Capitolo XXXII | Maschere
Cherry
Solo al terzo cupcake al cioccolato Oliver riesce a sputare il rospo.
«Non sono un impiccione mia cara ma devi starmi bene a sentire, William sta stravolgendo tutte le carte in tavola per te. Mi correggo, ha ribaltato l'intero tavolo e, questo, prevede fulmini e saette su Newberry. Suo padre scatenerà una guerra a breve e nessuno ne uscirà illeso. Ha bisogno di te, adesso più che mai» mi informa asciugandosi la bocca.
«Ecco, il problema è questo! Tutte queste cose intersecate, studiate a tavolino...non sono situazioni che riesco a gestire. Andasse dalla sua futura moglie se ha bisogno»
«Il matrimonio è saltato, William ha lasciato Chantelle da due giorni ed è disperato perché non riesce a contattarti»
«Un uomo realmente disperato verrebbe sotto casa»
«Ieri ha passato tutto il giorno fuori la pasticceria ma tu sei sgattaiolata via dal retro, non rispondi alle sue chiamate né ai suoi messaggi. Non vuoi vederlo e l'hai fatto capire chiaramente, venire sotto casa sarebbe fuori luogo e anche un po' eccessivo» dice guardandomi con occhi saggi.
Lascio cadere lo strofinaccio sul bancone sconfitta. Punto per Oliver.
«Perché ci sarà una guerra?»
«I McCall sono i principali investitori di un progetto a cui Thomas lavora da anni. Si parla di cifre da capogiro, la firma sul contratto matrimoniale sigillava non solo William e Chantelle, ma soprattutto le casate, in parole povere, la trattativa. Thomas farà di tutto per farli riconciliare»
«Non so, c'erano pure bestiami in dono? Sembra di stare nel medioevo! L'ho già detto che odio suo padre? Si sente padrone del mondo, padrone di suo figlio che muove come se fosse un burattinaio»
«Non del mondo, di Newberry» dice finendo il frullato e osservando il fondo del bicchiere per poi tornare a parlare «non sono qui per prendere le sue difese, credimi. Non è più un ragazzino di diciassette anni a cui posso coprire le spalle» constata assorto mentre un sorrisetto gli illumina il viso segnato dal tempo.
«Non ha mai rischiato così tanto per nessuno, nemmeno per sé stesso. Devi concedergli un confronto. Comprendo lo sconforto ma dovete mettere da parte tutto e affrontare le cose con maturità»
«Maturità? E manda te per convincermi a incontrarlo?» ironizzo mentre servo un ragazzino.
«Beh, di solito gioca la mia carta quando c'è bisogno di un miracolo» dice facendomi un occhiolino soddisfatto. Rido non riuscendo a trattenermi.
«Non fare i capricci. Le donne con i tuoi occhi le riconosco bene; ormai non si può porre alcun rimedio, luccicano anche in mezzo al rammarico. Ascolta un vecchio stolto, non è un cattivo ragazzo ha solo sofferto così tanto da arrendersi ai suoi demoni e abbracciarli. Si è lasciato condurre da questi tutta la vita per poter sopravvivere. Da quando sei arrivata tu, ho rivisto in lui una luce in grado di abbagliare e scacciare le sue più grandi paure. Hai fatto molto più di quanto immagini ma devi concedergli il tempo di riabituarsi. Ti è mai capitato che saltasse la corrente in casa?»
«La corrente? Sì, certo» rispondo incerta ricordando la pasticceria avvolta nell'oscurità e Morgan intento a portarmi del ghiaccio.
«E quando di soprassalto la riattivavano, non socchiudevi gli occhi per il fastidio? Come ti sentivi in quel frangente?»
«Confusa, spaesata» rivelo cominciando a comprendere la metafora. Le dita sottili del notaio picchiettano il dorso della mia mano.
«Lui prova le stesse cose davanti la tua luce»
«Gli vuoi proprio bene, vero? Nonostante il suo caratteraccio che non risparmia nemmeno te, la sua carta più preziosa da giocare» domando non riuscendo a ignorare l'affetto nei suoi occhi.
