Vodka&Ink's Pub: aggiornamenti
Passano i giorni, le settimane ed i mesi quando, d'improvviso, nel bel mezzo di un pisolino con bava che dalla bocca si appoggia sulla scrivania, non mi sveglio sussultando. Un suono proveniente da una distanza indefinita, ma solo per via del torpore in cui ancora mi ritrovo, spacca il silenzio che vige all'interno della piccola bottega. In un attimo sono in piedi, capelli arruffati, occhi rossi e qualcosa di appiccicaticcio sulla guancia, ma comunque pronta ad affrontare quello che, di primo acchito, sembra essere il campanello.
A questo punto, provando a ritrovare un po' di contegno, rimetto in ordine i fogli sparsi sulla scrivania e, al secondo trillare, mollo tutto gridando a squarciagola -e nemmeno immaginate quanto possa essere sexy la mia voce da uomo mancato post-risveglio traumatico.
Il disgraziato al di là della porta probabilmente ci trova gusto a continuare a pigiare sul bottoncino che il proprietario prima di me, un vecchio dal naso lungo e la schiena curva, alto poco più di un metro e cinquanta, ha posizionato sotto ad una targhetta in ottone con scritto "se la porta è chiusa ma è orario d'apertura, schiaccia qui". Così mi tocca sgambettare svelta dal retrobottega, dove tengo la sala lettura personale, all'entrata, evitando con un'agilità da procione in "botta" i cumuli di libri ancora da iniziare, finire, catalogare e stipare.
Al sesto strillo ferroso, finalmente, giungo a destinazione, afferrando il pomello e tirandolo verso l'interno della stanza. Gonfio il petto per inveire contro al malcapitato cliente, ma poi mi fermo, stranita. Qualcosa, nell'immagine che ho difronte, mi appare inverosimile: siamo certi che non stia ancora sognando?
Sbatto le palpebre un paio di volte, assumendo una posizione vagamente più aggraziata <<E' andato a fuoco il locale?>> domando, sempre più perplessa al passare di ogni secondo. Perché Huston è qui? Sicuramente è accaduto qualcosa di grave, sennò non si spiegherebbe la sua ricomparsa dopo tutto questo tempo. Avrà ingravidato il personaggio di qualche storia non mia? E chi glielo dice, ora, al suo autore? No, perché io non sono pronta ad assumermi certe responsabilità!
Lui piega la testa da un lato, lasciando che ciuffetti sempre più lunghi di capelli scuri gli invadano il viso, oscurando per alcuni istanti gli occhi chiari. Non riesco a capire, dalla sua espressione, se sia sconvolto dal mio aspetto, stranito dal sapermi sul posto di lavoro, o afflitto da un attacco di labirintite che improvvisamente si è andato a dissolvere.
<<Se lo gestissi tu, quasi sicuramente. Stavi dormendo?>> risponde, scansandomi come se nulla fosse ed entrando nella redazione di "Anime d'Inchiostro" come se fosse ancora casa sua.
Richiudo la porta, impedendo ai passanti impiccioni di notare il caos che regna sovrano all'interno del negozio. C'è una reputazione da mantenere, qui a Wattpad City. E' un sistema di passaparola e pubblicità (anche negativa) che non si ferma mai.
<<Guarda che qui si lavora, mica come fai tu!>> mento. Spudoratamente.
Potrebbero passare anche cent'anni, ma non darò mai una soddisfazione di questo genere ad un tipo come lui.
Huston mi lancia uno sguardo divertito da sopra la spalla, poi riprende a guardarsi intorno, probabilmente con schifo, viste le regnatele che ornano il soffitto e gli angoli delle librerie. Quasi certamente avrà da ridire su come tengo questo posto, perché in fin dei conti nemmeno lui vuole dare soddisfazioni a me. E' un ciclo, un difetto che proprio non riusciamo a sistemare.
Fa un paio di passi verso quello che una volta era il suo ufficio, lì dove ostiava dietro ad ogni "ha" senza "h" o congiuntivo abortito. Ce l'ho trovato dentro un giorno poco dopo all'inaugurazione, seduto sulla poltroncina di pelle, gambe accavallate sopra al tavolo e bozze già corrette dei miei lavori.
