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II. L'abito e l'avvocato

I lavori presso la villa dei Potter erano iniziati da poco più di una settimana. Lily aveva mandato la squadra - il mattino seguente - alle nove, e quando lei era arrivata, poco più tardi, fu lieta di notare che sul pavimento del pianterreno erano già stati messi i teli, e così anche quelli per separare le stanze.

L'ampio salone era stato privato dei suoi mobili e così spoglio appariva ancora più grande, Lily ebbe la sensazione che somigliasse molto ai saloni dei palazzi reali presso cui si tenevano balli e feste. Era davvero bellissimo e non poté evitare di pensare a come sarebbe apparso ancora più arioso quando al posto della vernice scura ci sarebbe stato il bianco per cui avevano optato.

Euphemia era la persona più decisa che avesse mai incontrato e aveva realizzato il sogno della sua carriera lavorativa: avere subito informazioni su ogni cosa.

Era così liberatorio poter restringere il campo quando il pomeriggio girovagava per la città alla ricerca dei mobili perfetti. Faceva i preventivi, disegnava a computer i bozzetti per le stanze e il giorno seguente li mostrava a Euphemia per il suo riscontro. E lei, quella sensazione di ristoro che provava ogni volta che metteva piede nella villa - sapendo che avrebbe trascorso la mattinata in compagnia di Euphemia, così disponibile e garbata - non l'aveva mai provata.

Parlare con la signora Potter era per Lily un momento di relax e di tenera conversazione; nulla a che vedere invece con i mille tentativi per farsi approvare un progetto dai suoi altri clienti.

In quella fetta di paradiso ogni cosa era più semplice e sembrava quasi che anche gli addetti fossero molto più propensi a lavorare lì, come se la struttura avvolgesse tutti loro in un tenerissimo abbraccio fatto di serenità e pace. Addirittura, Euphemia aveva proposto ai suoi operai di mettere della musica nel caso avessero voluto lavorare con un sottofondo musicale; e così ogni giorno nell'aria si disperdevano le note e le armonie di canzoni anni ottanta e novanta.

Anche il capo operaio, di solito burbero e di poche parole, camminava fischiettando di qua e di là e - ancora - non aveva minacciato di licenziare nessuno. Era un uomo severo ma teneva ai suoi colleghi più di ogni altra cosa, lavoravano insieme da tantissimi anni e per lui erano come una seconda famiglia.

I lavori continuavano bene, stavano rispettando i tempi e da lì a un paio di giorni avrebbero messo anche l'ultimo asse di parquet bianco, finendo così il piano terra.

Purtroppo però, nota mancante della bella atmosfera di quel mercoledì mattina era Euphemia.

I signori Potter erano partiti un paio di giorni prima per questioni lavorative e non sarebbero tornati prima di due settimane. E al loro rientro i lavori sarebbero stati quasi definitivamente ultimati. Fleamont Potter dirigeva una famosa azienda di prodotti per capelli e trascorreva raramente le sue giornate alla villa, solo poche volte aveva fatto la sua apparizione e, in quei pochi minuti che aveva trascorso lì, Lily aveva capito quanto anche lui fosse una persona disponibile e gentile.

A presenziare, al posto della signora Potter, ci sarebbe dovuto essere suo figlio. Lily sperava, dal momento che era progenie di due persone amabili e divertenti come i signori Potter, che sarebbe stato come loro e che non l'avrebbe fatta sentire in difetto come invece, altre volte, era accaduto spesso e volentieri.

Eppure il figlio dei signori Potter non ebbe la decenza di presentarsi nemmeno una volta.

Lily ormai gestiva il tutto a suo piacimento e secondo il volere di Euphemia, la cui mancanza diventava sempre più intollerabile.

Nonostante l'aria allegra a Lily sembrava che le mattinate non finissero mai. Aveva anche smesso di indossare i tacchi, preferendo tornare a casa senza il mal di piedi, tante le passeggiate che faceva nei vari ambienti per assicurarsi che tutto andasse bene.

