78.
I minuti scorrono troppo lentamente quando sei in attesa di qualcosa. Non passano mai.
Avevo appena salutato Monica con la reciproca promessa che ci saremmo fatte venire qualche idea per risolvere il problema degli schemi rubati, e mi ero chiusa nella mia camera per stare un po' in pace e riflettere meglio sulla faccenda. Ma l'unico pensiero ricorrente era Matthew e l'ansia di sapere cosa stesse facendo in quel momento. Stava già parlando con il nonno? Aveva trovato ostacoli? I suoi gli stavano creando problemi? Essere così totalmente all'oscuro mi stava logorando i nervi. Con ogni probabilità mi avrebbe fatto bene andare a lezione per concentrarmi su qualcos'altro, ma non ascoltai questo saggio consiglio della mia parte più razionale, così continuai a camminare su e giù come una tigre in gabbia, torcendomi le mani e facendomi violenza per non prendere il cellulare e telefonargli.
Mi piazzai di fronte alla finestra chiusa e, con un moto di stizza, la aprii di scatto. L'aria fredda novembrina mi sferzò il viso e mi diede un temporaneo sollievo. Un sole pallido illuminava le vie del campus e gli studenti che camminavano, più o meno di fretta, chi in compagnia chi da solo. L'immagine aveva una certa armonia e trasmetteva tranquillità anche al mio animo tormentato.
Senza badare al fatto di essere senza giacca, mi appoggiai al davanzale continuando a lasciare vagare lo sguardo fino a dove riusciva ad arrivare. Quella era la mia casa, ci stavo bene non avevo alcuna intenzione di permettere a chicchessia di mettermi i bastoni fra le ruote, né senatori in campagna elettorale, né ragazzine viziate in piena crisi ormonale. Soprattutto questa seconda categoria. Mi sollevai di scatto. Non esisteva che Anna Walker si lasciasse incastrare da pochi cerebrolesi, né che perdesse la sua leadership a meno di farlo di propria volontà, né che passasse un minuto in più in ansia per quella faccenda del cavolo.
Mi allontanai dalla finestra e la richiusi, poi presi alcuni fogli di schemi da provare che avevo sulla scrivania, e uscii. Avevo deciso che non avrei aspettato Travis e Stefan, non era mai stata mia abitudine lasciare che altri togliessero per me le castagne dal fuoco e quella non sarebbe stata la classica eccezione alla regola. Mandai un messaggio a Monica pregandola di venire in cucina, e mi diressi verso le scale che portavano al piano di sotto. Mentre scendevo avevo piena consapevolezza dell'oggetto che ancora serravo nella mano e la mia solita vocina stava urlando a squarciagola affinché lo usassi per contattare Matthew, in modo qualsiasi. Ci volle tutta la discesa, dal primo all'ultimo gradino, per capitolare, ma non appena misi piede sul pavimento del soggiorno, sollevai la mano che lo teneva stretto in una morsa e digitai un breve messaggio, alla faccia della mia dignità: 'Spero che stia andando tutto bene e che questa prova non sia troppo dura per te. Dammi notizie appena puoi. Vorrei essere lì... Mi manchi'. Lo rilessi e decisi di togliere l'ultima frase: va bene essere uno zerbino, ma dirgli in sequenza che sentivo la sua mancanza e che avrei voluto essere insieme a lui in quel momento era troppo, una delle due cose sarebbe stata sufficiente. Mi ero già esposta così tanto con lui da non volerlo fare ulteriormente. Non via messaggio, quantomeno.
Prima di ripensarci lo inviai, poi mi mossi per andare in cucina, dove contavo di vedere Monica per un rapidissimo scambio di opinioni.
"Anna! Sei tornata, la sai la brutta notizia?"
L'inconfondibile voce di Amber. Era mollemente seduta sul divano del soggiorno e mi stava osservando intenta, sembrava volesse leggermi nella mente. Non le avrei mai dato la soddisfazione di capire che la sparizione degli schemi mi stava dando qualche grattacapo di troppo. Feci un grande sorriso e mi avvicinai, stampandomi sulla faccia l'aria più ingenua di sempre.
"Ciao tesoro, non ti avevo vista. A cosa ti riferisci? È successo qualcosa a una delle ragazze?" Interpretazione da oscar, mi congratulai mentalmente con me stessa.
Amber si sollevò e scosse la testa, contrariata. "Ma no! Monica non ti ha detto niente?" La voce le diventava particolarmente stridula quando si agitava. Che gusto. Sbattei le palpebre con fare innocente. "Mi ha detto tante cose, ma nessuna di particolare rilevanza... a cosa ti stai riferendo?"
