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Furto con sorpresa (parte terza)

Ilaria deglutì. "Lei non ha alcun diritto di tenermi all'oscuro del problema che sta coinvolgendo Mario! Che cosa gli è successo? Io magari posso aiutarlo, lui ha di sicuro bisogno di me!"

Antonietta scosse la testa. "Tu sei sotto la mia responsabilità fino a quando sarai sotto questo tetto e non ti permetto di parlarmi in questo modo!"

Cercò di calmarsi e continuò: "Io voglio solo il tuo bene e se ti tengo all'oscuro di tutto questo, è solo per proteggerti."

Una smorfia di disgusto comparve sul volto di Ilaria. "Mi sembra di essere tornata al periodo in cui i nostri genitori ci riempivano di segreti!"

Tentò di frenare le lacrime e continuò, prendendo coraggio: "Io non sono più tranquilla da quando lui è tornato. Sento che gli è successo qualcosa di grave, ma non capisco cosa."

Un dubbio si insinuò nella sua mente. "Non è che... sua zia l'ha rifiutato? Oppure Mario ha trovato della droga a casa sua? Io credevo che fosse uscita dal giro. Però questo non spiega le manette..."

"Ilaria, ti prego, basta tempestarmi di domande!" la rimproverò Antonietta. "Esci da quest'ufficio prima che io prenda dei provvedimenti."

Ilaria alzò un sopracciglio. Quella donna non la spaventava. Dopo essere stata sotto il giogo di Broxen, nulla poteva intimorirla. Aveva trasportato una testa di maiale senza conoscere il contenuto. Aveva visto Mario essere frustato davanti ai suoi occhi. Aveva rischiato di morire in un incendio che lei stessa aveva appiccato per salvarsi da morte certa. Ormai nulla poteva spaventarla.

Mise le braccia conserte. Voleva dirle che era entrata lì solo per avere notizie di Mario, ma si trattenne. Se l'avesse fatto, non avrebbe avuto la possibilità di vedere sua mamma, e voleva incontrarla solo per sputarle in faccia tutto il suo odio e dirle definitivamente addio.

"Lei non riuscirà a tenermi lontana da Mario. Lui è troppo importante per me."

Antonietta serrò le labbra, dalle quali stavano per uscire parole poco carine.

Cercò di pensare a come esprimere il concetto in modo che lei lo capisse e disse la verità: "È vero, non posso confessarti tutto perché ho promesso, ma... voglio darti un consiglio. Non ti sto parlando da coordinatrice responsabile, ma come una potenziale amica."

Si sedette e sospirò, mettendosi le mani sulla fronte. "Cancella Mario dalla tua mente. Ti sei innamorata del ragazzo sbagliato. Lui ti farà solo soffrire."

Ilaria aprì la bocca, il respiro mozzato in gola. Come poteva parlarle in quel modo? Che diritto aveva?

Si avvicinò alla scrivania, una mano sul fianco. "Anch'io voglio parlarle sinceramente: vaffanculo!"

Detto ciò, uscì dall'ufficio e sbatté la porta così forte che la finestra dietro la scrivania tremò.

Antonietta si spaventò per quel gesto improvviso e sospirò di nuovo, sconvolta. Doveva allontanarla da Mario prima che fosse troppo tardi. Prima che la loro storia avesse lo stesso epilogo che avevano avuto tante ragazze che aveva già conosciuto. Ilaria era come loro: ingenua, testarda, ribelle. E innamorata, della persona sbagliata e nel modo sbagliato.

Intanto, sul treno che la banda criminale aveva assaltato, il capo dell'organizzazione era seduto al posto di guida. Con una mano reggeva la testa e con l'altra la sua arma vicino al petto.

Gli occhi assorti stavano guardando il panorama che si vedeva da quella visuale. Ai lati c'erano muri di rocce che luccicavano al bagliore del sole, come fiammelle che indicavano la via.

In lontananza, dove si perdevano le rotaie, si potevano notare ampie valli, oceani smeraldini.

Quel paesaggio gli trasmetteva una relativa quiete, calmava il suo cuore in tempesta.

Quando aveva organizzato quell'assalto, non aveva pensato che potesse essere così difficile. Aveva creduto di avere la situazione sotto controllo, ma non era stato così. Fino a quel momento non c'erano stati intoppi, però a livello psicologico non era sicuro di riuscire a reggere tutta quella tensione. Le morti del macchinista e del capotreno erano state previste, non erano un problema.

