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42.

"Anna! Cosa ti è capitato?" Esclamò Diana Young non appena mi vide arrivare con la caviglia fasciata e con l'aiuto delle stampelle. Lei e le altre tre ragazze mi si fecero subito incontro premurose.

"Niente di grave, una banale distorsione" risposi con una scrollata di spalle "ieri sera avrei fatto meglio a riposare, anziché andare ad allenarmi. Ma non ho saputo resistere alla tentazione e ora eccomi qua, sistemata per almeno un paio di settimane" Non aggiunsi che, se non fossi andata in palestra, avrei evitato un incontro fin troppo ravvicinato con il ragazzo che, ultimamente, mi stava facendo impazzire. Quello era meglio tenerlo per me. 

"Lo vedi, vivi pericolosamente" soggiunse Abby con un sorriso, mentre mi aiutava ad arrivare alle gradinate "Se tu fossi una tranquilla nerd come noi, certe cose tipo allenamenti fuori orario non ti verrebbero neppure in mente" mi fece l'occhiolino "Vuoi mettere passare la serata a mangiare gelato e guardare una maratona di film insieme con le tue amiche? Dopo saresti stata di sicuro mezzo chilo più grassa, ma molto più felice" scoppiò a ridere seguita dalle altre. Io sorrisi, in effetti sarebbe stato carino, era una cosa che non mi era mai passato per la mente di fare, reputandola troppo infantile e poco di classe, ma detta da loro, e pensando di farla con loro, assumeva contorni del tutto diversi. Se pensavo, poi, a come era stata la mia, di serata, dopo l'infortunio... scrollai il capo per evitare di tornare ancora una volta con la mente a quello che era successo con Matthew.

Battei le mani. "Ragazze, bando alle ciance. Diamo un senso al fatto di esserci svegliate all'alba. Per fortuna ci si vede, ma più tardi chiederò al custode se nei prossimi giorni potremo usufruire della palestra. Ormai il tempo degli allenamenti all'aperto è concluso, direi".

"Potremmo anche smetterli, questi allenamenti..." buttò lì Helen che odiava correre e fare fatica più di ogni altra cosa. Si passò una mano fra i lunghi capelli castani e mi guardò con aria speranzosa "Tanto ormai mancano pochi giorni, a cosa vuoi che servano?"

Le tirai un asciugamano ridendo "Helen Vaughn, vergognati e prendi esempio dalla tua gemella, che si è già messa le scarpe e si sta scaldando. Se non vi assomigliaste tanto, direi che non siete neanche parenti!" In effetti mentre Helen era l'immagine stessa della tranquillità, con qualche chilo di troppo portato con estrema disinvoltura, la pelle candida, il viso tondo dall'espressione dolce e due grandi e miti occhi neri, la sorella Sylvia le assomigliava molto di viso, ma era magra, nervosa, con capelli castani corti e sempre arruffati, e gli occhi neri come quelli di Helen in perenne movimento per non perdersi nulla del mondo che la circondava.

"Ha ragione Anna" confermò Diana, avvicinandosi alla pista di atletica "Manca poco: a quest'ora la prossima settimana il Federal Contest sarà quasi finito! Perciò stringiamo i denti e diamoci dentro. Possiamo farcela!"

Le guardai sorridendo mentre si incitavano a vicenda iniziando a correre. Avevo deciso che quella mattina non le avrei fermate dopo i soliti cinque minuti, ma le avrei lasciate proseguire fino a quando non avessero smesso da sole. Ero certa che sarebbero riuscite a correre molto di più, volevo che se ne rendessero conto anche loro. Feci un sorrisino fra me e me, ero proprio curiosa di vedere cosa sarebbe successo.

Dopo più di dieci minuti Diana, passando di fronte a me, mi guardò perplessa. "Sbaglio o sono i cinque minuti più lunghi della storia?"

Scoppiai a ridere. Le quattro ragazze si fermarono di botto, guardandomi perplessa. Io mi ripresi e, senza smettere di sorridere, replicai: "Avete corso per tredici minuti. Senza fatica e senza i soliti sbuffi. Bravissime!" Battei le mani per sottolineare le mie parole.