Adesso invece trova i vetri oscurati da carte di giornale ingiallito, che si frappongono tra il suo sguardo e ciò che vi è nascosto oltre; la porta è chiusa a chiave e allora cambia direzione, andando nei pressi del front-desk, il luogo dove accolgo la clientela fingendo un'espressione da persona rassicurante e abile nel suo lavoro. Da lì, mi fa un sorriso strano, capace di essere sia divertito, sia lontano, malinconico <<E si chiama lavoro, sbavare mentre si sognano cose oscene?>> con il dorso della mano mi fa segno di pulirmi la guancia. Ed io vorrei sprofondare nel pavimento. Inabissarmi come il Titanic. Sparire.
Mai una volta che me ne vada bene una!
Tossisco, provando a nascondere il rossore ed il tentativo di togliermi dalla faccia i resti del sonno interrotto.
Lui mi lascia fare, senza infierire ulteriormente, anche se potrebbe e, in cuor suo, so che lo vorrebbe fare. Aspetta in silenzio che finisca, senza nemmeno guardarmi per aumentare il disagio che sa avermi assalito. E' troppo buono con me oggi, ci deve sicuramente essere qualcosa sotto. Forse dovrei dirglielo che non voglio diventare zia di un pargoletto letterario. Sì, in fin dei conti è una cosa che potrebbe radicalmente cambiare il nostro rapporto: non avrebbe una baby-sitter a cui affidarlo quando nel weekend deve lavorare, o una figura femminile altamente qualificata per ricoprire il ruolo di "modello da seguire".
Apro la bocca, per riuscire ad introdurre la cosa, ma Huston mi interrompe ancor prima che possa parlare o accennare al bambino: <<Dobbiamo parlare, Ania>>.
Oh mamma.
Il cuore salta un colpo, mentre lo stomaco si stringe in una morsa nauseante. E se vomitassi? Dite che la cosa potrebbe salvarmi da questa situazione che, adesso, pare assai negativa? E' quasi come trovarsi in una relazione: il "dobbiamo parlare" è segnale di pericolo.
<<Ah sì? E di che?>> forse fingendo ingenuità potrei cavarmela, no?
<<Si tratta di me, del pub>> si appoggia al front-desk con il fondo-schiena, stringendo le braccia davanti al petto. Io manco so dove poggiare lo sguardo e lui si atteggia così tranquillamente?! No, non va bene.
Imito il suo movimento, scuotendo la testa e aggrottando le sopracciglia <<I matrimoni tra umani ed oggetti non credo siano legali, qui...>>
<<Puoi far la seria, per una volta? Lo so che è il tuo personaggio, la facciata che devi tenere per attirare i lettori perché sennò col cazzo che ti leggono, ma ho bisogno che tu sia... tu, ti prego>> il suo tono è leggermente più irritato del solito, mi intimorisce. Perché mai Huston dovrebbe voler smettere di "giocare" al nostro consueto scambio di battute e frecciatine? In fin dei conti è dal primo capitolo che va avanti...
Annuisco, slacciando le braccia ed afferrando uno degli sgabelli sparsi per il negozio. Meglio che mi sieda se la situazione è seria fino a questo punto; non sono certa di poter affrontare argomenti maturi subito dopo un risveglio.
Lo vedo mordicchiarsi le labbra, nervoso.
<< Voglio prendermi una pausa>>
Silenzio.
Cosa?
Lo stomaco si stringe ancora di più.
Ho sentito bene?
Sento i brividi percorrermi la schiena. Tanti, troppi.
Non mi guarda in viso, non ancora quantomeno, e la cosa non mi rincuora affatto. Il suo corpo ora parla più di quanto possa fare la voce: è teso, agitato. No, non è uno scherzo quello che mi sta facendo, ma se lo fosse, sarebbe il migliore che sia mai riuscito a farmi.
Vorrei chiedergli perché, da cosa, per quanto e altre decine di cose, ma resto zitta, come se la lingua si fosse attaccata con l'Attak nella sua cavità e, se provasse a muoversi, finirebbe con lo strapparsi lembi di carne.
<<Ho un po' di cose per la testa e... beh, tu non hai più interviste ultimamente, quindi i clienti sono così pochi che non riesco a tirare alla fine del mese>> conclude, alzando gli occhi dal pavimento. Finalmente. Vedo il riflesso della cosina trasandata e rannicchiata su se stessa che dovrei essere io, nelle sue pupille. Sono lì, immobile e con l'aria sconvolta, come il putto appollaiato sopra alla lapide di una povera salma in decomposizione.
<<Quindi è colpa mia?>> domando, sbloccandomi tutto d'un tratto e cercando di scacciare la macabra immagine di un angelo di pietra in decadenza.
