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Capitolo 3 - È sbagliato

«Sei stato grande, King». Zack mi colpisce la schiena passandomi alle spalle, di ritorno dalla doccia. Lo spogliatoio è saturo di vapore e profumi di ogni tipo.

«Eccezionale, amico». Anche Cruz passa dietro di me ma non mi tocca, raggiunge gli altri della squadra due panchine più in là della mia.

«Insomma, nessuno che si congratula con me?» Blake si siede sulla mia stessa panca, ma nel verso opposto.

«Il nostro principino è geloso!» Zack scatena una risata collettiva. «Tranquillo, Harper, anche tu hai combinato qualcosa di buono durante l'allenamento».

I ragazzi sghignazzano e chiacchierano, rivestendosi. La porta dello spogliatoio si chiude, i loro schiamazzi diventano sempre più ovattati.

Inspiro, espiro. Fisso le mani sospese fra le gambe. Stringo i pugni, facendoli tremare.

Non riesco a togliermelo dalla testa. Scava e striscia. Si cementifica. Mi sbatte in faccia la realtà.

«Ne vuoi parlare?» La voce di Blake mi sveglia dai pensieri.

«Di cosa?»

Apro le mani, le richiudo e stringo ancora.

«Sai bene di cosa».

Inspiro, espiro. Le gocce d'acqua scivolano ancora sulla schiena nuda, cadono dai capelli bagnati e spariscono sull'asciugamano bianco che copre le gambe.

Fermati. Smettila di battere così forte. Lo sapevi già. Non è cambiato niente.

«La situazione ti sta sfuggendo di mano». Blake si drizza in piedi alla mia sinistra. «Devi fare qualcosa, in un senso o nell'altro».

«Non sono affari tuoi» sibilo stringendo di più i pugni.

Apre il suo armadietto e prende il giubbotto. «Siamo amici, no? E so molto bene cosa stai passando».

Sbuffo. «Il tuo passato è diverso dal mio». Non sa niente. Non ne ha neanche la più pallida idea.

Smettila di battere. Smettila di tradire i miei sforzi.

«Se ti aprissi di più, magari potrei dirlo anch'io». Blake si ferma alle mie spalle. «Insomma, facciamo un sacco di cazzate insieme, ma non mi parli mai di cosa ti riduce così. Sono mesi che...»

«Lasciami in pace».

Passo le mani tra i capelli e le fermo sul collo. Chiudo gli occhi, ma li riapro subito. È come se quell'immagine si fosse stampata sulle palpebre e in qualsiasi punto della mia mente.

L'ho pensato per un solo istante. Non c'era niente di male se per una volta... Se...

Ma è sbagliato. Lo so da quel giorno. E nulla potrà cambiarlo.

Neanche la speranza che non smette di dilaniarmi l'anima.

Blake sospira. «Datti una mossa, fra un po' chiudono. Sei rimasto solo tu». La porta si apre e richiude, producendo un suono metallico che si propaga nello spogliatoio vuoto.

Apro e stringo i pugni.

Devo tornare al mio posto. Per fortuna me ne sono accorto prima che fosse troppo tardi.

Le ombre calano. Colori scuri. Densi. Sporchi di colpa.

Forza. Posso riuscirci ancora.

Sono qui per questo.

Mi alzo e avvicino all'armadietto. Tolgo l'asciugamano dai fianchi e lo butto sulla panca, afferro il borsone per cercare i boxer puliti.

Il cigolio della porta attira la mia attenzione. Muovo un passo indietro per osservare l'ingresso senza l'impedimento dell'anta dell'armadietto e torno a cercare i boxer sotto la roba sporca.

«Wow. Il mio arrivo ti ha colpito, vedo». Ridacchia, ha una voce squillante. Irritante.

Prendo l'indumento e anche i vestiti puliti. «Non ti conviene farti beccare da Chapman». Afferro il borsone e chiudo l'armadietto.