«L'ho visto nascere e crescere. Non mi tratta male, ha un modo singolare di dimostrare l'affetto. Adesso, per favore! Vai da lui prima che mi porti all'esasperazione» sospira sistemandosi gli occhiali.
«Che colpo basso mandarti qui! Sapeva benissimo che non avrei saputo resisterti» sbuffo rassegnata levando il grembiule.
«Ollie, grazie mille» lo ringrazio lasciandogli repentina un bacio sulla guancia ruvida. Mi regala un sorriso dolce intento a picchiettarmi la mano debolmente.
«Flo, basta cupcakes per il signore!» la richiamo indicando l'anziano seduto sullo sgabello «per oggi ne ha mangiati anche troppi» continuo guardandolo con raccomandazione. Lui cerca di darsi un tono sistemandosi la cravatta a quadretti.
Il loft di William Morgan è tremendamente asettico tanto quanto il suo ufficio. Le pareti nere, il pavimento bianco, il divano nero, la credenza bianca. È un estenuante e continuo alternarsi di bianco e nero. La mobilia super moderna e lineare è lucidata alla perfezione, ci sono esposti dei trofei aziendali di cristallo, credo. Prevedibilmente, nessuna traccia di elementi con anche un solo millimetro colorato. Mamma mia che noia! Verrebbe voglia di schizzare vernice ovunque!
Una credenza di almeno tre metri ospita alcune cornici rettangolari, i Brangelina vestiti di tutto punto sfoggiano i loro sorrisi verso l'obiettivo. Chantelle è incantevole, come sempre d'altronde. Cerco di concentrarmi su altro, tipo l'enorme quadro che padroneggia l'intera parente. Tantissime linee nere creano una forma geometrica che riesce a farmi girare la testa. Come se, solo guardandolo, mi fossi persa dentro un labirinto. Nella sua perfezione geometrica e lineare, c'è un caos angosciante.
Mi avvicino alla parete vetrata che dà sul vasto terrazzo con aria sprezzante, dalla finestra della mia mansarda si vedono solo tetti rovinati con tegole spaccate e gatti intenti a rincorrere i piccioni, dannati piccioni! Qui invece si vede tutto, sembra un quadro in movimento.
Click.
William abbassa la macchina fotografica scoprendo il suo viso stanco che, sforzandosi, accenna un sorriso intimorito. Le occhiaie scure narrano le notti in bianco subite.
«Ciao» dice posando la macchina su un tavolino d'appoggio per poi sistemarsi la giacca del completo nero, come se questo potesse nascondere le sue condizioni.
«Sembri uno zombie e la tua casa un'agenzia funebre» è l'unica cosa che riesco a farfugliare prima di sedermi sul divano in pelle. Potrebbero starci trenta persone ma non si sente minuscolo qui dentro? Trattengo un lamento pensando che il divano su cui il mio culo è seduto vale sicuramente più di casa mia.
«Posso parlare oppure vuoi sbranarmi e criticare i miei gusti sull'arredamento?» continua divertito anche se la sua espressione non sembra esserlo.
«Se sono qui, evidentemente, devi»
«Salto la parte dove ti dico che sono dispiaciuto a morte perché penso risulti banale a questo punto. Ho lasciato Chantelle, ho annullato il matrimonio. Ecco, il matrimonio, vedi non è stata una cosa dettata da un sentimento o...» il ragazzo parla palesemente confuso, come se stesse cercando di ricordare un discorso provato mille volte allo specchio.
«Risparmiami pure la parte in cui spieghi che anche il tuo matrimonio è stato architettato per una pratica super milionaria che interessa alla tua famiglia, ci ha già pensato Oliver. A proposito, devi baciare i piedi a quell'uomo» dico mettendomi con le braccia conserte.
«Sì, dovrei farlo da molto tempo in effetti» commenta, sedendosi sull'isola del divano che gli permette di avere una buona visuale su di me che, imperterrita, mantengo lo sguardo sul panorama.
«Mi dispiace» sussurra turbato.
«No! Salta quella parte, credimi»
«Così però non mi stai dando la possibilità di parlare» ribatte severo.
