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89.

Macinavo miglia senza rendermene conto e parlavo al telefono con Monica che cercava, senza esito, di calmarmi e farmi desistere dal mio proposito di cercare Matthew ovunque e sistemare il malinteso creato dal mio patrigno.

'Non sai dove sia, in realtà! Anna, ragiona maledizione. Vuoi andare in ogni sede di Harvard a vedere se c'è? Hai un bel dire che sicuramente sarà alla School of Law, ma anche fosse lì... pensi sia piccola? Fermati, torna indietro e recupera informazioni più certe!'

"Perderei tempo prezioso, se tornassi indietro" risposi stringendo il volante fino quasi a farmi male. Sapevo che aveva ragione, ma ormai ero al di là di ogni possibile logica. "Non tornerò indietro. Piuttosto, se proprio non dovessi trovarlo, riproverò a chiamare Jude... per quanto non servirebbe a niente." Mi sentivo in un vicolo cieco e detestavo quella sensazione.

'Chiamalo adesso, non aspettare! Magari ti darà una mano e tu non farai strada per niente' disse lei, con tono quasi di preghiera.

"Sì ok ti prometto che ci penserò" tagliai corto, quella conversazione non portava a nulla. "Piuttosto, per favore mandami il numero di quel tuo amico che lavora al Boston Globe... Henry mi pare si chiami" buttai là, inseguendo un barlume di idea che mi si era accesa nella mente in quel momento.

'Non so se sia negli States adesso, comunque te lo mando. Cos'hai in mente?'

"Ti dirò quando torno, è un'idea che mi è appena venuta... mandamelo adesso, da brava."

'Va bene, ma tu prometti che non farai sciocchezze e che chiamerai Jude'

"Ma sì ma sì... ora ti saluto, ti tengo aggiornata."

Una volta chiusa la chiamata, attesi di udire il segnale di messaggio ricevuto. Accostai sul bordo della carreggiata e osservai sovrappensiero il numero che mi aveva mandato Monica.

Invece di chiamare Henry, senza riflettere feci nuovamente il numero di Jude per un ultimo tentativo. Monica aveva ragione, non potevo girare come una pazza per tutte le sedi di Harvard sperando nella fortuna di imbattermi in Matthew. Peggio che cercare un ago in un pagliaio.

Rispose al secondo squillo, evidentemente non aveva riconosciuto il mio numero sennò non avrebbe mai accettato la chiamata.

'Jude Foster' Deglutii nel sentire la sua voce e sfregai sulla gamba il palmo della mano libera dal cellulare, poi incrociai indice e medio.

"Sono Anna, Jude. Non riattaccare" mi affrettai ad aggiungere.

Udii chiaro un sospiro annoiato. 'Cosa vuoi ancora?' Non era un grande inizio. Decisi di fare finta di niente, dovevo tentare di avere quell'informazione.

"Sono partita alla volta di Harvard. Dimmi dov'è Matthew, per favore. Gli devo parlare e spiegare cos'è successo". Cercai di non avere un'aria supplichevole, ma non ero del tutto certa di esserci uscita.

'Non lo so, dov'è. Non risponde più al telefono. E comunque non te lo direi, non mi fido di te'. Sorvolai sulle ultime parole per concentrare l'attenzione sulle prime. Sembrava sincero, ma come facevo a capirlo?

"Dai, Jude. Non sarei partita se non ci tenessi a lui. Dimmelo" dissi, dando per scontato che mi avesse mentito.

'Piantala, Anna! Mi hai rotto, ti ho detto che non so dove sia, che in ogni caso non te lo direi. Cos'altro vuoi?'

"Voglio trovarlo, aiutami."

'No. arrangiati. E ora lasciami in pace una buona volta!'

Rimasi inebetita a guardare il cellulare muto, immobile. L'idea che avevo avuto quando ero partita dalla Cheers Hall, di andare a cercarlo senza una meta precisa, non era praticabile. Monica aveva ragione, mi ripetei per l'ennesima volta.

Feci un profondo respiro e trascorsi la successiva mezz'ora al telefono con l'amico giornalista di Monica. Quando chiusi la telefonata mi sentivo molto più leggera e combattiva. Neanche a farlo apposta, la radio iniziò a trasmettere "One way or another", la colonna sonora perfetta per quel viaggio. Mi misi a cantare a squarciagola, incurante delle stonature

One way or another I'm gonna find ya
I'm gonna getcha getcha getcha getcha
One way or another I'm gonna win ya
I'm gonna getcha getcha getcha getcha

One way or another I'm gonna see ya
I'm gonna meetcha meetcha meetcha meetcha
One day, maybe next week
I'm gonna meetcha, I'm gonna meetcha, I'll meetcha

Spensi la radio di scatto, era ora di fare un'altra chiamata e quella canzone mi aveva messa nello spirito giusto. Sentii il calore del telefono sul palmo della mano, finché aspettavo che, dall'altra parte, l'ennesimo interlocutore rispondesse.

'Anna, che sorpresa. Hai già capito che non ti conviene tagliare i ponti?'

"Ciao Nathan. Non direi. Devi fare una cosa per me" risposi gelida. Anche se eravamo a miglia e miglia di distanza, il disgusto nell'udire la sua voce stava per sopraffarmi.

La sua risata mi ferì le orecchie. 'E cosa, esattamente, ti fa pensare che avrò voglia di fare qualcosa per te dopo quello che hai detto a tua madre?'

Decisi di non rispondere e andai direttamente al punto, avevo perso fin troppo tempo ed era ora di ripartire.

"Tu farai in modo che io abbia un appuntamento privato con il senatore Hawthorne. Fai come ti pare, smuovi i canali che conosci, striscia da lui, non mi interessa. Voglio parlare con il senatore e tu me ne fornirai l'occasione."

