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83.

Avevo gli occhi fissi sulla strada che scorreva davanti ai mei occhi e ancora non ero riuscita a parlare. La cosa sorprendente era che neppure Mrs Gray aveva ancora detto una parola da quando era risalita in quella microscopica scatoletta con le ruote, dopo essersi accertata che lo avessi fatto anch'io. Il suo cipiglio non lasciava presagire niente di buono, era davvero furibonda. Anche i capelli candidi erano straordinariamente in disordine ed era evidente che, sotto il giaccone, indossava qualcosa di molto simile a una camicia da notte, come se fosse uscita di casa senza darsi neppure il tempo di cambiarsi e rendersi presentabile. Non che avesse mai dato segno di interessarsi a questi dettagli, peraltro.

Ma io cosa c'entravo con lei e i suoi malumori? Ci eravamo viste due volte in vita nostra e, per quanto fossero stati incontri piuttosto significativi, per me almeno, non vedevo alcun motivo per cui avrei dovuto essere coinvolta nelle sue paturnie.

Mi resi conto che stavamo andando nella direzione della sua casa, o almeno così mi sembrava. Eravamo in mezzo a un bosco di enormi abeti e altri sempreverdi che sovrastavano la piccola auto celeste come giganti davanti a una pulce.

"Mrs Gray, dove..." provai ad azzardare, ma non riuscii a terminare la domanda.

"Non adesso, ragazzina. Prima arriviamo a casa, poi parleremo." Non l'avevo mai sentita così fredda né così categorica, neppure quando mi aveva fatto quei quadretti piuttosto crudi del mio carattere. Ero spiazzata e troppo esterrefatta per rimetterla al suo posto e costringerla a parlare, perciò tacqui e mi limitai a fissarla con la vaga speranza che un solo sguardo potesse consentirmi di leggerle nel pensiero.

Dopo una manciata di secondi, tuttavia, mi resi conto di quanto fosse inutile ciò che stavo facendo. Così reclinai il capo sul poggiatesta e chiusi gli occhi con un sospiro senza riuscire a trattenere un sorriso per l'assurdità della situazione: ero praticamente stata rapita da una vecchietta ultra ottuagenaria, che mi stava portando a casa sua o in un qualche posto misterioso a bordo di una vecchia carretta dal colore improbabile che sembrava ci avrebbe lasciate a piedi da un momento all'altro. Dovevo ammettere che era un buon diversivo ai pensieri cupi che mi avevano accompagnata negli ultimi giorni. Questo, unito al riavvicinamento con Diana e le altre, mi stava facendo riconciliare con il mondo e il peso che sentivo sul cuore da quando Matthew se ne era andato divenne un po' meno faticoso da portare.

L'auto rallentò e io riaprii gli occhi per guardarmi intorno incuriosita. Avevo evidentemente dormito perché eravamo arrivate davanti al cancello della casetta di Mrs Gray. Mi guardai bene dal fare commenti, limitandomi a scendere dalla macchina per andare ad aprire l'anta sgangherata e attesi mentre all'anziana signora parcheggiava la piccola auto sul prato senza prendersi la briga di metterla nella rimessa.

"Entriamo" disse soltanto, passandomi di fianco come una piccola furia. Non riuscii a trattenere un sorriso, quella vecchietta era fenomenale anche da arrabbiata. Aveva una carica vitale da fare invidia, era innegabile. Scrollai la testa e mi apprestai a seguirla dentro quell'abitazione che ora mi sembrava così familiare, quando invece la prima volta che l'avevo vista ne ero stata così disgustata solo perché aveva tante cose da mettere a posto.

Non feci  in tempo a fare un secondo passo dentro casa, che Mrs Gray mi arrivò di fronte e mi piantò in mezzo allo stomaco quello che mi resi conto essere un piccolo libro o un diario.

"Leggi. Poi parleremo" mi ordinò e, prima che potessi protestare, scomparve nella cucina.

Guardai l'oggetto che avevo fra le mani e lo rigirai. Era davvero un diario, con la copertina consunta di pelle e due legacci che lo avvolgevano tenendolo chiuso. Doveva essere molto vecchio, dallo stato delle pagine che si intravedevano.

