76.
"Finalmente sei rientrata, abbiamo un problema."
Non avevo fatto in tempo a mettere piede nell'atrio della Cheers Hall, che Monica era piombata di fianco a me e mi aveva presa sottobraccio per trascinarmi verso la cucina.
"Ciao anche a te, Monica" replicai cercando di non cadere. Quella ragazza era peggio di un caterpillar, quando ci si metteva. "Ti dai una calmata? Ho appena messo piede nella Residenza, che cavolo! Dammi il tempo di mettere giù la borsa, almeno!" Di tutto avevo voglia fuorché di dover gestire qualche bega di quelle galline.
Monica mi gettò uno sguardo da sopra le spalle, ma non accennò a rispondere né a fermarsi fino a che non ebbe varcato la soglia della stanza ed ebbe chiuso la porta dietro di sé. Aveva un'espressione preoccupata, a memoria non l'avevo mai vista così.
Mi sedetti senza smettere di fissarla. Stava andando avanti e indietro per il grande locale come una tigre in gabbia.
"Dunque?" sbottai infine, vedendo che lei non si decideva a parlare.
Si passò le mani sul viso e sospirò sonoramente prima di fermarsi di fronte a me.
"Ho preferito dirtelo a voce anziché telefonarti, è troppo grossa... Sono spariti tutti gli schemi delle coreografie per la gara" sparò in un soffio, poi si sedette di fianco a me continuando a guardarmi, evidentemente in attesa di una reazione.
Che non tardò ad arrivare.
Balzai in piedi mentre il cuore aveva iniziato a pompare a velocità smodata, tanto che per un attimo pensai che sarebbe schizzato fuori dalla casa toracica.
"Quelle che ti avevo consegnato? Quelle con tutti i nuovi movimenti, che avevo trovato dopo mesi di studio per cercare qualcosa di totalmente rivoluzionario che ci avrebbe fatto vincere senza scampo? Quelle?" dissi con voce concitata benché bassa, sottolineando ogni sillaba. Come Monica, non volevo che altre udissero la nostra conversazione. Il cenno di assenso che le vidi fare mi arrivò come una mazzata sulla testa. Mi risedetti di botto, incapace di parlare. Come era potuto succedere? Ma soprattutto, chi aveva fatto una cosa del genere? "Chi può essere stato?"
"Apparentemente nessuno, sembrano essersi volatilizzati così... puff..." Monica scosse la testa, contrariata. "Li tenevo in un cassetto della mia scrivania e li tiravo fuori solo se dovevo controllare qualcosa, tanto ormai li avevo imparati a memoria e non mi serviva più portarli agli allenamenti. Nessuno sa niente, nessuno ha visto o sentito niente. Ma io un sospettone ce l'ho" concluse e mi piantò in faccia gli occhi, quasi volesse trasmettermi i suoi pensieri con la telepatia. E forse ci riuscì, perché mi parve come se avesse urlato i nomi con tutto il fiato che aveva.
Vic, Amber e Cindy.
Chi altri avrebbe potuto fare una cosa del genere? La cosa aveva un senso, indubbiamente. Non feci a tempo a formulare nella mia mente un'ipotesi, che questa venne confermata da Monica, neanche giel'avessi suggerita.
"Le tue amicone, quelle sono state secondo me. E sai perché? per darli a qualche squadra avversaria, potrei metterci una mano sul fuoco."
"Ma a che pro, scusa?" replicai, quasi facendo la domanda a me stessa "dando quegli schemi ad altri hanno condannato la nostra squadra a perdere... ci sono anche loro dentro, non ha senso".
"No, in effetti" confermò Monica "a meno che l'odio nei tuoi confronti sia talmente forte che preferiscano perdere e infangare il tuo nome piuttosto che ottenere un successo che accrescerebbe la tua fama."
Era così, non c'erano altre spiegazioni. Mi montò una rabbia tale che se avessi avuto davanti una di quelle tre le avrei messo le mani addosso.
"Magari ci sbagliamo" buttai là, non credendoci nemmeno io "dovremmo essere sicure, prima di fare qualsiasi mossa per capre cosa sia successo".
Restammo in silenzio per due minuti buoni, ciascuna immersa nei suoi pensieri. Stavo per dire a Monica che dovevamo cercare di tendere una trappola di qualche tipo per riuscire a smascherarle, quando udii il familiare trillo di messaggio ricevuto provenire dal mio cellulare. Certa che fosse Matthew, con un sorriso andai a prenderlo. Non vedevo l'ora di sentirlo, anche se non a voce.
Quando guardai sul display, il sorriso mi si gelò in faccia. Il messaggio proveniva dall'ufficio della Responsabile Disciplinare. Cosa voleva adesso la Davenport? Che il messaggio fosse legato alla sparizione degli schemi?
