la ragazza sentì un colpo al cuore: i suoi sospetti erano realtà.
Mise le braccia conserte e si voltò verso il panorama romano, non sapendo come reagire. "È pazzesco... e tu perché li hai ascoltati? Io non l'avrei mai fatto sapendo che avresti sofferto."
Lui le mise una mano sulla spalla per invitarla a girarsi. "Lo so, ma... loro mi hanno convinto che fosse giusto portarti a dimenticarmi. Che insieme a me tu non avresti costruito nulla di buono. Che con un ragazzo come te al mio fianco avresti solo sofferto."
Lei si voltò, togliendosi i capelli dal volto. "Ma perché? È questo che non capisco... Da cosa deriva questa convinzione? Perché sei tornato così presto in casa famiglia?"
Lui abbassò lo sguardo e il suo volto, se fosse possibile, diventò ancora più bianco al pensiero di confessarle la verità.
Ilaria notò che anche lui stava tremando.
Gli prese una mano e se la posò sul cuore. "Mario, guardami. Qualunque cosa tu abbia fatto, io ti amo. E questo non lo può cambiare nessuno. Puoi fidarti di me, io non ti giudico. Sono... esperta in situazioni spinose!" concluse accennando un sorriso, riferendosi alla sua famiglia.
Lui alzò gli occhi e Ilaria notò che erano diventati lucidi per le lacrime.
"Come faresti a perdonarmi se non ci riesco nemmeno io?" domandò lui, liberandosi dalla stretta di Ilaria. Tirò su col naso e continuò: "Massimiliano mi ha dato la possibilità di dirti tutto. Mi ha detto quanto stai soffrendo e ha capito che è sbagliato nasconderti la verità. Ma tu vuoi davvero conoscerla? Desideri portarti lo stesso peso che sento io ogni volta che mi guardo allo specchio?" Lei volle replicare, ma lui la interruppe: "Non sei costretta a dirmi di sì, davvero. Io ti capirei se ne avessi paura." Ilaria scosse la testa. "Ti prego, basta tenermi sulle spine. Io e te ci amiamo, no? Quindi è più che giusto che condividi con me il tuo malessere. Lo affronteremo insieme, io sarò sempre al tuo fianco, non ti lascerò mai." Gli accarezzò una guancia. "Ti devo ricordare che ti ho perdonato per avermi fatto finire nelle mani di Broxen?"
Lui la guardò stupito. "C-Come? Mi hai perdonato? Mi hai sempre detto che non ci saresti mai riuscita..."
"C'è qualcosa che va oltre la razionalità, Mario. Qualcosa che ti stringe lo stomaco e ti fa vivere con un costante senso di ansia. E non è la fame." Dopo una breve risata da parte di entrambi, lei continuò: "È l'amore, Mario. L'amore che io provo per te e che non ho mai sentito per nessun altro. Tu sei stato il primo e spero l'ultimo. Perché io voglio vivere tutta la mia vita con te. Desidero lasciare con te questa casa famiglia, vivere insieme a Villa Bacco e, chissà, magari sposarci, avere dei figli e invecchiare insieme. È questo ciò che desidero. Mi rendo conto che forse sono solo le speranze di una sedicenne che in questo momento sta delirando per il freddo, ma... io lo desidero. Voglio che tu sia il mio uomo e sono disposta a perdonarti tutto purché tu sia davvero pentito." Fece una piccola pausa per deglutire e i suoi occhi cominciarono a pizzicare per le lacrime che minacciavano di scendere. Non poteva credere di aver pronunciato davvero parole così importanti, ma gliele aveva suggerite il cuore. "Io mi fido di te, Mario. Sono disposta a stare sempre al tuo fianco se tu lo vorrai. Hai dato senso alla mia vita proprio quando non riuscivo a trovarne uno. Mi sono sentita sempre più distante dalla mia famiglia e ho visto in te la luce che mi serviva per andare avanti." Sospirò e gli prese le mani. "Ti prego, dimmi che cosa ti sta succedendo. I-Io sono qui e ti prometto che non ti giudicherò."
Il ragazzo si morse l'interno di una guancia e dal suo occhio destro scese una lacrima che si confuse con il freddo novembrino. Era commosso per il discorso pronunciato da Ilaria: sul serio lei era disposta a stargli vicino? Lo amava davvero così tanto?
Abbassò lo sguardo: per lui, la loro conoscenza era stata un semplice incarico da svolgere, un adescamento che gli avrebbe permesso di scalare il debito di sua zia. Ma poi tutto era cambiato e Ilaria aveva travolto ogni sua certezza con un solo sguardo. Lui l'aveva consegnata a Broxen distruggendo così la sua vita, ma lei... lei l'aveva perdonato e lui tremava al pensiero dell'amore che Ilaria doveva provare per lui.