Alle undici precise di quel giorno però successe qualcosa di strano, perché a ficcanasare tra i suoi progetti, posti sul tavolo della veranda, c'era un ragazzo con i capelli scuri che sembravano avere vita propria.

«Mi scusi, lei non può stare qui.» Disse avvicinandosi e poggiando una mano sui fogli.

«Certo che posso», rispose lui mentre dava uno sguardo anche sul computer. «Questo è il progetto per il piano superiore?»

Lily chiuse il computer con uno scatto e lo guardò aggrottando le sopracciglia. «Non ha nessun diritto di curiosare tra le mie cose.»

«Tecnicamente si.»

«Mi ascolti, questa è proprietà privata e ci sono dei lavori in corso, per cui è pericoloso stare qui. Ad ogni modo i proprietari non sono in casa al momento, se ha urgenza di parlare con loro, li chiami. Qui nessuno può aiutarla.» Spiegò Lily risoluta.

Il ragazzo alzò finalmente lo sguardo su di lei e si lasciò scappare un sorriso. «Aveva ragione allora...»

«Mi scusi?»

«Niente di importante», disse facendo un gesto con la mano per far cadere l'argomento. «Ad ogni modo posso restare, abito qui vicino, proprio a qualche metro da qui, mi chiamo James.»

Lily rimase stupita dal repentino cambio di argomento ma preferì assecondarlo e non approfondire, aveva smesso da tempo di badare all'opinione altrui. Gli strinse la mano che le aveva porto dopo la sua presentazione, e fece altrettanto.

«Lily.»

«Oh, bene. Adesso che abbiamo fatto conoscenza posso vedere i progetti?» Chiese sorridendo, in qualche modo sperava di convincerla.

«No.» Rispose Lily prendendo il computer e stringendolo al petto con tutti i fogli che nel frattempo aveva impilato in maniera ordinata uno sopra all'altro.

«Ti avverto che non me ne andrò fin quando non cederai», spiegò James mentre la seguiva.

«Atteggiamento maturo per avere trent'anni», ribatté ironica Lily.

«Io non ho trent'anni, ne ho venticinque e mi ferisce che tu abbia pensato che ne avessi di più», la corresse James portandosi una mano sul cuore. Lily pensò che fosse particolarmente melodrammatico eppure trovò divertente la sua espressione afflitta, anche se non lo diede a vedere.

Si fermò un attimo e si voltò per guardarlo. «Capirai, non ci vedo molta differenza.»

«Mi hai appena invecchiato di cinque anni.» Disse serio quasi come se fosse per davvero un argomento a cui dare tale rilievo.

«Avresti preferito che te ne togliessi?» Chiese mentre lo vide annuire. «Allora ne dimostri trenta, per l'anagrafe sono venticinque, ma in realtà ne hai dieci. Contento?»

Lily rientrò in casa passando per la porta sul retro, l'aveva lasciata chiudere alle sue spalle convinta che sarebbe bastata per allontanare quel James a cui piaceva mettere il naso in cose non sue. Invece, a quanto pareva, non servì a molto perché il ragazzo era di nuovo alle sue calcagna e sembrava non avesse intenzione di mollare la presa.

Continuava a fare domande e più Lily lo ignorava, più James insisteva. Ad un certo punto anche gli operai iniziarono a prestare attenzione a quello strano quadretto, piuttosto che concentrarsi sul proprio lavoro.

James era stato sincero nel suo avvertimento, la seguiva in mezzo alla polvere, martelli pneumatici e operai che si dilettavano nel canto. Lily si ritrovò a ringraziare che fosse ora di pranzo perché - finalmente - mise fine a quegli sguardi divertiti che la stavano accompagnando da diversi minuti per colpa del ragazzo.

«Pausa pranzo, riprenderemo tra un'ora, d'accordo?» Disse facendo finta di leggere qualcosa su un foglio per evitare di rispondere a James.