"Hai visto un fantasma?" chiese Monica avvicinandosi a me e facendo un cenno al piccolo oggetto che tenevo in mano.
Sollevai lo sguardo perplesso e la fissai. Poi le feci vedere il display e ne studiai la reazione. La vidi sgranare gli occhi e saettarli dal telefono a me. Era evidente che aveva tratto le mie stesse conclusioni.
"Aprilo, cosa aspetti?" chiese. Alzai le spalle e feci quanto mi aveva chiesto. Il contenuto del messaggio era esattamente come immaginavo.
"La Davenport mi ha convocata. Devo andarci adesso" affermai senza staccare gli occhi dal piccolo schermo. Stavo cercando di interpretare le parole usate per capire il motivo per il quale la vecchia megera mi voleva vedere, ma era impossibile.
'Miss Walker, è pregata di recarsi immediatamente all'ufficio della Responsabile Disciplinare. Mrs Davenport la attende.'
"Troppo laconico, non è chiaro perché ha necessità di vedermi." Scossi la testa contrariata. Di tutto avevo voglia piuttosto che andare a quell'appuntamento.
"Sarà per gli schemi", buttò là Monica "anche se, almeno in teoria, la notizia dovrebbe essere rimasta riservata fra di noi... ma non si sa mai, quella viene a sapere sempre tutto!"
"Non ne ho idea..." sbuffai "ma tanto vale scoprirlo. Io vado, tu intanto pensa a qualcosa per smascherare le colpevoli".
Monica annuì, poi mi diede un rapido abbraccio. "In bocca al lupo, qualsiasi cosa voglia dalle del filo da torcere!"
"Chiaro" affermai sicura, ricambiando la sua stretta. Un minuto dopo ero di nuovo fuori dalla Cheers Hall, ritenendo preferibile andare subito a sentire cosa volesse. Quella donna era un osso duro e, a scanso equivoci, non era il caso di farla irritare.
Capii di avere fatto la scelta giusta quando vidi Mr Smith che attendeva davanti alla porta dell'ufficio della Davenport. Non disse una parola quando mi vide, solo, se possibile, il cipiglio aumentò ancora di più. Io decisi lì per lì che non gli avrei dato corda né avrei dimostrato preoccupazione, quindi quando gli arrivai di fronte mi limitai a guardarlo.
Mr Smith aprì la porta e mi fece cenno di entrare. "Mrs Davenport la attende", disse soltanto. Feci un cenno di assenso e lo superai, entrando nell'ufficio senza attendere oltre.
Le cianfrusaglie stipate in ogni dove erano, se possibile, di più dell'ultima volta in cui ero stata lì, in occasione della rissa. Sarebbe stato interessante scoprire i motivi per cui ognuna di esse era lì dentro e se era stata proprio la vecchia megera a mettercele. Magari un giorno glielo avrei chiesto.
"Miss Walker. È mattiniera, noto. Meglio così. Prima definiamo questa faccenda meglio è". La sua voce mi raggiunse mentre ero ancora concentrata in uno slalom per arrivare davanti alla sua scrivania.
"Mi hanno insegnato a non fare attendere le persone", replicai cercando di infondere un minimo di gentilezza nel tono di voce. "Buongiorno Mrs Davenport, voleva vedermi?"
La vecchia sembrava uscita da una centrifuga. I capelli, più lunghi rispetto al nostro ultimo incontro, erano sempre arruffati e andavano in ogni direzione possibile. La maglia a collo alto nera contribuiva a esaltare l'espressione cupa dei suoi occhi che, se avessero potuto, mi avrebbero incenerita all'istante. Mi domandai oziosamente il perché di quell'astio nei miei confronti, non poteva essere ancora legato alla faccenda della rissa. O sì?
"Andiamo al punto" disse lei secca. "Mi è giunta voce che gli schemi delle coreografie per la gara a cui parteciperete fra pochi giorni sono spariti."
Annuii, era inutile fare finta di niente. Però decisi di raccontare solo il minimo indispensabile, preferendo che fosse lei a scoprire le carte spontaneamente.
La vidi chinarsi con un rapido gesto e raccogliere qualcosa da uno dei cassetti della scrivania. Poi si risollevò e gettarmi quasi addosso una busta gialla.
"La apra" ordinò. Mi morsi la lingua, avrei avuto voglia di risponderle a tono.
Dalla busta aperta uscirono delle foto sgranate che caddero sul tavolo disordinatamente. Osservai quelle immagini notturne, poi alzai lo sguardo e lo piantai sulla Davenport, in attesa di spiegazioni. Che puntualmente arrivarono.
"Sono foto dell'altra notte", disse. Sollevai le sopracciglia sorpresa. Per chi mi aveva preso? Pensava che non avessi capito?