A passi lenti arrivai al divano e ci sprofondai, slegai il nodo con attenzione e iniziai a sfogliare le pagine ingiallite e ricoperte da una scrittura regolare e molto fitta. Era stato scritto in francese durante Seconda Guerra Mondiale, che fosse proprio di Mrs Gray? E perché voleva farmelo leggere? Non ero proprio nel momento più adatto per leggere i pensieri e le vicissitudini di qualcun altro... sfogliavo una pagina dietro l'altra senza decidermi a cominciare la lettura, quasi risoluta a dire che non conoscevo il francese, quando la voce incorporea di Mrs Gray mi raggiunse: "Parti da giugno 1940. E leggi, non sfogliare e basta". Come faceva a sapere che non avevo ancora iniziato? Quella donna aveva poteri soprannaturali, ne ero sempre più convinta.

Sbuffai ma andai a cercare la data indicata. Trovatala, mi posizionai comodamente fra i cuscini e iniziai a leggere.

***

18 Giugno 1940

Caro diario,
Oggi i tedeschi sono arrivati anche qui. Sarebbe stato troppo bello riuscire a evitarli, che restassero solo a Besançon.
I comandanti si sono installati a casa del sindaco Rouen, mentre i soldati credo si siano accampati nel podere dei Leveraux.
Come se non bastasse, mia madre mi ha avvisato che dovrò andare a servire la cena agli uffciali insieme a Cécile Rouen.
"Hanno detto che vogliono vedere visi giovani e graziosi mentre mangiano e quella serpe del sindaco ha fatto il tuo nome, Thérèse." Mi ha detto la mamma, fissandomi come se mi volesse leggere nell'anima. "Questo ci porterà qualche razione in più di cibo, ma le malelingue non impiegheranno molto a spettegolare su questa cosa. Perciò tu dovrai comportarti sempre in modo più che irreprensibile, figlia mia. Mi hai inteso bene?"
Non so che idee avesse in testa mia mamma per dirmi quelle parole, ma io ovviamente l'ho tranquillizzata. Non ho certo l'intenzione di fare la smorfiosa con il nemico!
Dovrò iniziare stasera, fra poco. Sono a dir poco terrorizzata, anche se so che si tratta di ufficiali della Wermacht, e non dei macellai delle SS.
Cosa ne sarà di noi, di me?

***

19 Giugno 1940

Caro diario,
La prima sera a servizio dagli ufficiali tedeschi non è andata male. Devo dire che fortunatamente non mi hanno badata per tutta la cena e, prima di tornare a casa, mi sono state date due razioni di carne, alcune verdure fresche e del burro. Che meraviglia, finalmente si mangia davvero!
Gli ufficiali sono sei. Il comandante credo si chiami Schultz o qualcosa del genere, è un uomo severo di circa quarantacinque anni e che non sorride mai. Poi ci sono un grassone e uno smilzo di cui non ho capito il nome e che devono essere i suoi secondi. Questi sono piuttosto sgradevoli, maleducati e sguaiati. Per fortuna non ci hanno importunate, credo abbiano ordini precisi a riguardo.
Gli altri tre sono piuttosto silenziosi e insignificanti, più giovani dei primi e decisamente sulle spine. Uno di loro ha degli occhi blu molto intensi, credo sia un capitano.
È stata comunque una serata snervante, anche se è andato tutto bene... La cosa più faticosa da digerire è stata, in definitiva,il terzo grado a cui mi ha sottoposto la mamma al mio rientro.
Non capisco cosa pensa che possa combinare. È vero che ho solo diciott'anni, ma il sale in zucca non mi manca...

* * *

20 Giugno 1940

Caro diario,
Oggi siamo stati per alcune ore nei rifugi anti-aereo, che noia. Speravo di saltare il servizio serale, invece no.
Il capitano dagli occhi blu si chiama Friedrich Mayer. Ha veramente dei begli occhi e sembra essere una persona gentile. Si può dire, anche se è un tedesco?