L'espressione di Huston cambia, si fa meno rigida, prende una nota di stupore <<Cosa? No, non intendevo...>>
<<Però non ti porto più clientela, quindi in parte è colpa mia>> continuo dal basso dello sgabello, che fa sembrare il mio collaboratore ancora più alto, immenso. Non so per quale ragione, ma da qui pare già che si stia allontanando da me, da tutto questo -e vorrei davvero poter mentire, dire che non mi sento colpita nel profondo, ma è impossibile. Lui ha preso un martello e ha iniziato a colpire senza ritegno quelli che sono i miei organi. Sbam. Sbam. Sbam!
Resta in silenzio, stringendo la bocca in una linea dura. Chissà a cosa pensa; con quale linguaggio colorito sta inveendo contro di me.
<<Tu non puoi andartene, sei una mia creazione>> sibilo a denti stretti, sentendo il sangue ribollirmi nelle vene.
Wow, che gran frase, che battuta decisiva. Queste otto parole mettono in risalto l'autorità, l'egemonia che ho su di lui. Mi danno una sorta di sicurezza, di forza -e spero vivamente che basti per mettere fine a questo capitolo, anche se da qualche parte, nei meandri della mente, so che non sarà così.
Huston schiude le labbra, quei due pezzi di carne che gli ho assemblato in modo troppo accattivante sul viso, per attirare un pubblico femminile affamato di protagonisti maschili eccessivamente sexy -che poi, è tutta questione di gusti.
Lo vedo incupirsi, farsi meno mansueto. Credo che a lui non sia piaciuta questa uscita, mi sa che ho davvero toccato un tasto dolente.
Senza preavviso, e con un colpo di reni, si stacca dal tavolo. Due falcate ampie ed è da me, così vicino che posso vedere le screziature nei suoi occhi, contargli i peli delle sopracciglia. Quando le sue mani afferrano la stoffa della mia camicia oversize, sento la paura assalirmi e la rabbia venir soffocata dalla nuova emozione.
Ora mi ammazza.
O quantomeno mi picchia.
<<Stai scherzando? Io non sono tuo, Ania! Sono qui grazie a te, ma non puoi impedirmi di fare ciò che ritengo migliore per me e la raccolta stessa>> un po' sbraita, un po' sibila. Un po' mi sento mancare e vorrei poter afferrare un qualsiasi oggetto per riuscire a sorreggermi al meglio.
Mi molla di colpo e con un tonfo, il mio sedere torna a posizionarsi sullo sgabello. Grazie al cielo c'è lui, sennò a quest'ora sarei spiaccicata a terra senza alcuna forza per rimettermi dritta. So per certo che, se non fossi seduta, sentirei le gambe molli e tremanti, simile a gelatine.
Ora che dico? Che m'invento? E se d'improvviso dovessi davvero avere un mancamento?
Altre domande seguono queste, aumentano in modo spropositato. Perché diamine sono nata donna ed i neuroni partecipano a maratone ogni secondo, portandomi a paranoie incomprensibili?
Prendo un respiro enorme, sentendo però l'aria entrare a fatica nei polmoni.
Se Huston molla io che faccio, chiudo la raccolta? Ed i lettori come la prenderebbero?
Eh, come la prendereste?
Deglutisco, sentendo un grumo scendere insieme alla saliva. Fa male, ma se non dico nulla potrebbe anche essere peggio, no?
Intanto, lui è ancora a breve distanza da me e respira pesante, fissandomi. E' strano vederlo così alterato, diverso dal suo solito sé. Mi sa che è davvero convinto di andar via e che se dovessi oppormi con la forza di una tastiera a questa sua scelta, non me lo perdonerebbe mai. Eppure ero certa che stesse vacillando agli inizi, che se solo gli avessi detto di restare, avrebbe cambiato idea e riportato il suo personaggio al Vodka&Ink's.
Mi bagno le labbra per prendere un attimo di tempo. Se dovessi parlare adesso, sentirebbe il tremore, la paura, l'agitazione che aumenta senza ritegno.
Non lo guardo per scelta, perché sotto sotto fa male sapere che non voglio avere del tutto il controllo su di lui, che ci tengo a lasciargli spazio e che, alla fine, lo lascerò prendere la strada che ha scelto per sè.