«Il coach non c'è. Siamo solo io e te». Sorride, ferma a un passo da me. Gli occhi scuri a mandorla hanno il tipico taglio asiatico, i lunghi capelli castani incorniciano l'espressione maliziosa.

«Non sono dell'umore. Chiunque tu sia». Mi volto verso la panca dove poggio la borsa.

«Mi chiamo Tai, terzo anno, Scienze Ambientali. Basta come presentazione?»

La fisso, continua a sorridere con le mani nascoste dietro la schiena. Il seno prosperoso spicca sia per la posizione che per la camicia sbottonata fino al pizzo centrale dell'intimo nero.

«Ho detto che non sono dell'umore. Togliti di torno».

Prendo i boxer, lei li afferra e indietreggia.

Mi volto e avvicino, calando lo sguardo per incontrare il suo. «Che cazzo stai facendo?»

«Abbiamo una cosa in comune io e te. Il tuo nome deriva da Elios, il dio del sole, giusto? Il mio nome completo è Tàiyáng, che in cinese vuol dire "sole". Perciò, anch'io mi chiamo Sole. Non vuoi scoprire cos'altro abbiamo in comune?» Sorride maliziosa, ciò che vuole era palese già quando l'ho vista sulla soglia.

Spalanco le palpebre. «Sun...» sussurro i miei pensieri.

Non riesco a muovermi. Il boato di quelle tre lettere mi confonde. Mi riempie e mi svuota.

Mi lacera.

Mi sana.

Mi dilania ancora.

Tai mi posa una mano sui pettorali e scende fino a toccare la semi-erezione. «Vedo che la questione delle cose in comune t'interessa». Sorride compiaciuta. «Sono certa di poter fare qualcosa per te che ti piacerà ancora di più».

La sbatto contro gli armadietti, lei sorride.

«Farò tutto ciò che vuoi, mio re».

Osservo il suo viso, la pelle più scura, gli occhi perversi, i capelli senza luce.

È diversa. È uguale a tutte.

Ciò di cui ho bisogno.

«Vediamo cosa sai fare».

Tai infila subito le mani sotto la gonna per togliere gli slip, l'eccitazione le incide il viso. Prendo un preservativo dal borsone mentre mi stimolo con la destra e lo infilo. Lei mi tocca ancora gli addominali ma le stringo il polso, allontanando la sua mano.

«Hai detto che farai ciò che voglio».

Sorride. «Sì».

La fisso con disprezzo e smette di sorridere. «Allora non toccarmi. Non ti ho detto di farlo» sibilo infastidito.

L'afferro per i fianchi e la sollevo, Tai allaccia le gambe attorno al mio bacino mentre la spingo contro gli armadietti. Stringo l'erezione con la sinistra e la penetro in un colpo solo. Si aggrappa alle mie spalle, inarcando le unghie nella pelle, le sue grida di piacere si espandono nello spogliatoio vuoto assieme al rumore metallico.

I muscoli si tendono, la pelle brucia, la mente soffoca nell'oscurità.

Le sollevo la maglia e le afferro un seno. Stuzzico il capezzolo con indice e pollice, lo afferro fra le labbra, lo succhio, lo tiro. Insinuo una mano dietro di lei e spingo un dito fra le natiche.

Tai urla. Ansima. Gode. Mi prega di continuare, mi lascia fare tutto ciò che voglio.

Ecco cosa sei. Ecco cosa siete tutti.

Schiavi del piacere.

Venditori di anime alla lussuria.

Divoratori di ragione, contenitori di egoismo.

Nessuna dignità. Nessun rispetto.

Ecco cosa siete tutti.

Ed ecco cosa sono anch'io.

Devo ricordarlo.

Sempre.



Angolo Autrice


Eccoci nella mente di Elián! È la prima volta che inserisco tanto presto il secondo pov, siete parte del mio esperimento narrativo! Vorrei farvi conoscere Elián piano piano, ma non è facile restare criptici quando c'è qualcosa che ti tormenta e lui è divorato dal tormento.

Fatemi sapere cosa ne pensate!


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