Girò lo sguardo verso l'entrata della cabina e sulle pareti vide ancora il sangue dell'uomo che aveva ucciso il giorno prima. I suoi sgherri avevano buttato il cadavere da qualche parte lì vicino, ma il suo segno era ancora rimasto.

Si girò di nuovo verso il paesaggio e prese un profondo sospiro. Tutta quella situazione si sarebbe conclusa presto, era solo una questione di giorni. Era disposto a tutto pur di liberare il suo amico Nathan. Insieme avevano condiviso tante avventure e ne avrebbe vissute ancora tante. Quella non sarebbe stata l'ultima, solo la prima di tante altre. Sarebbe riuscito a liberare Nathan, ne era certo. Il suo piano stava procedendo nel migliore dei modi. Doveva aspettare il tempo necessario per tenere sotto scacco non solo i viaggiatori sul treno, ma anche gli abitanti del villaggio. Voleva che il sindaco fosse così disperato da concedere la liberazione di Nathan.

Inclinò la testa da un lato. Forse avrebbe incentivato la sua decisione uccidendo qualche passeggero. Magari i bambini o le donne...

I suoi pensieri furono interrotti da uno squillo improvviso che squarciò il muro di silenzio che si era creato nella cabina.

Quel suono trillò una seconda volta e poi l'uomo rispose con un gesto veloce alla chiamata della stazione di Sadıkhacı. "Ditemi."

"Buongiorno, sono il sindaco di Sadıkhacı. Le voglio fare una proposta riguardo alla liberazione del detenuto Ngai."

L'uomo strabuzzò gli occhi, mostrandosi interessato. "Sono tutto orecchie."

Dall'altra parte della linea l'uomo era circondato dal direttore del carcere, da alcuni funzionari della polizia e della stazione.

Tutti lo stavano guardando con il fiato sospeso, speranzosi che quella proposta fosse accettata.

Il sindaco cercò di mantenere il sangue freddo e spiegò, controllando il foglio davanti a sé. "Mi risulta che sul treno ci siano cinque neonati e dieci ragazzi in un'età compresa tra gli otto e i quindici anni. Non oso neanche immaginare quali pene stiano passando in questo momento. La mia proposta è: noi libereremo Nathan, ma lei, in cambio, deve far uscire i ragazzi dal treno."

Alzò gli occhi dal foglio ed esclamò, dopo un attimo di silenzio: "Siamo d'accordo?"

A quel punto anche lui trattenne il fiato, proprio come le persone accanto a lui.

"Sta scherzando?" sbottò il capo della banda. "Non erano questi i patti. La chiamerò io nel momento opportuno. E se i miei uomini vedono anche solo un'ombra che sembra minimamente paragonabile a una forma umana, ci sarà una carneficina!"

"Aspetti!" esclamò il sindaco, agitato. "Quante persone devono ancora morire prima che questa vicenda si concluda? Chi sarà il prossimo?"

"I prossimi" lo corresse il capo della banda "saranno tutti i passeggeri, uno dopo l'altro, se i miei uomini vedranno dei movimenti sospetti fuori dal treno. Non abbiamo paura di morire. Voi, invece? Temete che io possa uccidere tutti i viaggiatori? Dipende solo da voi!"

Il sindaco sospirò e si morse le labbra per la tensione. "Allora organizziamoci."

Guardò i presenti e chiese qualcosa che non era previsto. "Mi dica l'ora e io le assicuro che Nathan ci sarà. Lei però mi deve garantire che non morirà nessuno dei passeggeri!"

I presenti rimasero sconvolti. Cosa aveva in mente? Era davvero disposto a liberare un criminale di quel calibro?

Il capo della banda cominciò a ridere. "Ma allora non capisce la mia lingua, sindaco. Le ho già detto che dovete aspettare mie notizie. Chiamerò a questo stesso numero e dovrete rispondere subito, altrimenti ucciderò senza pietà tutti i passeggeri. I parenti del macchinista e del capotreno non saranno gli unici a piangere per la morte di una persona cara."

Appoggiò l'arma sul sedile accanto a lui e concluse: "Niente scherzi, sindaco, o sarà peggio per lei!"

Dopo quelle parole chiuse la chiamata e tirò un sospiro di sollievo. Di sicuro la loro era una trappola. Non era ancora arrivato il momento giusto per pattuire la liberazione di Nathan. Voleva prendere più tempo possibile per mettere a punto il suo piano. Il giorno dello scambio tra il suo amico e i passeggeri non ci sarebbero stati intoppi.