"Anna ti strozzerei, stavo per sputare i polmoni!" gridò Abby avvicinandosi, i capelli biondi che sfuggivano dalla coda e le facevano un'aureola intorno al viso.Sembrava spiritata "Ecco perché mi pareva che il tempo non finisse mai! Se non fossi zoppa ti prenderei a calci!"

"Ti sei arrabbiata sul serio" constatai, non riuscendo a restare seria "Ma ti rendi conto, invece, che oggi sei andata oltre il limite deciso dalla tua testa e te la sei cavata alla grande?" Abby si bloccò, interdetta. Non aveva guardato la cosa da quella prospettiva "Ho fatto così per farvi capire che voi potete fare molto di più di quello che pensate, dovete solo smetterla di porvi dei limiti e di pensare che, tanto, non ce la farete mai. Oggi siete riuscite a correre per un tempo molto superiore di quello che avreste mai pensato, e senza tanti problemi. Ce l'avete fatta perché il vostro super-cervello non vi ha impedito di provarci. Se io vi avessi detto 'oggi voglio farvi correre più di dieci minuti perché secondo me ce la potete fare tranquillamente', avreste fatto una levata di scudi e vi sareste rifiutate. Non negate, sapete perfettamente che sarebbe andata così. Per questo vi ho taciuto le mie intenzioni: volevo che vi rendeste conto che i vostri limiti, fisici e non, ve li siete costruiti nella testa. Se da oggi farete vostra questa consapevolezza, al Federal Contest farete un figurone. Non ho dubbi."

Un silenzio assoluto seguì le mie parole. Le ragazze si guardavano incerte mentre metabolizzavano quanto avevano appena sentito. Io non mi mossi studiando attentamente i loro visi per capire se le mie parole avevano fatto o no breccia nella muraglia delle loro convinzioni . Da quello dipendeva il buon esito di quei giorni di preparazione.

"Sai che hai ragione?" sussurrò Diana incerta passandosi una mano fra i capelli, pensierosa "non mi ero mai resa conto di quante cose mi sono auto-imposta e quante invece non ho fatto perché pensavo che non ci sarei mai arrivata..."

Le altre annuirono, convinte. Il mio sorriso si allargò. Aver fatto raggiungere loro questa nuova consapevolezza valeva più di tante ore di training messe insieme. 

"Brave, così si fa" annuii con un sorriso "Ora andiamo negli spogliatoi: nella mia borsa ho alcune cose per voi". 

L'ora successiva passò fra prove  di trucco, sfilate in costume da bagno e abitini eleganti, che avevo scelto fra quelli del mio cospicuo guardaroba perché sapevo essere perfetti per ciascuna di loro e perché non le avrei mai convinte a entrare in un negozio a comprarne uno.

"Ragazze diciamocelo" disse Diana mentre si pavoneggiava di fronte allo specchio con un abito blu elettrico che le fasciava meravigliosamente il corpo lasciandole la schiena nuda "Siamo un schianto!"

Le altre la raggiunsero e non poterono fare altro che annuire, contente. Abby indossava un abito di chiffon color pesca che le faceva risaltare la sua carnagione delicata di bionda, mentre per Sylvia avevo scelto un tubino nero monospalla che le arrivava poco sopra il ginocchio e per Helen un abito a sirena rosso cupo con la scollatura a cuore: le era leggermente stretto ma, forse proprio per questo, era dannatamente sexy. Dalla panca su cui ero seduta annuii soddisfatta: erano quasi pronte. I vestiti che avevo scelto per ciascuna erano perfetti, i capelli lo sarebbero stati, dopo la seduta dal parrucchiere che avevo previsto per il giorno dopo, e loro erano cariche e convinte. Sarebbe stato un successo, ne ero sicura. 

"Ottimo, principesse. Siete pronte" dichiarai "Ma oggi c'è la prova del nove".

Le quattro ragazze si girarono immediatamente verso di me, mentre una vaga ombra di panico oscurava i loro lineamenti.

"Non preoccupatevi, non è niente di speciale. Semplicemente, oggi andrete a lezione non con il vostro solito look, ma con qualcosa che vi valorizzi. Qui con me avete imparato ad accettare questa nuova versione di voi stesse, è ora che la proponiate anche agli altri... con la stessa convinzione con cui avete sfilato qui oggi. Che ne dite?"