<<Ma cosa me ne faccio di questo posto, senza te? E per quanto starai via? Huston...>> manco so come proseguire la frase, cosa aggiungere al resto per dargli un senso più logico. Voglio davvero che resti, che capisca da solo che abbandonarmi vuol dire anche mandare all'aria tutto quello che abbiamo costruito insieme.
Dannazione Hust, perché non c'arrivi?
Perché non capisci cosa voglio dire senza che lo dica? Quando sei entrato in questo mondo non ti hanno dato il manuale di come capire le donne? O i capi? O qualsiasi cosa io sia per te?
Lui si fa vicino, probabilmente capendo che presto o tardi, potrei finire con lo scoppiare a piangere al pari di una bambina piccola. Gli occhi bruciano, tanto che li sento già inumidirsi. Non voglio che abbia questo ricordo di me, che se ne vada sapendo di lavorare con una mammoletta che si atteggia a gran donna.
Le sue braccia si stringono intorno alle mie spalle, facendomi sprofondare nella maglietta di "Dracula" che indossa sotto alla camicia. Il naso mi si comprime contro la sua gabbia toracica, facendomi estremamente male -ma non quanto il suo imminente abbandono del pub.
Mi poggia il mento sulla testa <<Non per molto, befana alcolizzata. Ho promesso ai protagonisti de "In ogni stella nascosta" che ti avrei portata a ballare lo swing, ed io mantengo le promesse. Inoltre potrai farti bella per un uomo, e non sembrarlo!>> ridacchia, facendo sì che i propri addominali sobbalzino a ridosso del mio corpicino.
Oh Huston, manco sai quante lettrici mi stiano maledendo in questo momento, sapendomi abbracciata a te come una sanguisuga inferocita. So che vorrebbero prendere questo posto e strusciarsi senza alcun tipo di ritegno, ma fa nulla, perché ho bisogno di sentirti ancora qui.
<<Guarda che ho un fidanzato nella vita vera>> mugolo per non dargli la soddisfazione di aver avuto l'ultima battuta anche quando si tratta di un momento delicato quanto questo. In fin dei conti questo che piace di noi, no?
Lui smette di ridere <<Già, ma questa è un'altra storia>> sussurra, per poi appoggiare le labbra sulla mia fronte e depositarvi un bacio leggero. Il cuore mi balza in gola, ma trova il grumo di lacrime a bloccarne la salita.
<<Torno... ci sono troppe cose lasciate in sospeso>>
E la stretta si fa sempre meno forte, fin quando non mi molla definitivamente. Ora siamo due persone distinte, una difronte all'altra, poi diventiamo due soggetti che si abbandonano; infine resto sola. Il battito del mio cuore si fa assordante e, senza alcuna vergogna, scoppio in un pianto silenzioso e senza freni.
Ed ora, che fine farà il Vodka&Ink's?
♥
Buonsalve a tutti voi, lettori. Era da un po' che non c'erano pubblicazioni sulla raccolta, che non vi ritrovavate ad avere a che fare con il mio alter-ego ed il suo adorato collaboratore. Se vi state chiedendo il perché di questa "pausa", la ragione è semplice: più partecipati hanno mollato a nemmeno metà dello sviluppo dei capitoli dedicati ai loro personaggi. Purtroppo non posso costringere nessuno a concludere il lavoro una volta iniziato, quindi, dopo alcuni mesi di attesa, ho dato per disperse le possibilità di vedere finite le interviste. Non so se considerare la cosa un peccato o meno, visto che "Chiacchiere al sapore di Vodka ed Inchiostro" è nata come "vetrina" alternativa per tutte le storie, anche quelle che non sono riuscite ad entrare nelle liste di recensioni o quant'altro.
Ad ogni modo, non essendoci state altre proposte di collaborazione sono giunta alla conclusione di pubblicare un aggiornamento (questo) in cui si dà una ragione, sempre in tono ironico, fantasioso e narrativo, al "silenzio stampa" della raccolta.
Huston se ne va, indi per cui il pub chiude momentaneamente.
Chiamatela crisi di mezz'età, colpo di testa, depressione post-parto o altro, ma almeno in questo modo nulla resta sospeso. Sì, ci può essere un poi oppure no, questo sarà tutto da vedere. Nel mentre però, non vi abbandono con troppi punti di domanda.
Mi raccomando, continuate a supportare il progetto (se vi piace), a lasciare stelline e commenti. Intanto, vi invito a dare un'occhiata alle altre raccolte o passare sul mio profilo principale, dove troverete tutte le storie pubblicate finora.
See ya, Space Cowboys
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