84.
Gli occhi di Mrs Gray.
Quando le avevo preso le mani per chiederle di raccontarmi com'era andata a finire con Friedrich lei aveva sollevato il viso dall'impasto piantando lo sguardo nel mio, ma non avevo compreso subito, troppo concentrata sulla storia che avevo appena letto. Solo dopo avere fatto la mia domanda, e mentre un silenzio irreale calava nella cucina, vidi davvero ciò che avevo davanti.
Mrs Gray era furiosa, come difficilmente mi era capitato di vedere nella vita. Era arrabbiata con me.
A riprova di questo, con uno strappo sciolse le mani dalle mie e se le piantò sui fianchi senza preoccuparsi di pulirle dai residui dell'impasto.
"Dimmi un po', cheerleader". Come poteva una parola ordinaria suonare come il peggiore degli insulti? Deglutii senza fiatare, incerta su cosa sarebbe successo di lì a pochi minuti. "Cosa ci facevi ancora al campus?"
Fra tutte le cose che mi aspettavo di udire, quella era più o meno l'ultima, in un frangente del genere.
"Ma che razza di domanda è?" contrattaccai facendo spallucce. "Ci facevo quello che fanno gli studenti all'università, cioè mi preparo per il mio futuro studiando e approfondendo argomenti che potranno servirmi nel mondo del lavoro".
Mrs Gray scosse la testa con aria disgustata. "Sei rimasta lì come se niente fosse. Matthew se n'è andato da giorni e tu sei rimasta lì. Mi ero proprio sbagliata su di te, completamente sbagliata". Concluse lapidaria senza distogliere lo sguardo da me.
Dunque era quello il motivo della sua ira. Il fatto che non avessi mollato tutto per correre dietro a uno che aveva preferito fare da balia a una fantomatica ragazza problematica per onorare la promessa fatta a un amico morto piuttosto che provare a costruire qualcosa con me.
Mi arrabbiai anch'io e sbottai. "Cos'avrei dovuto fare, secondo lei? È venuto a dirmi che doveva mantenere una promessa fatta a un amico della cui morte si accusa e si accuserà sempre, e che per questo se ne doveva andare. Chi sono per farlo desistere, sapendo quanto per lui conta la parola data?" Stavo alzando la voce, ma non ero in grado di controllarmi. Se non avessi urlato mi sarei messa a piangere, e questo non volevo che capitasse, non di fronte a quella Mrs Gray.
La quale Mrs Gray, nell'udire le mie parole aveva inclinato la testa e mi stava osservando come se fossi un dinosauro redivivo e quindi di particolare interesse per la scienza. Era irritante, più della sera in cui l'avevo conosciuta.
"Te la sei bevuta sul serio", fu la sconcertante considerazione con cui se ne uscì dopo un minuto buono di analisi della cheerleader di fronte a lei.
Strabuzzai gli occhi e non riuscii a trattenere un'esclamazione sorpresa. Cosa significava?
"Non capisco cosa stia dicendo. Se è uno scherzo non è divertente", sussurrai. "Se sa qualcosa di cui non sono a conoscenza, per favore me lo dica. Ho bisogno di sapere, devo arrivare a capire cos'è successo."
Per tutta risposta Mrs Gray iniziò a camminare su e giù per la cucina, come se dovesse prendere una decisione molto difficile. Dopo un paio di giri intorno al tavolo si piantò davanti a me.
"Tu mi hai chiesto se Friedrich e io ci siamo ritrovati, alla fine della guerra. Lo vuoi sapere?"
Di palo in frasca. Cosa c'entrava questa antica storia con ciò di cui stavamo parlando? Ma cercare di capire i movimenti della mente di Mrs Gray era oltre le mie facoltà di quel momento, per cui risposi stancamente: "Certo, cos'è successo?" In effetti mi sarebbe piaciuto conoscere il seguito di quella storia... anche se non in quell'esatto momento. Ma era chiaro che non avevo facoltà di decidere, così mi misi comoda e mi apprestai ad ascoltare.
"Ci ritrovammo come ci eravamo ripromessi" disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. "Pochi giorni prima della liberazione di Parigi, nell'agosto del '44, lui arrivò sotto la Tour Eiffel e io ero lì ad aspettarlo, come avevo fatto ogni sera da quando ero a Parigi insieme a mia mamma, a cui ero riuscita a ricongiungermi alcuni mesi dopo la fuga da Beure. A lei non dissi mai dove andavo e perché, conoscendo la sua avversione per tutto ciò che era tedesco... Ma non saltai di andare là nemmeno una sera, non avevo mai perso la speranza che prima o poi lo avrei visto arrivare". La voce si spense in un sussurro quasi inintelligibile, tanto che indovinai le ultime parole, più che udirle davvero.