"...che vado in panico!" esclamò Abby, irruenta come sempre "E se poi la gente ci ride dietro? Se ci dicono che siamo ridicole? Io non so se sono pronta..."

"Non ve lo diranno" risposi con voce sicura "per il semplice motivo che non lo sarete. Non ve lo farei fare, se avessi un solo minimo dubbio che sia un successo. Mi credete?"

"Certo, Anna" disse subito Sylvia "E' solo che a te non è mai capitato di essere presa in giro per come sei, per come ti vesti o per come ti muovi... a noi sì, ed è da poco che abbiamo iniziato a fregarcene, cosicché la cosa si è ridotta notevolmente. Anch'io ho paura che, se ci presentiamo tirate a lucido come ci hai insegnato, ricomincerà tutto come e più di prima. E io... io non so se sono in grado di affrontare di nuovo tutto questo" terminò con voce tremante, abbassando gli occhi per guardarsi le mani che stavano torcendo il bordo della maglietta senza posa. Le altre annuirono, le espressioni diventate improvvisamente tristi. 

Mi si strinse il cuore a vederle così. A me non era mai capitata una cosa del genere, anzi, e faticavo a capire cosa si potesse provare a essere oggetto di attenzioni del genere. Ma di una cosa ero sicura: non volevo che, a causa del passato,  si rovinassero il futuro. Avevano sudato e lavorato, era sacrosanto che ora ne raccogliessero i frutti. Io ero certissima che avrebbero avuto un enorme successo, dovevo solo riuscire a trovare il modo di scalfire il muro che, ora lo vedevo, avevano eretto intorno a sé per difendersi. Se solo le avessi convinte a venire alla festa, non per la scommessa che di quella non me ne importava più niente, ma perché in quell'occasione si sarebbero convinte di quanto avrebbero potuto piacere... 

"Ragazze, voi siete splendide e se ne accorgeranno tutti. Ne sono più che certa, sennò non ve lo avrei proposto. Come vi propongo di venire a una festa che la squadra di football ha organizzato per Halloween... che ne dite?"

"Piano, piano Anna!" sbottò Helen "Intanto proviamo a vedere come va a lezione, poi decideremo... che ne dite, ragazze?"

Un coro di sì mi travolse, così alzai le mani.

"E va bene... ne parleremo dopo la passerella di oggi.  Andate a cambiarvi, che fra poco si va in scena" dissi, e mi alzai dalla panca per andare a recuperare le mie cose.

"Ma... Anna, vieni con noi?" esclamò Diana, stupita come non mai.

"Se poteste darmi un passaggio mi fareste un piacere" dissi semplicemente "poi, magari, se vi vedono arrivare con me dovrebbe essere più facile evitare commenti salaci sul vostro cambiamento"

Diana arrivò di fianco a me e mi diede un sonoro bacio sulla guancia. "Il primo che dice che sei una stronza con la puzza sotto il naso lo prendo a pedate" proclamò. Non potei fare altro che scoppiare a ridere, anche se in cuore mio sapevo che quell'affermazione corrispondeva abbastanza a com'ero con il resto del mondo.

In pochi minuti le ragazze furono pronte. Non potei fare a meno di applaudire: erano vestite in modo semplice, ma i jeans e le maglie che avevo dato loro, uniti al trucco leggero e ai capelli ben pettinati, le facevano sembrare completamente diverse dalle persone che erano di solito. Ci dirigemmo alla piccola auto di Abby e tutte insistettero per farmi stare davanti, perché la caviglia non ne risentisse. Accettai solo perché, in effetti avrei fatto una certa fatica a sedermi dietro, così Diana e le gemelle si strinsero dietro fra risate e battutine.

"A proposito, Anna" disse Abby subito dopo aver messo in moto l'auto "Hai sistemato le cose con Hawthorne? Si è scusato per come ti aveva trattata?"

Raggelai. Non ero pronta a raccontare tutto quello che era successo il giorno prima, facevo fatica a pensarci io stessa.