La squadra di addetti abbandonò il proprio lavoro e parlottando uscirono dalla villa per dirigersi in giardino e mangiare il pranzo al sacco che avevano cominciato a portarsi da qualche giorno. Lily si stupì di quella nuova abitudine, dal momento che tornavano sempre a casa, e chiedendo loro il motivo le risposero che l'idea di mangiare all'ombra di un albero di ciliegio in mezzo al verde, li affascinava particolarmente. Anche lei trovò piuttosto allettante l'iniziativa e così aveva iniziato a unirsi a loro.

James continuava a restare lì, alle sue spalle mentre si guardava intorno.

«Se non ti dispiace io andrei a mangiare, quindi fuori di qui.» Ordinò Lily con un tono che non ammetteva repliche.

James sorrise e si diresse verso la porta come a farle strada, Lily lo seguì, stupita che l'avesse davvero ascoltata, e tirò un sospiro di sollievo. Uscirono entrambi e quando si sedette su una panchina in giardino con sommo dispiacere si accorse che anche lui aveva preso posto accanto a lei.

«La potresti smettere?»

«Di fare cosa?»

«Di fare la mia ombra.»

«Tu mi farai vedere i progetti?»

«No.»

«Ti sei risposta da sola.»

Lily era convinta che quella fosse una condanna, era una punizione per un suo errore passato, ne era certa. Non si spiegava altrimenti per quale motivo quel ragazzo avesse deciso di punto in bianco di presentarsi da lei - nonostante sapesse che i lavori erano cominciati già da qualche giorno - e di perseguitarla nella speranza di vedere i progetti.

Non c'era assolutamente nulla di male ma non capiva perché avesse tutto quell'interesse nel farlo. Lily poteva definirsi tante cose, tranne scortese, ma mai come in quel momento sentì la necessità impellente di rispondergli male e chiedergli se non avesse altro da fare.

Anche ricevere una chiamata da parte di Barry, per discutere se fossero meglio le tovaglie crema o écru, sembrava meno sfiancante.

Eppure mentre la sua testa muoveva velocemente gli ingranaggi per trovare un modo gentile per allontanare James dal cantiere, si rese conto di essere circondata dal silenzio. La voce bassa di James era sparita e al suo fianco il posto si era liberato, quasi sperò che fosse stato solo un brutto sogno; poi però lo vide poco lontano mentre parlava a telefono con qualcuno.

Sembrava agitato e camminava avanti e indietro aprendo e stringendo il pugno della mano sinistra come a voler stemperare la tensione, ma - da quello che poté vedere Lily - non ci stava riuscendo un granché.

Dopo aver attaccato ed essersi infilato il telefono in tasca, si fermò e si mise le mani sui fianchi. Restava fermo sul posto mentre batteva freneticamente un piede sull'erba. Lily lo vide sospirare e passarsi poi le mani nei capelli, non sapeva cosa fare, sembrava piuttosto nervoso e un'egoistica piccola parte di lei sperò che servisse ad allontanarlo, tuttavia alla fine vinse il suo buon cuore e si alzò per raggiungerlo.

Quando fu a poca distanza da lui notò che aveva gli occhiali storti sul naso e lo trovò buffo, ancora una volta però non rise.

«Tutto bene?» Chiese incrociando le braccia al petto e continuando ad avvicinarsi.

James si accorse di lei solo in quel momento, si sistemò i capelli e gli occhiali, e infine si schiarì la voce. «Uhm... si.»

«Sicuro che non ci sia qualche problema?» Chiese ancora Lily. «Sembravi parecchio agitato.»

«Cose di lavoro», spiegò sospirando e sentendo di nuovo la rabbia montargli dentro.

Lily annuì e abbassò lo sguardo sui suoi piedi, dopo qualche secondo sospirò. «Tecnicamente non dovrei impicciarmi negli affari tuoi, soprattutto di lavoro - anche perché farei l'opposto di quello che ti ho detto di fare - ma sembri davvero arrabbiato e non posso non chiederti se posso aiutarti in qualche modo.»