«Allora dì qualcosa di realmente significativo, perché per adesso sento solo giustificazioni che, sinceramente, non cambiano il modo in cui mi sono sentita. Non cambiano niente»
«Cosa vuoi sentirmi dire, Cherry? Perché a questo punto qualsiasi cosa avessi in mente sembra essere inutile» sbuffa palesemente in difficoltà, sta cercando di mantenere un'aria seriosa ma il suo panico è palpabile.
«Sai cosa mi fa imbestialire? Che in tre mesi sono successe così tante cose che, credimi, non mi stupisco più dell'ennesima bugia»
William affila lo sguardo intimidendomi a continuare, sa che sto per esplodere e probabilmente ne ho bisogno.
«Non è tanto il fatto che ti sposassi, cioè certo che sì» mi interrompo cercando di formulare al meglio il casino che ho in testa, «perché hai scelto di mentire di nuovo? Dopo innumerevoli e recidive dinamiche identiche. Non avevi motivo di omettere un dettaglio di questa portata. Ti sei perso in un bicchier d'acqua! Ti ho perdonato quando ho scoperto di Chantelle, ti ho perdonato tutte le volte che mi hai ferito e ti perderò anche questa volta, William. Ma per come sono fatta, adesso, il reale problema è un altro; la tua persona ai miei occhi perde di credibilità e valore. Mi avevi detto di non averla mai amata e questo mi spaventa, stavi sposando una donna per degli affari. Eri intenzionato a giurare amore eterno senza nemmeno provare rispetto verso quella persona. Quanto potere ha la tua famiglia su di te? Eri davvero disposto a questo pur di sottostare al volere di tuo padre? Quante volte riusciresti a guardarmi negli occhi e mentirmi?»
«Ah, adesso il problema è che la tua visione della mia persona è compromessa. Allora più semplicemente di che non ti piaccio invece di girarci intorno» fa una pausa serrando la mascella e riprendendo fiato palesemente teso. Oddio, sembra un ragazzino!
Oh, certo, mi sono fatta ribaltare come un calzino appena due giorni fa proprio perché non mi piaci affatto, rincoglionito! Mi rilasso sulla seduta rendendomi conto che, fortunatamente, non l'ho detto ad alta voce.
«La mia famiglia non è una qualsiasi famiglia, ormai dovresti saperlo, non è semplice. Parli di cose che non conosci. Non hai la minima idea di quello che ho vissuto» scuote la testa non riuscendo a credere alle mie parole. Mi sento incompresa davanti questa sua reazione.
Mi alzo facendo qualche passo verso l'uomo che mi segue immediatamente, reggendo il mio sguardo. Avanti, rendiamo tutto più divertente, diglielo! E dai fifona! Diglielo. Voce interiore del cazzo guarda che prima o dopo lo trovo il modo di sopprimerti!
«L'arroganza sempre di casa. Sì, ho il sospetto sia una di quelle persone che vive i rapporti con superficialità proprio per il modo in cui è stata educata ai sentimenti. E, perdonami, se tutto quello in cui sei coinvolto lo lascia pensare. Non sei tu a non piacermi! Non l'hai capito, idiota? È la vita che fai finta di aver scelto. Quella che ti hanno imposto e che oggi ti sta schiacciando con il suo peso», esplodo, infervorata dalla mia emotività. Per enfatizzare le mie parole gli sbottono la giacca costosa e gli scompiglio i capelli, liberandoli dal fissante e facendoli scivolare sul suo viso agitato «parlo di cose che conosco fin troppo bene, per questo le disprezzo e non voglio averci nulla a che fare»
Gli occhi di William cadono sulle mie labbra prima di ricomporsi e tornare a punzecchiare il mio sguardo. Sento il ventre scalciare ricordando quando era dentro di me. Il modo in cui sbuffava di piacere, in cui spingeva con irruenza. No! Non adesso ormoni!
«Ecco vedi questa è una cosa che potrebbe fare imbestialire me! Ho mostrato molto della mia vita, anche senza volerlo, mi sono svelato a te. Conosci il peggio di me e praticamente solo quello. Invece di te non so niente perché ti cementi dietro spessi muri per difenderti da chissà cosa. Così è facile giocare. Non so nulla! Non so nulla del tuo passato, della tua infanzia, ho solo qualche briciola. Certe volte penso che indossi una maschera per nasconderti e, a me, questo spaventa. Adesso viene fuori che conosci bene queste cose? Cosa significa?» parla velocemente, allentandosi la cravatta mettendo così in mostra le vene del suo collo che pompano velocemente il sangue. Il suo sguardo si fa insistente come se volesse sprovarmi. Smascherarmi.