"In effetti sì, più o meno" dissi guardando fuori dal finestrino, fingendo indifferenza "Comunque è poco importante, vivo bene lo stesso" Serrai il pugno fino quasi a piantarmi le unghie nella carne, per non mettermi a urlare che non era vero. Fortunatamente mi conoscevano poco e non erano in grado di capire dal tono della mia voce che avevo detto una balla grande come una casa.  Lasciai che cambiassero discorso e mi persi a guardare fuori dal finestrino, il cervello in acqua ancora una volta.

Arrivammo al parcheggio vicino alle aule giusto in tempo per l'inizio delle lezioni. Quando aprii la portiera per scendere, mi fermai sorpresa: non mi ero accorta che, a un paio di metri da noi, Travis stava mettendo a posto il suo zaino prima di entrare in aula. Il biondo mi vide e, subito, si diresse verso di me un po' titubante. Lo scambio avuto il giorno prima, quando mi ero arrabbiata con loro a causa della decisione di Stefan di proteggere Jackson e soci, aleggiava nell'aria ed era evidente che non sapeva bene come lo avrei accolto. Quando vide la mia caviglia e, subito dopo le stampelle, la sua espressione si fece subito preoccupata e, senza ulteriori indugi, arrivò vicino all'auto.

"Anna! Cos'hai combinato?" 

"La caviglia, niente di che. Aiutami a tirarmi su, per favore" Avevo già capito che non sarei riuscita a rimanere arrabbiata con lui.

Travis fece subito quanto gli avevo chiesto, poi buttò lo sguardo dentro all'auto per vedere con chi fossi arrivata. Di sicuro pensava a qualche chherleader perché corrugò la fronte perplesso, quando vide quattro ragazze sconosciute. Si voltò verso di me.

"Amiche tue?" Quando vide il mio cenno affermativo gli spuntò il suo sorriso sornione che sfoderava quando c'era qualche ragazza interessante nei paraggi. "E cosa aspettavi a presentarmele? Dove le hai tenute nascoste?"

Si chinò di nuovo verso l'interno dell'auto, dove le quattro ragazze lo stavano fissando, impietrite. Sapevano perfettamente chi fosse e avevo capito che erano terrorizzate dall'idea che le riconoscesse e si mettesse a ridere loro in faccia.

"Signorine, molto piacere. Io sono Travis. La mia qui presente amica è un'asina se vi ha tenute nascoste fino a ora... Posso sapere i vostri nomi?"

Ero estasiata. Lui era uno dei ragazzi più ambiti del campus, secondo solo a Stefan, e il fatto che manifestasse un tale interesse per le mie nuove amiche, in particolare stavo notando che il suo sguardo indugiava volentieri su Helen, era la conferma migliore in assoluto del fatto che era stato fatto un ottimo lavoro.

Loro però erano nella più totale confusione e parlarono una sull'altra, di fatto non facendo capire niente a Travis di ciò che stavano dicendo. Intervenni per salvare il salvabile, non erano pronte ad affrontare un 'primo esame' del genere.

"Travis, te li dico io dopo, i loro nomi. Ora devi scusarle, ma devono scappare perché hanno un appuntamento con un prof dall'altra parte del campus" con la coda dell'occhio vidi gli sguardi grati che mi rivolsero tutte e quattro. "Se farai il bravo, te le farò conoscere al più presto"

"Questa mi sembra un'ottima idea" annuì lui, poi si chinò per guardarle di nuovo e soggiunse "Signore, è stato un vero piacere. Vi anticipo già che la prossima settimana ci sarà una festa di Halloween a cui non potete proprio mancare. Ci conto, eh!"

Abby e Diana riuscirono a ringraziarlo abbastanza normalmente, mentre le gemelle non si erano ancora riprese dallo shock di avere di fronte a loro Travis O'Brien palesemente interessato a fare la loro conoscenza.

Mentre fissava l'auto che ripartiva, Travis disse "Tu adesso mi dici chi sono. Dove le avevi nascoste?"

Scoppiai a ridere "Ti piacerebbe saperlo..."

"Segreto per segreto" mi disse lui con aria cospiratrice "Se ti dico una notizia riservatissima, mi dai una risposta?"