James sentì i nervi rilassarsi un po' di fronte quella giustificazione abbozzata, che capì esserle costata abbastanza. Incontrava tante persone ogni giorno e aveva avuto modo - per sua fortuna o sfortuna - di entrare a contatto con molte personalità, simili ma anche diverse tra loro. Per questo motivo non ci volle molto prima di rendersi conto che l'architetto, che aveva tanto elogiato sua madre, fosse testarda e pignola, non le piacevano gli imprevisti - anche se sembrava avere una soluzione ad ognuno di questi - e di certo non voleva che gente estranea apparisse dal nulla per ficcanasare - come aveva detto lei - in affari sicuramente non suoi. Eppure James sapeva che in quel metro e settanta - all'incirca - e sotto i lunghi capelli rossi, c'era una ragazza premurosa e gentile. Sua madre non aveva perso tempo a studiarla sotto ogni punto di vista e doveva ammettere che aveva ragione. Lily era una persona estremamente buona, aveva un cuore gentile e, nonostante lui si fosse davvero comportato come un immaturo, lei non aveva esitato più di tanto per avvicinarsi e chiedergli se andasse tutto bene, perciò tirando le somme: Lily era una ragazza d'oro, e quella settimana di ferie - a cui sua madre lo aveva costretto per seguire i lavori - valeva davvero la pena.

«Sono un avvocato e il mio studio legale sta seguendo un'importante causa circa una denuncia di molestia sul luogo di lavoro», spiegò. «La proprietaria si è rivolta a noi, abbiamo fatto subito in modo che il colpevole venisse allontanato e che non ci fosse più nessuna possibilità di far incontrare i due, presso l'azienda è stato anche organizzato un incontro per sensibilizzare circa l'accaduto e avevamo pattuito per un risarcimento del danno a un modico prezzo», aggiunse spostando il peso da un piede all'altro. «Per me sarà sempre poco, perché non dovrebbe mai accadere una cosa del genere ma purtroppo questo è il massimo che posso fare. E adesso la ragazza ha querelato l'azienda per due milioni di sterline.»

«Dalla tua agitazione deduco che il processo non è concluso, quindi adesso cosa dovrai fare?» Chiese ancora Lily ormai interessata.

James sbuffò e si passò una mano fra i capelli. «L'udienza è fissata a martedì, dovrò trovare un motivo valido per cui l'azienda non sarà costretta a risarcire più di quanto avevamo pattuito.»

«Non temere», provò Lily poggiando una mano sulla sua spalla per due secondi. «Sono certa che riuscirai a trovare una soluzione. Per quanto riguarda la mia offerta di aiuto è sempre valida, se ne hai bisogno mi troverai qui fino alla fine del mese.»

James abbozzò un sorriso e con lei si incamminò di nuovo verso il giardino in cui si erano seduti per il pranzo.

~

Le telefonate di Barry erano ormai tutte dello stesso stampo, il tema centrale non era altro che il matrimonio.

Quando Lily l'aveva conosciuto tempo fa, ormai dieci anni prima, solo di una cosa si sentì certa: lui sarebbe stato il ragazzo perfetto. Credeva che fosse un po' troppo serio eppure quella sua vena da organizzatore le piaceva come non mai, anche lei era perfezionista e amante delle cose fatte bene, perciò lui sarebbe stato perfetto come suo compagno. Era difficile trovare una persona così simile, così affine a lei, che quasi non ci credette quando dopo tre anni di amicizia lui l'aveva baciata alla festa in piscina di Patty Spring.

Era assurdo, anche il solo pensiero, eppure lui l'aveva fatto e le aveva confessato della sua cotta ormai secolare. Non ci poteva credere, tanto che si diede anche un pizzicotto sul braccio.