* * *
24 Giugno 1940

Caro diario,
Scusa se non ho scritto per alcuni giorni, ma sono stata davvero impegnatissima: di giorno devo andare dalla vedova Deveraux e di sera sono sempre occupata per la cena degli ufficiali. Se a tutto aggiungi le pulizie a casa, le code per andare a prendere le razioni di cibo e, a volte, le fughe al rifugio anti-aereo, capirai perché di sera non ce la faccio a scrivere.
Sai, la mamma aveva ragione. Quelle quattro pettegole che si trovano sempre al panificio a tagliare i panni addosso a tutto il paese ora hanno preso di mira me. Sono invidiose che abbiamo razioni di cibo fresco, anche se cerchiamo sempre di condividerlo con più persone possibile, per cui fra loro stanno cominciando a insinuare che io tratti gli ufficiali in modo troppo amichevole. Fortunatamente il sindaco sa esattamente come mi comporto perché è presente alle cene e sa che non bado nessuno limitandomi a servire le pietanze, per cui per il momento la mia reputazione è salva. Taglierei la lingua a quelle arpie, non hanno altro da fare?

***

29 Giugno 1940

Caro diario,
Sono in crisi. In crisi nera.
È scoppiata l'estate e fa un caldo terribile.
Mentre tornavo a casa, dopo essere stata dalla vedova Deveraux, non ho resistito e ho deviato verso il bosco che si estende a ovest subito fuori dal paese. Non c'era anima viva in giro, l'afa era insopportabile... Come non andare a tuffarmi nel "mio" stagno segreto? Cos'avrei potuto rischiare, a parte l'ordinaria arrabbiatura di mia madre?
Così sono andata e, come al solito, mi sono tuffata completamente vestita e senza guardare altro che il piccolo specchio d'acqua di fronte a me.
Che sensazione meravigliosa di refrigerio, sarei rimasta lì per ore. Invece, da brava ragazza coscienziosa, sono uscita subito dall'acqua per tornare in paese e andare ad aiutare la mamma nelle faccende di casa.
E mi sono trovata di fronte il capitano Mayer, che evidentemente era venuto allo stagno per il mio stesso identico motivo.
Anche lui, infatti, era bagnato fradicio e si stava asciugando prima di infilarsi di nuovo la camicia. Per fortuna almeno i pantaloni già li indossava...
Che Dio mi aiuti, non ho mai visto nessuno di così perfetto... E quegli occhi, così limpidi che sembravano volermi leggere nell'anima.
Io non so proprio per quanto siamo rimasti a fissarci, immobili. E non so neppure esattamente dopo quanto mi sono risvegliata da quello stato di trance. So solo che all'improvviso mi sono resa conto di essere di fronte a un giovane uomo mezzo nudo, bello come un dio greco, e di essere io stessa piuttosto indecente, avendo il vestitino estivo completamente fradicio che mi aderiva addosso come una seconda pelle. Sentivo su di me lo sguardo infuocato del capitano che aveva l'espressione sorpresa di chi non crede ai propri occhi.
Mi sono girata e sono fuggita via il più rapidamente possibile.
Sono arrivata a casa parecchio trafelata e sconvolta dalla mia stessa reazione, ma almeno abiti e capelli si erano già asciugati.
"Dove sei stata?"  Il solito radar di mia madre, che riesce a captare ogni minino segnale anomalo.
"Allo stagno. Avevo caldo." Ho risposto, senza aggiungere altro. Perché mi sento male, come se le avessi mentito?
"Non andarci più. Non è prudente, con tutti questi soldati in giro." Un ordine, come suo solito.
Le ho fatto un cenno che non significava nulla e sono andata a cambiarmi.
E a cercare di liberare la mente dall'immagine del capitano.