Sospirò irritata e proseguì. "Immortalano il momento della consegna degli schemi alle cheerleaders di Yale. Vede?"
Un brivido freddo mi corse giù per la schiena. presi di nuovo in mano una delle foto e la osservai meglio. Aveva ragione, sembrava proprio come aveva detto. E sembrava anche... alzai lo sguardo su di lei.
"Brava, vedo che ha capito", disse la Davenport con un sorriso sghembo "Come giustifica queste immagini?"
"Chi gliele ha date?" domandai perplessa. Continuavo a passare lo sguardo dalle foto a lei, incredula.
Perché quel poco che si vedeva era una ragazza con la divisa di Yale, accompagnata da un ragazzo di spalle, che prendeva alcuni fogli dalle mani di una ragazza con i capelli biondi e lunghi che si vedeva di tre quarti e che indossava una maglia e una gonna che conoscevo molto bene. Perché erano mie.
Qualcuno voleva incastrarmi.
"Stupita di essere stata beccata, miss Walker? Non è stata abbastanza accorta, mi dispiace" disse con un tono soddisfatto che stonava con le parole che erano appena state pronunciate.
"Non crederà che sono io sul serio, su queste foto?" chiesi esterrefatta. "Che interesse potrei avere a consegnare i nostri segreti alle avversarie numero uno che abbiamo?"
"Non lo so e non mi interessa. Le foto parlano chiaro, lei ha consegnato schemi e coreografie per affossare la squadra. Sa cosa significa, vero?" La Davenport si appoggiò allo schienale della poltrona e mi squadrò da capo a piedi per poi fermare lo sguardo nel mio. Non mi tirai indietro, non avevo fatto ciò di cui mi accusava e non le avrei mostrato debolezza.
Sollevai le spalle con aria noncurante. "Queste foto sono false. Non ho idea di chi abbia architettato questa messinscena, ma è palese che sia stata fatta ad arte per screditarmi. Sono l'ultima persona ad avere un interesse a che la squadra perda la gara e la faccia".
La Davenport rimase in silenzio, soppesando quanto le avevo appena detto. Poi prese in mano una di quelle foto e si mise a studiarla con attenzione.
Dopo un paio di minuti risollevò lo sguardo e lo piantò di nuovo su di me. Era talmente evidente che non vedeva l'ora di vendicarsi di com'erano andate le cose in occasione della rissa che, se la situazione non fosse stata così seria, le avrei riso in faccia. Lei voleva credere a quelle foto, ci voleva credere a ogni costo.
"Le concedo una settimana per provarmi che non è lei in queste immagini. Se, come credo, non sarà in grado di farlo, sarà espulsa e la storia sarà pubblicizzata. Nessun'altra università, dopo di noi, accoglierà una sua richiesta di iscrizione, glielo garantisco".
La cosa aveva del grottesco, eppure non potevo prenderla sottogamba. Quella maledetta donna era vendicativa e avrebbe cercato in tutti i modi di portare a compimento le sue minacce. La situazione era grave, ma non le avrei dato la soddisfazione di farle capire la mia preoccupazione.
Annuii senza abbassare lo sguardo. "Bene. Posso prendere le foto?"
"Certo che no!" Esclamò lei "Per chi mi ha preso? Ecco qui due fotocopie, se le faccia bastare. Sono fin troppo buona, non si meriterebbe un tale favore" disse fuori dai denti passandomi i fogli su cui erano riprodotte le immagini. Mi allungai e li presi senza una parola. Po mi voltai e mi avviai verso l'uscita.
"Arrivederci, Mrs Davenport" dissi da sopra la spalla, con la mano già sulla maniglia della porta.
"Una settimana da oggi, Miss Walker" replicò lei.
Uscii senza dire altro. Una settimana era poco per venire a capo di quella faccenda, ma avrei dovuto farmela bastare. Se solo Matthew non fosse a miglia e miglia di distanza, impegnato anche lui in una cosa tutt'altro che facile. Non potevo chiamarlo per riversargli addosso anche quella preoccupazione, per quanto ne avessi bisogno avrei dovuto avere pazienza.
Non appena misi piede all'aperto, presi in mano il telefono mentre il mio sguardo continuava studiare le foto che la Davenport mi aveva lasciato. C'era qualcosa che stonava ma non riuscivo a focalizzare cosa fosse.
"Monica" dissi non appena la sentii prendere la linea "c'è un altro problemino da risolvere".
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Ciao! Ecco il nuovo capitolo, scusate il ritardo di pubblicazione. Non è venuto come speravo, ma insomma... i concetti ci sono, il resto cercherò di metterlo a posto.
^_^ grazie per la pazienza!!
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