Tornò a casa con la testa leggera e mille farfalle nello stomaco, una sensazione che però la Lily del presente aveva dimenticato. Non ricordava più cosa volesse dire sentire mille e mille battiti d'ali, non ricordava la sensazione di pienezza che le riempiva così tanto la pancia da farle passare anche la voglia di mangiare. Quel sorriso spensierato e felice, in grado di divertire anche Petunia, non c'era più da un po'.

Ma Lily si ripeteva sempre che lei lo amava comunque, che era felice con lui e si sentiva amata. Barry era un ragazzo eccezionale, amorevole, attento e faceva in modo che stesse sempre bene. Di rado litigavano e finivano sempre per tornare l'uno tra le braccia dell'altro.

Ma c'era un piccolo particolare, un minuscolo angolo piegato che non la faceva stare tranquilla. Nella sua comoda relazione mancava un qualcosa, che nonostante le sembrasse davvero piccola, aveva assunto un'importanza non indifferente.

Era forse per colpa della ricerca di quell'ultimo tassello del puzzle che non riusciva a concentrarsi su quello che avrebbe dovuto essere il suo giorno speciale. Occupava il suo tempo con il lavoro e ogni scusa era buona per cambiare argomento, il matrimonio stava diventando un problema, perché rappresentava quel termine di scadenza oltre il quale - volente o nolente - lei sarebbe stata vincolata a Barry per la vita e la presenza o meno di quel pezzo mancante, non avrebbe avuto più importanza.

Ma Lily sapeva che era indispensabile e aveva bisogno di trovarlo. Sapeva che quello avrebbe determinato le sue scelte, avrebbe giustificato il suo tentennamento e finalmente, dopo tanti mesi a cercare di allontanare da lei quell'unione, avrebbe capito il perché.

Lei voleva sposarsi, forse però non con Barry, eppure non poteva saperlo perché finché la ricerca non avesse dato i suoi frutti, Lily sarebbe rimasta ben lontana dalla verità.

«Tesoro, io so che sei molto impegnata con il lavoro, e - lo sai - sono contentissimo che tu possa dimostrare agli altri quanto vali; però mi piacerebbe anche avere indietro la mia fidanzata», spiegò Barry a telefono mentre Lily passeggiava avanti e indietro per il suo appartamento. «È solo che tra poco dovremmo sposarci e non abbiamo ancora deciso nulla. Se non scegliamo le cose più importanti, non potremmo occuparci dei particolari.»

«Lo so», rispose Lily fermandosi e guardandosi intorno. «Hai ragione, ho perso troppo tempo e adesso dobbiamo per forza darci da fare. Per questo motivo questa mattina ho guardato di nuovo i preventivi dei locali che siamo andati a vedere e se per te va bene mi piacerebbe quello con la terrazza sul Tamigi. Cosa ne dici?»

«È perfetto, anche io lo preferisco agli altri», disse Barry, e Lily, nonostante non lo potesse vedere, sapeva che stava sorridendo. «Per la chiesa confermo quella in cui si sono sposati i tuoi?»

«Si, e per i fiori ho pensato che forse sarebbero carine le peonie bianche. Sai, come centro tavola, mentre per il bouquet rose bianche», disse leggendo un foglio che aveva recuperato da un raccoglitore.

Non era sicura ma non c'era più tempo e doveva prendere qualche decisione, il pezzo continuava a mancare e la sua assenza era incolmabile. Lily conosceva bene l'amore che provava per Barry e non avrebbe permesso che nessuno dei suoi dubbi rovinasse ogni cosa.

«Sono tornata!»

Alice urlò - come sempre quando rincasava - dall'ingresso e Lily sentì distintamente il rumore del mazzo di chiavi che era stato poggiato sul mobiletto vicino la porta.

«È tornata Alice, adesso dobbiamo andare, ci sentiamo più tardi», disse rivolta a Barry e infilando il raccoglitore nella borsa.

«Fammi sapere se alla fine hai trovato qualcosa, a dopo.»