"Ma è meraviglioso!" esclamai portando la mano destra al petto. Era senza senso ma mi sentivo come se avessi scoperto il più bello dei segreti. La parte romantica che esisteva dentro di me nascosta da qualche parte stava facendo le capriole dalla gioia nell'udire che le cose erano finite per il meglio per quei due sfortunati amanti.
Mrs Gray mi osservò per qualche istante, poi proseguì come se io non avessi fiatato. "Ero convinta che sarebbe arrivato, come pure che mia madre lo avrebbe accettato superando il suo odio smisurato verso i tedeschi..." Il suo sguardo divenne sorprendentemente intenso e duro. "Quanto mi sbagliavo."
Mi sentii mancare la terra sotto i piedi. "In che senso? "
Mrs Gray scrollò la testa e, sovrappensiero, prese uno strofinaccio per pulirle dai residui di cibo, poi riprese a camminare lentamente su e giù per la cucina. Io non sapevo cosa dire, ardevo dalla curiosità di sapere cosa fosse successo, ma qualcosa mi impediva di turbare i pensieri della vecchina. Così mi limitai a pulire le mani a mia volta, per poi appoggiarmi al tavolo e seguire il suo andirivieni in silenzio.
All'improvviso si fermò in mezzo alla stanza e si girò a guardarmi. I suoi occhi mandavano lampi, era evidente che i ricordi erano tutt'altro che indolori. Sospirò di nuovo e andò a sedersi, appoggiandosi senza forze allo schienale. Chiuse gli occhi e batté la mano sulla sedia che era di fianco alla sua, invitandomi a sedere. Non me lo feci ripetere due volte anzi, le presi la mano fra le mie per farle sentire la mia presenza. Poi attesi, avevo capito che la sua testa stava lavorando alacremente.
Quando riprese a parlare sembrava che la sua voce provenisse da un punto lontano, al di là dello spazio e del tempo.
"A Parigi vivevamo in una stanza modestamente arredata. Ricordo una cucina economica, un tavolo e quattro sedie di paglia. Mi pare ci fossero anche un divano e due poltrone un po' rovinati. Quel giorno dalla finestra aperta dietro il divano, da cui si vedeva la Tour Eiffel, si udivano in sottofondo i rumori della festa in corso per le strade. Ero felice, sia perché avevo ritrovato la mia vecchia amica Cécile Rouen, sia perché con lei avevano messo a punto un piano per presentare Friedrich a mia mamma e speravo che, in quel modo, lei lo avrebbe accettato.
Eravamo sedute a tavola a chiacchierare e a ricordare i tempi di Beure, quando un po' alla volta sia Cécile che io iniziammo a tirare fuori gli episodi per i quali dovevamo essere grate al "capitano Mayer", ma al solo sentire il suo nome mia mamma iniziò a inveire contro di lui e contro tutti i tedeschi, sembrava uscita di senno.
Avrei dovuto capire e fermarmi, non proseguire nel piano che avevamo pensato, invece nonostante tutto ero convinta che, se avesse saputo che la fuga da Beure era avvenuta grazie a lui, si sarebbe rabbonita... così a un certo punto, appena andata via Cécile, lo feci entrare tenendolo per mano e glielo presentai.
Lei andò su tutte le furie, non voleva accettare né ciò che Friedrich aveva fatto per noi, né il fatto che io lo amassi, niente. Volarono parole grosse, non l'avevo mai vista così fuori di sé.
Non credette neppure a Friedrich, quando le disse che aveva fatto sua la missione di aiutare quante più persone possibile a sfuggire al giogo nazista... niente, era impermeabile a tutto.
Alla fine disse... lo ricordo come fosse ieri:
"Se non se ne va subito e sparisce dalla tua vita io chiamo i soldati e lo faccio imprigionare!"
Io a quel punto lo pregai di andarcene, di fuggire insieme... ma lui mi rispose:
"Non fuggiremo Thérèse. Non sarò la causa di una rottura fra te e tua madre... Non possiamo iniziare la nostra vita insieme con quest'ombra che la oscurerebbe per sempre... Presto o tardi, in un momento di tensione, tu me lo rinfacceresti e allora per noi due sarebbe la fine... non voglio che vada così."