* * *

30 Giugno 1940

Caro diario,
Ieri sera è stata difficile.
Ho cercato di effettuare il servizio durante la cena degli ufficiali nel solito modo impersonale, senza guardare mai nessuno, ma non ci sono riuscita.
Il mio sguardo tornava sempre a posarsi sul capitano Mayer e ogni volta lo trovavo intento a fissarmi con un'espressione che... posso definirla solo che "speranzosa".
Non riesco a togliermelo dalla testa! Mi sento una traditrice del mio popolo, a continuare a pensare a quell'uomo, ma è una cosa che va oltre la mia volontà.
Sto continuando a ripetermi che è un nemico, che è il Male incarnato, che tradisco la mia stessa famiglia a pensare così... Ma non riesco a fare altrimenti. In lui vedo solo gentilezza e bontà, anche se fa parte di quella razza maledetta che ci sta procurando tanto dolore. Lui non è così, io so che è diverso.
Mia madre si è accorta che qualcosa in me è cambiato e continua a scrutarmi e a farmi domande.
Sto diventando brava a mentire... Ma quanto male mi fa...

* * *

5 Luglio 1940

Caro diario,
Sto sempre peggio. Ogni giorno mi convinco che devo liberarmi da questa ossessione per il capitano Mayer (che altro può essere?), ma ogni sera mi basta incrociare il suo sguardo per sentirmi sciogliere come neve al sole.
Stasera, addirittura, mentre stavo ritirando i piattini della frutta, lui mi ha passato il suo e per un istante le nostre mani si sono sfiorate, sicuramente non per caso perché per quel breve momento anche i nostri occhi erano incatenati uno all'altro... avrò sentito solo io la scossa elettrica che mi ha attraversata? Mi sono affrettata ad allontanarmi, ma devo essere arrossita violentemente e lui lo ha visto senz'altro. Accidenti a me a alla mia mancanza di controllo...
Ho notato il sindaco fissarmi, si sarà accorto di qualcosa? Sono sulle spine.

* * *

8 Luglio 1940

Caro diario,
il sindaco ha parlato con mia madre, maledizione a lui e alla sua linguaccia.
Lei, nauralmente, mi ha fatto il terzo grado. E io, con una faccia di bronzo che non pensavo di avere, ho fatto finta di cadere dalle nuvole. Sono persino riuscita a far passare il sindaco per un ciarlatano...
"Sei diversa, Thérèse. Qualcosa in te è cambiato, anche se ti rifiuti di dirmene il motivo.."
Mi sono limitata a sorridere, per non dover mentire ancora.
Mi fa stare proprio male nasconderle qualcosa... Ma come posso raccontarle che ho perso la testa per un soldato nemico?!

* * *

10 Luglio 1940

Caro diario,
Oggi Cécile Rouen mi ha confermato ciò di cui ero già convinta: il capitano Mayer è un Uomo di valore e dal cuore buono. Oltre che di una bellezza che mi toglie il fiato.
Ieri, mentre andavo come ogni mattina dalla vedova Deveraux, venni obbligata da un soldato tedesco ad andare nella piazza del paese. Lì era già radunata una piccola folla vociante, ci domandavamo tutti cosa fosse successo.
Ben presto il comandante Schultz in persona ce lo spiegò, nel suo francese stentato:
"Un.nostro.soltato.e.stato.ucisso.in.una.imposcata.se.il.colpefole.non.si.cosstittuirà.entro.mezzociorno.ucciteremo.tieci.ti.foi."
Fummo tutti colti dal terrore. I partigiani, senz'altro autori dell'imboscata in cui aveva perso la vita il soldato tedesco, non si sarebbero mai costituiti... eravamo spacciati.
Ci fu permesso di tornare alle nostre faccende, poi alle dodici saremmo stati chiamati.
Il tempo passò e nessuno ci venne a chiamare per tutta la giornata.
Ad aumentare il mistero fu il breve messaggio recapitatomi a casa in cui era scritto semplicemente che per quella sera il servizio dai Rouen era sospeso.
Praticamente non ho chiuso occhio tutta la notte, a pensare a cosa potesse essere successo.
Finalmente, stamattina Cécile Rouen è venuta da noi a spiegarci, essendo riuscita ad ascoltare una concitata conversazione fra gli ufficiali ed essendo in grado di comprendere un po' il tedesco:
"È stato quello giovane con gli occhi belli a convincere il comandante che non c'è stata alcuna imboscata e che il soldato è rimasto ucciso dallo scoppio di una bomba a mano difettosa. In pratica, dobbiamo essere grati a un cane di tedesco se oggi dieci famiglie non sono in lutto e se tu sei ancora qua..." ha concluso piena di astio nei confronti dei nostri nemici, poi è andata via di corsa.
Mia madre e io ci siamo guardate in perfetto silenzio, poi lei mi ha preso il mento per osservarmi meglio.
"Non c'è nulla che mi devi dire, Thérèse?"
"A parte il fatto che sono felice di essere ancora qua no...
Ora scusami, la vedova mi aspetta."
Altre bugie. Sono diventata brava a mentire e a non ascoltare le proteste del mio cuore. Mi sembra che ogni parola sia un mattone che sta formando un muro sempre più alto fra me e la mamma. Ma non posso fare altrimenti..