Conclusa la telefonata, Lily mise anche il cellulare nella borsa e se la mise in spalla girandosi verso Alice che nel frattempo aveva percorso il corridoio ed era arrivata in cucina. Vedeva nei suoi occhi una luce di contentezza e già sapeva che non l'avrebbe lasciata andare se prima non avessero trovato l'abito perfetto.

Dopo la conoscenza con James, avvenuta un paio di giorni prima, Lily aveva acconsentito alla fantomatica ricerca del vestito, ormai non aveva più senso aspettare; e come aveva preso una decisione per altre cose tanto valeva che si gettasse nella situazione senza ripensamenti. Era inutile continuare a posticipare e, avvisata Alice - che sembrava non aspettare altro -, aveva prenotato un appuntamento per l'atelier vicino casa sua. Non sapeva quanto tempo avrebbe impiegato - forse non lo voleva nemmeno sapere - ma sperò che due ore fossero abbastanza.

Sua madre e Petunia si erano stupite di quella scelta improvvisa ma pur di approfittare del momento, non avevano fatto nessun commento. Inoltre anche le damigelle non avevano alcun vestito e senza la sposa non avrebbero potuto fare grandi passi avanti.

Dall'assoluto diniego per l'organizzazione, Lily era passata a pianificare e ad occuparsi della maggior parte degli aspetti. Aveva trascorso due giornate intere presso la villa, circondata da fogli, preventivi e bozzetti per tutto ciò che riguardava il suo matrimonio. Aveva voluto approfittare della strana sparizione di James, anche se credeva fortemente che si fosse rinchiuso in casa o in ufficio per sciogliere quel nodo che era la querela di due milioni di sterline. E contro ogni pronostico i suoi addetti si erano rivelati molto utili per i consigli riguardo le tonalità di colori o scelte di font, non lo avrebbe mai detto ma alle loro spalle c'erano una o più figlie sposate e perciò erano molto esperti sull'argomento.

«Tua madre ha detto che ci aspetta direttamente lì con Petunia», disse Alice guardando le mail sul telefono. «Dorcas non può raggiungerci, ha detto che mentre usciva dall'ufficio il capo l'ha bloccata in riunione e non sa quando riuscirà a liberarsi. Mary ha detto che sua madre non può più tenerle il mostriciattolo e vorrebbe evitare di pagare i danni, ma sarà in videochiamata.»

«E Marlene?» Chiese Lily.

«Bella domanda, non la sento da questa mattina», spiegò Alice mentre provava a chiamare l'amica. Squillava a vuoto e dopo essere scattata la segreteria lasciò perdere. «Arriverà.»

Lily pensò di mandare all'aria quel lungo e stressante pomeriggio ma si rese conto che se anche fosse scappata, prima o poi quel giorno si sarebbe abbattuto su di lei con una forza non indifferente e non avrebbe potuto far altro che assecondarlo.

Via il dente, via il dolore.

Recuperò gli occhiali da sole dal tavolo e insieme ad Alice abbandonò l'appartamento.

Il sole delle cinque era particolarmente caldo ma non tanto da farla sudare e impedire ai vestiti di scivolarle addosso. Passeggiando lungo il marciapiede, vide da lontano la macchina verde di Petunia - che aveva acquistato solo una settimana prima e di cui andava molto fiera - parcheggiata accanto al parco giochi dei bambini. Sperò solo che nessuno di loro la colpisse con una palla, altrimenti sarebbe stata capace di creare un pandemonio per trovare il colpevole.

Dalla caffetteria di fronte videro uscire Marlene con gli occhiali da sole sul naso e i lunghi capelli biondi che le ondeggiavano lungo la schiena, in mano un vassoietto con quattro caffè e un altro al centro.

«Come sempre puntualissima», disse Alice sorridendo e facendo segno all'amica mentre attraversava le strisce pedonali per raggiungerle dall'altro lato.

«Come mai tutti questi caffè?» Chiese Lily ridacchiando. «Temi di addormentarti tanta la noia?»