La ragazza gli strinse forte le mani per cercare di scaldargliele, ma il calore provocato dal contatto delle dita gli incendiava il cuore.
A quel punto capì che fosse giusto metterla al corrente della situazione e lasciarla libera di decidere cosa fare: se continuare a stare al suo fianco oppure allontanarsi per sempre.
Annuì e tirò su col naso. "Tutto... tutto è cominciato la sera in cui mia zia mi ha portato fuori da qui. Dopo aver cenato in un ristorante del centro, ci siamo recati nel suo appartamento e mi ha mostrato le varie stanze. Poi zia mi ha parlato di due ragazzi, non mi ricordo i loro nomi, che frequentavano l'università e vivevano al quarto piano. Mi ha detto che avrebbero voluto conoscermi perché nella scala non c'erano altri loro coetanei e le hanno proposto di incontrarmi quando fosse stato possibile. Dopo avermi parlato di loro, mi ha consigliato di andare da loro per fare conoscenza." Sorrise ripensando a quel momento, ancora ignaro di cosa sarebbe successo più tardi. "Mi sono messo a ridere: ormai era tardi, non potevo andare a casa di sconosciuti a quell'ora... Avevo appena cominciato la settimana di prova con mia zia e volevo trascorrerla con lei, inoltre ero impaziente di parlarle per ritrovare quella complicità che ho sempre avuto con lei da piccolo. Il mio ultimo pensiero era andare a parlare con loro."
Ilaria aggrottò le sopracciglia e si tolse un ciuffo che le copriva il viso. "E poi... cos'è successo?"
Gli occhi di Mario si colmarono di lacrime, il ragazzo cominciò a scuotere la testa come se volesse scacciare quel brutto ricordo. "Poi... lei mi ha convinto a suonare al loro campanello dicendo che avrei solo dovuto salutarli e che loro erano ragazzi molto simpatici e disponibili." Sorrise e si rivolse a Ilaria. "Ti rendi conto? Non potevo crederci: delle così brave persone che volevano conoscere me, io che ero tutto fuorché bravo. Molti al loro posto avrebbero avuto paura di me, di un ragazzo che ha passato una parte consistente della sua vita a rubare per strada e che ha dovuto attraversare mari e monti come corriere di droga. Ritenevo che fossero davvero buoni, magari volevano cambiarmi, impedire che entrassi in brutti giri. Non mi conoscevano, ma desideravano comunque fare la mia conoscenza." La ragazza lo esortò a continuare con un cenno e lui proseguì: "Così io e mia zia siamo andati al quarto piano, abbiamo suonato al campanello e quei ragazzi ci hanno invitato a entrare. Lei se n'è andata e siamo rimasti soli. All'inizio ero imbarazzatissimo, ma loro sono riusciti a mettermi a mio agio. Mi hanno offerto qualcosa da bere e poi abbiamo cominciato a parlare, un po' della mia vita e un po' della loro. Dopo qualche tempo è venuta a prendermi mia zia perché io non scendevo più e mi ha portato nel suo appartamento. Non saprei spiegarti, ma... mi sembrava di conoscerli da sempre, come se fossero vecchi amici, e così i minuti hanno cominciato a volare e sono diventati ore. Ore di una serata che non avrei mai dimenticato." Si scompigliò i capelli e si sforzò di ricordare: "Non mi viene in mente di preciso quando sono tornato a casa, ero troppo stanco, forse per le emozioni di quel giorno, e sono andato a dormire..."
A quel punto si allontanò da Ilaria e si avvicinò al parapetto, guardando il panorama.
Lei avanzò verso di lui per spronarlo a continuare e notò che stava tremando.
Mario si portò le mani al volto e cominciò a singhiozzare come un bambino.
La ragazza fece un passo in avanti e lo abbracciò da dietro. "Non sei solo. Ci sono io con te, non ti abbandono. Dimmi tutto, liberati. Cos'è successo dopo? Non capisco cosa c'entra tutto questo..."
Spazio Sly
Vi è piaciuta l'ottava parte del ventesimo capitolo? Cosa ne pensate?
La persona che Ilaria ha incontrato in terrazza è Mario, finalmente il ragazzo sta cominciando a dire la verità. Cos'è successo quella maledetta sera? Cosa l'ha tenuto lontano da Ilaria e perché è nascosto in una stanza della casa famiglia all'insaputa degli altri? Sbizzarritevi con delle ipotesi!
Vi invito a commentare per esprimere la vostra sincera opinione.
Ps. Mercoledì ho un altro esame in università, fatemi un grande in bocca al lupo!
Ci vediamo sabato con un nuovo aggiornamento!
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