* * *

11 Luglio 1940

Caro diario,
sono successe tante cose da ieri... non so da dove cominciare.
Ieri sera sono tornata a prestare servizio durante la cena degli ufficiali. Volevo trovare il modo per ringraziare il capitano Mayer per ciò che aveva fatto per noi, ma era impossibile. Anche un semplice sguardo era diventato rischioso, avevo gli occhi del sindaco puntati addosso in ogni momento.
Poi, la sorpresa. Mentre ritiravo i piatti vuoti, "lui" mi passò il suo senza guardarmi e io, prendendolo, sentii un piccolo biglietto passare nella mia mano. Ovviamente non potevo leggerlo subito, così sono rimasta sulle spine fino a che non mi sono trovata al sicuro nella mia cameretta.
C'erano scritte poche parole in bella calligrafia:
"Domani mattina al lago. Stessa ora".
Un appuntamento. Con "lui". Evidentemente nello stesso luogo e alla stessa ora del nostro primo incontro fortuito.
Ho passato tutta la notte a domandarmi se andare o no. Alla fine avevo deciso di non andare, ma durante la strada di ritorno, dopo il solito servizio alla vedova Deveroux, i miei piedi e il mio cuore mi hanno fatto deviare verso lo stagno.
'Lo ringrazio e me ne vado.'
Questo era ciò che volevo fare.
Quando sono arrivata lui era già lì.
Ci siamo guardati.
E un secondo dopo ero stretta fra le sue braccia, persa in un bacio che zittiva ogni grido di protesta della mia coscienza perché il mio cuore sentiva di essere nel giusto.
I nostri corpi si incastravano perfettamente uno all'altro e io, per la prima volta in vita mia, mi sono sentita "completa", come se avessi finalmente trovato la parte di me che mi mancava. Cosa conta che sia un tedesco? Lui è per me come io sono per lui. Friedrich e Thérèse. Punto e basta.
Dopo un tempo tempo interminabile lui si è dolcemente staccato da me e mi ha guardata, accarezzandomi i contorni del viso con un dito.
"Thérèse..." che bello il mio nome pronunciato da lui.
"Grazie per ieri" l'ho interrotto, sperando capisse le mie parole.
"L'ho fatto solo per te... non potevo pensare che saresti stata fucilata" , mi ha risposto in perfetto francese, reso più dolce dall'accento straniero.
"Abbiamo poco tempo. Ascoltami attentamente. Noi sabato andremo via e al nostro posto arriveranno le SS. Sai cosa significa: è stato deciso che il paese dev'essere ripulito. Dovete fuggire. Da stanotte fino a venerdì passeranno alcuni convogli. Scappate, ma fatelo un po' per volta perché nessuno se ne accorga. Tu ovviamente dovrai andare via l'ultima sera per non saltare il servizio e destare sospetti. Mi hai compreso?"
"Sì ma.... e noi?" questo era il mio unico pensiero. Trovare l'altra metà di me stessa per perderla subito... maledetta guerra.
"Questo non è il tempo giusto per noi... siamo riusciti a incontrarci, ma dobbiamo aspettare che questa follia finisca. Tu cerca di restare viva e io farò lo stesso. Quando tutto questo finirà ti troverò, dovessi impiegarci tutta la vita." Aveva gli occhi persi nei miei e quello sguardo è stato il nostro giuramento.
"Andrò via e resterò viva, te lo prometto. E dopo la guerra ti aspetterò ogni sera sotto alla Tour Eiffel finché non verrai..." Non ho potuto trattenere le lacrime dicendo questo. Lo guardavo sapendo che forse sarebbe stata l'ultima volta in cui ci trovavamo così vicini... "Non ci troveremo più qui, vero?"
"No, è troppo rischioso. Ci vedremo a cena..." nei suoi occhi limpidi leggevo un dolore e un rimpianto identici ai miei. "Vai, ora. C'è poco tempo per organizzare una fuga di massa."
Un ultimo bacio e poi corsi via prima che fosse troppo difficile per farlo.
Non avevo neppure il tempo per pensare a Friedrich, a ciò che era appena successo e a ciò che sarebbe stato.
Dovevo convincere mia madre a scappare quella stessa sera, ma senza dirle da chi era arrivata in realtà la soffiata.