«Questo è per te», disse prendendone uno e porgendolo ad Alice. «Questo è per te invece.» Diede la seconda tazza a Lily. «Questo è per tua sorella, questo è mio e ho preso del thé a tua madre perché ricordo che lo preferisce», spiegò prendendo un sorso del suo caffè. «Ad ogni modo la commessa dell'atelier ci darà una bottiglia di champagne da bere mentre misurerai i vestiti.»

«Dove siamo, Marl? In qualche film newyorkese e non lo sapevamo?» Chiese Alice divertita mentre si incamminavano verso il negozio.

«Siamo a Londra, ma una mia amica si sposa e io non posso far passare inosservato il momento della scelta del vestito», spiegò facendole l'occhiolino.

A guardare la vetrina del suddetto atelier trovarono la signora Evans e Petunia. Erano impegnate ad ammirare il vestito sul manichino che non si accorsero dell'arrivo delle tre.

Appena entrarono la commessa le fece accomodare in una stanza semicircolare, i divanetti bianchi erano posti contro i muri e davanti a questi erano stati sistemati dei tavolini con una bottiglia di champagne e diversi calici. Appese alle pareti c'erano delle fotografie di modelle con alcuni abiti da sposa e a Lily venne da chiedersi se almeno le fosse calzato così bene. Si accomodarono e la commessa - che scoprirono chiamarsi April - portò un appendiabiti colmo dei vestiti che all'incirca rispondevano alla descrizione pressoché abbozzata di Lily.

Li guardarono uno ad uno iniziando a escludere quelli che lei ritenne troppo appariscenti o troppo poco sobri per la sua persona. Voleva qualcosa di semplice e elegante, nulla di esagerato, nessun fiocco, nastro e merletto in eccesso.

Dopo una presentazione sommaria dei vestiti, April portò Lily nel camerino per farle provare il primo della lunga serie. Era stile greco, scollo leggermente accennato e portava un nastro - a mo di cintura - di color avorio poco sotto il seno. April le alzò la cerniera e scostò la tenda del camerino per farla uscire, percorse il breve corridoio e raggiunse il salone dov'erano sedute le amiche e la famiglia.

«Porca miseria», esclamò la voce di Mary dal telefono che nel frattempo si era aggiunta al gruppo.

«Lily sei bellissima», ammise Alice alzandosi con un bicchiere di champagne in mano e girandole attorno per guardarla meglio.

Lily guardava attenta il suo riflesso nello specchio di fronte. Si girò un po' di lato per cercare di capire come apparisse.

«Cosa ne dici?» Chiese invece sua madre sapendo che quello sarebbe stato un no più che deciso.

Lily distolse lo sguardo dallo specchio e si concentrò su di lei. «Non credo che sia adatto, non mi piace molto. Sembra anche che mi faccia i fianchi più larghi.»

«Avanti con il prossimo allora!»

Lily tornò di nuovo nel camerino e con l'aiuto di April se ne liberò. Ne provò poi uno a sirena ma accolse un voto positivo solo da Alice e il piccolo Eddie - figlio di Mary - che aveva smesso di correre ovunque e si era seduto in braccio alla mamma.

Fu poi il turno di uno stile impero, che sembrò essere l'unico ad averla convinta un pochino ma comunque non le parlava. Mary sosteneva infatti che il vestito avesse dovuto parlarle, solo così si sarebbe resa conto che era il suo lui. Era l'unica sposata e certe cose le sapeva.

Lily credeva che fosse una stronzata, ma se fosse bastato quello a giustificare le miriadi di bocciature della maggior parte dei vestiti, se la sarebbe fatta andare bene.

Sposarsi era molto impegnativo e adesso capiva come mai tutte avessero tentennato, tranne Mary che invece si era fatta incastrare dal bel sorriso e occhi chiari.