E chiese a mia madre: "Se io ora acconsento a farmi catturare dai vostri e sconto una pena per i delitti commessi dalla mia gente una volta uscito voi mi accettereste come compagno di vita di vostra figlia?"
Mia madre acconsentì e i gendarmi lo portarono via pochi minuti dopo.
Nonostante le mie proteste e la paura che non l'avrei più rivisto o che sarebbero passati tanti anni prima venisse scarcerato, lui rimase fermo nel suo proposito e acconsentì a farsi portare via...
Dimmi, Anna... Non noti qualcosa di simile con una situazione che conosci?"
Il cambio improvviso di registro nel tono di voce di Mrs Gray e la stretta forte con cui teneva la mia mano mi fecero precipitare sulla terra come da un'altezza di svariate centinaia di miglia. Aprii la bocca ma non uscì alcun suono, ero troppo sorpresa di quell'epilogo per spiccicare parola.
Mrs Gray si alzò dalla sedia senza mollare la mia mano, così non potei non fare altrettanto. Cercò i miei occhi con i suoi e disse: "Avevo ancora mia madre, ma avevo perso lui e non avevo idea di quando, o se, lo avrei mai avuto di nuovo al mio fianco."
Iniziò a camminare lentamente, tenendo la mia mano stretta al petto fra le sue.
"Così feci l'unica cosa possibile. Piantai in asso mia madre, anche se sapevo che significava rompere ogni rapporto e non avere più sostegno o aiuto da lei, e andai per la mia strada per cercare in ogni modo di riavere Friedrich il prima possibile".
Mi schiarii la voce. "E come andò?" Chiesi incerta, ancora frastornata per le analogie con la mia storia.
Mrs Gray si fermò davanti a una delle finestre della cucina, scostò la tenda a fiori e si mise a guardare fuori verso il giardino. Qualcosa della sua espressione mutò e mi spinse a staccare lo sguardo dal suo viso per guardare ciò che stava vedendo lei.
Vicino alla rimessa dell'auto, dove c'era un piccolo orto, un signore anziano molto alto e magro, dal portamento eretto e fiero nonostante l'età avanzata e dai capelli candidi cortissimi, stava sistemando i rami di un tralcio di uva. Era di spalle, ma avrei potuto scommettere qualsiasi cosa che a lui appartenevano certi occhi blu limpidi e meravigliosi di cui avevo letto poco prima.
Voltai di scatto la testa verso Mrs Gray, troppo sorpresa per parlare. Lei non se ne accorse, persa nella contemplazione del suo uomo. Disse solo in un soffio, a conclusione del discorso che stavamo facendo: "Andò che mossi mari e monti e alla fine riuscii a riprendermelo".
Di scatto richiuse la tenda e si girò verso di me, battagliera più di prima. Ebbi la netta sensazione che il 'bello' dovesse ancora arrivare.
"Anche mia madre tornò da me e alla fine accettò Friedrich... non solo. Grazie ad alcune sue conoscenze ci permise di venire negli Stati Uniti e vivere tranquilli la nostra storia". Scosse la testa e proseguì: "quindi come vedi le cose alla fine si sistemano e anche le vie più tortuose si appianano..."
Mollò le mie mani mi si mise di fronte, dritta come un fuso e con un'espressione decisa che ancora non le avevo visto. Era straordinaria, aveva un fuoco dentro che la faceva sembrare molto più giovane di quanto non fosse in realtà.
"Senti, Anna" sbottò "Matthew è passato di qua prima di andarsene: ha acconsentito a un ricatto della sua famiglia purché suo nonno ritirasse la candidatura al senato così tuo padre ti avrebbe lasciata stare... la sua vita per la tua, sperando fra un po' di riuscire a svincolarsi. Come Friedrich, non voleva che la vostra storia iniziasse con una tua scelta obbligata fra lui o i tuoi... Quindi, Anna. Cosa aspetti a mandarli al diavolo e ad andare a riprendertelo?"
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Ciao! Scusate l'enorme ritardo, ma fra le vacanze in famiglia e una mezza influenza non sono riuscita ad aggiornare prima... non mi piace com'è venuto questo capitolo, ma se aspetto ancora non lo pubblicherò mai... in fase di revisione cercherò di migliorarlo.
Ah... se a qualcuno interessa, tutta la "scena" raccontata da Mrs Gray si trova nella os "La lunga ombra dell'odio" nella raccolta "One shot stories - love".
Un abbraccio e grazie per la pazienza! :-*
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