"Me lo ha detto Cécile. Li ha sentiti. Devi assolutamente andare stasera."
"E tu?"
"Devo restare fino all'ultimo, altrimenti si insospettirebbero. Sai, il servizio dai Rouen..."
"Non ha nulla a che fare con un certo capitano tedesco, vero?"
"Ma no, che idee..."
In quel momento la voragine fra me e lei creata dalla mia menzogna è diventata insormontabile.
Quando sono tornata dal servizio presso i Rouen, l'ho trovata già pronta. Non ci siamo dette nulla fino all'ultimo.
L'ho accompagnata sulla porta di casa sapendo che forse ci stavamo guardando per l'ultima volta.
Il mio dolore era immenso, come la mia voglia di immergermi nelle sue braccia, come quando ero bimba e trovavo in lei l'unico rifugio sicuro.
Ma non potevo.
Dovevo soffrire ancora, almeno quanto stavo facendo soffrire lei. Perché dovevo allontanarla da qui perché si salvasse e non potevo spiegarle nulla sennò sarebbe rimasta. Ci sono cose che non sapeva e che non avrebbe dovuto assolutamente mai sapere.
"Cerca di sopravvivere" ha detto soltanto. Poi è girata e se n'è andata.
Stamattina ho saputo che è andato tutto bene, il convoglio è partito, diretto in una zona di Francia ancora libera.
Mamma, riuscirò mai a rivederti e a spiegarti ciò che ho nel cuore?

* * *

14 Luglio 1940

Caro diario,
ho appena finito l'ultimo servizio dagli ufficiali tedeschi. Ho visto Friedrich per l'ultima volta... il nostro unico saluto sono state le nostre dita che sono riuscite a sfiorarsi due volte.
Il mio cuore è a pezzi ma non ho tempo per piangere, fra poco me ne andrò. Finora le fughe non sono state scoperte, speriamo di avere fortuna.
Voglio restare viva, a ogni costo. Il tempo per noi non è oggi, ma arriverà. Deve arrivare.
Friedrich, resta vivo anche tu e ci ritroveremo.
Lo so.

* * *

Sbattei le palpebre, tornando al tempo presente. Non c'erano altre note. 

Mi alzai di scatto e andai quasi di corsa nella cucina, in cui Mrs Gray stava impastando senza posa.

Le arrivai davanti e immersi le mani nell'impasto per prendere le sue.

"Thérèse era lei, vero? E dopo?" chiesi affondando i miei occhi nei suoi. "Che ne è stato di Friedrich e di voi due?"

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Fine prima parte. 

Ok lo so che questo capitolo non c'entra ma ve lo dico... il pezzo del "diario" in realtà è una os che avevo scritto per un concorso ed è da quando è entrata Mrs Gray nella storia che lo volevo inserire e qui in effetti mi "serve"  (capirete nel prossimo capitolo) ^_^ Spero che non vi abbia annoiato troppo.

Un abbraccio :-*

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