La nostra conversazione non era passata inosservata. Come avvoltoi in caccia, da due diversi punti della casa comparvero Vic e Cindy, che subito si sedettero vicine ad Amber per darle manforte. Io mi ero appoggiata allo schienale del divano su cui stavano loro e, dall'alto, facevo scivolare il mio sguardo da una all'altra come se non avessi un pensiero al mondo. Ero sempre più convinta che tutta la storia avesse a che fare con tutte e tre, foto comprese, per cui decisi che quello poteva essere il momento buono per verificare se la mia sensazione era esatta oppure no.
"Ma gli schemi rubati, ovvio!" sbottò Vic, esasperata. "Possibile che tu sembri indifferente? O lo stare fuori dalla squadra in questi giorni ti ha fatto perdere interesse per le cheerleader?" buttò là fingendo indifferenza.
'Ti piacerebbe, brutta vipera!' pensai fra me e me. Le avrei dato volentieri uno schiaffo, per l'espressione speranzosa che le si era dipinta sul viso quando aveva pronunciato le ultime parole. Era così evidente che sperava di cogliermi in fallo da risultare patetica. Mi avrebbe anche fatto pena, se non fosse stato che ero io stessa la persona che avevano deciso di distruggere. Era ora di far capire loro che non ero persona con cui fosse una buona idea scontrarsi.
"Ma io non sono indifferente, mia cara, tranquillizzati. Sono appena stata da Mrs Davenport proprio per dirle questo." Il mio sorriso si allargò, notando le espressioni stupite delle tre, ancora sedute sul divano. Sventolai davanti ai loro nasini curiosi i fogli con gli schemi che mi ero presa dalla camera. "Ha trovato molto interessante la storia del furto, ma ancora di più il fatto che i veri schemi "chiave", quelli che potrebbero portarci alla vittoria e che imparerete da domani in poi, li ho ancora io. Quindi, come vedete, non abbiamo nulla di cui preoccuparci". Feci l'occhiolino ad Amber, salutai le altre con un cenno del capo e, senza aggiungere altro, mi diressi in cucina con calma olimpica. Quando arrivai nella stanza come prevedevo vidi Monica, già seduta sul tavolo che mi guardava con gli occhi a dire poco fuori dalle orbite. Chiusi la porta alle mie spalle e mi sedetti di fronte a lei, in attesa. Tanto sapevo che non sarebbe riuscita a rimanere zitta.
Infatti sbottò, scimmiottando la mia voce: "Ma cosa ti sei inventata, là fuori? Dove sarebbero 'le nuove prese che ci consentiranno di vincere'?"
Alzai la mano che teneva ancora stretti gli schemi che avevo fatto quella mattina. "Eccole", sorrisi. "In realtà sono solo bozze per l'anno prossimo, ma questo le tre arpie non lo sanno, per cui..."
Gli occhi di Monica si ridussero a due fessure, mentre elaborava l'informazione ricevuta. "Per cui se sono state loro, baserà seguirle e scopriremo se i nostri sospetti sono fondati. Corretto?"
"E brava la mia vice, è proprio quello che faremo. Se sono state loro, sono così oche che oggi stesso, o al più tardi domani, contatteranno Jackson o Stuart per cercare di risolvere la questione. Se invece non faranno niente significherà che sono innocenti, ma avremo almeno scartato qualcuno dalla lista dei sospettati", mi fermai un attimo a riflettere, poi scossi il capo. "No, vedrai che questa seconda ipotesi non si verificherà. Erano troppo interessate a capire se stessi dicendo il vero sul mio incontro con la Davenport, per non avere niente a che fare con questa faccenda. Mando un messaggio a Travis. Se verranno coinvolti Jackson o Stuart sarà bene che anche lui e Stefan ne siano al corrente."
"Non solo, Anna" disse Monica pensierosa. "Non potrai essere tu a seguire le ragazze, qualora se ne presentasse la necessità. Sei troppo riconoscibile, lascia fare a me e a Travis, poi ti aggiorneremo sui risultati."
Stavo per dirle che alla festa 'Black and White' nessuno era stato in grado di capire chi fossi, ma poi lasciai perdere perché, in fondo, non mi dispiaceva evitare quella parte del piano. I due ex attaccanti dei Tigers ce l'avevano troppo con me e se per caso mi avessero scoperta durante il pedinamento avrei potuto passare guai grossi.
"Va bene, grazie Monica. Mi raccomando, siate prudenti e fatemi sapere non appena avrete ottenuto qualcosa."
"Senza dubbio, Anna. Con Travis, e forse Stefan, decideremo il da farsi. Non ci sarà una seconda possibilità, per cui dobbiamo pianificarla per bene e..."
In quel momento Sandra entrò in cucina molto trafelata, tanto da far sbattere la porta contro il muro. Sia Monica che io facemmo un salto sulla sedia, il rumore era stato troppo secco e improvviso.
"Sandra!" esclamai "Ci hai fatto prendere un colpo!"
