Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

29.

[revisionato]

Arrivai senza neanche accorgermene davanti alla Cheers Hall e mi bloccai sul marciapiede, gli occhi fissi sulla porta chiusa.

Non potevo entrare. La sola idea di chiudermi nella mia stanza, con nessun'altra compagnia che i miei pensieri, mi faceva mancare l'aria. No.

Scossi ripetutamente la testa. Non potevo varcare quella soglia, punto e basta.

Mi guardai intorno. Per la strada non c'era nessuno, i lampioni illuminavano con luce tremolante i dintorni e la strada vuota, risate lontane facevano risaltare ancora di più il silenzio in cui tutto l'isolato ero immerso. La notte era fresca e senza vento, per cui era piacevole stare fuori nonostante l'ora tarda. Inspirai profondamente. Forse mi sarebbe servito per mettere un po' di ordine in testa e per trovare la pace di cui avevo disperatamente bisogno.

Stavo per girare le spalle alla Residenza, quando la mia parte razionale mi fece fermare.

Per quanta voglia avessi di proseguire la passeggiata, non potevo trascurare il fatto che girare per il campus da sola, di notte, vestita così, non fosse molto prudente: avrei potuto incontrare qualche studente ubriaco e molesto, combinazione che trovavo particolarmente rivoltante, oltre che pericolosa.

Ormai però avevo deciso che sarei rimasta fuori, per cui risolsi il problema andandomi a cambiare. A rapidi passi raggiunsi la porta della Residenza, la aprii con la chiave ed entrai.

Era tutto immerso nel buio. Probabilmente alcune delle ragazze erano già a dormire, ma la maggior parte di loro era ancora al pub.

Meglio. Senza dover intavolare conversazioni sul nulla, come al solito, cosa che proprio non avevo alcuna voglia di fare, sarei stata fuori nel giro di pochi minuti.

Così infatti fu. Non appena mi chiusi la porta alle spalle, feci un lungo respiro, strinsi le braccia intorno al corpo e mi incamminai con calma lungo il marciapiede.

Una leggera brezza, che aveva appena iniziato a soffiare, mi avvolse rinfrescandomi il viso accaldatosi dopo il passaggio in casa. Per un attimo mi sentii in pace con me stessa e con il mondo, poi il rombo lontano del motore di una moto fece riaffiorare prepotentemente tutti i pensieri che si erano affastellati nella mia mente nell'ultimo periodo.

Il fatto stesso che avessi deciso di andare in giro a quell'ora indossando una tuta informe e senza un filo di trucco, ma soprattutto che non avessi avuto alcuna remora a farlo, la diceva lunga su quanto gli ultimi avvenimenti mi avessero toccata.

Mi sentivo disorientata e furiosa per la piega che, mio malgrado, stava prendendo la mia vita. La cosa peggiore era che non avevo idea di come fare affinché tutto tornasse com'era.

In quel silenzio notturno compresi con certezza assoluta che non sarebbe stato possibile: non sarei mai riuscita a cancellare tutte le parole che avevo sentito e che mi avevano mostrato una me stessa affatto diversa, né a fare finta che non fosse successo nulla.

Mi misi una mano sulla bocca per trattenere un grido di rabbia. Per l'ennesima volta mi domandai perché quel ragazzo si era dovuto intrufolare nella mia vita. Perché, fra tutte le università del mondo, era dovuto venire qui. Perché le nostre vite continuavano a incrociarsi.

E perché mi facevano un effetto così dirompente, lui e le sue parole.

Mi fermai. Passeggiare non mi stava servendo a niente e anzi, mi stava montando in corpo una tale rabbia che sentivo che sarei potuta esplodere da un momento all'altro.

Il piacere di stare fuori era svanito del tutto, anziché trovare pace avevo i nervi a fior di pelle. Avrei avuto bisogno della mia musica e di un posto dove poter ballare. La palestra. Forse era aperta e avrei potuto...

Mi misi a correre.

Non feci caso a nulla, volevo solo arrivare lì per controllare se c'era modo di entrare.

Continuai a correre, assaporando ogni singolo passo. I miei occhi registrarono le solite strade, gli alberi e i sentieri fra i prati mentre la mia mente si spegneva in un limbo senza pensieri.

Gli inconfondibili rumori di gente che litigava mi fecero tornare in me e fermare immediatamente. Mi guardai intorno.

Mi trovavo su un prato vicino a un gruppo di grandi alberi secolari. In lontananza si distingueva un caseggiato che riconobbi essere la palestra mentre, poco distante dal punto in cui mi trovavo, vidi il retro del pub nel quale ero stata quella sera.

Voci maschili concitate continuavano ad arrivarmi da un punto imprecisato fra gli alberi e, sebbene la mia fida vocina mi stesse urlando di allontanarmi il più possibile da lì, la curiosità ebbe la meglio. Protetta dall'ombra della notte mi avvicinai di soppiatto usando i tronchi degli alberi come protezione.

I toni del litigio si stavano facendo più pesanti, iniziarono a volare insulti e qualche bestemmia. Non avevo il coraggio di sporgermi per dare un'occhiata, anche perché era evidente che quelli che stavano aggredendo erano ubriachi oltre il lecito, quindi se avessero visto una ragazza sarebbe potuto succedere di tutto.

"Cazzo! Questo è il nostro territorio, nerd di merda! Ti ho detto di togliere quel tuo culo flaccido da lì!"