"Non ho mia conosciuto un uomo più curioso di te, Travis!" esclamai "E va bene... spara"

"Stefan in questo momento è dalla Davenport"

"Stai scherzando" dissi in fretta "A fare cosa?"

"Sta per far buttare fuori Stuart e Jackson".

Per fortuna avevo le stampelle, sennò sarei caduta a terra per la sorpresa.

"Mi stai prendendo in giro? Ma se non più tardi di ieri aveva detto che la squadra non ne poteva fare a meno?" Ero allibita. 

"Ieri sera erano ubriachi fradici e li abbiamo sentiti vantarsi del piano che avevano messo a punto per fare  la festa a una ragazza" Sudai freddo, perché ero quasi certa di sapere chi fosse la ragazza in questione. Travis proseguì, molto serio "Li abbiamo fermati e trattenuti per tutta la notte. Ma è evidente che non potremo fare così per sempre, già abbiamo rischiato grosso, ieri sera. Così Stefan si è convinto che avevi ragione e che, squadra o non squadra, vanno cacciati"

"E' un'ottima notizia" mi sforzai di sorridere "Ma non è che, in questo modo, metterete a rischio quella ragazza di cui parlavano?"

"Non credo: Stefan dirà tutto alla Davenport, per cui poi penso che prenderanno le misure di sicurezza del caso. Sei contenta?"

"Lo sono molto, davvero. Siete stati ragionevoli, finalmente" dissi, ma dentro di me ero tutt'altro che felice. Avrebbero dato la colpa a me di tutto, a cosa sarei andata incontro?

"Anna, pronto!" Scrollai il capo, mi ero estraniata e non avevo sentito Travis chiamarmi.

"Dimmi, uomo impaziente"

"I nomi. Avanti, spara."

Sorrisi e piantai i miei occhi nei suoi. Non volevo perdermi neanche mezza delle espressioni che avrebbe fatto nel sentire chi fossero le quattro ragazze.

"Abby Right, alla guida" Travis sgranò gli occhi. "Sedute dietro:  Diana Young,  Sylvia e Helen Vaughn. Quella che ti stavi mangiando con gli occhi era Helen".

"Mi stai prendendo per il culo. Non possono essere quelle del Federal Contest" scrollò la testa, convinto "Non è possibile..."

Mi limitai a fissarlo con mezzo sorriso divertito sul viso.

"Cazzo, Walker. Sei una maga, ce l'hai fatta!" esclamò e, nella foga, mi prese in braccio e iniziò a camminare a passo spedito "Andiamo subito a dirlo agli altri!"

"Non voglio. E tu starai muto come un pesce! Voglio che le vedano alla festa, se decideranno di venire".

Travis mi guardò imbronciato, poi annuì "E va bene... ma nel frattempo me le fai conoscere? Quella Helen , in particolare..."

"Vedremo. Andiamo a lezione, ora".

Senza mettermi giù, Travis si diresse verso le aule. Io stavo bene in braccio a lui e gli ero grata che lo avesse fatto, ma non potei fare a meno di confrontare le sue con un altro paio di braccia. Mi resi conto di essere senza speranza, qualsiasi pensiero mi riportava a Matthew. Sospirai e chiusi gli occhi per un istante.

Arrivammo nel corridoio principale, pieno di studenti che andavano più o meno di fretta.  Travis mi mise giù e io, per ringraziarlo, gli diedi un bacio sulla guancia.

Quando mi raddrizzai per sistemarmi le stampelle per arrivare alla mia aula, i miei occhi si bloccarono su quelli di Matthew che mi stava fissando con un notevole cipiglio e la solita espressione indecifrabile. Da quanto mi guardava?

Un momento dopo vidi una ragazza mora arrivargli vicino, appenderglisi al braccio e sussurrargli qualcosa. Vidi lui distogliere immediatamente lo sguardo da me per dirigerlo verso di lei. Le sorrise, uno di quei sorrisi caldi che avrei pagato oro perché fossero rivolti a me, almeno una volta. Poi lo vidi girarsi di spalle e, con lei a braccetto, allontanarsi verso un'aula.

Per la prima volta in vita mia capii fino in fondo il significato della parola "gelosia".

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