Osservai la ragazza chiudere la porta, arrivare vicino al tavolo e sedersi. Era furiosa, notai con stupore. In tanti anni che la conoscevo non mi era mai capitata di vederla alterata per qualcosa, a parte che con me per la questione 'Stefan'. Non feci a tempo a porle qualche domanda che soddisfacesse la mia curiosità che sbottò: "Quelle tre... meglio che non le definisca!"
Monica scoppiò a ridere. "Sandra, calmati! Non sono abituata a vederti arrabbiata, mi fai quasi paura! Cos'è successo?"
"Cos'è successo, mi chiedi? Ma te lo dico subito! Due minuti fa stavo rientrando nella Residenza, avevo appena iniziato ad aprirne l'uscio, quando Amber, Vic e Cindy lo hanno spalancato di botto e sono uscite quasi di corsa, spintonandomi e facendomi cadere per terra. Avrei potuto farmi male! E sapete cos'hanno avuto il coraggio di dire, quando mi hanno vista a terra e udito il mio 'Ma insomma, che modi!'? 'Potevi lasciarci passare' e 'ma smettila' e infine 'abbiamo fretta'... e se ne sono andate senza neppure verificare se fossi sana o no! Sembrava che qualcuno le stesse inseguendo, non le ho mai viste correre in quel modo."
"Correvano?" Di tutto quello sfogo l'unica cosa che mi era rimasta in mente era quella, perché secondo me significava una cosa soltanto. Scambiai uno sguardo eloquente con Monica, dalla sua espressione era evidente che stavamo penando alla stessa cosa.
"No, non correvano... volavano!" Confermò Sandra. Monica si alzò di scatto, raccolse la borsa che era appesa sulla sedia e pescò da lì dentro il suo cellulare. Fece un cenno di saluto nella nostra direzione e si diresse rapidamente verso la porta della cucina. Feci a tempo a udire "ciao Travis", poi la vidi sparire in soggiorno. Pochi secondi dopo udimmo la porta della Residenza aprirsi e chiudersi. Era andata e io non potevo che esserne molto soddisfatta. Anche se il racconto di Sandra era stato forse un po' esagerato e le tre ragazze erano andate via per altri motivi, era necessario andare a verificare. Chissà, forse quella faccenda sarebbe finita prima del previsto.
"Dov'è corsa via Monica? È a causa mia?" chiese Sandra perplessa.
Ci scambiammo uno sguardo e, d'istinto, decisi di fidarmi. Qualcosa mi diceva che lei, con quella storia, non c'entrava niente. In pochi minuti le spiegai il piccolo guaio in cui mi ero cacciata, chi pensavo ne fosse stato l'artefice, e l'ultimatum della Davenport.
"Che gentaglia..." sussurrò Sandra. "Mi deludono molto, tutte e tre. Era da un po' che Cindy e io ci eravamo allontanate, ma non avrei mai pensato che sarebbe stata capace di tanto... che delusione."
"Aspetta a dirlo, Sandra. Magari è stata solo una coincidenza e loro con questa storia non c'entrano" dissi per cercare di smorzare i toni. "Penso che, entro sera, Monica ci dirà qualcosa. Fino a quando non avremo sue notizie però sarà meglio sgombrare la mente pensieri spiacevoli, che ne dici?" Da quando ero diventata così saggia e ragionevole?
Sandra notò la stessa cosa, solo che si limitò a fissarmi a lungo prima di assentire con un gesto del capo. D'istinto le strinsi la mano, che era appoggiata sul tavolo.
Il suono del mio cellulare interruppe il silenzio che si era creato. Senza riflettere lo presi, ma quando guardai il display luminoso, il cuore si fermò per un istante.
Matthew mi aveva risposto.
Con molto poca buona educazione, mi alzai e andai alla finestra per leggere il messaggio in santa pace.
'Sto rientrando.'
Non c'era altro. Nessun saluto, nessuna frase carina, niente. Mi lasciai sfuggire un sospiro.
Vidi Sandra alzarsi a sua volta e venire verso di me. Sperai di cuore che non mi facesse domande, non sarei stata in grado di rispondere. Probabilmente lei lo capì, perché si limitò ad accarezzarmi il braccio e a dirmi sottovoce: "Se ha bisogno sai dove trovami". Poco dopo ero rimasta sola in cucina.
Continuavo a fissare il testo di quel messaggio, come se prima o poi sarebbe stato in grado di dirmi cosa fosse passato per la testa di Matthew in quel momento. Ma naturalmente tacque. Così, prima di riuscire a impedirmelo, composi il suo numero, che suonò a vuoto fino a che non partì la segreteria telefonica.
"Sarà in una zona senza copertura di campo", dissi fra me e me per giustificare quel comportamento che sentivo ostile, ma in cuore mio sapevo che non era quello il motivo.
Stizzita e preoccupata, lasciai la cucina e andai a chiudermi in camera. Secondo i miei calcoli, avrei dovuto aspettare sera prima di andare a vedere se fosse tornato.
Ancora una volta i minuti ripresero a scorrere lentamente.
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