Stavolta la risata fu ancora più rumorosa. 'Che pretese, bambina. Non ho buoni rapporti con il senatore e in più non ho voglia di sottostare si tuoi capricci. Perciò no, non soddisferò la tua richiesta. Ora, se vuoi scusarmi, ho altro da...'.

"Tu non hai capito, Nathan. Ti do un'ora per trovare un aggancio e procurarmi un appuntamento."

'Minacci? Che paura. E cosa succederebbe fra un'ora? Sentiamo, sono curioso' rispose con aria di sufficienza. Mi pareva di vederlo, con gli occhi ridotti a due fessure e la bocca storta in un ghigno di sufficienza. Glielo avrei ricacciato in gola.

"Sai come ho passato l'ultima mezz'ora?" risposi

'Cosa mi interessa come...'

"Sai, Nathan, è curioso come risulti ghiotta, per un giornalista che sta cercando di fare carriera, un'intervista con la figlia di un noto politico che svela alcuni altarini dell'attività del paparino. Soprattutto quelli che riguardano piani per affossare un senatore che gli ha messo i bastoni fra le ruote."

Il silenzio dall'altra parte mi fece capire che le mie parole erano andate a segno. Sorrisi. Forse qualcosa stava iniziando ad andare per il verso giusto, in quella giornata.

'Stai bluffando' sputò infine. Ma il tono non era sicuro come all'inizio della telefonata. Il mio sorriso si accentuò.

"È possibile. Se vuoi aspettare, fra poco ti toglierai il dubbio" tubai serafica. "Tieni conto che, una volta in stampa, i giornali non si possono modificare".

Lo udivo respirare pesantemente.

"Il tempo passa, Nathan. Procurami quell'appuntamento. Hai un'ora, poi dò il via al Globe" dissi perentoria e chiusi la telefonata, certa che il messaggio fosse arrivato a segno. Entro un'ora avrei avuto il mio appuntamento con il senatore Hawthorne. Sospirai, l'idea era disperata, ma del resto era così che mi sentivo.

Misi in moto la macchina e ripresi il viaggio in attesa della chiamata di Nathan. Dovevo solo decidere cosa fare e cosa dire, una volta che mi fossi trovata davanti il patriarca degli Hawthorne.

La musica continuava a fare da sottofondo ai miei pensieri e al panorama che scorreva di fianco a me. Mi sembrava strano essere arrivata a quel punto, inseguire un ragazzo per cercare di farlo tornare sui suoi passi. Ma per cosa poi, non sapevo neppure se avesse letto quella maledetta intervista né se la notizia del suo fidanzamento fosse vera... eppure stavo andando a cercarlo, ero disposta a scontrarmi con suo nonno pur di farlo tornare da me. E non mi interessava neanche di eventuali figuracce, né se la cosa sarebbe diventata di dominio pubblico, al campus e fuori. La cosiddetta fama a cui tenevo tanto fino a poco tempo prima era diventata quasi un peso. Quanto aveva sempre influenzato i miei comportamenti? Tanto, troppo. Se c'era qualcosa di positivo nel casino in cui mi ero cacciata, era che avevo imparato a dare, almeno un po', meno importanza a tutto quello. In qualunque modo fosse finito quel viaggio, non sarei più rientrata allo stesso modo alla Dartmouth.

Pensare quelle cose mi fece venire voglia di telefonare alle quattro ragazze del Federal Contest. Il caso che aveva fatto incrociare le nostre strade ci aveva visto bene, perché era vero che io le avevo aiutate per la competizione, ma anche loro avevano aiutato me e avevano tirato fuori un lato del mio carattere che avevo sepolto sotto metri e metri di inutilità.

Stavo per chiamarle, quando udii l'inconfondibile suono di un messaggio appena arrivato. La curiosità ebbe la meglio sulla prudenza e, dopo un rapido sguardo per verificare che la strada fosse ancora deserta, guardai da chi arrivava. Nathan. Puntuale. Cosa non fa la paura di venire scoperti per ciò che si è.

'Hai l'appuntamento oggi pomeriggio alle 16.30 presso la Hawthorne Lodge. Fai un passo falso con il senatore e ti pentirai di essere nata' Seguiva un indirizzo.

Annuii, ce l'avevo fatta. Mi fermai il tempo necessario per programmare il navigatore. Ci sarebbero volute ancora un paio d'ore, avevo tempo per studiare una strategia. Uno spiraglio di ottimismo mi fece fare un piccolo sorriso, forse le cose si sarebbero messe per il meglio entro fine giornata.

Riaccesi l'auto e stavo per rimettermi in carreggiata, quando il segnale di un altro messaggio mi bloccò. Che Nathan avesse inviato un contrordine? Raccolsi in fretta il telefono per controllare.

'Ok Anna, ho deciso di crederti. Non è ad Harvard, è andato a casa di suo nonno per discutere alcune cose. Ti conviene tornare qui e aspettarlo, non è mai di buon umore quando vede quel vecchio. Non ti ascolterebbe né ti crederebbe. Jude'

Chiusi gli occhi e appoggiai indietro la testa respirando pesantemente. Lo avrei trovato lì, se fossi andata all'appuntamento. Forse aveva davvero ragione Jude nel darmi quel suggerimento. Forse avrei fatto meglio a...

Il corpo tacitò la mente. Con un gesto rabbioso diedi gas e ripartii nella stessa direzione, ripetendo come un mantra le parole della canzone che avevo cantato poco prima. Andasse come doveva andare, non sarei tornata indietro. 

In un modo o nell'altro titroverò

ti avrò, ti avrò,ti avrò


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