Jackson. Ubriaco fradicio, ma senza dubbio lui. E se c'era lui significava che erano le teste più calde della squadra di football a stare facendo tutto quel casino. Di solito venivano tenuti a bada da Stefan e Travis, soprattutto dopo le uscite al pub, ma evidentemente quella sera erano stati lasciati da soli, per chissà che motivo. Con chi ce l'avevano? Dovevo guardare.

Con estrema cautela mi sporsi oltre il tronco e diedi un'occhiata.

Come avevo immaginato, oltre a Jackson c'erano altri quattro con le divise dei Tigers. Riconoscevo Stuart e Brian, due ammassi di muscoli con la testa più vuota delle bottiglie che si erano scolati. Per i poveri malcapitati, che ancora non riuscivo a vedere, si stava per prospettare un brutto quarto d'ora.

Tornai al sicuro dietro il tronco e mi maledissi per avere lasciato il cellulare in camera quando ero andata a cambiarmi: avrei potuto avvisare la sicurezza per evitare che qualcuno si facesse male sul serio. L'unica speranza era che la ronda notturna passasse da quelle parti e li vedesse in tempo, prima che fosse troppo tardi.

All'improvviso iniziai a sentire rumori di colpi portati contro qualcosa di morbido, incitamenti alla rissa e voci che cercavano una via di dialogo. Avevano iniziato a picchiarsi.

Guardai di nuovo. Non si capiva un gran che, a causa del buio e del groviglio di corpi che continuavano a muoversi. Era chiaro però che gli aggrediti erano in difficoltà, del resto contro quegli scimmioni era difficile per chiunque avere la meglio. Per un attimo pensai di mettermi in mezzo, poi però cambiai idea, avrei solo peggiorato la situazione.

Un grido sovrastò gli altri. "Piantatela, bastardi! Prendetevela con noi, non con dei ragazzini del primo anno!" Aguzzai la vista. Erano arrivati altri tre ragazzi che subito si erano messi in mezzo per cercare di frenare la furia degli attaccanti. Vidi per un attimo una testa bionda prima che sparisse dietro a Jackson in un turbine di braccia e gambe e sbiancai. Era l'amico di Matthew, quello che era con lui in palestra... E poco prima, quando avevo sentito quel dialogo che mi aveva mandata in crisi. Girai lo sguardo e il cuore perse un battito. Matthew si era appena messo in mezzo fra Stuart e uno dei giovani aggrediti e stava cercando di fermarlo senza rispondere all'attacco. Non sentivo quello che gli stava dicendo, ma qualsiasi cosa fosse non stava ottenendo l'effetto voluto. In quel momento tutto l'astio che avevo provato fino a pochi minuti prima nei suoi confronti svanì, sostituito dalla paura che si potesse fare male gravemente nel tentativo di aiutare quel ragazzino.

Le immagini successive mi passarono davanti agli occhi al rallentatore. Per un po' sembrò che Matthew riuscsse a tenere fermo Stuart, bloccandogli le mani e standogli addosso con tutto il suo peso, ma sfortunatamente qualcuno degli altri che stavano lottando gli arrivò addosso, facendolo sbilanciare e obbligandolo a lasciare liberi i polsi dell'altro che immediatamente, approfittando di quel suo momento di disattenzione, gli assestò una serie di pugni al corpo e al viso che lo fecero barcollare. Contemporaneamente si udì un grido: "La ronda!" Seguì il caos e persi di vista Matthew. Non riuscii più a capire cosa stesse succedendo né chi stesse facendo cosa. L'unica cosa chiara era che stavano scappando tutti a nascondersi per non essere beccati: nel caso, la punizione sarebbe stata l'espulsione d'ufficio dal campus.

Nel giro di pochi secondi l'area era vuota, come se non fosse successo niente. D'istinto sospirai di sollievo, evidentemente i colpi di Stuart non erano stati forti come sembrava e Matthew era riuscito ad andare via con gli altri. Poco distante, sulla strada, vidi l'auto bianca e blu della sicurezza passare lentamente e poi allontanarsi. Peccato, era arrivata troppo tardi: Jackson e i suoi soci l'avevano fatta franca. L'indomani avrei parlato con Stefan: non volevo che stavolta la passassero liscia.

Scossi la testa contrariata e diedi un'ultima rapida occhiata al "campo di battaglia" prima di andarmene. Qualcosa vicino a un albero si stava muovendo. Mi bloccai e aguzzai la vista per vedere meglio. Qualcuno stava cercando di alzarsi in piedi senza riuscirci. Allora non erano fuggiti tutti. Non potevo andarmene, anche se la tentazione era fortissima. Anche da lontano e al buio si capiva che quella persona era in difficoltà.

'Dannazione alla mia idea di andare a passeggiare!' sibilai a mezza voce mentre uscivo dal mio nascondiglio e correvo verso il malcapitato, giusto in tempo per vederlo crollare definitivamente in ginocchio con le mani appoggiate a terra e il viso abbassato.

Mi accucciai di fianco a lui e gli toccai una spalla. "Ti aiuto ad alzarti". Lo vidi sussultare lievemente per la sorpresa e sollevare la testa.

Mi lasciai sfuggire un grido inorridito mentre i miei occhi e il mio cervello registravano di avere davanti Matthew con il viso ridotto a una maschera di sangue.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro