24.
[revisionato]
Erano ormai le sette e mezzo quando rientrai alla Cheers Hall, ma le ragazze stavano ancora tutte dormendo, reduci dalla festa della sera prima, così potei rientrare indisturbata nella mia camera. Meglio, non avevo voglia di vedere nessuna di loro. L'imprevedibile svolgersi dell'incontro con le quattro candidate del Federal Contest mi aveva lasciato dentro un qualcosa di nuovo che non ero in grado di comprendere, ma che mi faceva sentire bene e in pace con il mondo. In qualche modo sentivo che, se avessi trovato le altre cheerleader subito appena rientrata e prima di metabolizzare il tutto, questa sensazione si sarebbe inquinata e rovinata irrimediabilmente.
Ero stupita e un po' spaventata per il corso che i miei pensieri stavano prendendo, non mi era mai capitato prima di desiderare così tanto di restare da sola.
Mi stesi sul letto e rimasi per alcuni minuti a fissare il soffitto, ripensando a quello che era successo nell'ora appena trascorsa. Non riuscii a reprimere un sorriso: era stato divertente e nello stesso tempo molto intenso. Nessuna delle quattro ragazze mi aveva guardata né trattata com'ero abituata, eppure la cosa non mi aveva infastidita come la prima volta che le avevo incontrate. Anzi, dovevo ammettere che anche il fatto che il loro look fosse inguardabile non costituiva più un problema, quella mattina avevo visto al di là del loro aspetto e mi erano piaciute. Io le avrei aiutate a valorizzarsi e a fare bella figura al Contest, ma mi resi conto che in realtà erano belle così, l'unico vero lavoro da fare era fare in modo che se ne rendessero conto.
Mi sollevai a sedere: quando era successo l'ultima volta che avevo giudicato una persona andando al di là dell'apparenza fisica e di come si vestiva? O meglio, lo avevo mai fatto prima di quella mattina? Mi guardai le mani, conoscevo la risposta: no, non mi era mai successo.
Mi sentivo confusa e disorientata e ciò non mi piaceva per niente. Prima gli avvenimenti della festa, poi l'incontro con le ragazze... Mi alzai e andai davanti allo specchio attaccato all'anta dell'armadio per studiare il mio aspetto e il mio viso: volevo capire se qualcosa di ciò che mi vorticava nell'animo fosse evidente all'esterno. No, di fronte a me c'era la solita Anna, bisognosa solo di mettere in ordine i capelli, vestirsi e truccarsi. Senza indugiare andai in bagno e iniziai immediatamente l'opera di restauro, sperando che dopo, quando fossi tornata a essere come al solito, tutto sarebbe stato più semplice.
Quando riemersi dopo doccia, trucco, parrucco e vestizione osservai la mia immagine allo specchio e annuii soddisfatta: Anna Walker ricambiava il mio sguardo, decisa e pronta ad affrontare la giornata. Diedi un'ultima sistemata all'abitino verde acido D&G che avevo deciso di indossare e uscii dalla stanza.
Mentre scendevo le scale diedi un'occhiata al soggiorno, da dove arrivavano le voci di alcune delle mie compagne di squadra. Evidentemente qualcuna aveva deciso di alzarsi comunque, nonostante le ore piccole della notte precedente.
Arrivai alla base della scala e mi diressi verso la cucina. Ero un po' in ritardo per la prima lezione, così presi solo un pancake, bevvi una tazza di tè freddo e mi diressi verso la porta.
"Ciao Anna, anche tu sveglia presto, vedo!" La voce melliflua di Vic mi raggiunse quando ormai avevo la mano sulla maniglia e stavo per uscire. Un improvviso senso di fastidio mi serrò la gola: nella mente mi rimbombavano le parole terribili che aveva detto la sera prima pensando che io non ci fossi. "Andiamo insieme a lezione? Anch'io ho Letteratura stamattina." Che coraggio e che faccia tosta.
Mi girai e la fissai. Era comodamente seduta sul divano a fianco di Amber, l'altra serpe. Feci un gran sorriso, di quelli che coloro che mi conoscevano molto bene avevano imparato a temere, e replicai:
"Tranquilla Vic, io vado avanti così a lezione potrai fare l'entrata trionfale com'è giusto che sia." Lasciai galleggiare quelle parole fra noi per un istante poi le feci l'occhiolino. L'espressione inequivocabile di smarrimento che fece lei e gli occhi sgranati di Amber nel sentire le mie parole furono impagabili. Mi dovetti trattenere dal ridere loro in faccia.
Senza attendere una risposta, mi voltai di nuovo e uscii dalla Residenza. Perché non mi ero mai accorta di quanto false fossero, nonostante fosse così dannatamente evidente? E perché non mi aveva mai dato fastidio, prima di quel momento?
Fortunatamente l'aula dove si teneva Letteratura era poco distante, così non ebbi il tempo di crogiolarmi in quei pensieri disturbanti e mi costrinsi a stare attentissima per tutta la durata di quella e delle lezioni successive: avevo bisogno di recuperare un po' di normalità.
Fortunatamente anche quella mattina il copione si svolgeva come al solito: le ragazze cercavano di parlare con me perché sapevano che ciò avrebbe significato attirare l'attenzione dei ragazzi, i quali infatti non perdevano occasione per fissare o per avvicinarsi. Dopo un po', però, anche tutto quel teatrino mi venne a noia: era tutto come al solito, tutto noiosamente e falsamente come al solito.
Ero infastidita, le cose che di solito mi gratificavano quella mattina non mi facevano né caldo né freddo. Le vedevo sotto una luce nuova, accesasi indipendentemente dalla mia volontà. Qual era la realtà, quella che stavo vedendo ora o quella che avevo guardato fino a una settimana prima?
'Stai pagando cara la festa di ieri e l'allenamento di prima' pensai fra me e me mentre andavo a depositare i libri nel mio armadietto.
"Splendore, finalmente!" esclamò Travis abbracciandomi da dietro e dandomi un bacio sul collo. "Ci sei mancata ieri sera."
"Ciao Travis", risposi senza voltarmi, continuando a sistemare libri e quaderni. "Vi siete divertiti?"
"Altroché! Vieni in mensa così ti raccontiamo?"
"Certo, ho finito. Possiamo andare." Chiusi l'armadietto e mi voltai verso di lui. Nel girarmi lo sguardo spaziò lungo il corridoio che si snodava alla nostra destra in direzione della mensa. C'era abbastanza via-vai a causa della fine delle lezioni del mattino, ma nel caos il mio occhio colse all'istante un'alta figura dal fisico atletico e con i capelli un po' lunghi e scomposti che, chiacchierando con altri ragazzi, si stava avviando a pranzo. Prima ancora che il mio cervello lo riconoscesse, sentii lo stomaco stringersi come se un'enorme mano lo stesse strizzando e mi fu chiaro che questa situazione era insostenibile.
Il tutto era avvenuto nella manciata di secondi che mi ci erano voluti per girarmi verso Travis. Quando mi trovai di fronte al biondo decisi che era arrivato al momento giusto, per farmi testare la teoria del "chiodo scaccia chiodo". Era imperativo per me e la mia tranquillità cancellare ogni traccia di ciò che era successo la sera prima con Matthew e cosa poteva esserci di meglio di un incontro ravvicinato con un mago della ginnastica da camera?
Mi avvicinai un pochino strusciandomi appena sul suo corpo marmoreo e gli misi una mano sulla spalla, mentre gli sussurravo all'orecchio: "Travis... È da tanto che non passiamo un po' di tempo insieme, mi sei mancato... Sei libero oggi pomeriggio?" sottolineai le mie parole dandogli un bacio sul collo.
Subito Travis appoggiò la mano destra sulla mia schiena e iniziò a fare lievi massaggi su e giù.
"Quando vuoi, Anna", replicò sornione. "Sai che per te sono sempre libero."
Gli baciai di nuovo il collo sotto l'orecchio e mi staccai da lui facendogli un sorriso. "Ottimo. Ti aspetto da me al termine delle lezioni... Andiamo a mangiare, ora?"
Lui mi fece uno dei suoi famosi sorrisi capaci di mandare in tilt l'intero universo femminile del campus, poi si incamminò di fianco a me e iniziò a raccontarmi qualche aneddoto divertente accaduto la sera prima, mantenendo la mano destra appoggiata alla base della mia schiena.
Per fortuna non c'era bisogno che rispondessi, la mia mente era persa dietro a tutt'altri pensieri. Quel pomeriggio avrei finalmente estirpato ogni memoria del bacio di Matthew dalla mia mente, trascorrendo svariate ore impegnata in piacevoli giochini con Travis, che quanto a inventiva non era secondo a nessuno. La prospettiva era allettante ma, mentre fino a un paio di giorni prima a quel punto avrei già iniziato a sentire un certo calore in zona basso ventre pregustando ciò che avremmo fatto nel pomeriggio, ora invece l'unica sensazione che provavo era che ci fosse qualcosa fuori posto e che fosse tutto un gigantesco errore.
'È solo un'impressione, devo ancora smaltire ciò che è successo ieri' continuai a ripetermi come un mantra fino a che non ci trovammo di fronte le porte della sala mensa.
In quel momento mi resi conto di essere stata completamente assente per tutto il tragitto: Travis mi stava fissando con aria interrogativa.
"Pianeta Terra chiama Anna... rispondi Anna!" disse "Allora, che mi dici?"
Non avevo sentito una parola di ciò di cui mi aveva parlato, ma mi scocciava dirglielo. Mi appoggiai alla sua spalla e iniziai a tracciare il contorno del suo viso con l'indice, dicendo con la voce più zuccherosa di cui fossi capace: "L'idea di oggi pomeriggio mi ha mandata in tilt... abbi pazienza, dovrai rispiegarmi ciò di cui mi hai parlato... intanto entriamo, se resteremo fuori un altro po' non troveremo più niente..." La mia voce si spense in due languidi baci che gli diedi sulla guancia e dietro l'orecchio.
Travis sorrise e scosse la testa. "Se fai così non posso arrabbiarmi per avere parlato a vanvera fino a ora... e va bene, dopo ti spiegherò di nuovo. Andiamo. È il momento giusto per la tua solita entrata trionfale."
Ci incamminammo attraverso i tavoli e, come da copione, la mia traversata fu seguita da quasi tutti gli studenti presenti in sala, ma questa volta non fu gratificante come le precedenti. Piuttosto, mi scoprii un po' irritata per il fatto che nessuno, lì dentro, si facesse mai i fatti suoi. Era l'ennesimo pensiero estraneo e disturbante che mi attraversava il cervello in quei giorni, ma in quel momento non avevo voglia di scandagliarlo, così lo archiviai da qualche parte insieme a tutti gli altri che, ormai con una certa frequenza, mi si presentavano.
In ogni caso mi era passato l'appetito. Presi solo un'insalata e mi diressi verso il nostro tavolo, sedendomi fra Cindy e Jackson, un compagno di squadra di Travis e Stefan.
"Anna, finalmente!" cinguettò Cindy. Possibile che non mi fossi mai accorta di quanto falso suonasse il suo tono di voce? "Come stai? Non ti ho vista stamattina, tutto bene ieri sera?"
"Sì grazie tesoro, avevo proprio bisogno di riposare."
"Hai fatto bene se il viaggio e l'incidente ti avevano così stancata. Poi la festa non è stata un gran che..."
I convenevoli conditi da sorrisi che ci stavamo scambiando erano gradevoli come unghie che grattano su una lavagna. Avevo la pelle d'oca dal fastidio, e ne ero talmente stupita da non riuscire neppure ad arrabbiarmi nel notare tanta falsità in quella che doveva essere una mia amica.
"Ma vi siete divertiti?" buttai là cercando di dare poca importanza a quelle parole.
"Oh sì, eccome!" rispose Cindy con un sorriso soddisfatto, scambiano uno sguardo d'intesa con Jackson. "È andata molto bene. Ah, ecco Sandra e Stefan", terminò scrutandomi per capire se la cosa mi desse fastidio e, in caso positivo, quanto me ne desse.
Io non le diedi la soddisfazione di apparire irritata o disturbata dalla cosa, anzi feci un bel sorriso continuando a guardare la coppia che si avvicinava. Dovevo ammettere che erano carini insieme e che sembrava che anche Stefan provasse per Sandra qualcosa che non fosse effimero come fumo.
I due si sedettero nei posti rimasti liberi. Sandra mi guardò, eravamo troppo distanti per parlare con un po' di calma. Io aggrottai leggermente la fronte in una muta domanda e lei rispose con uno dei migliori sorrisi che le avessi mai visto fare. A occhio con Stefan la sera prima era andata alla grande. Più tardi le avrei chiesto qualche dettaglio.
"...e insomma, quando siamo entrati nel campo di atletica lo abbiamo visto avvinghiato a una tipa mai vista, capelli ricci e biondi, e si stavano baciando come se non fossero in grado di smettere."
Le parole di Stefan mi arrivarono come un pugno nello stomaco.
Stefan e Sandra risero, subito seguiti dagli altri.
"Secondo me entro un minuto sarebbero finiti su uno di quei materassoni a fare un po' di numeri", proseguì Stefan, ancora molto divertito dalla scena che stava raccontando.
"E invece...?" chiese Cindy.
"Invece lei, all'improvviso, lo ha spinto via ed è fuggita!"
Una risata generale sottolineò le parole di Stefan. Io finsi di ridere, ma dentro di me sentivo come se un rullo compressore mi stesse attraversando le viscere e il cuore, lasciando solo poltiglia.
"E lui cos'ha fatto? Non dirmi che l'ha inseguita!" chiese Jackson dopo essersi asciugato le lacrime che gli rotolavano sulle guance. "Non me lo vedo, si atteggia troppo a duro per fare una cosa del genere!
"Infatti è rimasto lì, immobile, a fissare il fuoco per un tempo indefinito, rigido come una statua" spiegò Sandra pensierosa. "Era evidente che ci era rimasto male."
Spostai la sedia di scatto. Dovevo uscire, quelle parole avevano appena disintegrato il muro di carta velina che avevo costruito pensando che fossero mattoni.
Si voltarono tutti a guardarmi.
"Scusate ragazzi, mi sono ricordata che non ho finito una relazione da consegnare entro domani, per cui devo andare."
"No, Anna!" La delusione di Sandra sembrava sincera. "Abbiamo appena iniziato il racconto!"
"Grazie Sandra, come avessi accettato. Devo proprio andare."
"Va bene. Dopo passo da te" rispose lei. Annuii di rimando ma senza proferire parola: in quel momento non ne ero in grado.
Senza attendere oltre mi alzai e me ne andai, incurante di tutto e di tutti. Questo non era previsto, non dovevo venire a sapere che anche per Matthew quello che era successo aveva lasciato un segno. Come avrei fatto ora a fare finta di niente, come se nulla fosse accaduto? Sarebbe bastato un pomeriggio con Travis?
Soprattutto... sarei riuscita a stare con Travis nonostante la mia mente continuasse a ripropormi all'infinito i momenti passati con Matthew?
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