Sorrise; il fatto che erano arrivati a proporgli quello era la dimostrazione che stavano cedendo. Ancora qualche giorno e ogni loro resistenza sarebbe scomparsa, a quel punto il sindaco e gli altri non avrebbero architettato alcuna trappola. Anche loro sarebbero stati disposti a tutto pur di salvare gli ostaggi, proprio come lui era disposto a tutto per liberare Nathan. Solo il tempo avrebbe decretato l'epilogo di quella situazione, nel bene o nel male.

A Mestre il cielo era ricoperto da fitte nubi bianche che si addensavano sempre di più. Un forte vento faceva volare le foglie cadute dagli alberi e le persone si stringevano nei loro cappotti a causa del freddo pungente. Erano entrati nel pieno dell'autunno e l'inverno si stava avvicinando minaccioso, nonostante fosse solo inizio novembre. Le strade di Mestre non erano molto affollate.

Sui marciapiedi camminavano con passo felpato quegli sfortunati studenti che dovevano andare a scuola anche di sabato. Tra loro, però, c'era anche qualcuno un po' più avanti con l'età che stava accompagnando il cane a espletare i suoi bisogni corporei.

Cercavano di trattenere il guinzaglio tra uno sbadiglio e un altro, consci che quella mattina, non dovendo andare a lavorare di sabato, avrebbero potuto dormire un po' di più e invece erano stati svegliati dalle incontrollabili leccate dei loro cani, una sveglia che non si permettevano di spegnere.

C'era qualcuno, però, più fortunato degli studenti e di chi stava accompagnando il cane. Qualcuno che stava dormendo beato sotto le lenzuola dopo aver passato una notte impossibile da dimenticare: Cherifa.

La ragazza era accoccolata su una parte del suo letto, con una mano sotto il cuscino e l'altra vicino al petto.

Si svegliò con il dolce profumo della notte appena passata, di cui le lenzuola erano impregnate.

Sorrise leccandosi le labbra. Aveva paura di svegliarsi perché credeva che avrebbe scoperto che fosse stato tutto un sogno, un momento così intimo e perfetto.

Aprì piano gli occhi, per paura di rendersi conto che fosse stato tutto frutto della sua immaginazione.

Si strofinò gli occhi con una mano: era su un lato del suo letto. Se i suoi calcoli erano esatti, dall'altra parte ci doveva essere Orazio.

Si mise a pancia in su e cercò di sfilare il lenzuolo dalla sua parte senza far rumore.

Si sedette e sbadigliò piano, sempre per non svegliare Orazio.

Si alzò e si guardò allo specchio: aveva solo un paio di mutandine e una canotta bianca.

Pian piano il calore offerto dalle lenzuola si dissolse nell'aria e lasciò il posto a piccoli fremiti di freddo che le accapponarono la pelle.

Si avvicinò al suo armadio e indossò la sua vestaglia rosso vermiglio.

La legò in vita e avanzò verso lo specchio per sistemarsi i capelli spettinati.

Per poco non inciampò nei vestiti che la sera prima avevano buttato sul pavimento, infatti trattenne un'imprecazione tra le labbra.

Si accostò allo specchio, ma l'immagine riflessa dietro di lei la portò a voltarsi. Orazio stava dormendo sull'altro lato del letto, a pancia in su. Una mano era poggiata sopra la sua testa, i suoi muscoli guizzanti in mostra. L'altro braccio era poggiato lungo il fianco. Il suo petto si alzava e abbassava ritmicamente.

Cherifa si appoggiò allo stipite della porta e si fermò a guardare i pettorali che formavano il suo addome tonico.

Una striscia di peluria avanzava dall'ombelico verso l'inguine, ma la sua corsa era interrotta dal lenzuolo. La bocca di Orazio era semiaperta e fuoriuscivano tenui respiri. 

Spazio Sly

Come promesso, ho pubblicato la terza parte del diciannovesimo capitolo! Cosa ne pensate? Ilaria ha affrontato a muso duro la signora Palmieri. Secondo voi cosa è successo a Mario? Perché tanto mistero sul suo ritorno in casa famiglia? E, soprattutto, dove si trova adesso?

Per quanto riguarda la storyline di Pip e company, continua il tira e molla tra gli assaltatori del treno e la polizia. Lo scambio tra i viaggiatori e Nathan andrà in porto? 

Vi invito a commentare per esprimere la vostra sincera opinione.

Ci vediamo sabato con un nuovo aggiornamento!

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