«Ah, ora mi accusi? Scusa se non riesco ad aprirmi come vorrei con te, effettivamente è facile fidarsi di un ragazzo che non mi hai mai ferito o ingannato! Mi hai solo fatto passare le pene dell'inferno! Fiducia William, la fiducia va conquistata. Non ho nessuna maschera a differenza tua»
«Vedi? Stai alzando un muro perché non ti conviene! Evidentemente ho toccato un nervo scoperto e decisamente scomodo, non rigirarti la frittata con me. Te la faccio cadere questa maschera. Rispondimi, Cherry. Cosa significa?» contrattacca furbamente facendomi indietreggiare. Sono con le spalle al muro.
«Significa che ho un passato che vorrei poter lasciarmi alle spalle...»
Ricordi e immagini si susseguono, odio dover ricordare. Eppure, improvvisamente sento la necessità di dovermi svuotare dal mio stesso silenzio. Da quanto tempo non ne parlo? Da quant'è che non ricordo il mio passato ad alta voce?
Puoi farcela fifona, è sulla punta della tua linguaccia!
«Vengo da una famiglia di griffati del cazzo, contento? Una famiglia benestante e dall'aspetto impeccabile. Una famiglia come la tua. Tutto invidiabile; la scuola privata, lo stile di vita agiato, i voti alti, le borse di studio per una qualche università di cui non mi importava un cazzo di niente! Dei genitori così assenti e impegnati nella loro corsa al potere da dimenticarsi pure se da bambina fossi in casa o meno. Quando ho detto no, quando ho imposto la mia libertà e i mei desideri, ai loro progetti, non hanno nemmeno fiatato. Non sapevano cosa fosse l'affetto, cosa fosse l'amore. Io, William, non sono altro che il frutto di un tipico matrimonio combinato a tavolino per fondere la potenza di alcuni affaristi. Risultato? Sfogavano su di me le loro frustrazioni. Sono scappata di casa e nessuno mi ha mai cercato. Anche solo per sapere se fossi viva o morta. Quindi sì, conosco fin troppo bene queste dinamiche e non le voglio. Le ho ripudiate perché desidero altro nella vita. L'opposto. Tu, cosa vuoi? Perché per adesso sei la rappresentazione di tutto quello da cui sono fuggita»
Non ho la voce stridula né gli occhi lucidi o il naso rosso. Eppure, la bambina che è in me, sta annegando nel suo stesso pianto e non posso fare niente per salvarla. La guardo come se fossimo separate da una spessa lastra di vetro. Ma è comunque dentro me e questo mi obbliga a sentire il suo dolore rimbombare ovunque. Per questo non voglio ricordare.
Il ragazzo fa un passo indietro per inquadrarmi meglio, come se per la prima volta vedesse per intero qualcosa che, prima, intraveda soltanto di sfuggita. Poi si acciglia minaccioso, tornando a un soffio dalle mie labbra.
Mi sento nuda, fragile, bimba, sola e decisamente spaesata. Adesso, è William ad abbagliarmi con la sua luce e illuminare le mie più intime zone d'ombra.
Adagia la fronte sulla mia, strofinandosi un po' come un gatto in procinto di fare le fusa.
«Voglio che stai un po' zitta e mi lasci fare» ordina mentre la sua mano aperta mi cinge la vita per poi spingermi verso il suo petto caldo.
È stato provato che durante un abbraccio vengono rilasciate alcune sostanze; l'ossitocina ha effetti benefici sul cuore mentre, serotonina e dopamina, hanno un effetto sedativo e tranquillizzante. Quindi non so se il tutto è riconducibile a un aspetto prettamente scientifico ma, tra le grandi braccia di William, che mi cullano come per regalarmi quei secondi necessari per riabituare le pupille ai raggi del sole, sento il mio dolore placarsi. Ricomporsi.
Piano piano, ci stiamo abituando alla luce.
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