Le lancette dell'orologio si muovevano stranamente troppo velocemente e dopo aver provato una quantità indefinita di abiti da sposa si rese conto di aver sterminato le sue amiche. Alice aveva smesso di parlare, Petunia era passata dal consiglio al se ti piace prendi questo, sua madre beveva per restare sveglia, Mary cullava Eddie che nel frattempo era crollato tra le sue braccia, e infine Marlene camminava in tondo per la stanza con la braccia dietro la schiena sbirciando di tanto in tanto verso il retro per vedere se era in grado di trovare un vestito adatto - sosteneva che April non fosse proprio brava nel suo lavoro.

Anche April sembrava sfatta, si era legata e sciolta i capelli almeno una ventina di volte e Lily si accorse che ogni volta che le rivolgeva lo sguardo sperava di vedere sul suo viso un sorriso che le facesse capire che finalmente quello giusto era arrivato.

«Cosa ne dici di questo?» Chiese Marlene prendendo un vestito e mostrandolo a Lily.

Aveva lo scollo a barca, cadeva diritto ma più stretto sul punto vita, la gonna non era troppo stretta e privo di maniche. Lily lo guardò per qualche secondo - decidendo se valesse la pena perdere altro tempo - e lo analizzò a fondo notando come non ci fossero decorazioni ad appesantire il tutto.

«Ne hai provati tanti, dai una possibilità anche a questo», lo spronò Marlene dando il vestito a April che si era avviata nel camerino.

Lily fece altrettanto, lasciò scivolare quello che indossava verso terra e con l'aiuto della ragazza indossò l'ultimo.

«Wow», disse chiudendole la zip. Le raccolse i capelli e con una serie di forcine riuscì a fermarli, le sistemò anche il velo e le aggiustò la mezza coda dietro.

Quando entrò quella volta nella stanza si rese conto che c'era qualcosa di diverso, non solo gli occhi delle presenti si erano illuminati come se stessero guardando un diamante ma anche Lily percepì di essere diversa. Il vestito non stringeva, ma anzi le dava la possibilità di muoversi tranquillamente, era semplice e le piaceva come le scendeva, trovava addirittura elegante anche come le evidenziasse la vita senza renderla volgare.

Anche i suoi occhi erano diversi, più lucenti e guardava il suo riflesso come se avesse vissuto così tanto a lungo solo per vedersi quel vestito addosso. Forse era quello che intendeva Mary, forse il vestito le stava parlando e dopo averlo ammirato per un po' capì che le stava proprio urlando di prenderlo.

«È lui», esordì alla fine stupendo tutte le presenti.

«Davvero?» Chiese Alice sorridendo mentre anche Mary la guardava dallo schermo del telefono contenta, se avesse potuto avrebbe iniziato a saltellare dalla gioia.

«Lo sapevo!» Esultò Marlene cominciando a riempire i calici con il poco champagne rimasto dalla seconda bottiglia. Ne diede uno anche a April.

La signora Evans si alzò avvicinandosi alla figlia e le prese le mani tra le sue.

«Lily, tesoro, sei sicura che sia lui?» Chiese accennando un sorriso. «Non devi preoccuparti per noi se non ti piace, lo sai, cercheremo in ogni atelier di Londra se è necessario. Non limitarti solo per noia.»

Lily scosse la testa e sorrise. «È perfetto, mamma. Ha qualcosa che mi dice che è quello giusto. Sono sicura.»

La donna annuì e, dopo aver lasciato un bacio sulla guancia della figlia, prese il calice che Marlene le aveva porto per brindare.

Anche Petunia non si limitò nei complimenti, sinceramente colpita da come le stesse l'abito, e Lily fu così contenta che guardandosi di nuovo allo specchio le sembrò che il vestito fosse ancora più bello.

Si sentiva più leggera, fiera di essersi tolta un peso come quello, non vedeva l'ora di dirlo a Barry e per poco non cominciò a saltare sul posto.

Brindò insieme alle amiche e, dopo aver finito la bottiglia, a cuor più leggero seguì April nel camerino per togliere il prescelto e tornare nei suoi abiti mondani. Nulla avrebbe potuto rovinarle il buon umore.

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